20. QUANDO MI ARRABBIO CI VEDO NERO
Vi sono uomini dei quali
la natura tira quante copie vuole,
senza stancarsi mai.
Alexandre Dumas
Edmund Lloyd è il ragazzo più antipatico e arrogante del liceo.
Ed il solo fatto che ero anche disposta a concedergli la mia amicizia mi sconcerta e mi disgusta. Figuriamoci come mi vergogno della gratitudine che per qualche ora ho persino provato nei suoi confronti!
Non posso soffrirlo più di quanto lui riesca a soffrire me. Almeno, l'odio è reciproco. Abbiamo entrambi una troppo alta opinione di noi stessi e una così bassa opinione dell'altro, per poter mai arrivare ad un punto di equilibrio, figuriamoci ad un punto di accordo!
Ma ora ho la prova della sua scarsa sensibilità, della sua arroganza e del suo orgoglio spropositato.
Durante le due ore di Matematica, ho creduto che la mia sedia avesse preso fuoco, tanto ero impaziente di alzarmi ed esultare del successo insieme a colui che ne era il vero responsabile.
Così, appena finite le due ore di Matematica e suonata la ricreazione, mi sono voltata verso il banco di Edmund, sorridente e felice.
Ma - e questo avrebbe dovuto mettermi in guardia - Edmund non era rimasto in classe ad aspettare i miei ringraziamenti o per rallegrarsi del buon esito dell'interrogazione.
Era fuggito per raggiungere i suoi vecchi amici che, evidentemente, non è disposto a perdere facendosi anche solo vedere a parlare con una come me, ovvero con una che, a suo parere, non vale nemmeno la metà di lui.
Che schifo.
Ma io ero troppo felice per rendermene conto, e così sono andata a cercarlo per ringraziarlo. Non mi sono nemmeno accorta di chi era accanto a lui quando mi sono avvicinata, ignara del fatto di non essere affatto la benvenuta.
Non ho neppure notato lo sguardo altezzoso che Edmund mi ha rivolto - sguardo durato appena un secondo -, dopo il quale mi ha dato le spalle per proseguire l'animata discussione con i suoi amici. Imperterrita e stupida - non oso chiedermi cosa abbia pensato di me! -, mi sono avvicinata ancora ed ho esclamato: «Ehi, Ed!».
Edmund si è girato per metà con una mano su un fianco, e, dall'alto, mi ha lanciato uno sguardo che mi ha aperto gli occhi: «Che c'è?».
Con un vago senso di vergogna che ora mi vergogno di aver provato, ho risposto: «Niente...».
«Niente?» ha ripetuto, come se con questo volesse chiedermi: "allora che cavolo sei venuta a fare qui?".
«Niente, volevo solo ringraziarti per...».
«Mmm, sì» mi ha interrotto, e poi si è girato di nuovo, dandomi le spalle.
Ho fatto per andarmene, fingendo che no, non ci ero rimasta male per il modo in cui mi aveva trattato e che sì, ero pur sempre convinta di essere migliore di lui.
Persuasa di aver appena mangiato un peperoncino, ho meditato tutte le frasi orribili che ero - e sono ancora - capace di dirgli, ma, in quel preciso istante, una ragazza al fianco di Lloyd ha esclamato:
«Ehi, ma quella è...».
"Quella" devo essere io, mi sono detta, prima di girarmi con molta lentezza a fissare colei che, con una così nobile presenza di spirito, ha notato la mia insignificante presenza.
La ragazza bionda con gli occhi troppo vicini.
Ci siamo guardate, ci siamo riconosciute, e ci siamo fissate come due belve feroci pronte a fare il primo balzo l'una contro l'altra.
Edmund, accortosi evidentemente della piega che stava prendendo la situazione, con un finto gesto casuale, si è messo fra di noi e si è rivolto alla ragazza bionda: «Ehi, Ale, perché non andiamo in cortile a raggiungere gli altri?».
E ha fatto un passo verso il cortile. Ma lei lo ha fermato, bloccandolo per un braccio.
Finalmente, Edmund si è girato a far fronte alla situazione. Codardo! Io ero lì a fissarli entrambi, stupita di non averli ancora ridotti in cenere con lo sguardo.
Alessia ha assunto una falsa espressione sorridente: «Ehi, Eddy, perché non mi presenti la tua nuova amica?».
Eddy, dopo un secondo, girandosi leggermente verso la ragazza bionda, ha detto: «Sì, certo. Alessia Rovere... Diana Cavalieri» ha concluso, evitando il mio sguardo.
«Piacere di conoscerti» ha affermato Alessia Rovere, con l'aria di non averne alcun piacere.
E, dimenticando che in casi simili ci si deve stringere la mano, si è rivolta al suo caro amico:
«Ehi, Eddy, di cos'è che ti voleva ringraziare?».
Edmund ha alzato le spalle.
Io sono rimasta in silenzio, per trattenermi dal dare di matto.
Alessia ha ripreso: «Forse l'hai aiutata a rendersi conto che i suoi capelli sono arancioni e non biondi come credeva lei?».
