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"Welcome to Baltimore!"

Strinsi la mano intorno alla maniglia della valigia rossa appena un vento freddo mi investii il viso, socchiusi gli occhi e osservai l'enorme cosa che mi portavo dietro.

Odiavo le cose appariscenti e quella valigia lo era di sicuro, ma era l'unica che avevo trovato a casa di mio padre.
Cercai di focalizzare l'attenzione su tutto tranne sul cartello davanti a me.
Il taxi ci aveva portato dall'aeroporto fino all'entrata dalla città.

Proprio davanti al cartello.

Lo guardai per qualche secondo prima di distogliere lo sguardo immediatamente.

La scritta "Benvenuto a Baltimora!" lampeggiava ancora nella mia mente. Un desiderio macabro di dargli fuoco si insidiò dentro di me.
Quella città mi aveva distrutta, e io ora la stavo guardando da fuori, come se non ci fossi mai entrata.

La mia mano si aggrappò a qualcosa, guardai Luke al mio fianco sorridere.
Mi rilassai al suo tocco, sapevo che lo stava facendo per me come sapevo che quel sorriso era solo una falsa. Ricordavo sempre il fatto che per lui fosse il doppio più frustrante essere li.

Alcune volte ero così egoista. In fondo lo siamo tutti, inutile negarlo.
Non lo avrei fatto neanche io.

Mi baciò, fece sfiorare solo le sue labbra contro le mie.

-Tua madre ci starà aspettando.- disse.

Annuii cercando di ritardare il più possibile il mio ingresso in quell'inferno, quando Luke iniziò a camminare semplicemente lo seguii a testa bassa, come se non volessi guardare nessun passante in faccia per paura di riconoscere qualcuno.

Dopo qualche minuto arrivammo davanti alla mia vecchia casa, la valigia aveva fatto un rumore insopportabile per tutto il percorso e fui felice quando non fece più nessun suono.
Da fuori era sempre la stessa casa che avevo abbandonato, neanche l'intonato si era rovinato.
Suonai al campanello.

Nonostante mia madre avesse odiato Luke per un tempo lungo, in quel periodo c'era passata sopra. Cosa poteva fare d'altro? Rumurginare sulle cose come facevo io? Non lo avrei augurato a nessuno.
Era come diventare schiavi di una scena del tuo passato, di uno stato d'animo che hai provato.

-Hayley!-

Alzai subito lo sguardo sulla donna che sbracciava verso la mia direzione, aveva i capelli neri legati in un piccola coda e la frangia a coprirle la fronte. Da quando io ne avessi memoria, l'avevo sempre vista con quella pettinatura.

La mia mamma.

Mi portai una mano alla bocca, non avevo mai sofferto la distanza da casa, ma in quel momento, vederla lo che quasi piangeva per me, era una sensazione fantastica.
Avevo sempre avuto grande stima per mia madre, aveva affrontato un divorzio e cresciuto due figlie al meglio che poteva. Durante la mia vita mi aveva messo in testa gli ideali giusti, teneva molto all'educazione, quello anche io.
Non scorderò mai il suo motto: Ci sono modi e modi per dire le cose.

Non ricordo quante volte me l'abbia ripetuto durante l'adolescenza, quando magari alzavo un po' i toni.

Non avevo molto ricordi di lei di quando ero piccola semplicemente perché non era quasi mai a casa, lavorava spesso e a me badava sempre mia sorella.

Evie, se ci penso un po' mi spiace per lei. Ero la sua sorellina e me ne sono andata.

Le braccia di mia madre mi strinsero le spalle, affondai il viso contro il suo collo chiudendo gli occhi.

Non scorderò mai il profumo di mia madre, l'odore dolce della sua pelle.
Mi ricordava di quando si metteva nel letto con me prima di andare a dormire.

Alcune volte era bello pensare al passato.

-La mia bambina, quanto mi sei mancata.-

Non pianse, gli occhi lucidi si trasformarono in un sorriso largo. Io è mia madre avevamo passato dei brutti periodi, ci sono stati momenti in cui non ci potevamo vedere. Ma le volevo davvero bene.

Si staccò da me dandomi dei baci sulla guancia, si girò verso Luke e lo abbracciò.

Era davvero andata avanti con lui.

