3. IL LICEO É CASA SUA - 2
EDMUND
Non aveva mai avuto intenzione di andare a parlare con la preside: aveva un odio sviscerato per Teresa Roncalli, che era anche la sua professoressa di Italiano.
Con calma, Edmund rientrò a scuola e salutò la bidella, una vecchietta magra come una sogliola, sempre sorridente:
«'Giorno, Mariarosa. Mi sa che oggi ti farò un po' di compagnia...».
«Sei sempre il benvenuto, caro ragazzo. Ma perché non sei a lezione?».
«Mi hanno buttato fuori» sorrise Edmund. Appoggiò i gomiti sulla cattedra e si guardò attorno come un perdigiorno.
«Ragazzaccio! Cosa vorrebbe dire che ti hanno cacciato fuori? Ti sei messo nei guai?».
«No, no, 'Rosa, non ti preoccupare. Semplice routine: liti in famiglia». Edmund conosceva quel liceo e i suoi abitanti meglio delle proprie tasche. Vi aveva passato molto più tempo di quanto non osasse ricordare, dato che suo padre insegnava in quella scuola da vent'anni. Il Liceo Scientifico Eugenio Montale era praticamente casa sua.
Tuttavia, dall'inizio del nuovo anno scolastico, si stava trasformando in un luogo di tortura.
Per un disguido, avevano assegnato a suo padre la sua sezione.
Era impensabile avere il proprio padre come professore, figuriamoci averlo come commissario d'esame alla maturità. E così, la preside aveva dovuto attivarsi per risolvere la questione.
E l'unica soluzione che aveva saputo trovare era far cambiare Edmund di sezione.
Quest'ultimo le fece il verso fra sé e sé, simulando la sua voce da inveterata fumatrice: "Certo, ragazzo! Mica posso sostituire tuo padre. Trasferire un professore significa assegnargli la cattedra di un collega che magari insegna in quella sezione da anni! Una cosa inaccettabile! Inaccettabile!".
Invece, trasferire uno studente equivaleva soltanto a fargli abbandonare i compagni di classe di quattro anni e i professori a cui si era abituato. Questo sì, era più semplice. La coscienza della prof era limpida tanto quanto la sua voce era arrochita dal fumo.
All'inizio, quella prospettiva era sembrata a Edmund una specie di supplizio.
Sapeva che non avrebbe avuto molti problemi con i nuovi professori: si sarebbe abituato presto al loro metodo di insegnamento. Sapeva anche che avrebbe stretto amicizia con i suoi nuovi compagni di classe con molta facilità.
Come sempre.
Ma la verità era che quell'imprevisto lo obbligava a fare una scelta per la quale non aveva mai trovato il coraggio necessario.
Appena gli era stata comunicata la questione, Edmund aveva passato in rassegna tutte le sezioni alternative alla sua, facendo una lista dei pro e dei contro.
Ma, in realtà, non aveva alcun dubbio su quale classe avrebbe scelto alla fine.
Avrebbe scelto la D.
Lo sguardo di Edmund percorse il lungo corridoio e si fermò sulla porta blu che si stagliava sulla parete di fondo. Anche da quella distanza, Edmund poteva leggere la targhetta bianca affissa poco al di sopra della maniglia.
VD.
La D era una lettera affascinante: la sua pancia tonda sembrava esprimere il desiderio di abbracciare il mondo intero, mentre la solida barriera che la chiudeva e la sosteneva a sinistra esprimeva, invece, un forte bisogno di protezione. La D aveva un mondo interiore ricco e misterioso, che era desiderosa di offrire e, al tempo stesso, timorosa di mettere a rischio: era un misto di espansività e di chiusura, di debolezza e di forza, di speranza e di timore.
Era una porta socchiusa, che lasciava intravedere un mondo meraviglioso e sconosciuto.
Era come lo sguardo di quella ragazza che aveva incontrato in corriera il primo giorno di scuola.
Edmund sorrise al ricordo.
Nel diario della sua memoria, quell'incontro era catalogato così: «ragazza stravagante ed eccentrica cn capelli rossi mi ha gridato contro per 2 volte. Incredibile ke esista qlcn ke se ne frega d fare 1 figuraccia in pieno corridoio a scuola».
Questa era stata la sua prima impressione su di lei: una ragazza stravagante ed eccentrica.
Dapprima Edmund aveva visto solo una gran massa di ricci rossi, un paio di occhialoni neri ed un grosso maglione verde che cascava da tutte le parti.
Tuttavia, lo sguardo di quel deambulante Qualcosa - rosso e verde - lo aveva sorpreso: lei lo aveva guardato come se fosse stato un intruso che era venuto a disturbare i suoi pensieri. Una presenza estranea nel suo mondo personale. Proprio come se si fosse messo a ficcanasare nel suo diario segreto.
E se lo sguardo di quella ragazza lo aveva turbato, ancor di più lo avevano sconvolto la sua completa noncuranza nei confronti dell'apparenza e il menefreghismo che aveva dimostrato verso la moda e le regole del gregge conformista.
