Capitolo 1
UNIVERSITÀ DI MIAMI
DEPARTMENT OF CLASSIC
Camila Cabello si trovava nell'ufficio del rettore dell'università spaventata e tremolante. Era stata chiamata senza avere una spiegazione precisa, ma pensava potesse avere a che fare con il fatto che un paio di giorni prima, in laboratorio, aveva accidentalmente urtato un importante calco di denti, probabilmente di qualche animale preistorico, perché stava spostando il vetrino nel suo microscopio.
Ovviamente ne aveva fatto sparire le tracce, ma l'ultima ad uscire dal laboratorio era stata proprio lei. E aveva paura che qualche collega, o il suo docente relatore se ne fossero accorti; oppure, il custode notturno aveva riferito di aver trovato dei pezzi sparsi per la stanza, dato che nella fretta poteva non essersi accorta di qualcuno di essi rimasto.
Per questo temeva che l'avrebbero espulsa a pochi mesi dal ricevere il suo master in Ricerca e Studio delle Antiche Civiltà.
Noioso, uh?
Ma sin da bambina era stata appassionata di antiche civiltà come i Babilonesi, i Sumeri, gli Egizi... tutte queste civiltà l'avevano sempre affascinata e, adesso, era in grado di poterle vedere e studiare con i propri occhi e le proprie mani. Suo padre le comprava più libri possibili sull'argomento e, cresciuta, la portava direttamente sul posto per ammirarne la bellezza.
"Signorina Cabello", la voce imponente la destò dai suoi pensieri. "Sa perché l'ho fatta convocare qui?"
Le mani sudavano. Non sapeva se avrebbe dovuto dire la verità o fare la finta tonta.
"Beh, ecco. Io...", ma, di nuovo, la voce profonda la interruppe.
"Ovviamente non può saperlo. Il suo relatore non le ha anticipato niente", pausa. Camila pensava che, in quel momento, il rettore avrebbe potuto sentire il suo cuore battere all'impazzata.
"Un paio di settimane fa ci è stato comunicato un nuovo progetto ideato dall'AIA, che prevede che sei dei migliori studenti di Archeologia del Paese partecipino ad una spedizione in Italia, per una ricerca importante. Le migliori università hanno candidato i nominativi e i curriculum dei propri studenti migliori e ieri abbiamo ricevuto le prime direttive."
AIA. Sei migliori studenti. Spedizione. Italia.
Camila captava parole nel discorso, ma la sua mente poco lucida non riusciva a seguire l'intero corso delle frasi.
Il rettore non le stava parlando dello sfortunato calco. Un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra mentre il rettore terminava il suo discorso.
"...e quindi partirà tra due settimane."
"Co-come scusi?", si sentì catapultata nella realtà in un battito di ciglia.
"Signorina, si sente bene? Ha capito cosa le ho detto?"
"No, mi scusi. Oggi è stata una giornata molto spossante."
"In effetti, la vedo abbastanza pallida, ma non si preoccupi", il rettore le ripeté il discorso finito qualche secondo prima. "E il signor Ross ha candidato il suo nome per via dei suoi ottimi voti e la sua dedizione a questo lavoro. Il suo nome è tra quei sei. Complimenti signorina Cabello, tra due settimane partirà per l'Italia."
Camila spalancò gli occhi e il sorriso si espanse a mostrare la sua intera dentatura smagliante. Ringraziò il rettore, stringendogli la mano, e uscì saltellando da quella stanza.
Sarebbe partita per un incarico importante dall'AIA.
UNIVERSITÀ DI NEW YORK
DEPARTMENT OF CLASSIC
Lauren e Jake muovevano le gambe innervositi, creando un ritmo che dava voce alla loro ansia. Entrambi concorrevano al posto per la spedizione in Italia e nessuno dei due era pronto a mollare l'opportunità.
Per anni si erano confrontati, ma non nel termine positivo del senso. Da sempre erano rivali, lo erano stati per tutto il liceo per svariati motivi. Lauren era il capitano della squadra di softball e Jake di quella di football. Entrambi con ottimi voti, cercavano sempre una sfida o un valido motivo per scavalcarsi l'un l'altro. Ma questo non si era limitato agli anni della pubertà e delle grandi scelte.
