Four: Gives you pizza (and kisses)
Uscii dal bagno dopo aver indossato il pigiama, trovando Daniel seduto a gambe incrociate sul letto, le sue scarpe buttate a casaccio sul pavimento insieme ai calzini colorati che si ostinava ad indossare.
«Vedo che ti sei messo già comodo», notai, ridacchiando non appena Daniel alzò lo sguardo verso di me. La sua bocca restò spalancata mentre mi avvicinavo a lui, sedendomi sul letto e aprendo il cartone della pizza. «Che hai che mi guardi così?», chiesi, alzando un sopracciglio.
Daniel scosse la testa e distolse lo sguardo, concentrandosi sulla sua pizza. «Niente, è solo... niente».
«Niente?», lo stuzzicai, avvicinandomi a lui, «Niente? Sicuro?», chiesi di rimando, arrivando al suo orecchio, «Eppure mi sembri così impacciato...».
Daniel sbuffò voltandosi verso di me; il suo viso era piegato in una smorfia indispettita che mi fece ridacchiare. «Come dovrei riuscire a guardare ma non toccare se tu sei praticamente nuda e spalmata contro di me? Sono un uomo debole, Tessa, e tu sei particolarmente attraente stasera», sbottò, facendo scivolare le sue mani sui miei fianchi.
Mi morsi il labbro inferiore, tremando contro il suo tocco delicato ma fin troppo pericoloso. «Praticamente nuda? Sono in pigiama, Daniel. E sono pure struccata», borbottai, mugolando leggermente non appena le sue labbra si posarono sul mio collo, «Sei un uomo fin troppo debole, direi».
«Sei un diavolo tentatore», si lamentò Daniel, lasciandomi un ultimo bacio prima di allontanarsi da me, «Ma abbiamo appena fatto pace, quindi terrò le mani a posto. Non vorrei pensassi che-».
«Lasciamo stare, okay?», lo interruppi, tornando al mio posto, «Ho una fame che mangerei anche te», borbottai sovrappensiero, prendendo una fetta di pizza ed addentandola. Non avevo avuto modo di mangiare durante tutta la giornata.
Daniel scoppiò a ridere. «Io e il mio salsicciotto siamo più che disponibili ad essere mangiati».
«Ti converrà rigare dritto, altrimenti la pizza te la faccio mangiare fuori dalla porta», sbottai infastidita, senza evitare però di arrossire, «Sei inopportuno».
«Sono fantastico. Allora, cosa mi racconti di bello? Non parliamo in modo serio da un po'», mi chiese Daniel, osservandomi concentrato mentre mi passava la lattina di birra.
Alzai un sopracciglio. «Daniel, non abbiamo mai parlato in modo serio. Al massimo facciamo chiacchiere stupide - beh, almeno finché non abbiamo cominciato a-».
«È sempre un buon momento per cominciare», mi interruppe Daniel a disagio, con un rossore anomalo sulle guance, «Su, raccontami qualcosa... tipo, la tua uscita con Günther a Le Castellet».
«E come mai ti interessa proprio la mia uscita con Günther a Le Castellet?», chiesi curiosa, stappandomi la lattina, «Se ti può interessare - ne dubito - non sono andata a letto con lui, anche se tu gliel'hai consigliato caldamente», borbottai leggermente infastidita, facendo arrossire Daniel.
«Oh... quindi te ne ha parlato. Ero un po' nervoso quella mattina, mi dispiace», borbottò Daniel, distogliendo lo sguardo, «Ero ancora arrabbiato con te».
«Come se ne avessi avuto motivo. Comunque... siamo andati in un ristorante, abbiamo mangiato e bevuto qualcosa. Niente di che, in realtà, lui era esausto dopo la giornata di lavoro e io non ero proprio dell'umore di uscire dopo... beh, lo sai».
Daniel scosse la testa. «Questa situazione è piuttosto tesa. Possiamo far finta di niente almeno per stasera? Sento che stiamo per litigare da un momento all'altro», sbottò, porgendomi la mano.
Fissai la sua mano e poi lui perplessa, cercando di capire il motivo del suo comportamento. Ero troppo stanca per mettermi a riflettere su certe cose, tuttavia, perciò accettai l'offerta di pace di Daniel senza ribattere. Neanche io avevo voglia di litigare con lui al momento, la tensione era palpabile nella stanza e quasi si tagliava con il coltello - ora, c'era da capire che tipo di tensione fosse. Non avrei escluso la tensione sessuale che ormai era evidentissima, soprattutto dopo quei baci sul collo che ancora mi facevano bruciare la pelle. Avrei preferito mollare tutto e fiondarmi su di lui, ma sapevo di non poterlo fare. Era prematuro, vista la situazione che si era andata a creare tra di noi.
