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Capitolo XVII

Nathair stringeva tra le mani la spada che gli avevano dato il giorno prima. Non era proprio leggera, ma grazie agli ultimi allenamenti riusciva a maneggiarla senza sentirsi troppo impacciato. La cupola era diventata verde scuro e pareva che al suo interno vagassero densi fumi di una tonalità poco più scura. Negli occhi di Cardmis, intento a recitare una formula magica, veleggiava un'aura lattescente, e da essi si riversavano all'esterno eterei tentacoli biancastri che avevano avviluppato il fine legno cavo che l'omone aveva conficcato a terra poco prima. Dalla cavità del paletto ligneo fuoriusciva un raggio di luce accecante che si frangeva contro la barriera. Nel punto in cui esso la toccava, un alone a metà tra il bianco e il verde si espandeva progressivamente, pulsando come una marea dotata di volontà propria.

«Sorprendente, vero?» gli chiese Goujelt.

Addosso aveva un'armatura lucente impreziosita da fregi raffiguranti una battaglia. Nonostante l'apparenza, non doveva essere troppo pesante, dato che Goujelt si muoveva agevolmente al suo interno.

«Sì, decisamente» rispose Nathair, appoggiato alla parete della casa. Vicino a sé c'era la finestra da cui la moglie di Cardmis stava ammirando lo spettacolo. «Ma credo che le sorprese non finiranno qui. Giusto?»

Goujelt annuì. «E in queste parole sento della paura.»

«Io? Paura?» replicò Nathair. «Ma non essere idiota.»

«Ne hai. La percepisco. Da cosa sei spaventato?»

Nathair sospirò. «Ok. Non sono esattamente la persona più coraggiosa di questo mondo - così come non lo ero nel mio - e tutte le cose di cui mi avete parlato non hanno di certo fatto sì che fossi meno impaurito di quanto lo ero all'inizio. Anzi...»

«Intendi tutta la faccenda del Chiaroveggente e del Successore?» domandò Goujelt.

«Proprio così. Insomma, parlare di un caprone umanoide che vuole usarmi per trovare qualcuno che possa sostituirlo, e che per farlo arriverebbe a cose indicibili, non è proprio il massimo dell'incoraggiamento.» Fece una pausa. «Poi, se vogliamo fare un quadro più completo della situazione, non è che il tuo abbigliamento mi suggerisca che non incontreremo nulla di pericoloso, là fuori.»

Goujelt rise. «Sei attento, ragazzo.»

«Non ci voleva di sicuro un genio per capirlo.»

«No, è vero» ammise Goujelt. «Ma molta gente vede quello che vuole vedere, e se vuole eludere la paura, elimina qualsiasi elemento che possa provocarla.»

Nathair alzò un sopracciglio e guardò l'uomo. «Non so che persone conosci tu, ma quelli che conosco io - o meglio, conoscevo - scappano solamente dalla paura. Non è molto salutare fingere che non ci sia ragione di averla e poi farsi trovare impreparati.»

«E sei anche saggio» commentò Goujelt.

Cardmis iniziò a recitare a voce più alta.

«Zitto» disse Goujelt. «Fra poco usciremo. Hai preparato tutto?»

Nathair adocchiò lo zaino di pelle adagiato a qualche metro da lì. Non gli era mai piaciuto viaggiare con troppo ingombro. «Sì.» La lama della sua spada, che era rivolta verso il basso, era pronta quanto lui. Nathair lo sentiva. «Sarò anche intimidito da quello che ci aspetta, ma so che utilizzerò questa meraviglia.»

«Sei costretto a farlo, ragazzo. Non hai alternative.»

Il cuore di Nathair incominciò a battere più impetuoso. Quando vide uscire Jonah, e notò le due spade che impugnava, il giovane sentì aumentare l'adrenalina.

«Ascoltami» gli disse Goujelt. «Prendi la borsa e stai pronto. Appena l'incantesimo sarà stato annullato, dovremo iniziare a correre più veloce che mai. Non ci sono esitazioni. Vedi il cambiamento e parti. Non un secondo fra il momento in cui torniamo nel mondo reale e quello in cui i tuoi piedi scattano. Mi hai capito?»