Entrambi si erano iscritti alla stessa facoltà, quella di Archeologia, perché, in fondo, avevano condiviso la loro passione da quando avevano imparato a parlare e camminare. Erano migliori amici, inseparabili, prima che il liceo arrivasse e la conquista una ragazza li mettesse l'uno contro l'altra.
E ora erano lì, ognuno guardando in ogni direzione purché non fosse quella dei loro stessi occhi.
Lauren odiava le attese, erano l'unica cosa in grado di abbassare le sue difese.
"Allora, eccoci qui", la voce della signora Philips era troppo dolce per pensare che dominasse l'intero ateneo di una delle città più importanti d'America. "Vorrei dirvi che, non importa quale nome sto per pronunciare, entrambi meritate egregiamente quel posto nella squadra, quindi complimenti ad entrambi per le carriere ed i curriculum che vi descrivono."
Lauren adorava l'Italia, ci era sempre voluta andare, ma aveva potuto osservarla solo dalle cartoline o da immagini su internet. Suo padre e quello di Jake erano professori di storia al liceo ed, entrambi, avevano trasmesso ad i loro figli la loro passione per l'antico e l'ignoto. L'unica differenza tra lei e Jake era che lei era un'appassionata delle antiche civiltà del Medio Oriente, mentre Jake preferiva di gran lunga quelle precolombiane, come i Maya e gli Aztechi.
Per questo, quando Lauren sentì pronunciare il nome del suo non più amico, sentì il cuore perdere un battito.
Era il sogno di tutta la sua vita. Andare in Italia e fare delle ricerche su una di quelle civiltà del Medio Oriente.
Si alzò dalla sedia, riuscendo a dire solo alcune misere parole, tra cui le sincere congratulazioni per Jake, perché, dopotutto, era un suo collega e, comunque, lo rispettava e dei saluti e delle scuse per il gesto inaspettato per la rettrice.
Avevano scelto Jake e lui era riuscito a batterla nella battaglia più grande che si fossero mai giurati.
L'AIA era l'Archaeological Institute of America ed era la più antica e grande organizzazione devota al mondo dell'archeologia, ed essere scelti da loro era come assicurarsi un posto in prima fila nel primo viaggio verso Marte. Significava porte aperte, anzi portoni, per una carriera prospera.
Per questo si sentì distrutta e l'unica cosa in grado di fare fu recuperare la sua roba nell'aula degli specializzandi e tirare dritto a casa. Ma, il clima fuori rifletteva esattamente il suo stato d'animo, niente di strano per il mese di gennaio a New York. In effetti, non sapeva più se le sue guance contenessero più lacrime o più gocce di pioggia.
Arrivò completamente inzuppata a casa sua, ma una voce squillante fu pronta ad accoglierla prima che fosse in grado di fare un passo.
"Non azzardarti a muoverti da lì. Non inzupperai la casa conciata in quel modo."
"Dinah", disse con voce bassa e stanca. Le lacrime le avevano prosciugato anche la gola a forza di singhiozzi. "Non è giornata, ti prego."
"No! Adesso ti fermi lì e io ti porto della roba pulita. Non ho intenzione di rilavare per terra, il mio turno di oggi per le pulizie è già stato rispettato."
"Pulirò io, promesso. Ma ho bisogno di una doccia calda", disse tremante, non solo per il suo stato d'animo, ma perché, dopotutto, era stata sotto la pioggia per un bel po' di strada. A quanto pare i mezzi pubblici avevano deciso di far sciopero proprio nel giorno peggiore della sua vita e non sarebbe potuto andarle peggio.
"Ok, ok. Ma solo per questa volta. Povero il mio pavimento, l'avevo appena lucidato!", si abbassò per accarezzare un paio di piastrelle, gesto che riuscì a strappare a Lauren il primo sorriso della giornata. Ma non durò per molto perché una vibrazione nella sua tasca le fece tremare non solo la zona da cui proveniva, ma anche tutto il corpo.
Sapeva bene chi avrebbe potuto chiamarla a quell'ora e perché. Ancora tremante, in piedi con la porta di casa chiusa alle sue spalle, cercò il suo cellulare e riuscì a malapena a scorrere il simbolo verso il cerchio verde.