Strinsi la mano a Daniel, sorridendo leggermente. «Va bene, tregua».
Dopo esserci stretti la mano tornammo a mangiare in silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri. Il silenzio era stranamente piacevole, non c'era più nessuna traccia della tensione precedente - o almeno, io non la sentivo più per il momento. Sapevo tuttavia che qualcosa sarebbe andato storto lo stesso, perché finché io e Daniel fossimo stati nella stessa stanza da soli non ci sarebbe stata nessuna tregua che teneva. Eravamo destinati ad attrarci e a scontrarci senza nessuna possibilità di repliche o di rifiuti.
E infatti, qualche minuto dopo, sentii le dita di Daniel sfiorare delicatamente il mio braccio. Sospirai prima di voltarmi verso di lui. «Che c'è adesso?», chiesi curiosa, sentendo il cuore saltare qualche battito mentre il viso di Daniel si avvicinava al mio.
«Abbiamo appena fatto pace, e io non voglio già saltarti addosso come un porco che pensa solo al sesso», sbottò Daniel, mordendosi il labbro inferiore, «Ma ho una gran voglia di baciarti al momento e non so per quanto potrò resistere».
I nostri nasi ormai si sfioravano. Il mio respiro si accorciò progressivamente sempre di più mentre i nostri visi erano fin troppo vicini; il mio cuore ormai aveva un ritmo tutto suo e le mie mani avevano già trovato il loro appiglio tra i capelli di Daniel, spingendo il suo viso sempre più vicino al mio. Non c'era nessun bisogno di parole, Daniel aveva già capito le mie intenzioni e sorrise dolcemente prima di unire le sue labbra alle mie in un bacio che, mi doleva ammetterlo, avevo aspettato per giorni. Non appena ci staccammo mi sentii vuota, febbricitante a causa del breve contatto e tremante a causa delle mani di Daniel che mi sorreggevano dai fianchi per tenermi alla sua altezza sul letto; ormai quasi torreggiavo su di lui, essendo inginocchiata mentre lui stava seduto.
«Bene, hai avuto quello che volevi, Ricciardo», borbottai sarcastica, ancora senza fiato, «C'è dell'altro?», chiesi prima che Daniel mi baciasse di nuovo, stavolta con più foga.
Mi lasciai trascinare dalla parte più irrazionale di me, finendo seduta a cavalcioni su Daniel. Strinsi i suoi capelli tra le dita mentre le sue mani danzavano sui miei fianchi, scendendo fino ad incorniciare il sedere per poi terminare il loro viaggio sulle mie cosce, stringendole per portarmi sempre più vicina a lui. Un gemito lasciò le mie labbra quando la sua presa si fece più forte, quasi dolorosa ma senza farmi male sul serio; sentii Daniel sorridere sulle mie labbra quando ci staccammo, poco prima che si fiondasse sul mio collo. Mi ritrovai ad annaspare in cerca d'aria mentre le labbra di Daniel si posavano sulla mia pelle, ricoprendola di baci sensuali che mi stavano mandando a fuoco; il suo tocco sulle mie gambe, poi, non aiutava affatto. L'aria nella stanza ormai era elettrica, la tensione stava sfociando nell'eccitazione e niente avrebbe potuto fermarci.
O almeno, niente a parte il cellulare di Daniel che iniziò a squillare risvegliandoci dal torpore in cui eravamo finiti a causa dei baci. Mi staccai da Daniel e indietreggiai fino a sedermi sul letto rossa in viso mentre lui prendeva il suo cellulare dalla tasca, lanciandomi un'occhiata di scuse prima di rispondere.
«Hey, Max- oh, hai bussato? Non ho sentito, ero sotto la doccia... eh? No, ma che dici! Stai immaginando tutto- Dio santo Max, no! ci vediamo domani, okay? Non ho voglia di parlare ora, sono stanco... ma che ne so, sii te stesso! Buonanotte, a domani», sbottò nel cellulare prima di staccare, sbuffando, «Giuro che non aiuterò più Max, lo giuro».
Scoppiai a ridere mentre mi alzavo per posare i cartoni della pizza sulla scrivania. «Problemi di cuore?», chiesi curiosa, sedendomi di nuovo sul letto. Mi sentii a disagio per un secondo, ma mi costrinsi a non pensarci - quella era una cosa che non poteva continuare, ormai era il destino ad impedircelo (destino che portava il nome di Max Emilian Verstappen, per intenderci).
