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Capitolo 3

La mattina dopo non sentii la sveglia, mia madre quel giorno sarebbe uscita di casa prima, piuttosto fui svegliata dal campanello.
Senza pensarci mi alzai ancora assonnata dal letto, scesi giù e aprii la porta con uno sbadiglio.

- Si? - quando aprii bene gli occhi dovetti alzare lo sguardo per guardare in faccia la persona che avevo davanti e non appena incrociai degli occhi scuri sobbalzai - che ci fai qui?! - lui mi guardò dai piedi e indugiò sulle gambe fu in quel momento che mi resi conto di avere solo una maglietta a mezza manica lunga con dei pantaloni così corti da non vedersi.

- Vediamo, pigiama, occhi gonfi, capelli leggermente arruffati - mi agitò una mano sui capelli arruffandoli di più e mi allontanai, non sapevo se per la paura dell'effetto che mi aveva fatto o per paura - ti sei appena svegliata vero? Beh sappi che non credo riuscirai a prendere il bus ed è qui che entro in gioco io -

Chiusi di più la porta e mi ci nascosi dietro - ti devo dare il giacchetto, ieri mi sono dimenticata di ridatelo. Per quanto detesti dirlo, temo tu abbia ragione sul fatto che non riuscirò a prendere il bus, ma lo vedremo -

Gli chiusi la porta in faccia - che fai mi lasci qui fuori? -

Non mi andava di far entrare uno sconosciuto in casa mia, ma in fondo non era un cattivo ragazzo, aprii la porta lasciando che mi coprisse il corpo.

- Chiudi gli occhi - mi guardò incredulo.

- Chiudi gli occhi? Che senso ha ti ho vista neanche due minuti fa così - lo guardai con aria di rimprovero e con uno sbuffo chiuse gli occhi.
Quel giorno aveva una maglietta leggera a manica lunga, gli presi con una mano l'avambraccio, era così grande che non riuscivo a toccarmi il medio con il pollice di tantissimo, mi misi dietro di lui e lo spinsi fino al divano, lo feci sedere

- Rimani qui, e prima di riaprire gli occhi conta fino a 10, e non gironzolare per casa, non toccare niente -

- Ho capito ho capito - mi interruppe.

- Tra cinque minuti sono da te -
Nonostante gli occhi chiusi era bellissimo, le sue sopracciglia nere erano perfette, e con questo non intendo come quei tizi che se le fanno fare, ma naturali, un pò spesse.
La sua bocca rilassata sembrava chiamarmi fino a che non si mosse - tre - aveva iniziato a contare nella sua testa e ora mi voleva mettere al corrente - quattro - indugiai e corsi alle scale che portavano al piano di sopra poste davanti la divano - sei - entrai in camera e lo sentii urlare - otto -
In tempo. Presi i pantaloni neri a vita alta, un top e sopra una camicia semitrasparente bianca che infilai nei pantaloni, scarpe nere e corsi in bagno.
Non potevo credere che mi aveva realmente appena vista con quei capelli, chissà cosa penserà ora. Una volta pettinata i miei capelli ritornarono i troppo lisci di sempre. Mi guardai allo specchio, riuscivo ancora a sentire il fantasma della sua mano che si strofinava sulla mia testa, un brivido mi percorse la schiena ma non ci feci troppo caso.
Mi misi l'eye-liner, rimmel e corsi giù. Lo ritrovai vicino al camino che stava di fronte al divano, con una mia foto che stava sulla mensola.

- Non ti avevo forse detto di non toccare nulla? - dissi con tono severo.

Lui si girò di scatto colto sul fatto - hai ragione, non ho saputo resistere -

- Mettila a posto per favore - era più un ordine che un consiglio.

- Sai in questa foto hai un sorriso bellissimo. Dovresti sorridere di più - anche lui quella volta sembrava serio.

Cercai di ignorare il calore che si stava facendo strada sulle guance e andai in cucina. Riscaldai del latte e misi davanti a tre tre biscotti.

- Sul serio? -

- Cosa? - aveva appena utilizzato quel tono di incredulità che sembrava usare per criticarmi.

- Il latte bianco? - disse come se in quel momento avesse davanti agli occhi una bambina.

- Problemi? - mi portai la tazza alla bocca.

- Ehm no, assolutamente è solo che mi sa tanto di bambini - iniziò a ridere sotto i baffi, ma non persi la pazienza.

- Si eh? Secondo me non lo bevi da almeno 10 anni se non di più. Il latte puro intendo - posai la tazza e lo guardai.

- Vero - disse dopo averci pensato un po'.

- Allora non puoi capire. Ha un sapore che mi fa svegliare. - ed era vero.

- Io neanche me lo ricordo più il sapore -

Istintivamente allungai la mano con la tazza di latte in mano, come ad invitarlo a berne un goccio. Quando prese la tazza buttai fuori l'aria che non mi ero accorta di star trattenendo, e le nostre dita si sfiorarono.
Lui mi iniziò a fissare e la sua bocca toccò il bordo della porcellana, bevve guardandomi due sorsi poi me la diede indietro prestando attenzione a non sfiorarmi.

