Speranza
Erano le tre di pomeriggio, quando sentimmo suonare le campane che ci avvisavano di dover correre sul mezzo. Alla porta ci fu consegnato il foglio d'intervento che c'indicava la tipologia: soccorso persona.
Attaccate le sirene sfrecciammo per le vie trafficate di Milano e in pochi minuti arrivammo a destinazione.
Ci facemmo strada tra un gruppetto di curiosi e ci avviammo su per le scale del condominio per aprire l'appartamento all'interno del quale c'era una persona che, verosimilmente, era priva di sensi in quanto fino ad allora non aveva risposto a nessun tipo di sollecitazione.
Riuscimmo ad entrare nell'appartamento forzando la porta che fortunatamente non era blindata, davanti a noi in mezzo alla sala vi era effettivamente disteso un uomo completamente privo di sensi.
Immediatamente senza pensarci su due volte andai vicino a quell'uomo che pareva senza vita, presa il polmoncino manuale e cominciai a praticargli una respirazione artificiale nell'attesa che arrivasse un medico. Dopo quella che per me fu un attesa lunghissima arrivò finalmente il medico, che però, con mio grande sconforto, dovette constatare la morte di quel povero disgraziato.
A quel punto i Poliziotti, presenti anch'essi alle attività di soccorso, presero in mano la situazione che diveniva ora di loro competenza in quanto non c'era più nella da salvare. Intimarono a tutti i soccorritori presenti di non toccare più nulla in modo da poter loro cominciare le procedure per i rilievi in attesa dell'arrivo del Magistrato che, alla dichiarazione di morte era stato tempestivamente allertato per le pratiche del caso.
A quel punto, incurante di quanto stesse accadendo intorno a me, ripresi a pompare su quel polmoncino manuale in modo da riprendere al più presto la respirazione artificiale: nella mia testa sentivo incessante la voce di mio padre che mi diceva: "fin che uno è caldo non è morto" e quindi io che sentivo il calore di quell'uomo quasi toccarmi, afferrarmi con forza per chiedere aiuto, continuavo a pompare.
Il Poliziotto più alto in grado ad un certo punto notando che non obbedivo agli ordini impartiti, cominciò ad inveire contro la mia persona, accusandomi di reticenza nei suoi confronti. Ma io quasi non lo sentivo e continuavo nella mia corsa per salvare quell'uomo che tanto era già stato dichiarato morto ma che io volevo a tutti i costi vivo. Non so perchè ma il cuore e la mente all'unisono mi dicevano che era così, che quell'uomo poteva ancora salvarsi.
Fortunatamente il mio Maresciallo intervenne in mio favore e con un'abile mossa da grande stratega riuscì a distogliere il collega Poliziotto, lo prese sotto braccio e cominciò a dirigerlo verso un altro locale dell'appartamento con la scusante di dover cominciare ad annotare tutti i dati necessari a redigere il verbale d'intervento: che gran d'uomo il maresciallo! In questo modo mi diede altro tempo prezioso per continuare nel mio folle intento.
Ormai erano tre quarti d'ora che incessantemente pompavo aria dentro i polmoni di quell'uomo, e onestamente credevo che il mio non era intuito ma semplicemente un tentativo stupido di voler far respirare un cadavere. Avevo le mani e le braccia che ormai si stavano indolenzendo , il sudore stava inzuppando la mia divisa e proprio nel momento in cui stavo per mollare tutto vidi che il petto di quell'uomo cominciava, se pur debolmente, ad andare su è giù. Mi resi immediatamente conto che era vivo ed urlai per chiamare il medico il quale giunse di corsa ed incredulo cominciò a praticare quanto necessario per poterlo portare immediatamente in ospedale.
L'uomo si salvò e il giorno successivo un articolo sul "Giorno" raccontò l'accaduto che destò scalpore ed ammirazione tanto che lo stesso giornale decise di donare ai Pompieri di Milano un polmone d'acciaio.
Per quel che mi riguarda, nell'immediato, fui sommerso dai complimenti di tutti, eroe per un giorno, per poi tornare alla routine quotidiana con ancora più nella testa la convinzione che nel nostro mestiere anche l'impossibile è da tentare.
Ancora spero
Lo sguardo rivolto al cielo
Una nuvola passeggera passa
Mi prende e mi porta con sé
Incontro un uccel peregrino e domando
"dov'è rivolto il tuo cammino?"
"Scappo, volo via!
Laggiù non è più casa mia.
Il gelo dell'inverno è calato su quei luoghi
Ed io vorrei trovar calore per il mio cuore."
Incontro il sole caldo e gli domando
"Tu che da quassù vedi il mondo
Da tanti anni ormai passati
Per quanto ancora taci?"
"il mio grido è forte,
spesso ha portato morte,
ma a chi non vuol capire
non si riesce a far sentire.
Allora continuo a gridare
Prima o poi qualcuno sarà pronto ad ascoltare
Oppure ancora si continuerà a morire."
Da lassù vedo tant'odio, tanta violenza
Gente che urla per la sua sofferenza
Guardo e m'accorgo che tanta è l'indifferenza
La luna di luce triste risplende
Per ciò per cui nulla può fare
Se non rimanere attonita a mirare
Non pare esserci speranza
Nessuno sembra voler capire
Ma poi di colpo vedo quell'uomo chinato
Invano tenta d'aiutar un pover disgraziato
E insiste, prova e spera ancora
Finchè di botto egli respira
Svanita ora è la nuvola ed io torno dov'ero
Lo sguardo rivolto al cielo
Sapendo che in fondo non tutto è nero
Qualche luce nel buio appare
E mi ricorda e mi convince
Che mai devo abbandonare
Ma che sempre si deve sperare
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