"Ciao piccola Croft, allora?", all'udire quel soprannome, un singhiozzò fece capolino, ma Lauren riuscì in tempo a soffocarlo. Solo una persona usava quel soprannome ed era suo papà. L'aveva cresciuta con la storia di Lara Croft e, poi, le aveva anche confidato che l'avevano chiamata Lauren proprio perché i suoi genitori avevano trovato un compromesso. Suo padre aveva urlato di gioia quando aveva saputo che il suo primogenito sarebbe stata una bambina e, da grande fan della storia, sognava di avere una bambina e di chiamarla Lara. Ma, sua mamma non voleva che la bambina avesse un nome che la ricollegasse ad una storia e, magari, che si sentisse costretta a dover seguire i racconti fantastorici di suo padre. Per cui, avevano trovato un compromesso nel nome Lauren, perché si avvicinava molto a Lara, ma non la costringeva a dover far fronte alla passione di suo padre - che poi, si era dimostrata essere anche la sua, ma questo non avrebbero mai potuto saperlo da una Lauren in fasce.
"Ciao papà, ascoltami, sono appena tornata a casa e i mezzi pubblici hanno deciso di far sciopero proprio oggi", stava cercando un modo carino per chiudere la chiamata e non rispondere alla sua prima domanda per non deluderlo. Ma non sapeva che evitare la domanda, significasse automaticamente che qualcosa fosse andato storto, e questo suo padre lo sapeva benissimo. "Ho dovuto camminare a piedi sotto la pioggia dalla facoltà a casa, ho bisogno di farmi una doccia calda." E magari finire di buttare fuori le lacrime che sto trattenendo per aver sentito la tua voce e sentirmi in colpa di non essere all'altezza, ma questo, per ovvie ragioni, lo tenne per sé.
"Va bene piccolina, allora aspetto che mi richiami tu, sì?"
"Sì, papà. Appena ho un po' di tempo. Ho molto da studiare, l'esame finale si avvicina", altro modo per dire, gentilmente, che non avrebbe voluto parlare dell'argomento.
"Lauren, tesoro, va tutto bene?"
Eccola qua la domanda. Sapeva che non sarebbe sfuggito a suo padre, ma ci aveva provato comunque. Non poteva farsi sentire singhiozzare, o suo padre avrebbe preso il primo volo per New York per raggiungere sua figlia e Lauren non voleva preoccuparlo.
"No, papà, è tutto okay. Sono solo stanca, è stata una lunga giornata e voglio farmi una doccia e andare a dormire."
Il sospiro dall'altra parte della chiamata fece intendere alla ragazza dagli occhi verdi che suo padre non le avesse creduto nemmeno un po'.
"Allora buonanotte tesoro, a domani", suo padre non aspettò risposta, sapendo che non sarebbe arrivata, e chiuse il telefono prima ancora che Lauren potesse pronunciare altre parole.
Intanto Dinah era scomparsa dalla vista e lei si diresse verso il bagno strisciando, non prima di aver preso il suo cambio per la notte. Si immerse sotto il getto bollente della doccia e riprese a buttar fuori tutto ciò che le restava di liquido nel suo corpo.
Era delusa da se stessa per non essere stata in grado di farsi notare. Ed era terrorizzata dalla reazione delusa di suo padre, una volta scoperta l'amara sconfitta contro Jake.
La giornata seguente sarebbe stata pesante, ma ora pensava solo a scacciare via quel senso di delusione.
**
Quella mattina Lauren si era alzata con un terribile mal di testa dovuto alle lacrime della sera precedente. Certamente, la delusione albeggiava dentro di lei, ma non poteva tirarsi indietro alla preparazione per il suo master.
Così, si costrinse ad alzarsi dal letto, lavarsi il viso e i denti, e cercare di sembrare il meno distrutta possibile. Le sue gambe furono in grado di camminare fino alla sede dell'ateneo senza cedere prima. Aveva deciso di camminare per poter schiarire i suoi pensieri e iniziare un briciolo meglio la sua giornata.
Ma non si aspettava che sarebbe migliorata così tanto quel giorno.
A dire il vero non si aspettava una lettera nel suo armadietto nella sala degli specializzandi. Per fortuna, era arrivata abbastanza presto da non poter incontrare nessuno, senza sapere che in realtà qualcuno c'era già stato poco prima.
