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Out

Fece cadere a terra il pacco, un rumore sordo riecheggiò per il mio salotto quando l'oggetto picchiò contro l'asfalto dell'entrata.

Feci un passo indietro, portai istintivamente una mano sullo stomaco cercando di fermare il buco che mi stava lacerando gli organi. Il ragazzo davanti a me continuava a tenere lo sguardo fisso nei miei occhi, i capelli biondi erano leggermente più lunghi mentre il piercing ad anellino tremava sopra al suo labbro instabile.

Sembrava così diverso ma così uguale a come lo ricordavo, non era più un ragazzo. Potevo vedere che il dolore l'aveva cresciuto, come aveva cresciuto me.

Volevo scappare, volevo chiudere la porta e chiudere fuori tutti i miei pensieri, abbassai lo sguardo.

Quegli occhi mi avevano intimidito per mesi, lui era cambiato ma i suoi occhi no. Quella sfumatura di azzurro molto simile al mio mi uccideva.

Presi la maniglia della porta tra le dita cercando un modo disperato per cancellare gli ultimi due minuti della mia vita.

Per la seconda volta mi fermò, le sue dita presero il mio polso. Lo strattonarono appena, lanciò il cappello a terra per poi chiudere la porta in un tonfò. I suoi capelli biondi caddero sulla sua fronte spettinati, avevo sempre amato il suo aspetto trasandato. Ma in quel momento, quando la sua altezza mi oscurò, non potei pensare più a niente. Londra era sparita, non eravamo più all'ingresso della mia modesta casa, lo sfondo era cambiato. La luce grigia che accompagnava le mie giornate in Inghilterra era scomparsa lasciando spazio all'oscurità della notte. Mi ritrovai in un campo di grano con un piccola strada sterrata nel mezzo, girai la testa e feci un gemito strozzato quando vidi un capannone poco distante da me.

Chiusi gli occhi, quella parte di Baltimora non volevo più ricordarla.

Sentii Luke stringere la presa sul mio polso.

Mi guardò dall'alto, mi fissava come se dovessi dire qualcosa. Come se la mia gola fosse stata libera dal groppo che la rinchiudeva.

Guardai le sue dita formare solchi intorno a me, era iniziato tutto così. Ricordai come mi persi a guardare le sfumature dei lividi che mi aveva procurato coricata sul letto della mia vecchia stanza.

I suoi occhi vacillarono, colsi l'occasione.

-Devi andartene.- biascicai.

Dissi la cosa sbagliata, ne ero consapevole. Infatti la sua risposta non tardò ad arrivare.

-Come puoi dire ad una persona che ti cerca da anni di andarsene?- sputò -Non hai un cuore?-

La sua voce divenne più forte e acuta, la porta si era socchiusa e il pacco finito a terra faceva da perno per fermare la sua chiusura, alzai lo sguardo fino a guardargli la fronte corrugata e le labbra strette.

-Guardami Hayley, guarda cosa mi hai fatto e dimmi che non provi neanche un minimo di compassione per me.-

Lo ascoltai, ero solita farla, aveva imparato quell'ordine ancora prima di capire a cosa mi avrebbe portato. Ogni volta che quelle iridi chiare mi osservano, tremavo. Era come se fossi costantemente contro un vento forte e freddo.

Le sue palpebre erano pesanti e sotto ai suoi occhi si erano formate delle occhiaie scure. La cosa che mi sorprese di più fu quella di vedere un po' di barba sulla sua mascella. Chiara e poca ma c'era. Era davvero cresciuto così tanto, tra i due ero sempre sembrata io la più grande ma in quel momento ebbi i miei dubbi.

Le sue palpebre caddero e fissò il pavimento, io ero congelata sotto la sua presa che ancora non si era deciso a lasciare.

-Luke.- la mia voce gracchiò come un disco rotto e rigato. Come se il mio corpo mi dicesse di non parlare per non peggiorare la situazione.

-Oh ti prego.- urlò.

Si staccò da me appoggiando i gomiti e la fronte contro il muro opposto, mi dava le spalle mentre imprecò a labbra strette.

La polo diventava più aderente o si allargava contro la sua schiena quando respirava ed espirava.

Si rigirò di colpo passandosi le mani sulla faccia e poi tra i capelli.

-È solo che è così ingiusto.- sputò.

Fissai i suoi occhi lucidi prima di abbassare la testa e subire la sua voce arrabbiata.