«Lo avevo già fatto la prima volta. Sempre meglio ribadire, però. Non è vero?»

«Lascia gli scherzi da parte. Hai già compreso cosa ci attende. Là fuori non c'è tempo per scherzare.»

Nathair deglutì. «Rassicurante.»

Jonah si avvicinò a Goujelt e i due si scambiarono qualche parola. Il tono di Goujelt variò da una risoluta calma a un'ansia malcelata. C'era forse qualcosa che non andava? Il giorno prima gli avevano spiegato cosa sarebbe successo durante l'annullamento e gli pareva che tutto stesse andando per il verso giusto. Il raggio c'era, la luce biancastra anche, la chiazza lattea che si allargava sulla cupola pure. L'aveva quasi ricoperta.

«Aspetta qui» gli ordinò Goujelt.

Poi lui e Jonah si diressero verso il retro della casa.

Nathair li osservò allontanarsi e in seguito si rivolse alla consorte di Cardmis. «Perché sono andati là?»

Lei scrollò la testa. Gli sembrò sincera e allora non indagò oltre.

Quando Goujelt e Jonah tornarono, stavano correndo. Jonah disse sbrigativo qualcosa alla moglie di Cardmis e questa abbandonò la finestra. Goujelt prese lo zaino di Nathair, glielo lanciò e lo prese per un braccio. «Hai detto che volevi utilizzare quella meraviglia?» gli chiese, accennando alla spada.

«Assolutamente» rispose Nathair.

«Ne avrai la possibilità, fra poco.»

Si tolse l'armatura facendosi aiutare da Nathair e si fiondò nell'abitazione. Dopo un po' ne riuscì con addosso qualcosa di più leggero. Raschiò la gola e sputò a terra. Poi sussurrò qualcosa e il punto in cui lo sputo era caduto si illuminò fiocamente.

«Cosa hai fatto?»

«Ho consacrato il terreno. Lo faccio ogni volta, prima di un combattimento.»

«Combattimento?»

Goujelt scosse la testa piano. Più che negare, sembrava che stesse mostrando la sua rassegnazione. «Non lo avevi capito?»

«Cosa ci sta aspettando, Goujelt?» fece Nathair, che percepiva la voce morirgli in gola.

Una risata malefica riecheggiò per l'ambiente circostante. Il chiarore che aveva soppiantato il verde della barriera si colorò di un preoccupantissimo rosso vermiglio all'interno del quale navigavano ombre rassomiglianti a volti contratti in ghigni demoniaci. I tentacoli che uscivano dagli occhi di Cardmis si annerirono.

«Cosa sta succedendo?»

«Il caprone dovrebbe essere morto da poco. E i suoi scagnozzi hanno ricevuto l'energia necessaria per scovarci. Sono qua fuori.»

Nathair indietreggiò di un passo. Percepì le gambe traballare e rischiò di cascare. Goujelt, però, lo sorresse e lo fissò con una determinazione tale che Nathair si sentì in dovere di calmarsi.

«Quanti sono?»

«Se sono solo quelli che erano già nelle vicinanze, forse abbiamo qualche possibilità. Ma non voglio mentirti. Può anche essere che Xriphen sia morto da qualche ora e che gran parte delle sue forze si siano riunite qui. Oltre questo ostacolo magico potrebbe anche esserci un esercito. E io so cosa vuol dire scontrarsi con l'armata del Sacerdote della Magia Dannata. La maggioranza delle volte coincide con la morte di chi la affronta.»

«Ah, carina, la cosa.»

«Spera solo che non sia la seconda opzione.»