Edmund mi ha lanciato un'occhiata che è durata un attimo. Ha aperto bocca per parlare, ma la mia aperta risata lo ha fermato prima che una sola parola potesse uscire dalle sue labbra in aiuto della sua amica.
«Sì, in effetti, era proprio di questo che volevo ringraziarlo. Se non fosse stato per le ripetizioni in Cromatologia di Eddy, non mi sarei mai accorta che, con tutto quel fondotinta, il tuo volto è diventato di un bell'arancione carota!».
Alessia mi ha fulminato con lo sguardo, cercando qualcosa da dire, disperatamente. Con voce nervosa, ha esclamato: «Allora, Eddy, hai scoperto se era lei o la sua parrucchiera, ad essere daltonica?!». Edmund ha cercato di buttarla sul ridere: «Più probabile la prima, perché, quando si arrabbia, Diana ci vede rosso!».
Non lo trovate tutti estremamente divertente? Ah. Ah. Ah.
Beh? Perché non ridete? Forse il cartello RIDERE PREGO è scritto in turco? Perché se è così, - e solo se è così- vi perdono.
«No, ti sbagli, Edmund. Quando mi arrabbio ci vedo nero: nero attorno ai tuoi begli occhi, Alessia Rovere, che suppongo sia lo spesso strato di eyeliner che ti metti ogni mattina per cancellare il tuo strabismo e nero intorno ai tuoi, Edmund, quando avrò ripagato la tua cortesia con un pugno in faccia!».
«In quanto a cortesia siamo pari» ha constatato Edmund. Non posso dargli torto...
Alessia lo ha interrotto: «Ti credi spiritosa, eh?».
«Oh, no, anzi, mi fa piacere avervi tolto la voglia di ridere!».
«Ehi, non sei molto sportiva!» ha detto Edmund.
«Ti consiglio di rivolgere le tue attenzioni a chi è meno sportivo di me» ho detto io, indicando Alessia. «Ah, non ti preoccupare, Alessia. Sarò ancora qui, quando ti verrà in mente quello che stai cercando con tanta ansia di dirmi!».
Dopo aver dato un po' a tutti quello che si meritavano, li ho lasciati a leccarsi le ferite e sono andata a leccarmi le mie, contenta di quanto il rapporto fra le due fosse sproporzionato.
Alle mie spalle ho visto Tommy, che, dopo aver lanciato un ampio sguardo verso Edmund e Alessia per abbracciare l'intera scena, mi ha seguito, pronto a fornirmi un appoggio per ciò che ho fatto.
Mentre ci allontaniamo dalla scena, Tommy interrompe il silenzio: «Se lo sono meritato!».
«Come fai a saperlo? Tu non c'eri, l'altra volta».
«L'altra volta?» chiede lui, con l'aria di star davvero morendo dalla curiosità.
Beh, d'altronde, lui è il mio migliore amico e, fra le altre cose, siamo anche accomunati dal rancore che entrambi sembriamo nutrire nei confronti di quel damerino! Quindi gli posso anche rivelare la mia figuraccia.
«Ti ricordi, ieri, quando ho detto a Edmund che mi dispiaceva di avergli dato del maleducato in autobus?».
«Certo...! Sì, mi ricordo. Ma mi avevi detto che non lo conoscevi, Edmund».
«Infatti, non sapevo neppure il suo nome. Ma l'avevo già incontrato.
La prima volta eravamo in autobus e lui si è seduto accanto a me. Non so cosa mi sia preso, però gli ho dato del maleducato...!».
«Tanto lo è».
«E poi, lo stesso giorno, ci siamo incontrati a scuola. Lui era con quella biondina, Alessia, e stavano... beh, stavano insultando i miei capelli».
«Stavano... Edmund ha insultato i tuoi capelli?!» esclama Tommy, sorpreso.
«Sì, diceva che io o il mio parrucchiere dovevamo per forza essere daltonici! E quella non faceva che ridere, pur di fargli sapere che aveva apprezzato il suo grande senso dell'umorismo!».
«Certo, quella lo segue come un cagnolino... Che deficienti» afferma Tommy, con un'espressione seria, che non si associa molto alla sua indole sempre allegra. Ho l'impressione che Tommy sia una di quelle persone sempre socievoli ma rancorose che, quando si arrabbiano con qualcuno, gli piantano giù un muso infinito.
«E questo quando è successo?» mi chiede, dopo qualche istante. «Io... non mi ricordo... Ah, sì! Il primo giorno di scuola».
«Il primo giorno di scuola? Intendi quasi tre mesi fa?!».
«Esatto, quasi».
Tommy smette di fare domande e attende che io continui.
«E adesso ero andata a ringraziarlo per il suo aiuto in matematica. Ma mi hanno insultato. E io ho risposto per le rime».
«Hai fatto benissimo. Peccato che io non sia arrivato un attimo prima: ti avrei dato manforte!» esclama Tommy, con rabbia.
«Lo detesto» gli faccio eco io.
«Non mi sorprende affatto» risponde Tommaso, guardando fisso la strada davanti a sé.
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