Capitolo 22
Mi svegliai di colpo a causa di un rumore nelle vicinanze del mio rifugio. Era ancora notte. Avevo gli occhi spalancati dallo spavento, poteva essere qualsiasi cosa, ero in un bosco dopotutto. Le gambe strette al petto erano indolenzite per la posizione. Lentamente e il più silenziosamente possibile mi affacciai dallo scorcio, ma non vidi nulla.
- Eloiisee - sentii pronunciare il mio nome da una voce purtroppo familiare. Doveva essere il sosia di Thomas. Tornai dentro alla tana cercando di farmi il più piccola possibile per non essere vista.
- Vieni fuori. Non posso assicurarti che non ti farò male, ma posso portarti da Will e questo lo sai anche tu. - lo sentii avvicinarsi sempre di più.
Ogni suo passo faceva battere sempre più forte il mio cuore per la paura di quello che sarebbe potuto succedere.
Sentivo le sue scarpe sprofondare nel terreno facendo a pezzi foglie vecchie e radici leggermente in superficie.
- Non sei curiosa di sapere come faccio a conoscere William? -. Ero più che curiosa, come sempre la mia voglia di sapere era inarrestabile.
- È inutile che ti nascondi, riesco a fiutarti - lo sentii fare uno strano verso, come quando si era mezzo trasformato mentre eravamo in macchina.
Ero in crisi. Pensai di uscire e iniziare a correre, ma se lo avessi fatto lui mi avrebbe di certo raggiunto, non avevo più un vantaggio. Avevo ancora il bastone dalla mia parte, ma sicuramente questa volta era più preparato anche lui.
Mi tappai la bocca con la mano per non far sentire il mio respiro.
Sentii i passi sempre più vicini fino a che vidi due scarponi camminare davanti al mio rifugio e passare oltre. Iniziò a fischiettare e la cosa mi inquietò ancora di più. Rimasi immobile con le mani che affondavano nel legno del bastone che ancora avevo. Percepii il legno sotto le dita che quasi mi bucava la pelle. D'un tratto i passi si arrestarono e mi agitai ancora di più. Cercai di controllarmi non respirando troppo a fondo o mi avrebbe scoperta.
Di colpo una faccia con una lunga lingua appuntita e dagli occhi blu e gialli mi si parò davanti sorridente. Lanciai un gridolino di pura paura, non era certo un bello spettacolo. Mi sentii come in un film dell'orrore, in attesa di sapere di che morte sarei morta.
Ero troppo rannicchiata per usare il bastone a mio favore, lui lo prese e lo lanciò lontano. Poi mi trascinò fuori e mi lasciò a terra a riprendere fiato.
- Non ti difendi più come prima, ragazzina? -
Localizzai il bastone qualche metro dietro di me. Mi misi a pancia in su ed iniziai ad indietreggiare cercando di prendere tempo. - Si può sapere chi sei? -
Piegò la testa prima a destra e poi a sinistra, e uno strano rumore venne dal collo. - Mi chiamo Arden -
- Cosa hai contro Will? - continuai ad indietreggiare lentamente.
- Io niente - sollevò le spalle sincero.
Ero più confusa di prima. - Allora perché vuoi... - "squarciarmi davanti a lui" non suonava bene detto da me, di fatti fu lui a continuare la frase sottolineando l'ovvietà. - Ucciderti davanti a lui? - fece una pausa - onestamente non ne sono sicuro. Vedi è una cosa fra lui e... un mio amico -
- Se non sei umano cosa sei? - mi stavo avvicinando sempre di più all'arma.
- Non ho detto di non essere umano. Di fatti lo sono - aprì le braccia come a dimostrare la sua affermazione.
Inghiottii - Beh, non tutti gli umani hanno quegli occhi... e quella... lingua. - non parlò e quando capii mi fermai - mi vuoi forse dire che ci sono individui che permettono alle persone di assomigliare a dei mostri? -
- Chi ha parlato di mostri? Piuttosto si sta parlando di forza e potere - disse quasi soddisfatto.