Daniel sospirò. «Devi promettermi che non lo dirai a nessuno, Max mi taglierebbe le palle», borbottò, «E no, non voglio sottovalutarlo. Se si incazza quel ragazzo diventa peggio della bambola assassina».
Ridacchiai. «Lo prometto. Quindi, cosa succede?».
«Max ha una cotta per la sorellina di Pierre, Athena, una cotta ai limiti dell'ossessione - quasi da non dormirci la notte! È un anno che va avanti così, più o meno da quando Pierre è entrato in Toro Rosso. E stasera c'era una festa organizzata da Red Bull a cui eravamo stati invitati noi piloti e le squadre tecniche, e Max ha avuto una soffiata riguardo la possibile presenza di Athena. Era nel panico», mi spiegò, alzando le spalle, «E niente, ormai sono il suo dottor Stranamore e devo aiutarlo».
Alzai un sopracciglio. «C'era una festa organizzata da Red Bull a cui tu non sei andato per... venire a scusarti con me?», chiesi, arrossendo leggermente quando Daniel annuì, «Horner e Marko ti uccideranno».
«Nah, non era importante. Dovevo risolvere la questione con te prima, non me lo sarei perdonato», borbottò, arrossendo, «Beh... in ogni caso è meglio che vada ora. Suppongo tu voglia dormire».
Prima che Daniel potesse alzarsi dal letto per andarsene lo bloccai, facendolo voltare verso di me. Ignorai la voce della mia coscienza che mi diceva che ciò che stavo per fare era una pazzia - ero ancora ubriaca dei baci che c'erano stati fra me e Daniel. «Puoi restare qui, se vuoi», borbottai, arrossendo veemente quando Daniel sorrise malizioso, «Lo so che può sembrare una proposta indecente, ma... davvero, resta qui. Il letto è abbastanza spazioso per entrambi».
«Va bene, mi hai convinta», rispose Daniel, lasciandomi un bacio sulla guancia prima di sedersi sul letto, sfilandosi la maglia, «Ti dispiace se... dormo in mutande?», mi chiese, guardandomi imbarazzato.
Alzai le spalle. «Ti ho visto nudo, non mi fa alcuna differenza», mugugnai, distogliendo lo sguardo, «Vado a lavarmi i denti», aggiunsi, scappando in bagno.
Mi chiusi la porta alle spalle e mi appoggiai su di essa sentendo le guance andarmi a fuoco. Okay, forse era stata una mossa azzardata chiedere a Daniel di restare per la notte, ma adesso non potevo tirarmi indietro. Ero una stupida? Ovvio. Ma ormai il danno era fatto, quindi... e poi non era una tragedia. Avrebbe messo a repentaglio la mia dignità già bella che andata, ma potevo resistere. Dovevo resistere.
Mi sciacquai la faccia per alleviare il rossore fin troppo evidente prima di lavarmi i denti; mentre mettevo il dentifricio sullo spazzolino, però, sentii bussare alla porta di ingresso della stanza. Sgranai gli occhi spaventata, aspettando che il bussare così insistente finisse presto - cosa che ovviamente non accadde subito. Passarono minuti interminabili prima che chiunque fosse alla porta si stufasse e andasse via, ma fortunatamente successe.
Uscii dal bagno dopo essermi lavata i denti, trovando Daniel già sotto le coperte. Era intento a guardare il suo cellulare con un'espressione concentrata ed il labbro inferiore stretto tra i denti; vederlo così mi fece battere il cuore a mille peggio di prima, facendomi sentire doppiamente stupida. Cercai di ignorare le mie sensazioni mentre chiudevo la porta del bagno, avvicinandomi al letto sotto lo sguardo bruciante di Daniel. Ero piuttosto brava, ormai, ad ignorare certe situazioni scomode.
«Secondo te chi era alla porta?».
Sospirai prima di voltarmi, incrociando lo sguardo caldo di Daniel. I suoi occhi non mascheravano una certa curiosità. «Sarebbe potuto essere chiunque», ipotizzai io, alzando le spalle, «Qualche scocciatore a caso».
Daniel scosse la testa. «Non chiunque, no. Era piuttosto insistente».
Alzai un sopracciglio. «Fammi indovinare: hai un'idea su chi possa essere, ma non me lo dirai per chissà quale motivo. Giusto?», chiesi, sedendomi sul letto per fronteggiare Daniel.
L'australiano mi guardò seccato. «Ti è bastato succhiarmelo per capire tutto questo di me?».