-Salve Signora Cohen.-

-Oh dammi del tu Luke! Non sono ancora così vecchia.- rise poi si fermò -Lo sono?-
Scossi la testa sorridendo -No, mamma.-

Sospirò e ci aiutò a portare i bagagli in casa, senza smettere di raccontare di quanto le cose fossero cambiate.

"Fidati, lo so." Avrei voluto dirle, io sono sempre stata la prima a percepire i cambiamenti intorno a me.

Per esempio, aveva cambiato il divano. Alzai lo sguardo e notai l'assenza dell'orologio che era solito stare vicino ad una delle finestre del soggiorno. Al suo posto c'era una mia foto.

Aggrottai le sopracciglia e mi avvicinai alla cornice, Luke e mia madre stavano parlando del viaggio.

Avevo 10 anni, facevo prima medie e stavo sorridendo alla fotocamera come se avessi visto un gelato gigante. Non sapevo ancora cosa sarebbe successo di li a pochi anni.

-Dov'è Evie?- chiesi girandomi, mi portai i capelli biondi su una spalla e guardai quelli neri di mia madre.

I miei genitori avevano tutti e due i capelli scuri, mi ero sempre chiesta da chi avessi preso il mio colore chiaro.

-Arriva stasera per cena con Will.-

Annuii pensierosa, avevo conosciuto pochi ragazzi di mia sorella e non tutti erano brave persone.

Guardai le valigie al fondo delle scale.

-Volete andarvi a sistemare o..?- propose mia madre.

Feci per rispondere ma Luke mi fermò -No adesso andiamo a trovare mia madre e le mie sorelle, torneremo fra qualche ora.-

Sorrise, aveva tolto l'orecchino quella mattina. Era bello comunque.
Mia madre annuì, -Certo! Sarà felice di vedervi, ci vediamo dopo.-

Luke ringraziò ancora, salutai e non mi resi conto di stare andando contro la mia rovina.

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-Fuori dalla mia stanza!- urlò.

Si guardò intorno e prese il cuscino che era di fianco a lei prima di lanciarlo contro la porta che si stava riaprendo.

-Mavis, ti giuro,- mormorò a denti stretti contro la gemella -Ti giuro che se non te ne vai ti tiro per i capelli.-

La ragazza fece spuntare il viso magro da oltre la porta, aveva un sopracciglio alzato e i capelli biondi tenuti da un lato.
Gli occhi azzurri si addolcirono alla vista di Zora.

-Ascolta.- iniziò.

Zora mise la faccia contro il materasso, più la guardava e più le ricordava Luke, erano uguali.

-È arrivato.- disse soltanto la voce femminile.

La ragazza sdraiata sul letto alzò il viso di scatto, guardò Mavis per qualche secondo prima di precipitarsi fuori dalla stanza e saltare gli scalini due a due per arrivare più velocemente al piano inferiore.

Non ci credeva, non credeva di averlo davvero li. Così raggiungibile.

Il piede era ancora attaccato all'ultimo scalino quando notò la figura di sua madre inchiodata davanti alla porta. I passi di Mavis dietro di lei erano solo da sfondo.

Gli occhi di 14enne di Zora erano incastrati in quello di un ragazzo alto, biondo e con le due spalle più grandi che abbia mai visto.

Fissò il fratello, che non si era ancora accorto di lei, per minuti interminabili.
Era bello, e le era mancato tantissimo.
Dopo spostò l'attenzione sulla ragazza di fianco a lui, sorrideva e porgeva la mano a Liz come se fossero vecchie amiche.
Zora vide solo la stronza che aveva rovinato la vita alla sua famiglia.

🐐 HEI HEI HEI 🐐

Allora, volevo solo ricordare che Mess non è assolutamente collegata a Disconnect. Solo Heartache è PARZIALMENTE collegata a questa storia.
Vi spiegherò meglio più avanti.
Volevo solo dirvi, come ho fatto in uno spazio autrice di Mess, che mi sembrava una cosa carina fare tipo un #askinashtonsarms su Twitter (io mi chiamo @ZAYVN93) e bom, mi sembrava una cosa carina che potevate farmi delle domande ahah.

Ok, me ne vado. Buona serata.

ciao ciao

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