- E questo tuo amico... è colui che ti ha trasformato - lui non parlò e continuò a guardarmi fisso - è per ripagarlo che fai questo - Arden annuì convinto. Stavo per fare altre domande, ma lui mi zittì con un gesto della mano. - Basta domande -
Si avventò su di me tentando di bloccarmi. Schivai i diversi colpi che tentava di darmi usando la sua lunga lingua, poi mi prese al braccio che sentii bruciare come se mi avessero buttato dell'acido sopra. Gli diedi un calcio sull'addome, ma fu inutile. Rotolammo prima da un lato e poi dall'altro. Non riuscivo a guadagnare un qualche vantaggio. Le sue mani mi bloccarono le braccia. Cercai di divincolarmi, ma era troppo forte. Continuai ad usare tutte le mie forze nonostante fossi ormai esausta.
- Ora vieni con me - sorrise sornione.
- Io non credo proprio - una voce familiare riecheggiò nel bosco. Qualcuno prese il mio avversario per il colletto della maglietta e lo lanciò lontano. Mi avvicinai ad un albero e mi ci raggomitolai, poco dopo un'ombra si accucciò a un passo da me.
- Eloise - alzai lo sguardo e vidi Tristan sorridermi. - Will! - urlò guardandosi alle spalle - Will è qui! -
Qualche secondo dopo vidi alcuni metri più in là William, in piedi e con il fiatone che mi guardava. Credevo di vederlo arrabbiato per essere fuggita, ma quello che scoprii nei suoi occhi fu preoccupazione e sollievo. Di colpo i suoi occhi diventarono rossi e si girò a guardare Arden avvicinandosi minacciosamente.
- Tu cosa vuoi - scandì le parole e sembrò più una pretesa che una domanda.
- Continuate a chiederlo! Ormai non ho più il coltello dalla parte del manico, mi sembra inutile parlare - sorrise tirando fuori la lingua e toccando il braccio di Will. Il ragazzo riccio arretrò facendo una smorfia di dolore appena percettibile. Si toccò il braccio che sembrava ustionato, il quale guarì in qualche secondo. Alzò lo sguardo in direzione del sosia di Thomas, ma se ne era già andato rendendosi un tutt'uno con ciò che ci circondava.
Tristan si allontanò e Will mi corse in contro finendo a terra davanti a me, sporcandosi le mani con il marrone della superficie sottostante. I suoi occhi erano tornati scuri e tenebrosi come quel buio nella foresta che celava chissà quali esseri. Le sue spesse sopracciglia erano aggrottate. Posò entrambe le sue mani sporche di terra sulle mie guance. Il tepore che emanavano, mi riscaldava le guance facendomi rabbrividire. Per un attimo potrei giurare di aver sentito le sue dita tremare.
- Eloise - il suo tono era quasi disperato - stai bene? Ti ha fatto del male? - notò alcuni graffi superficiali dovuti alla corteccia degli alberi o qualche livido che mano a mano affiorava e ci passò le mani vicine. La sua espressione sembrò mutare, assumendo quella tipica di quando era così arrabbiato che avrebbe fatto fuori qualcuno, e in quel caso sapevo chi. Gli presi una mano e per quanto vi riuscì, gli sorrisi.
- Ehi, va tutto bene. - continuava a guardare a terra evitando di incrociare il suo sguardo con il mio. Gli toccai la guancia e i suoi occhi erano di nuovo su di me. - Sto bene -
Tornò per un attimo a fissare distrattamente la terra e si passò una mano sulla bocca - ok -
Non disse altro, doveva sentirsi in colpa per quello che era successo anche se lui non c'entrava nulla. Ero stata io a prendere l'iniziativa di uscire da quella casetta in legno ed andare a stare dalla mia amica. Si alzò e mi aiutò a fare altrettanto mettendomi un braccio attorno alle sue spalle, e una sua mano si poggiò delicata sul mio fianco. Anche in momenti come quello non potevo fare a meno di sentire dei brividi corrermi per tutto il corpo e partire dai punti in cui ero in contatto con il suo.