Edmund sapeva dell'esistenza di persone che si vantavano di andare contro-corrente rispetto al verso di marcia della massa.
Sapeva che alcuni ragazzi preferivano mantenersi in disparte, piuttosto che conformarsi allo stile di vita dei loro coetanei. Ma ancora non riusciva a credere che una persona potesse essere felice di una condizione come quella: fraintesa, evitata e derisa, ma felice? Erano cose che non andavano di pari passo.
Davvero a quelle persone bastava la consapevolezza della propria ricchezza interiore?
Non poteva e non voleva crederlo possibile.
Edmund confidava da sempre nello sforzo dell'uomo di integrarsi con i propri simili: era inconcepibile, per lui, che qualcuno fosse contento di essere discriminato.
Inconcepibile e terrificante.
Quelli che, come quella ragazza, se ne stavano in disparte fingendo che no, non soffrivano dell'incomprensione e della derisione di cui erano oggetto e che sì, loro bastavano pienamente a sé stessi, erano dei vigliacchi, che non avevano il coraggio di integrarsi e che, per sopravvivere al liceo con dignità, assumevano l'atteggiamento falso ed ostentato di chi non ha bisogno di nessuno.
Tutta una farsa, di cui loro stessi erano le prime vittime.
Edmund li compativa e li disprezzava.
Ma, nonostante ciò, era rimasto colpito dalla ragazza dai capelli rossi. In lei, non aveva letto quella tipica falsità affettata: sembrava vera. Era come se a parlare fosse la sua vera natura, come se fosse un istinto naturale a spingerla suo malgrado a comportarsi in modo eccentrico e stravagante, come se si divertisse veramente a spiazzare, sconcertare, sbalordire chi non reputava alla sua altezza.
Lo aveva sconcertato a tal punto che lì per lì aveva reagito in un modo che non gli era affatto congeniale. Infatti, si era limitato a rispondere: «La 5°D è in fondo al corridoio».
Ma che razza di risposta era? Avrebbe dovuto uscirsene con qualche battuta tagliente che avrebbe dato ad Alessia - e a tutti quelli che lo stavano accidentalmente ascoltando - quello che volevano. Avrebbe dovuto fissare la ragazza con uno sguardo altero, dire una frase come: «Ma guarda questa pazza, con che frasi se ne esce!», ridere di lei e darle le spalle come se non fosse degna di fargli perdere altro tempo. Invece, aveva risposto alla sua domanda. Risposto. E basta.
Persino la diretta interessata se ne era stupita.
Non riusciva a mandar giù il fatto che, anche se per pochissimi istanti, non era stato in grado di essere padrone di sé. Il dominio di sé era un suo punto di forza, una cosa di cui andava orgoglioso.
Non era disposto a sacrificare la propria immagine sociale per nessuno, figuriamoci per un'insignificante ragazza dai capelli rossi!
E, nonostante queste riflessioni, non aveva potuto evitarsi, nel mese di scuola che aveva seguito l'episodio, di osservare quella ragazza ed informarsi su di lei, per capire qual era stata la vera causa del proprio istante di debolezza. Osservare il comportamento della ragazza dai ricci rossi a ricreazione e all'uscita da scuola fu il suo primo passo in questa direzione.
La conseguenza inevitabile di tutto questo fu che, per due mesi, la ragazza dai ricci rossi rimase costantemente nei suoi pensieri: una vera presenza invadente. Saltava fuori come i funghi, da tutte le parti. E così, Edmund fece una serie di fastidiose scoperte.
L'aveva osservata con la seria intenzione di trovarla brutta ed insignificante, ma, oltre quegli occhiali spessi, vide due occhi verdi, grandi e dall'espressione dolce ed intelligente. Quei maglioni cascanti, inoltre, non nascondevano un corpo grassoccio e sproporzionato come aveva immaginato nel vederli le prime volte, ma, anzi, tutto il contrario.
Era anche abbastanza alta, per la media femminile.
E ancora più imbarazzante e fastidioso fu scoprire che, tutto sommato, i suoi capelli rossi e ricci... gli piacevano!
Ma, come se non volesse affatto essere guardata, quella ragazza si nascondeva in tutti i modi: dietro ai suoi capelli crespi quasi sempre raccolti, a quegli enormi occhiali neri, a quei maglioni larghi e a quelle giacche informi.
Il suo stile veniva fuori solo a tratti, mischiato insieme ad un milione di altri elementi che testimoniavano il suo tentativo poco convinto di fare un compromesso con la moda liceale.
Ogni tanto, insieme ad un paio di jeans e di scarpe da ginnastica - elementi imposti dalla moda – compariva un'enorme sciarpa scozzese rossa, simile ad una coperta, che si avvolgeva dappertutto, oppure una borsa di cuoio con una forma vintage, o un cappotto verde con strane decorazioni colorate.
Alla fine, Edmund scoprì che era una bella ragazza, con una personalità complessa e ricca che rischiava di affascinarlo, suo malgrado.
Per non parlare del fatto che, scoperta forse più terribile della prima, era la migliore amica di Tommy.
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