Capitolo 9
Ero arrivata davanti casa di Lily, ed era l'una di notte, quindi probabilmente i suoi stavano dormendo.
-Lily ce la fai a salire in camera? La macchina te la riporto domani-
-certo che ci riesco! Ma se vuoi ti accompagno io a casa-
-si certo. Forza scendi, ci vediamo domani-
Aprì lo sportello e una volta scesa la vidi appoggiarsi al cofano della macchina, quindi decisi di aiutarla. La accompagnai fino in camera e la stesi a letto.
Poi il suo telefono squillò, era John decisi di rispondere per lei.
-John?-
-Lily sei tu?-
-no sono Eloise. Sono venuta a dormire a casa sua dopo una festa... e ora sta dormendo, abbiamo ballato tanto- non potevo dirgli che si era ubriacata, non sapevo come avrebbe potuto reagire, ne tanto meno che l'avevo lasciata da sola per la maggior parte della serata. -come mai chiami a quest'ora? È successo qualcosa?-
-no no...-
-sei sicuro? Sai non è normale chiamare una persona all'una di notte per sapere come sta, anche se è la tua ragazza-
-davvero non è niente Eloise. Ci sentiamo-
Non mi diede neanche il tempo di rispondere che riattaccò. Era indubbiamente successo qualcosa che Lily non mi aveva detto. Ecco il motivo per il quale si era ubriacata.
Le lasciai un post-it attaccato al telefono così lo avrebbe visto appena alzata, scrivendogli di John e della macchina e che dovevamo parlare.
Uscii di casa e mi misi nuovamente nell'auto.
Ora che non c'era nessuno, mi sentivo sola, triste e confusa per gli avvenimenti di quella sera. Troppe cose da elaborare.
Misi la musica ad alto volume sperando che potesse superare i miei pensieri, partì subito "Dream" degli Imagine Dragons.
"Everything is a mess" Dan Reynolds, non esistono parole più vere. È tutto un casino. È tutto un grossissimo casino.
Chi mi diceva che quello che avevo visto non era nient'altro che la mia immaginazione? O uno scherzo?
Eppure non lo sembrava, era la cosa più vera e più strana mai vista. Perché quel ragazzo era a terra pieno di graffi profondi e William aveva le mani insanguinate? Magari si stava difendendo... ma dov'era il coltello? Probabilmente lo aveva gettato poi a terra per la paura, ma non sembrava aver paura. Al contrario sembrava che quei tre avessero paura di lui, l'uomo che gli stava di fronte quasi tremava nonostante la sua stazza, e quello ancora in piedi era come pietrificato. Cosa gli avrà mai detto?
Per non parlare di quegli occhi. Fino a qualche minuto prima erano neri, di un nero così profondo da assomigliare a quello degli abissi, e l'attimo dopo erano rossi, come il sangue che aveva sulle mani, come il fuoco più pericoloso dell'Inferno.
Arrivai a casa e cercai di dormire, era l'unico modo per scacciare via quei pensieri che tanto mi tormentavano.
La mattina dopo mi svegliai con una lentezza da far rabbrividire i bradipi.
Non appena presi il telefono vidi il messaggio di Lily che mi ringraziava e diceva che oggi nel pomeriggio sarei stata la benvenuta a casa sua per parlare.
Mentre guardavo quel messaggio il telefono vibrò nuovamente, il numero non lo avevo salvato, una volta cliccato sopra lessi "Dobbiamo parlare." Dato il tono perentorio pensai fosse mia madre dal telefono di qualche collega, ma mi accorsi subito che era firmato "Will".
Saltai sul letto per lo spavento e iniziai a respirare affannosamente. In un attimo rividi tutto quello che era successo la sera prima. Era tutto vero.
Mi ritornò in mente anche la canzone che ascoltavo in macchina "we all are living in a dream" vorrei tanto che avesse ragione.
Scesi a fare colazione e trovai un biglietto di mia madre attaccato al frigo "oggi mi vogliono a lavoro, torno stasera". Bene, avevo casa tutta per me.