Sentivo la sua schiena rigida sotto il mio braccio, e quando mi voltai a guardarlo la sua mascella era serrata, facendo si che fosse più delineata. Guardava fisso davanti a sé, ma io non potevo fare a meno di guardare lui. Il suo sguardo così cupo, assente, non fece che preoccuparmi, tuttavia mi sentivo inopportuna a parlare in quel momento. Lo lasciai portarmi vicino alla moto. La sua mente ora chissà dov'era, a cosa pensava. Come se avessi ricevuto un pugno allo stomaco mi resi conto che non lo avrei mai capito, non sarei mai riuscita a decifrarlo del tutto, ma probabilmente quello era anche uno dei motivi per i quali mi sentivo così attratta da lui. Era imprevedibile
Mi lasciò solo per sedersi in sella alla moto, poi tese un braccio per aiutarmi ad imitarlo. Mi passò il casco.
- Will... Non fartene una colpa. Quello che è successo è stato a causa mia, a causa della mia ingenuità -
- Se ti fossi stata accanto questo non sarebbe successo. Ormai quel che è fatto è fatto. - si voltò, per quanto poté, verso di me - perché sei andata via? -
Lo guardai negli occhi, per quanto difficile fosse, sapevo che era quello di cui aveva bisogno, e probabilmente anche io. - Sono andata da Lily... Quando mi hai detto di quella ragazza... Non sono riuscita più a pensare con la mente lucida... Il pensiero che quello che hai fatto per me lo-- mi interruppi quando lo sentii sorridere.
- Mi stai dicendo che eri gelosa? Per questo sei andata via? - il solito Will stava riaffiorando.
- Più o meno - mi morsi il labbro e vidi il suo sguardo indugiare.
- Certo che sei proprio complicata tu - gli diedi un pugno sulla schiena che sembrò fargli il solletico perché rise di più. - Ok, ok. Mi arrendo. - fece una pausa e mi guardò, riassumendo un'espressione seria - voglio portarti in un posto -.
Non mi diede il tempo di controbattere nulla, che la moto partì. Il vento fra i capelli mi sembrò così familiare. Le mie braccia attorno alla vita di Will mi fecero sentire più sicura, come se adesso fossi al posto giusto. A chi importava del suo passato, eravamo nel presente, lui era con me, ed era questo che contava. Era questo che doveva contare.
Spalancai le braccia per sentire l'aria fredda di quello che ormai era ottobre investirmi del tutto. Guardai nello specchietto e vidi un sorriso comparire sul viso di Will. Anche su di lui il vento aveva un certo effetto. Io mi sentivo tutta fuori posto, ma lui, con la visiera alzata e quegli occhi scuri divertiti, sembrava perfetto.
D'istinto misi nuovamente le braccia attorno a Will e chiudendo gli occhi, poggiai la testa sulla sua schiena. Sentii il suo corpo irrigidirsi, probabilmente non era ancora abituato a queste mie rare dimostrazioni d'affetto. Lo abbracciai forte e per qualche secondo una sua mano fu sulla mia, quasi a proteggerla dal freddo che ci veniva addosso come tanti punti di ghiaccio.
Dopo quell'abbraccio che avrei voluto non finisse mai, la moto si fermò ed io scivolai verso Will annullando anche quel sottile spazio che era rimasto a dividerci.
Scesi dalla moto. - Dove siamo? -
Eravamo in città, davanti ad un bar: "Jo's". La tendina aperta era rossa e la scritta era in un corsivo elegante colorato di giallo. Era chiuso, quindi l'unica cosa che vidi furono le serrande abbassate e le solite scritte fatte da chissà chi passava per la strada e voleva lasciare un segno.
Quelpalazzo aveva 3 piani, immaginai che sopra vi abitassero i propetari. Il locale era separato dalle altre coatruzioni da delle scale che portavano ai pieni superiori esternamente.
