1985 - La grande nevicata
In questa giornata di neve mi torna alla mente quel 1985 a Milano che ancora oggi si ricorda come l'anno della grande nevicata. Era febbraio, mi mancavano poco più di un paio di mesi al congedo, all'epoca ero ausiliario nel corpo dei vigili del fuoco, e ricordo che d'interventi ne facemmo veramente tanti in quei giorni di freddo e neve.
Ero eccitatissimo perché fino ad allora non avevo preso parte a molti soccorsi, se non quelli di poco rilievo, ma in quel momento, grazie alle condizioni avverse del tempo ,nevicava ininterrottamente da giorni, fu dichiarato lo stato di calamità naturale. All'interno del Comando furono istituiti turni di ventiquattro ore consecutive anziché i classici turni di dodici ore. Ogni uomo, ed ogni mezzo, erano impegnati al massimo. Si dormiva a turno poco più di cinque ore e mai tutte di filata.
Ripensando a quel periodo mi ritengo un uomo fortunato perché potei, così, accrescere le mie esperienze professionali e, oltre che sentire quelle raccontare da mio padre, ovviamente pompiere, e dai suoi colleghi, potei viverle in prima persona e farne tesoro per il mio futuro che vedevo già vestito da vigile effettivo.
L'intervento che mi è rimasto vivo nella mente, fra tutti quelli effettuati in quei giorni di emergenza, non è un soccorso persona o un evento catastrofico di grande rilievo, al contrario se vogliamo è anche un po' buffo.
Ero stato assegnato di servizio all'autopompa(aps) La mattina, appena si montava in servizio, ci veniva fornita una lista di interventi da eseguire a catena a seconda delle priorità. Questo metodo adottato per quella particolare situazione, ci permetteva di agevolare gli spostamenti resi molto difficoltosi dalla neve.
Terminato il quarto intervento stavamo recandoci presso una cascina sita in fondo alla via Ripamonti, zona sud di Milano, per il cedimento strutturale di una stalla che aveva bloccato al suo interno una quarantina di mucche.
Durante il tragitto, oltre al traffico caotico e difficoltoso, trovammo anche la strada bloccata da un tir che, a causa dello slittare delle ruote sui binari ghiacciati del tram, si era messo di traverso e non riusciva più a muoversi.
Fermammo l'aps proprio dietro al tir e aiutammo il camionista a raddrizzarlo. Mario, il capo squadra, disse a Francesco di prendere delle assi di legno dall'autopompa e di metterle appoggiate contro le ruote del tir come per fargli una specie di passatoia nel, frattempo io e Gigi agganciammo il grosso mezzo all'autopompa dopo di che l'autista accese il motore e cominciò, infilando la retromarcia, a tirare finché le ruote anteriori salirono sulle assi e finalmente il Tir si sbloccò.
Tolto l'ingombro di mezzo e fatto un intervento fuori programma riprendemmo il cammino verso la cascina, quando arrivammo trovammo il contadino in preda alla disperazione. Le sue mucche erano rimaste per ore bloccate sotto le macerie del tetto che era ceduto sotto il peso della neve abbondante.
Quelle mucche erano tutto ciò che possedeva, gli davano i mezzi con cui poter andare avanti e quel poveretto aveva il terrore che non gliene fosse rimasta neanche una viva.
Talmente si fece prendere dalla disperazione che, senza aspettare che noi arrivassimo, compì una manovra, che per sua fortuna, non riuscì: si procurò una corda, a suo parere, molto resistente, ne agganciò un capo ad una colonna portante di ciò che era rimasto della stalla e l'altro capo al trattore e cominciò a tirare. Fortunatamente la corda cedette sotto lo sforzo della trazione, mentre la colonna rimase li ferma al suo posto. Fu un miracolo per lui, perchè se solo la colonna si fosse spostata anche di qualche centimetro, il tetto, che si era accasciato creando all'interno della stalla un piccola nicchia, sarebbe rovinosamente crollato sopra le vacche uccidendole tutte.
Armati di pale e picconi cominciammo a scavare fino ad aprirci un varco abbastanza grande da far passare le bestie.
Entrammo nella stalla e cominciammo a tirare fuori le mucche una per una fino all'ultima, quando ci accorgemmo , nel buio, che in fondo alle mangiatoie c'era una gabbia e dentro ve n'era ancora una. Non capivamo del perchè fosse in gabbia e sinceramente non ci ponemmo neanche la domanda, quindi aprimmo la porta fatta di sbarre di ferro e attendemmo che la mucca, spaventata com'era, uscisse prontamente da li, ma quest' ultima non ne voleva proprio sapere! Forse era veramente troppo spaventata da pensare che solo in quella gabbia sarebbe stata al sicuro.
Decidemmo di legarle una corda alle corna, senza pensare che le mucche non hanno le corna, e mentre alcuni tiravano e altri spingevano pian piano guadagnammo l'uscita.
Appena la bestia vide la luce del pallido sole di inverno cominciò a dimenarsi e a correre all'impazzata in mezzo alla neve. Puntava ogni cosa cercando di incornarla, solo in quel momento ci rendemmo conto di ciò che durante la foga dell'intervento era sfuggito a tutti noi: non era, ovviamente, una mucca, ma era un toro che al buio non eravamo stati capaci di riconoscere.
Da parte nostra ci fu un fuggi, fuggi generale. Il toro era infuriato e spaventato, spesso nella concitazione scivolava sulla neve ghiacciata, ma prontamente si rialzava e ricominciava a dare di matto.
Il contadino cercava di rincorrerlo come poteva e si improvvisava anche cowboy nel tentativo di prenderlo al lazo senza però sortire ad alcun successo.
Ad un certo punto il toro si accorse dell'autopompa rossa fiammante, come se fosse il gran protagonista di una corrida in cui il pubblico pagante fa il tifo, la puntò , sbuffò con le sue grosse narici e cominciò a correrle a testa bassa. Il botto fu fortissimo tanto che ammaccò l'autopompa lì dove l'aveva colpita. Si accasciò stordito a terra e finalmente il contadino riuscì ad infilargli il lazo al collo e a legare l'altra estremità della corda al trattore in modo che al risveglio non potesse fare altri danni.
Per fortuna nessuno si fece male, io che all'epoca ero appena diciannovenne, non nascondo che ho provato attimi di terrore ma comunque cercai di stare il più tranquillo possibile seguendo le istruzioni che mi erano state impartite dalla squadra.
Cessato il trambusto andammo dal contadino e dopo aver inveito contro di lui perché non ci aveva avvisati della presenza del toro, salimmo sull'autopompa e riprendemmo il giro degli interventi.
Alla fine della giornata rientrammo in caserma e, come di consueto, raccontammo ai colleghi degli altri automezzi i nostri interventi della giornata. Ci soffermammo molto su questo che vi ho appena raccontato e fra le risate che si sentivano nella camerata un suono familiare fece tornare tutti noi alla serietà, prendemmo la borsa di intervento e via di corsa fuori con il mezzo verso una nuova avventura.
NEVE
Un fiocco di neve dal cielo
Scende candido e leggiadro
Pare una ballerina che volteggia
Delicatamente avvolta dal suo tutù
Sulle note di un malinconico Cajkovskij
Danza in punta di piedi
Quel piccolo e candido fiocco di neve
Termina la danza sull'asfalto umido e grigio
Pian piano si scioglie
E cala il sipario su questo ultimo ballo.
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