Dopo aver pranzato ed essere stata un po' davanti alla TV a scorrere i canali senza in realtà guardarli, decisi di andare da Lily.
Salii in macchina e la musica partì nuovamente,questa volta attaccai il telefono e misi a tutto volume "November Rain" dei Guns 'n Roses, quanto li amavo.
Arrivai a casa di Lily e non appena suonai, la porta si aprì rivelando la mia migliore amica con gli occhi leggermente arrossati.
-Lily ma che è successo?- Lei non mi rispose, una volta entrata mi abbracciò forte-ehi vuoi dirmi che è successo? C'entra John? La sentii annuire. Le passai una mano fra i capelli e poi sulla schiena nella speranza di tranquillizzarla un minino.
Ci sedemmo a parlare sul divano della sua sala -in realtà non è niente... andava tutto bene e quando gli ho detto che sarei andata ad una festa in spiaggia con te ha iniziato a fare il geloso perché sarebbe stata una festa piena di ragazzi a un certo orario anche ubriachi. Gli ho detto che sarei stata con te, ma non è bastato. Ha iniziato a dire che due ragazze non avrebbero potuto fare nulla. Gli ho proposto di venire, ma mi ha detto che anche lui aveva una festa, allora ho iniziato a fare la gelosa anche io. Abbiamo finito per urlarci contro e poi ho riattaccato...- fece un singhiozzo.
-e non vi siete più sentiti?-
-ho provato a chiamarlo stamattina ma non mi ha risposto...-
-magari sta dormendo dopo la festa di ieri-
-magari ora è nel suo letto con chissà chi affianco- a quell'affermazione mi bloccai.
-non è tipo Lily...-
-non lo conosci... non credo che lo farebbe mai, ma non lo so-. Cercai di rincuorarla nel miglior modo possibile. Ero venuta per parlarle di quello che ho visto alla festa, di Will, ma ho l'impressione che non mi darebbe retta.
A volte penso di essere davvero una pessima amica, Lily sta male e piange tra le mie braccia, mentre io penso all'altra sera.
Lily mi riaccompagnò in macchina a casa, lasciandomi leggermente più lontana, sarebbe andata da John per cercare di recuperare la cosa.
Arrivai davanti casa e nel vialetto vi trovai una macchina nera, mentre quella di mia madre non c'era ancora ovviamente. Chi poteva essere?
Mi avvicinai lentamente fino a che vidi riflesso nello specchietto il viso di William. Il gelo mi salì e mi percorse le vene. Mi nascosi, ed entrai dalla porta sul retro. Ero salva. Sentii la portiera della macchina aprirsi e il campanello suonò facendomi saltare per la paura. Mi avvicinai alla porta ma non risposi, guardai attraverso l'occhiello della porta la sua espressione. Non riuscivo a decifrarla era triste? Deluso? Arrabbiato? Quel ragazzo era così enigmatico che non riuscivo neanche a leggere il suo sguardo. Guardava in basso e ad un tratto il mio telefono iniziò a squillare a tutto volume, amavo "Counting Stars", davvero, ma in quel momento era la cosa che odiavo più al mondo, sicuramente anche William l'aveva sentita, infatti quando riguardai nell'occhiello, lo vidi guardare la porta, i suoi occhi erano neri, come sempre ad eccezione di quella sera...
-so che sei dietro la porta-
Mi misi una mano sulla bocca inconsciamente.
-ti prego Eloise, aprimi-
Continuai a non rispondere -Eloise così mi fai preoccupare ti prego- mise una mano sulla porta e istintivamente feci lo stesso. La sua espressione si indurì e vidi la sua mascella irrigidirsi -non puoi dire a nessuno quello che hai visto-
Decisi di parlare -perché dovrei darti retta? Eri tu quello con le mani sporche di sangue...- stavo per parlare dei suoi occhi ma evitai.