Posò il suo cappotto nel piccolo spazio assegnatole un anno e mezzo prima e, con cautela, aprì la busta. All'interno ci trovò un biglietto aereo da New York a Roma per il 2 febbraio. Lo guardò stranita, probabilmente avevano sbagliato armadietto. Non era lei quella che sarebbe dovuta partire due settimane dopo.
"Non c'è nessun errore, se è questo il motivo dell'espressione della tua faccia."
"Dio, Jake, okay che ci sopportiamo poco, ma non puoi spaventarmi a morte!", urlò frustrata la corvina.
Jake era appoggiato alla porta principale dell'aula, con lo sguardo fisso alla busta da lettere nelle mani di Lauren.
"Non era mia intenzione, giuro", sorrise sardonico. "Ma sono serio. Non c'è nessun errore. Il nome su quella lista è il tuo."
"Ma di cosa..", Lauren collegò tutto in un secondo. "No, non puoi. Per quanto vorrei, non puoi rifiutare. Non è proprio il momento di fare gli amici. Hanno scelto te."
"Lauren", disse serio il ragazzo.
Ci aveva pensato a lungo e gli era costata tanto quella scelta. Ma, appena aveva visto Lauren con gli occhi lucidi uscire dall'aula, si era ricordato tutte le volte in cui era lui quello che piangeva e Lauren era lì a consolarlo e a dirgli che era solo un ginocchio sbucciato o una stupida ragazza che non era in grado di apprezzarlo al meglio. Erano stati amici da appena nati, fino ai quindici anni. Nonostante gli anni del liceo, Jake non era stato in grado di sopprimere i ricordi anteriori.
Ci aveva pensato tutta la notte e quella stessa mattina era arrivato presto nell'ufficio della Philips per dirle che avrebbe rifiutato a favore di Lauren.
"Lo sappiamo tutti che quel viaggio non fa per me", continuò pacato il ragazzo, non azzardandosi a dirigere il suo sguardo verso il verde penetrante delle iridi della sua amica d'infanzia. Perché, ormai, riusciva a rivedere solo quella Lauren. "È il tuo sogno di una vita andare in Italia e lo è anche studiare le civiltà mediorientali. Non ho dimenticato i tuoi sogni", sospirò, sperando che la corvina capisse che non fosse una semplice presa di posizione per sembrare superiore. "E vorrei che accettassi questa opportunità. La meriti molto più di me."
"Jake, io non.."
"Sì, puoi", in quel momento incontrò gli occhi della sua collega.
Lauren riconobbe lo sguardo del suo amico e capì che qualcosa era cambiato. Era scattato un ingranaggio che pensava si fosse deteriorato nel tempo. Ma, in realtà, era solo stato privato di corrente per azionarsi, ma ora sembrava essere stato ricollegato. Gli occhi di Lauren si appannarono per la commozione e i due si incontrarono a metà strada per un abbraccio. Uno di quelli che non si davano da almeno dieci anni.
"Io... non so cosa dire."
"Infatti, non devi parlare, devi solo muovere le gambe per tornare a casa e le mani per preparare la valigia. Tra due settimane parti per l'Italia."
Lauren gli rivolse un ampio sorriso, che non era dovuto solo alla nuova opportunità che le si stava aprendo davanti agli occhi, ma anche al ritrovato amico fidato.
Quella giornata, che pensava sarebbe stata peggio di quella precedente, risultò trasformarsi nella migliore della sua vita. E tutto grazie al suo migliore amico di sempre che pensava di aver preso, ma che aveva ritrovato nella circostanza meno sperata.
**
Camila non stava più nella pelle. Era passato solo un giorno da quando aveva ricevuto quella notizia, ma sperava che i giorni mancanti passassero il più in fretta possibile.
La sera prima era andata a dormire con il pensiero che quello fosse un sogno e, per scaramanzia, non l'aveva riferito a nessuno. Nemmeno alle sue due migliori amiche. Ma, quella mattina si era svegliata, e si era resa conto che non era stato un sogno.