«Lavoro per te dal lontano 2014 in caso tu te lo fossi dimenticato. Ora dimmi cosa ti frulla in testa, prima che io ti sbatta fuori a calci in culo», sbottai, innervosita da quel commento - era fuori luogo, e io sono piuttosto permalosa su certe cose.
«Okay, okay, suppongo di meritarmi questo trattamento. Sono un po' un verme ogni tanto», borbottò grattandosi la nuca, «Bene, secondo me quello che ha bussato era Günther».
Fissai Daniel per qualche secondo, totalmente interdetta. Okay, dovevo ammettere che il pensiero che fosse stato Günther a bussare alla mia porta aveva sfiorato anche la mia mente, ma non vedevo perché Günther dovesse bussare alla porta alle dieci di sera. Non era di certo un comportamento da Günther, diciamo.
«Non credo proprio», risposi alla fine, deglutendo nervosa, «Perché proprio lui?».
«Beh, perché siete piuttosto complici e perché Günther ha una cotta per te sono le opzioni più papabili».
A quelle parole scoppiai a ridere, sotto lo sguardo interdetto di Daniel. «Günther cotto di me. È assurdo!», sbottai, ridendo, «Devi aver preso qualcosa di molto forte prima di venire qui».
Daniel alzò gli occhi al cielo. «Dimmi perché ti suona così strano».
«È soltanto assurdo, senza un motivo», risposi, cercando di evitare di cadere in qualcosa da cui non sarei più uscita, «Ma tu piuttosto, dimmi perché pensi che Günther possa avere una cotta per me».
«Beh, sarà un discorso lungo», iniziò Daniel, sedendosi a gambe incrociate sul letto - e lasciandomi uno scorcio della sua coscia tatuata che mi spinse a chiedermi per quale motivo stessimo ancora parlando, «Innanzitutto, il modo in cui ti segue come un cagnolino quando non è impegnato a sistemare quel rottame altrimenti chiamato RB14. È asfissiante! Poi il suo sguardo vomitevole pieno d'amore, il modo in cui ti guarda fa venire le carie. E poi, hai visto quanto insisteva a Le Castellet per portarti fuori? Si sarebbe ficcato un cacciavite in un occhio se tu avessi rifiutato. E poi sono sicuro che sia geloso di te per tutto il tempo che passi con me - e wow, effettivamente sarebbe stato divertente aprire prima, gli sarebbe esplosa la testa».
Liquidai le sue parole nonostante esse mi avessero colpito. Non avevo mai fatto caso a certe cose, ma forse se Daniel se n'era accorto qualcosa voleva pur dire. In ogni caso, non gli avrei dato corda. Non erano affari suoi, sicuramente. «Se non la smetti la faccio esplodere a te, la testa. Günther non ha nessuna cotta, tra noi c'è solo una bella amicizia», borbottai, girandomi dall'altro lato, «Comunque sei romanticissimo, Daniel, davvero».
Daniel scoppiò a ridere prima di avvicinarsi a me, abbracciandomi da dietro. Sgranai gli occhi mentre lui scostava i miei capelli, baciandomi il collo. «Allora da domani comincia a fare più caso a cosa ti circonda, signorina Black», sussurrò al mio orecchio, ridacchiando piano, «Se ti facessi un succhiotto e lui lo vedesse quanti cacciavite proverebbe a lanciarmi addosso secondo te?».
Sbuffai. «Continua così e sarò io a lanciarti dei cacciavite contro».
E sì, non dovrei mai più agire d'istinto nella mia vita. E se non l'avevo capito quando avevo chiesto a Daniel di restare a dormire da me, me ne resi conto soltanto il mattino dopo, quando mi ritrovai sola nella camera d'albergo, Daniel sparito nel nulla come se fosse stato tutto un sogno - o meglio, un incubo...
***
[A/N] Heilà! Tutta questa puntualità mi perplime ahahah
Volevo postare ieri, ma me ne sono completamente dimenticata (dovevo finire la casa di carta, forgive me). In ogni caso eccomi qui, dopo solo *gasp* una settimana dall'ultimo aggiornamento, con un capitolo che rientra di diritto nella classifica dei miei preferiti di questa storia. Il rapporto che c'è tra Daniel e Tessa è burrascoso, sì, ma quando il cielo è sereno sono proprio teneri🤧
Ora, chissà chi avrà bussato alla porta (a me sembra ovvio, ma non si sa mai) 🤔 lo scoprirete nel prossimo capitolo che potrebbe arrivare un po' più tardi del previsto, dato che settimana prossima sarò in vacanza. Al prossimo aggiornamento, quindi! ❤
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