-allora ci sei ancora- Sorrise leggermente -credevo te ne fossi andata- poggiò anche la testa sulla porta e ora vedevo solo i suoi capelli corvini. -non puoi dirlo a nessuno Eloise... io... nessuno ti crederebbe-
-non sono mai stata brava a fare la spia, e poi quello che ho visto... deve essere stato un errore-
Alzò lo sguardo -cosa hai visto?-
-io... non lo so... potrei essermi sbagliata. Anzi mi sono sicuramente sbagliata-
-Eloise ti prego apri-
-mi spiace...-
-Eloise ho bisogno di vedere se stai bene-
-cosa vuoi altro William?-
-voglio che apri questa porta o non esiterò a buttarla giù o a entrare dalla finestra della tua camera che hai lasciato aperta-
-sei entrato in camera mia?!-
Esitò -non ancora ma se non apri la porta potrei-.
Sapevo che stava dicendo per davvero, lo sapevo e basta.
Non avevo paura di lui, almeno non di questo William, avevo paura del William con le mani sporche di sangue.
Presi tutto il coraggio che avevo e aprii leggermente la porta, lui mi guardò stupito e i suoi occhi si agganciarono ai miei.
-sei contento ora?- cercai di essere il più dura possibile -va via-. Allungò una mano verso di me, ma io mi allontanai.
-Eloise che hai visto?- mi guardava implorante. Voleva che glielo dicessi, come se facendolo lo avrei aiutato a superare la cosa, ma chi avrebbe aiutato me?
I nostri occhi non si erano mai staccati gli uni dagli altri. Allungai una mano e la avvicinai al suo viso, lui si allontanò e io mi protesi ulteriormente fino a che toccai la sua guancia, ancora una volta una sensazione di freddo mista a caldo mi fece rabbrividire, ma cercai di non pensarci. Gli passai il pollice sotto l'occhio e sussurrai con voce spezzata.
-i tuoi occhi... i tuoi occhi erano rossi, più rossi del sangue che avevi sulle mani- lui sgranò gli occhi e mi resi conto di quello che stavo facendo, e ritrassi di scatto la mano portandola dietro la schiena. Ero impietrita -va via- gli dissi nuovamente ed entrai in casa prima che potesse fare qualsiasi cosa e chiusi la porta poggiandomici sopra e scivolando fino a toccare con le mani il pavimento freddo.
-Eloise mi spiace... per quello che ti ho detto alla festa, non avrei dovuto... se non lo avessi detto ora non saremo a questo punto. Mi spiace davvero...-.
la sua voce era profonda più del solito.
Non parlai, sentii la macchina uscire dal vialetto, e iniziai a piangere.
Cosa avrei fatto il giorno dopo? E quello dopo ancora? Non gli dovrei più parlare come minimo, ma come facevo era nella mia scuola. Ma non era questo il punto, lui era la persona con la quale volevo stare, lui era nella mia testa, ancora di più dopo quello che è successo perché ero curiosa. Volevo sapere, volevo conoscere la verità. Cos'era successo? Lui probabilmente era l'unica persona che avrebbe potuto rispondere alla mie domande. Io avevo bisogno di risposte.
Presi la mia bicicletta e andai ad una biblioteca che era vicino casa mia. Lì iniziai a cercare libri su gente con occhi rossi, ma non trovai nulla. Poi ricordai, aveva parlato di due tipi di pensieri sul sangue, e ricordai quello che mi aveva detto, angeli, demoni e angeli caduti. Iniziai a fare ricerche e trovai tutto quello che mi aveva detto lui, c'erano rappresentazioni rudimentali di angeli ai quali altri della loro specie spezzavano le ali con le mani, e la bocca delle vittime era digrignata e volta a quella che era una sfera che per metà rappresentava la luna e per l'altra il sole. Una delle ali della vittima era già spezzata ed era nera, e il corrispondente occhio... rosso.
>>>>Spazio autrice <<<<
Salve a tutti! Mi scuso per il ritardo nel pubblicare questo capitolo, ma sono stata molto impegnata. Cosa pensate del capitolo? Cosa accadrà dopo?
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