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Destinatario ignoto

" Sarebbe bello se si potesse essere sempre felici, come per un bambino sarebbe bello riuscire a svuotare l'oceano con un secchiello.

Sfortunatamente non è così:

la vita è un gioco crudele giocato da divinità che brindano con le lacrime di noi comuni mortali, non rimane che sopravvivere e sperare di essere una pedina vincente, bisogna rimboccarsi le maniche e imparare a non vedere il bicchiere mezzo vuoto ma per metà pieno d'aria, imparare ad agire per il bene, perché non è la gravità che ci tiene ancorati a terra ma il peso delle nostre scelte. Non credevo nel destino e come ogni imprenditore, il successo era dovuto al mio grande fiuto per gli affari e nient'altro, ma di sicuro non l'ho scelto io di ritrovarmi su un' isola deserta in compagnia di una cassa di alcolici. In quest'isola maledetta dove i giorni passano lenti, le settimane anche più, le ore si ingarbugliano e si confondono alba e tramonto e dove la notte è più fredda che mai senza qualcuno a stringerti forte il cuore per impedirti di cadere a pezzi.

Osservo il cielo stellato da settimane ormai, o forse sono mesi, il tempo scorre in modo diverso quaggiù. Lo osservo e mi immagino di coprirmi con esso come se fosse una coperta, come se potesse scaldarmi.

Chissà se è vero che le stelle ardono incandescenti oppure sono solo un ammasso di aride e gelide particelle di niente.

Ho molto tempo per pensare, questo è vero. E per scrivere, certo, come dimenticarlo. Quando il tuo bagaglio è composto prevalentemente da smoking usurati e documenti indecifrabili non è difficile usare il retro del foglio come una seconda pelle. Una vocina nella mia testa mi aveva consigliato di usarli per scaldarmi alla luce di un fuoco ma io mi sono preoccupato più del fatto che iniziassi a sentire voci che di quello che cercavano di dirmi. Il piacere dell'inchiostro che sporca la pagina bianca non mi scalderà mai come il guizzo delle fiamme e lo strepitio della carta che brucia, ma almeno mi impedisce di impazzire. Almeno non rimango del tutto solo in balia del mio cliché: «L'uomo d'affari più egoista d'Europa sopravvive a un disastro aereo solo per finire i suoi giorni su un'isola deserta in compagnia della solitudine».

Che poi la sbeffeggiano tutti ma in fondo è una buona amica,

la solitudine:

mi ha portato a considerare il mondo da un'altra prospettiva, come se una mattina ti svegliassi e iniziassi a camminare a testa in giù con i piedi che arrancano verso il cielo e le mani ben piantate per terra. Inizieresti a vedere le cose in modo diverso, forse potresti amare una donna che hai sempre rifiutato, potresti parlare fluentemente tre lingue, ti pentiresti di alcune tue scelte ne valorizzeresti altre. Di sicuro io mi pento di non aver guardato abbastanza film sui disastri aerei. So solo che non voglio finire col disegnare una faccia dall'espressione inebetita sul cuoio duro di un pallone da calcio, o forse era da pallavolo, chi se lo ricorda.
Ho sempre odiato gli sport. Ero in forma solo perché dovevo esserlo, curavo la mia immagine solo perché i miei clienti e i miei superiori mi volevano così.

Adesso sono solo ossa e macerie e tra poco diventerò polvere.

Mi plasmavo a loro piacimento, gli scorrevo tra le ruvide dita per poi scivolare via appena firmato il contratto. Ho sfiorato il cuore di così tante persone che nemmeno me le ricordo, senza mai attraccare in un porto sicuro. Potevo essere il perfido egoista, l'amico benevolo con il quale esci a prenderti una birra, il seduttore, il patriota, il tenebroso genio incompreso, senza mai essere Max.

Massimiliano per l'esattezza.

Mia madre, colei che ha scelto questo nome, me lo diceva sempre "Morirai da solo Massi. Così come sei venuto al mondo da solo". Mai predizione risultò essere più realistica.

Pensavo che contare i granelli di sabbia avrebbe aiutato a far scorrere il tempo ma ad ogni folata di vento dovevo ricominciare così ho smesso quasi subito. Adesso conto le stelle e nessuna folata di vento le sposta. Saranno lì da milioni di anni senza che nessuno sia riuscito a smuoverle. Né i poeti, né i grandi astronomi né folate di vento interstellari. Sono bellissime e distanti, calde e fredde. Sono le lentiggini del cielo.
Ho sempre pensato che il cielo avesse sangue irlandese e chi sono io per dire alla mia testa matta che ha torto.

Ho finito il whisky che avevo comprato come regalo per un uomo di grande leva sul quale dovevo fare colpo. Sento ancora il sapore dei soldi ben spesi scorrere nella mia gola, sarebbe stato un vero peccato non bere un liquore così buono prima di morire.
Ho lavato la bottiglia con l'acqua dell'oceano e adesso odora di tesori perduti e sogni di marinai.

L'oceano respira e nessuno me lo aveva mai detto, oppure nessuno se ne era mai accorto prima di me, forse è vero che bisogna perdersi per trovare il senso di ciò che ci circonda.

La mia testa matta e il mio cuore infranto sono in fase collaborativa e stanno coltivando l'ennesima futile idea, per il momento zittisco entrambi: sto pensando se finirò prima l'inchiostro di questa penna,

i fogli,

o la voglia di vivere."

L'oceano rivela i tesori più inaspettati e dall'altra parte del mondo il riflesso distorto dello stesso uomo stava leggendo questa memoria interrogandosi sul fatto se fosse, o meno, ancora vivo.
Stesso smoking usurato, stessa valigetta piena di documenti e una bottiglia di whisky di ottima annata incartata sotto il braccio. La voce appannata dell'altoparlante stava annunciando il gate. Uccelli di metallo sfrecciavano veloci verso il sole morente dall'altra parte delle vetrate.
Ci sorprende sempre il mare ed è vero che respira: le onde non sono altro che il risultato dei sospiri e dei suoi borbottanti lamenti. Porta a riva milioni di storie, è il custode di molti ricordi, il libro insfogliabile che racconta mille leggende.
Il mare culla una bottiglia che odora di tesori nascosti e sogni di marinari impedendole di andarsi a suicidare sugli scogli. La porta a riva dove una madre con la figlia stanno raccogliendo le conchiglie con la prima luce del mattino.
"E' il momento migliore della giornata" sussurra la donna mentre la bimba ridente corre contro la vastità del mare spezzando i flutti. Pesca la bottiglia con le sue rosee dita e corre verso la madre. "Mamma non so leggere". All'interno della bottiglia un foglio spiegazzato, a prima vista sembra uno di quei documenti importanti che si porta sempre dietro suo marito.
Invece è solo una lettera.

Destinata a chi poi?

Non si sa.

Forse il messaggio doveva leggerlo proprio il mare.

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