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Six

-Ti passo a prendere?-

Girai la testa verso Luke, aveva i capelli un po' spettinati, alcune ciocche bionde gli cadevano sulla fronte mentre stringeva con una mano il volante della sua auto.
Gli sorrisi.

-Non so.- sospirai.

Lo vidi avvicinarsi, le quattro frecce erano ancora accese mentre le macchine ci passano affianco.

-Allora riformulo la frase,- rise stringendo le distanze -Quando finisci il turno di passo a prendere, voglio portati fuori.-

Corrugai la fronte, un cipiglio si formò sul mio viso mentre indietreggiai.

-Cosa?-

Il ragazzo davanti a me posò una mano sulla mia mascella, si sporse leggermente di più per lasciarmi un bacio a fior di labbra.

-Ti porto a pranzo fuori.- ripeté -E non accetto un "no" come risposta.-

Mi diede un altro bacio, io lo guardai scendere dall'auto ancora scioccata. Fece il giro dea vettura, sfiorando il cofano con l'indice e il medio, mi aprì la portiera.

Mi porse una mano e io esitante la afferrai. Mi aiutò ad uscire dalla macchina, quando scesi non mi lasciò andare.

-Hayley.- mi chiamò.

Lo guardai, per un secondo spostai lo sguardo sulla figura di Jackson che stava attraversando la strada, mi salutò con un cenno della mano e io ricambiai.

La mano che era ancora stretta in quella di Luke mi tirò verso di lui, quando la figura di Jackson sparì.

Mi strinse in un abbraccio, lui guardava dentro al bar mente io avevo il viso contro al suo petto.

Le sue mani viaggiarono contro la mia schiena, salirono e mi distanziò spingendomi dalle spalle.

Guardò ancora una volta dentro al bar per poi concentrarsi su di me.

Sapevo che voleva chiedere qualcosa su Jackson, conoscevo bene quella parte di lui e sapevo come il suo corpo reagiva ad una situazione del genere. La sua mascella di indurì, i suoi occhi si socchiusero e la sua presa su di me aumentò.

Ma, sapevo anche che quel giorno, in quel momento. Non avrebbe chiesto niente, come non aveva chiesto niente delle cartoline che mi mandava Ashton per il mio compleanno.

Così: -Buona giornata.-

Sussurrò dandomi un bacio sulla guancia.
Io gli sorrisi, mi allontanai e incominciai a camminare verso la vetrata trasparente del bar. Con la consapevolezza, che il Luke di Baltimora mi avrebbe baciata con foga per dimostrare qualcosa al ragazzo dentro al bar che mi stava guardando, ma quel Luke, forse non esisteva più.

Chiusi la porta alle mie spalle facendo suonare la campanella che mi dava sui nervi, dopo che essa riecheggiò per la stanza Jackson fece spuntare la testa dalla cucina.

-Ciao.- disse sorridente.
Uscì completamente dalla stanza con uno straccio in mano,

-Ciao.- ricambiai.

Appesi la giacca alla stampella e presi il grembiule.

Diedi un occhiata veloce al ragazzo che trafficava con la macchinetta del caffè di fianco a me, stava ancora ridendo tra se e se.
Sospirai appoggiando i gomiti al bancone.

-Avanti,- lo spronai -di quello che devi dire.-

Sapevo che stava trattenendo qualcosa da come si mordeva il labbro superiore, facendo sporgere quello inferiore.

-Lui chi è?- chiese, si voltò verso di me, indicò fuori dalla vetrata il posto dove l'auto di Luke era parcheggiata qualche secondo prima.
Ora non c'era niente.

-Jackson.- iniziai.

-Hayley.- piagnucolò -Non puoi non dirmi niente, è il primo ragazzo che vedo con te da quando lavori qui. Sono sorpreso e curioso.-

Prese il cestello dei bicchieri, ancora umidi dal vapore della lavastoviglie, distolsi lo sguardo dalla sua figura in forma.

-Quindi ora dimmi qualcosa su questo ragazzo.- alzò un sopracciglio e io ridacchiai.

-Si chiama Luke.- dissi sorridendo -Era qualche anno che non lo vedevo.-

-Tu gli piaci.- mi interruppe.

Volta la testa di scatto aggrottando le sopracciglia.

-Non fare quella faccia.- mi rimproverò -L'altra volta quando ti ha scritto il numero sul fazzoletto mi ha praticamente pregato di dartelo. Dovevi vederlo Hayley, aveva una faccia..-

-Diciamo che stavamo insieme, quando ero in America.- sussurrai.

-Se lui è Americano perché è qua? In Inghilterra, dall'altra parte del mondo?- domandò Jackson, saltò sul bancone sedendocisi sopra.

Il bar avrebbe aperto da li a 10 minuti, e ero sicura che lui avrebbe usato ogni secondo a disposizione per strapparmi qualche informazione. E io, gliel'avrei concesso.

-Si è trasferito qui un anno fa.- spiegai.

-Per lavoro?-

-No,- smisi di sorridere -per cercarmi.-

Scese dal bancone, avvicinandosi.