- Lo vedrai presto - mi sorrise e mi prese la mano. Mi condusse alla scala sulla sinistra. La salimmo e data la quantità delle scale, dedussi che fossimo all'ultimo piano. Una vecchia porta in legno leggermente graffiata ci impediva di continuare. Vicino alla toppa c'erano più graffi, segno di quante volte la chiave doveva aver mancato la serratura. Era spoglia sia di una maniglia che di un occhiello. Una semplice porta di legno scuro rovinato.
- Sai non... non ci ho mai fatto entrare nessuno - sembrava nervoso - sei la prima persona e molto probabilmente l'unica che vi avrà accesso - . Sorrisi al suo modo così antico di parlare.
Aveva il mazzo con le chiavi della moto ancora in mano, prese quella accanto e la mise nella toppa.
Mi stava facendo vedere casa sua, non sapevo bene cosa aspettarmi. Era un momento importante per me. Il Will che mi raccontava poco e niente di lui, ora stava per farmi vedere il luogo ove probabilmente trascorreva metà del suo tempo. Era come se stessi per vedere un'altra parte di lui. La chiave scattò e la porta si aprì scricchiolando leggermente.
Accese la luce e mi lasciò entrare. Ero in una stanza piuttosto grande che comprendeva diverse aree. Alla mia sinistra vi era una piccola cucina, con tanto di angolo cottura e un alto frigo di fianco. Vicino vi era un tavolo per massimo tre persone munito di due sole sedie. Avanzai un poco e sentii la porta alle mie spalle chiudersi e l'ombra di Will prendere posto di fianco a me. Di fronte a me, sulla parete opposta, vi erano due porte vicine, probabilmente portavano una alla stanza da letto e l'altra al bagno. Sulla mia sinistra vi era un divano in pelle marrone scuro con, appeso al muro, un misero televisore, dal suo stato si poteva capire che non lo accendeva da chissà quanto. Vi erano solo un paio di grandi finestre su un muro il quale colore era di uno strano grigio chiaro.
Sui muri non vi era alcun tipo di poster o qualcosa che simboleggiasse la presenza di un apparente adolescente.
Mi avvicinai alle altre due porte e prima di aprirle mi voltai verso Will come a chiedere il permesso. In tutta risposta ebbi un cenno della testa, il suo nervosismo era appena percettibile. Aprii la porta sulla sinistra e mi ritrovai nella stanza da letto. Le pareti erano dello stesso colore. Il lato del letto matrimoniale che vedevo meglio era sistemato, sembrava non vi dormisse da qualche tempo. Dalla soglia della porta ove ero rimasta, guardai dinanzi a me e vidi un'emorme vetrata. A ridosso di questa vi era un pianoforte. Sembrava essere vecchio, era di un legno che sembrava pesco e i tasti, una volta bianchi, erano leggermente ingialliti. Sicuramente usurati dal tempo o dalle troppe sonate fatte con foga.
Mi voltai di scatto verso William - Tu... - indicai il piano - suoni? -
Lui annuì.
- Giusto... che domanda stupida altrimenti perchè dovresti averlo - mi sentivo nervosa e non sapevo neanche il perchè. - Suoni qualcosa per me? -
Mi prese la mano e ci avvicinammo al piano. Lui si mise a sedere, mentre io mi poggiai lateralmente allo strumento per avere una visuale migliore.
Le sue dita iniziarono a scorrere sul pianoforte come l'acqua di un torrente in piena.
La musica sembrò ipnotizzarmi tanto che non riuscii a togliere gli occhi di dosso al pianista.
La luna era alta e quasi piena nel cielo, tanto da illuminare tutta la stanza. Creava un curioso contrasto su Will. La sua pelle era più chiara e i suoi capelli continuavano ad assorbire la luce affermando il loro colore. Gli occhi erano bassi sui tasti e le ciglia erano lunghe tanto da far pensare che avesse gli occhi chiusi.