La moglie di Cardmis uscì; sotto un'ascella aveva una sorta di piccolo baule scuro. Lo consegnò a Goujelt, che lo posizionò per terra e lo aprì. Dentro c'erano due statuette di esseri umanoidi, dal corpo umano e dal capo così sproporzionato che pareva più lungo del busto. Sembravano due di quegli alieni di quel film che Nathair aveva visto anni addietro. Quelli con i crani che si allungavano all'indietro per uno o un metro e mezzo. Goujelt le estrasse e le adagiò sull'erba, incominciando a mormorare qualcosa in una strana lingua. Le statuette si illuminarono.

«Cosa fa adesso questo pazzo?» domandò Nathair.

Jonah passò un arco alla donna e lei lo afferrò al volo. Si aggiustò un cesto dietro la schiena - che poi Nathair identificò con una faretra - e si schiarì la gola. «Sta evocando degli spiriti protettori cosicché possiamo avere un aiuto durante lo scontro.»

«Cosa?»

«Guarda» gli disse.

Nathair si voltò verso Goujelt e vide delle proiezioni bluastre fuoriuscire dalle statuette e staccarsi. Dieci per ognuna, e ci furono venti gigantesche figure muscolose dall'aspetto evanescente. Tutte stringevano lance altrettanto evanescenti, che agitavano sgranchendosi le membra. Un comando arrivò loro e tutti si asserragliarono attorno a Cardmis formando un quadrato, quasi volessero proteggerlo. E forse era quello che volevano fare.

«Vai dentro al quadrato, Nathair!» esclamò Goujelt. «Qui scoppierà il finimondo. Sento una pressione incredibile al di fuori della cupola.»

«Cioè?»

«Una centinaia di individui di sicuro.»

Nathair sentì rimpicciolirsi di fronte a ciò che stava per accadere. Era inadeguato. Non sarebbe riuscito a sopportare una cosa simile, né ora né mai. Le schegge del suo timore lo avevano trapassato dovunque, estraendo dalla sua carne la linfa dell'incertezza. Temeva di morire. Non che gli fosse mai importato troppo. Si ripeteva sempre che sarebbe stato un peccato, se fosse morto così giovane. In ogni suo pensiero, però, c'era sempre stata quella lieve remissività che possiedono gli uomini che hanno accettato il proprio fato. Ma lui non voleva morire. Voleva vivere, e aveva paura di quello che sarebbe potuto capitargli. Quella baldanza che lo aveva indotto a dire a Cardmis che avrebbe fatto di tutto per la loro causa, era svanita nella più fosca nebbia. Così non lasciò che Goujelt dicesse altro e andò dentro al quadrato. Gli esseri, quando lui fu sul punto di entrare, crearono un varco che non richiusero finché non furono sopraggiunti anche Goujelt, Jonah e la moglie di Cardmis.

«Ci sei?» gli chiese Goujelt.

Nathair lasciò cadere la borsa e annuì. Rafforzò la presa sulla spada.

«Per il momento quella non ti servirà. Quando non avremo più alcuna difesa, dovrai occuparti di far rinvenire il prima possibile Cardmis. Abbiamo bisogno della sua magia.»

Nathair annuì di nuovo.

«Usa quell'incantesimo che ti ho insegnato qualche giorno fa. Dovrebbe funzionare in poco. Noi terremo quegli altri lontani.»

«Ma...»

Il suolo prese a vibrare e Nathair si dovette aggrappare a Jonah, che era di fianco a lui. L'uomo gli scoccò un'occhiata eloquente, che gli urlava di stare all'erta. Poi, in un attimo, la cupola sparì. Per qualche momento il vento soffiò placido sulle sue guance e Nathair ringraziò di percepire nuovamente la sensazione della brezza sulla pelle. Socchiuse le palpebre, gustando quell'istante di puro piacere. Ma non durò molto. Un latrato funereo si effuse nell'aria e allora Nathair si guardò intorno. Quello che vide bastò a persuaderlo del fatto che la loro sorte fosse segnata. Non avevano possibilità di sopravvivere. Respirò, mentre gli urli di carica dei mostri che li attorniavano si intesificavano. Si gettò su Cardmis ignorandoli. Devo svegliarlo, pensò. Devo svegliarlo.

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