-Per cercarti? Non capisco.-

Sospirai, non volevo coinvolgere un'altra persona nel mio passato. Poi lui era così, buono, con me.
Cosa avrei dovuto dirgli?

-Io me ne sono andata da Baltimora quando,- feci una pausa, sospirai -quello che succedeva li era troppo per me, non riuscivo più a reggerlo. Così sono venuta qua, da mio padre.-

-E Luke ti è venuto a cercare.- ripeté.

-L'ho lasciato il giorno del funerale di una nostra amica.- dissi guardando la lastra di legno del bancone sotto i miei gomiti.

-Oh,- sospirò -pensa come deve averla presa lui.- pensò ad alta voce.

Schiusi le labbra.

-In che senso?-

-Nel senso che, lui ha perso te e una sua amica lo stesso giorno. Deve essere stato tremendo.-

-Perché pensate tutti che solo lui abbia sofferto?- dissi con calma.
Non volevo arrabbiarmi, volevo solo capire.

-Beh, tu te ne sei andata. Lui ha dovuto affrontare tutto da solo.-

Lui ha dovuto resistere senza di me, pensai, lui ha dovuto guardare Calum disintegrarsi. Lui lo ha visto toccare il fondo. E non risalire.

Aveva ragione, ma anche io ne avevo.

-Io ho perso la mia migliore amica.- dissi alzando la voce e guardando Jackson -Io ho dovuto partecipare allo Yell, ho dovuto subire tutto questo per Luke.-

Il ragazzo davanti a me storse la testa, i suoi occhi si fecero più cupi.

-Lo Yell?-

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Gli raccontai tutto, decisi di donargli un po' di miei preoccupazioni. Gli spiegai il mio iniziale fastidio nel vedere Luke.
Gli dissi che semplicemente non trovano giusto tutto questo.
E lui ascoltava, ascoltava i miei racconti sullo Yell, su Ryan e Calum.
Piansi, ancora.

Era impossibile per me non perdermi nelle emozioni di quei momenti che mi avevano segnato così nel profondo.
Perché, anche se non lo volevo, lo Yell faceva parte di me, l'America faceva parte di me. Luke faceva parte di me.

Salutai Jackson con una mano mentre lui mi sorrise servendo un tavolo, ero uscita dieci minuti prima solo per sentirmi l'ansia opprimermi.
Fortunatamente non dovetti aspettare tanto, Luke arrivò in anticipo.
Indossava un sorriso radioso che mi fece abbassare le spalle. Lui era felice.
Ma non riuscivo a comprendere come potesse essere felice stando con me. Era una delle tante cose che non capivo di Luke.

Scese dall'auto e mi venne incontro, sollevai gli angoli delle labbra. Lui si chinò verso di me e rimasi sorpresa quando mi baciò.
Fece scontrare le nostre bocche un paio di volte, lentamente, prima di staccarsi di colpo come se un fulmine l'avesse colpito.

-Uhm,- biasciò abbassando lo sguardo -scusa.-

Sorrisi. Mi avvicinai di nuovo a lui, gli diedi un bacio sulla mascella, riuscendo a sfiorare il piercing nero.

Rise e indicò la sua auto.

-Spero che ti piaccia il ristorante che ho scelto.- commentò salendo su essa.

Guardando fuori dal finestrino lungo il tragitto, pensai a quando fosse diventato così, forse romantico, da portarmi in un ristorante.

Il viaggio finì dieci minuti dopo e lui mi aprì la portiera.

Lo vidi sospirare pesantemente, quando scesi gli posai una mano sulla spalla.

-Perché sei così agitato?- chiesi ridacchiando.
Anche io lo ero.

-Non lo so.- rispose sorridendo.
Prese la mano che avevo appoggiato sopra alla sua spalla e se la portò vicino al viso.
Potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle delicata del dorso.
Rabbrividii quando sfiorò la mano con le labbra.

Mi sorrise per poi chiudere la portiera e la macchina.
Camminammo su un marciapiede per qualche minuto, piccole casette erano poste ai lati della strada principale e riuscii ad individuare la zona come una delle tante periferie di Londra.

Poco dopo una scritta luminosa si illuminò sopra le nostre testa, era rossa, e di sera sarebbe risaltata molto di più.

Su di essa c'era inciso in corsivo il cognome di una persona che non feci in tempo a leggere visto che Luke mi prese per il braccio e mi strascinò dentro al locale ridendo.

Rimasi in silenzio ad osservare l'entrata graziosa ma moderna del ristorante mente lui chiese al cameriere la posizione del nostro tavolo. Il signore con la cravatta ci accompagnò ad un tavolo leggermente al centro della stanza, pochi tavolo erano liberi e io ne fui felice.

Mi piaceva il brusio che creavano le persone, mi sarei sentita meno a disagio.

Mi sedetti mentre Luke si posizionò davanti a me, mi guardò qualche secondo prima di appoggiare la mano contro la tovaglia color crema.

-Bene, Hayley.- disse prendendo il menù con l'altra mano -Cos'hai fatto in questi sei anni?-

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