-Anni, Hayley, per le persone come me sono una vita intera sprecata.- la sua voce si bloccò di colpo.

Sentii i suoi passi avvicinarsi e scorsi nella mia visuale le sue scarpe, non indossava le Converse che mi ricordavo. Un po' ne rimasi delusa.

Una sua mano salì lungo il mio braccio, accarezzandomi attraverso il maglione che indossavo.

-Ti odio in questo momento,- mi alzò il mento appoggiando la fronte contro la mia -così tanto.-

Era vicino, sentivo il suo petto contro il mio, il suo alito sulla mia guancia, sul mio viso. Era come sentirlo dappertutto. Chiusi gli occhi sentendo un senso di nausea pervadermi, era troppo vicino. Dopo un lungo periodo di assenza era come se ne fossi accecata.

Come se iniettassero una dose di eroina in vena ad un ex tossico dipendente. È distruggente e sconcertante.

Mi sentivo così debole, potevo cadere sulle ginocchia se non ci fosse stato il suo corpo ad impedirmelo.

-Di qualcosa.- sussurrò.

Strinsi i pugni quando vidi una lacrima sfuggirgli quando sbatté gli occhi. Mi faceva arrabbiare.

-Cosa dovrei dire?- dissi con lo stesso tono. Mi sciolsi quando entrambe le sua mani presero il mio viso, i suoi pollici mi accarezzavano le guance mentre la sua fronte strusciava piano piano contro la mia.

-Qualunque cosa.-

Deglutii.

-Perché sei qui?-

Era in effetti la prima cosa a cui avevo pensato quando il mio cervello uscì dalla foschia che aveva creato Luke.

-Perché è dove sei tu.-

Scattai, ne avevo abbastanza.

Spinsi le mani contro il suo petto, non potevo affrontarlo con le parole, era sempre stato più bravo di me.

Vidi un cipiglio sul suo viso, era confuso.

-Vattene.- dissi solo.

Indicai la porta con l'indice guardando in basso. Le sue scarpe mi fecero di nuovo compagnia.

-Hayley, ma cosa?-

-Fuori.- lo interruppi.

Davvero avrei voluto, ma non potevo affrontarlo. Ero troppo debole per lui.

Luke diede un po' di resistenza, dopo qualche secondo sentii sbattere la porta.

Automaticamente caddi a terra, come una reazione a catena. Io ero l'ultimo pezzo che doveva cadere e così feci. Come era giusto. Secondo le regole.

Appoggiai la testa al muro mentre tirai le gambe al petto. Osservai il pacco che era scivolato qualche metro più in dentro, verso il salotto, e arrancai per prenderlo.

Quando strusciai le dita contro il cartone con il timbro delle poste inglesi potei sentire un peso coricarsi sul mio stomaco, in poche mosse stracciai la carta spessa.

La copertina lucida del libro rifletteva la lampada del soffitto. Una scritta grande a stampatello bianca citava "DISCONNECT", era posta sopra uno sfondo marino.

Un mare in tempesta.

Girai il libro per guardare il retro. Non lessi la trama ne niente.

Vidi solo il nome di Luke e questo bastò per farmi realizzare che vedere scritta la nostra storia sarebbe stato molto peggio che viverla.

ECCOCI

Ok questo sarà uno dei pochi spazi autrici che farò.

Ne è passato di tempo vero? Sembra ieri che scrivevo l'epilogo di Disconnect. Fatemi solo dire che i capitoli da oggi saranno molto più frequenti e lunghi. Questo prendetelo come un assaggio.

Hayley e Luke sono tornati.

E, avete visto come sono stata carina a mettere come copertina del libro nella storia la prima che avevo messo per la storia vera? Ahah so che molte di voi non lo sanno ma la scritta con il mare dietro è stata la prima copertina di Disconnect qui su Wattpad.

È elettrizzante, e non ammazzatemi se trovate errori ma questa è la mia prima storia in prima persona e devo prenderci la mano.

Vi dico già che quando terminerò Heartache (che è la prima storia che ho scritto dopo Disconnect waa) e Super-Hero scriverò una storia su Zayn che si chiamerà "As If".

Prima o poi le idee mi finiranno, ma per adesso, ne sfrutto fino all'ultima goccia per scrivere ste merdine.

Detto questo, ecco a voi il primo capitolo di Disconnect 2.

E, chiudete gli occhi, lo Yell è iniziato.

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