La sua bocca era leggermente contratta, era il suo movimento incondizionato quando si concentrava a suonare. Le sue game sotto al piano le vedevo scivolare da una parte all'altra, ed immaginai i suoi piedi andare da un pedale all'altro. Poi si fermò e guardando la luna disse - questo brano, è stato Bach ad insegnarmelo -
Sussultai e Will, notandolo, si girò a guardarmi sorridendo.
Si alzò con grazia e con uno sguardo di fuoco mi bloccò. Iniziò ad avvicinarsi lentamente, fino a che fu davanti a me. La differenza di altezza iniziò a farsi di nuovo sentire, era così vicino a tal punto che riuscivo a sentire il suo respiro titillarmi la fronte. Tenni lo sguardo fisso nel suo, dovendo quindi alzare la testa. La sua mano destra mi percorse il braccio lasciando una scia di brividi, passando per la clavicola, il collo, e fermarsi sulla guancia. Il suo pollice disegnava dei piccoli cerchietti sul mio zigomo. (Kodaline - All I want acoustic)
Mi guardò profondamente - ho avuto paura. Pensavo di averti persa. -
Feci per dire qualcosa, ma portò delicatamente la sua mano sulle mie labbra.
- No, ti prego. - fece una pausa, e quando vide il mio silenzio lasciò sciolare la sua mano via dalla mia bocca e scendere, fino ad intrecciarsi con la mia metà.
- Io... non ho mai avuto paura di queste situazioni. Ma ogni cosa con te sembra diversa, come se ciascun evento o fatto che io facessi, lo mettessi in atto per la prima volta. È strano ma è così, e non so come comportarmi, se non rispondendo a qualsiasi tua domanda, proteggendoti e amandoti - alzò la nostre mani legate l'una all'altra e studiandole.
- Ho stretto mani di ragazze, ma non ho mai provato quello che provo ora - con la mano sinistra mi accarezzò la guancia per poi affondarla nei miei capelli - ho toccato guance e capelli di donne, ma non ho mai provato quello che provo ora -.
Si portò le mani intrecciate al petto, in modo che la mia toccasse il suo torso, era strano sentire il suo cuore battere così forte. Come quella volta dopo la festa.
Dovevo essere arrossita leggermente, perchè sentivo uno strano calore focalizzato sulle guance. Non riuscivo a fare nulla, se non guardarlo e continuare a perdermi nel suo sguardo più intenso e profondo della prima volta che lo avevo incrociato.
Si avvicinò sempre di più fino a che le nostre labbra si toccarono e delicatamente danzarono assieme un breve lento. Quando si allontanò avevo ancora gli occhi chiusi all'idea della sua soffice bocca sulla mia. Sentii la sua mano sinistra scivolare dai capelli a sotto il mio mento alzandomelo di poco come ad incitarmi ad aprire gli occhi. Lo feci ed era ancora vicino a me, a separarci non rimaneva che un misero filo d'aria. La luna persisteva nell'intento di illuminare i suoi ricci e le mie mani stavano facendo uno sforzo enorme nel non affondarvici dentro. Era un momento importante, per entrambi.
- Ho baciato altre ragazze, non posso negarlo - quell'affermazione mi fece prudere leggermente le mani - ma quello che provo adesso, è nulla in confronto a quei vecchi baci che sbiancano dinanzi ai nostri -
La sua mano sinistra tornò ad affondare nei miei capelli - quello che voglio dirti è che anche io credo di essere del tutto impazzito a causa tua. E credo di star per dire una pazzia più grande di quella che hai detto tu quella sera. - fece una pausa, non distogliendo i suoi occhi dai miei - Ti amo. -
Senza accorgemene feci qualcosa non avrei mai pensato di fare. Mi piombai sulle sue labbra come se stessi affogando e lui potesse darmi ossigeno. Gli circondai il collo con le braccia mettendomi in punta di piedi e finalmente appagai il mio desiderio di stringere quei ricci prepotenti con la luce bianca, fra le dita. Sentii le sue braccia circondarmi e stringermi forte, come ad eliminare anche il più piccolo spazio che era rimasto fra noi. Mi sollevò leggermente e gli circondai la vita con le gambe. Ora eravamo alla stessa altezza, anzi probabilmente ero leggermente più in alto. Non ci feci troppo caso, perché l'unica cosa sulla quale ero focalizzata era sentire la sua brama nel cercare le mie labbra che era pari a quella che avevo io. Quello che ora le nostre bocche ballavano, non era di certo un lento.