- Hai ragione. Non lo bevo da un secolo e mi piace. Devo farlo anche io la mattina - sorrisi bevendo ancora, poi mangiai un biscotto e rimisi gli altri nello scatolo

- Ma non hai mangiato nulla - disse deluso.

- Che fai ora ti preoccupi di come mangio? Vado a lavarmi i denti aspettami qui -

Salii le scale, erano le 7.35 e il bus passa alle 7.40, volendo ce l'avrei fatta, ma non so perché indugiai a tal punto da scendere dopo 7 minuti.

- Sembra proprio che dovrai venire a scuola con me - disse sicuro di sè.

Feci la finta tinta - perché mai? -

- Sono le 7.42 e l'ho appena visto passare - arrossii - ma... io non voglio essere accompagnata a casa da te - cercai di convincere me stessa che era così.

- Non credo che tu abbia molta scelta - disse con un sorriso malizioso sul volto.

Mi prese lo zaino che avevo lasciato la sera prima vicino alla porta d'ingresso.

- Beh io vado - aprì la porta e uscì con il mio zaino.

- Ehi quello mi serve! Aspetta! - presi il giacchetto di pelle che aveva lasciato sul divano e uscii di casa.
Quando mi voltai a guardarlo era seduto pronto per partire sulla moto. Aveva il casco in mano, la schiena leggermente inarcata e le braccia che gli cadevano sul dorso della moto, era la cosa più bella che avessi mai visto.

Mi avvicinai indugiando - hai dimenticato di nuovo questo -

Mi sorrise - mettilo tu, per quanto apprezzo la tua camicetta così provocante, sulla moto sentiresti freddo - arrossii e abbassai lo sguardo per evitare di incrociare il suo. Lo indossai, tirai fuori i capelli, poi mi mise il casco in testa e spostandomi i capelli da sotto il meno, mi accarezzò il collo provocandomi i brividi e me lo allacciò.
Poi mise il suo e mi aiutò a salire. Mi poggiai di nuovo con le mani alle maniglie poste sul retro della moto, ma quando partì non riuscii a fare a meno di attaccarmi a lui e cercai di mantenere le gambe lontane dalle sue.
Anche questa volta potrei giurare di averlo sentito sorridere.

Arrivammo a scuola e si fermò al parcheggio. Quando scesi notai che tutti ci guardavano ed era una cosa che non mi piaceva. Non volevo essere così tanto esposta. Sicuramente neanche si ricordano tutti di me per quanti siamo in quella scuola e ora si staranno domandando chi è che sta con quel gran bel nuovo arrivato che ha inevitabilmente attirato l'attenzione di tutti.
Mi levai il casco e abbassai lo sguardo di modo che non potessero vedermi bene in faccia, poi allungai un braccio e glieli diedi - grazie per il passaggio. Ci si vede. -

Mi girai e feci il giro esterno della scuola per entrare dall'accesso secondario.
Andai al mio armadietto e poco dopo sentii la pressione di una mano sulla mia spalla sinistra

- Eloise! - era Lily che mi guardava preoccupata - va tutto bene? Ti ho aspettata alla fermata del bus ma non ti ho vista scendere... -

Presi alcuni libri - hai ragione... scusami - rimase in silenzio per qualche secondo.

- Ma la giacca è tua? Non è un po' troppo grande per te...? -
Un'altra volta. Quella giacca sembrava rimanermi attaccata addosso con il suo profumo misto di fumo, muschio e allo stesso tempo di una rosa.

- Io... William mi ha accompagnata a scuola e mi ha prestato la sua giacca... - dissi imbarazzata.

Un sorriso malizioso colmò il viso di Lily - è successo qualcosa? -

A parte il fatto che ieri mi ha beccato a suonare? - no, niente. Cosa vai a pensare? -
Ci avviamo verso il corso di spagnolo.
Solo quando entrai in classe mi resi conto che oltre che Lily c'era anche William. Mi misi di fianco alla mia amica, un gruppo di ragazze gli si era avvicinato. Chissà che cosa volevano, magari lo stavano invitando ad una festa e ovviamente io non ero inviata.
Mi alzai come in preda a uno scatto d'ira mi tolsi il giacchetto e mi intromisi nella folla di oche starnazzanti

- Will, tieni grazie - Will? Da quando lo chiamo Will?! E perché ho pensato bene di darglielo proprio in quel momento?! Maledetta testa.

Lui mi rivolse uno di quei suoi sorrisi - di niente - fece una pausa - sai le ragazze qui stavano parlando di una festa in spiaggia sabato sera. Tu ci vai? -

Allora avevo pensato bene... - a dire la verità non sono stata invitata e comunque non me la sento... -

La ragazza bionda di fianco a me mi strinse una mano attorno al braccio - ma come El! Ovviamente sei invitata anche tu! E anche la tua amica li infondo - El? Non ci ho mai parlato in vita mia e lei mi ha chiamato El? Neanche sapevo come si chiamava.

Le rivolsi uno sguardo glaciale - si chiama Lily. E grazie per il tuo invito tesoro ma non è posto per me una festa - dissi con astio.
Mi girai e tornai al mio posto mentre la sentii dire "beh quello si era capito" seguito da un insieme di risolini stupidi.
Una volta seduta mi guardai indietro e vidi William che non rideva e mi guardava con sguardo quasi dispiaciuto.

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