Allora aveva deciso di chiamare prima la sua sorellina, che non era più così piccola, e aggiornarla della novità. Era l'unico modo per far arrivare a sua madre la notizia, considerato il brutto rapporto che avevano. Era sempre stata più legata a suo padre e sua madre ne era sofferente. Per questo aveva stretto un miglior rapporto con Sofia, sua sorella minore. Ma, in una cosa l'aveva appoggiata. Il trasferirsi in un altro appartamento per iniziare la sua vita universitaria. Erano ormai quasi sette anni che non viveva più in casa sua e aveva avuto modo di crescere e sviluppare la sua indipendenza.
Subito dopo aver chiuso la chiamata con sua sorella, mandò un veloce messaggio alle sue amiche per incontrarsi e aggiornarle. Si sarebbero incontrate tutte all'ora di pranzo e Camila non aspettava altro. Aveva bisogno di raccontarlo di nuovo per renderlo davvero reale.
E la sua euforia si mantenne intatta per tutta la mattinata in università. Ormai, il calco distrutto non sarebbe stato in grado di rovinare la sua reputazione, ma nemmeno il teschio senza mandibola o il vaso egizio scheggiato. Eh già, era proprio maldestra.
"Allora, cosa c'è di tanto urgente che devi dirci Mila?", la prima a parlare fu Ally.
Era la più grande fra di loro e la più responsabile. Camila l'aveva conosciuta al liceo di sua sorella, era la sua professoressa di musica e Sofi l'aveva fatta chiamare per non tirare in ballo sua mamma. Semplicemente, si rifiutava di suonare nella banda della scuola perché si vergognava di suonare davanti a tanta gente e Ally teneva troppo al suo talento per lasciarla in quella coltre di insicurezza. Così, aveva chiamato Camila per cercare di arginare il problema e ci erano riuscite, anche se, spesso, la ragazzina aveva ancora momenti di cedimento.
"Non dirmi che hai accalappiato qualcuno di nuovo!", urlò Normani isterica.
Lei l'aveva conosciuta all'università, anche se avevano preso due strade diverse. Normani aveva intrapreso il branco dell'arte moderna e si erano conosciute ad uno di quei corsi obbligatori trasversali del primo anno e avevano passato cinque anni insieme a sbronzarsi alle feste delle confraternite e a divertirsi nei modi più disparati. Poi, la castana aveva scelto di continuare a studiare e Normani, invece, di gettarsi nel mondo del lavoro. Ma, questo, non aveva impedito alle due di continuare a vedersi e a loro si era, poi, aggiunta Ally.
"Oddio, no! Lo sai che non ho più l'età per fare certe cose", arrossì. "Ma sto per partire per l'Italia!", disse euforica.
Le facce attorno a lei si illuminarono e fissarono l'archeologa per ricevere altre spiegazioni.
"C'è questo nuovo progetto per cui hanno scelto sei dei migliori studenti di master in Ricerca e Studio delle Antiche Civiltà. In pratica, c'è una leggenda legata ad una piccola statua che si trova in Italia, a Roma, e si dice che questa nasconda qualche segreto riguardante la civiltà egizia, ma non si sa granché. È per questo che noi scenderemo in campo e faremo quante più ricerche. Ci daranno circa quattro mesi per riuscire a capirne di più. Sono così emozionata!"
Le tre si scambiarono un abbraccio impacciato perché il tavolo davanti a loro glielo impediva, sovrastato dall'entusiasmo delle due amiche per l'archeologa.
Il pranzo continuò con i soliti discorsi profondi di Ally e le stupide battute di Normani, a cui Camila rideva molto più di quanto realmente meritassero, perché c'era una gioia più grande dentro di lei e quei quattro mesi in Italia avevano a che fare qualcosa.
**
Le due settimane passarono più in fretta di quanto pensassero. Sia Lauren che Camila erano trepidanti con una valigia in mano davanti allo schermo che dettava le partenze, per informarsi sul gate al quale sarebbero dovute andare per partire dalle due parti diverse del Paese, così come gli altri quattro componenti di cui ancora non conoscevano i nomi o i visi.
Entrambe presero un aereo diretto alla realizzazione del loro sogno più grande, anche se non sapevano che ne avrebbero realizzato uno ancora più grande.
Ciaaaao!
Allora questa nuova storia non è una traduzione, ma è di mio pugno.
L'idea è venuta fuori un po' di mesi fa, spero vi piaccia il primo capitolo.
Sono ben accetti commenti!
Grazieeee, vvb!
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