Si avvicinò al vetro fino a farmici poggiare la schiena, era freddo, ma con tutto il caldo che avevo in corpo non lo notai neanche tanto. Le sue mani furono sulle mie gambe a sorreggermi. Dopo qualche secondo la mia schiena non toccava più il freddo vetro. Fece per poggiarmi sul pianoforte, che in segno di protesta fece riecheggiare in tutta la stanza le sue note, ma ciò non ci fermò.
I suoi capelli continuavano a solleticarmi il viso, mentre i miei probabilmente nascondevano i nostri volti al mondo, ritagliando un piccolo spazio solo per noi. Continuavo a stringerlo a me, e le sue labbra continuavano ad agognare le mie, come se non fosse mai abbastanza, e potevo capirlo.
In un attimo mi ritrovai a contatto con qualcosa di morbido, ero sul letto, e Will era sopra di me.
Non so come trovò la forza di allontanarsi lentamente dal mio viso e quando lo guardai, intravidi tutto lo sforzo che aveva usato. Mi lasciò una serie di umidi baci sul collo - sarà meglio dormire ora, non ci resta molto tempo per riposare -
Gli passai una mano sulla guancia seguendone i lineamente e sorrisi appena. Da un lato ero contenta che si fosse fermato, aveva capito quanto importante fosse per me quel momento.
Will mi diede sei suoi vestiti ed andai a farmi una doccia. Se non fosse stato per lui avrei continuato a baciarlo ancora per molto, arrossii ripensandoci. La mia reazione è stata inevitabile, era riuscito a dire qualcosa che solitamente con le parole non si riesce a descrivere. Mi aveva detto che mi amava, e non gli avevo risposto. Forse non ero pronta a dire qualcosa di così importante, ma ero certa che un giorno lo sarei stata.
Uscii dalla stanza e lo trovai con dei pantaloni di un pigiama neri e larghi con sopra una canotta liscia dello stesso colore. Era steso su di un fianco, mostrandosi così del tutto ai raggi della luna. Quella parte della notte, avrei voluto non finisse mai.
Il satellite sembrava trasformare William in una delle più belle statue che Bernini avesse mai scolpito. Aveva un braccio piegato davanti a sé e vidi il suo muscolo rilassato. Mi stesi su di un lato: quello grazie al quale potevo ammirarlo come si fa per le opere d'arte.
Un riccio ribelle gli scendeva sull'occhio, ed allungai una mano per rimetterlo al suo posto. Con la stessa mano gli feci una leggera carezza sulla guancia e sussurrai certa che non mi sentisse - sei l'opera d'arte della mia vita - .
Mi avvicinai, e dopo poco, quando fui sul punto di addormentarmi sentii una presa sul mio fianco e Will mi trascinò più vicino a sé.
Mi addormentai con il fantasma di un umido bacio lasciato sulla fronte e nell'abbraccio dell'unica persona con la quale volevo essere in quel momento.
>>>> Spazio autrice <<<<
Eccoci quaaaaa
Chiedo umilmrnte perdono ma non risucivo a trovare le parole giuste per scrivere.
Questo capitolo è molto importante per la storia tra Will ed Eloise. Lei ha finalmente avuto la conferma dei sentimenti di Will nei suoi confronti.
Che ne pensate? Commentate commentateeeeeeeeeeeeeee
A proposito ragazzi/e, avete sentito il terremoto? Io si, ma non vi sono stati danni, menomale.
Voi come state? Se avete qualche problema o volete perlarmi di qualcosa, non vi fate scrupoli.
Xoxo
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