{5. Pump up the volume}
✓ Quinto racconto
Scritto e ideato da Janice-Hill
•|Pump up the volume|•
Sono Diana, faccio la dj.
Vivo di notte e non dormo di giorno.
Con le cuffie ben aderenti alle orecchie e le dita attive sui cursori cerco di sintonizzare la base ritmica del brano con quella del mio cuore.
Vorrei essere brava con la vita come con la musica, poter remixare la mia esistenza come se fosse un successo discografico.
Sono Diana, faccio la dj.
Ho iniziato cinque anni fa.
Sono cresciuta guardando mio fratello dietro i Technics 1200, comprati facendo l'operaio in un'acciaieria.
Lui era il mio mito, il mio esempio, la mia guida, il mio tutto.
Pump up the volume
Pump up the volume
Le vibrazioni dei bassi sono così forti da rimbombarmi nello sterno. Mi piace, lo faccio apposta per sentirmi viva.
Sono Diana, faccio la dj.
Mi piace chiudere gli occhi mentre la gente si dimena in pista, bevuta e strafatta, a immaginare di essere da un'altra parte.
Anche io immagino di essere di nuovo insieme a te, te che ho amato tanto.
Sono Diana, faccio la dj.
Lo faccio per colmare l'assenza di mio fratello in console, per riempire la mia casa e la mia testa di musica assordante che copra il dolore.
Perché non è giusto che io ti abbia perso per la musica, a te che ne avevi fatto una ragione di vita.
Ogni volta che suono un po' mi solleva e un po' mi atterrisce l'utilizzo dell'impianto che accarezzavi con la stessa passione che un amante dedica alla sua donna.
Terminata la serata in discoteca, quando l'alba della domenica mattina inizia a tingere il cielo di arancione, mi dirigo verso la stazione della metropolitana con tutti questi pensieri che mi vorticano nella testa, con l'assenza di te che mi svuota e mi riempie di dolore.
Un dolore che non passa mai.
Sparuti passeggeri attendono la metro, alcuni in partenza, altri di ritorno.
Non voglio sentire le voci nella mia testa, infilo gli auricolari e alzo il volume il più possibile, ma non abbastanza per raggiungere il mio scopo.
Con la coda dell'occhio mi accorgo di strani movimenti alle mie spalle. Sono ragazzi, tre, forse quattro, e si fanno sempre più vicini. Resto immobile e mi stringo di più nel mio cappotto, non per il freddo che avvolge la stazione ma per i brividi di paura che mi attraversano la schiena per tutta la lunghezza.
Forse è così che ti sei sentito quando hai visto quei balordi che ti accerchiavano, bottiglie rotte alla mano, solo per vendicarsi del fatto che tu non avessi messo la loro canzone.
Che bastardi!
Forti solo della legge del branco. Dalle tue vene però è uscito sangue a fiumi e non musica come avrei immaginato, come avrei sperato.
I ragazzi alle mie spalle si fanno più vicini; interrompo il brano per cercare di capire cosa si stanno dicendo.
- Bella la biondina, che ne dite? Ci divertiamo? - sento dire al primo.
- Le bionde mi attizzano, lo sai - risponde il secondo.
- Dai, ragazzi, non fate gli stronzi, lasciatela stare! - fa il terzo.
Resto immobile domandandomi come mai la metro impieghi così tanto ad arrivare; gli istanti sembrano anni e io mi sento improvvisamente a un passo dalla morte.
Lotta o fuggi.
Sono troppo debole per lottare, non ho forza nelle braccia e loro sono troppi.
Fuggo.
Non ho mai corso per scappare da qualcosa, solo per raggiungere una meta.
Fuggo e corro più veloce che posso per mettermi in salvo.
Due dei tre mi inseguono per tutta la lunghezza della banchina, sono al limite, ho il fiato corto e il petto mi brucia per lo sforzo.
Salto giù, cado sulle ginocchia e mi ferisco contro sulla struttura metallica. Mi rialzo a fatica e cerco di arrivare dall'altra parte.
I due saltano dopo di me mentre il terzo gli grida a gran voce di tornare in dietro.
Sta arrivando il treno suburbano, me ne accorgo dal segnale acustico basso e cupo che lo preannuncia e dal lontano stridio dei binari. Per la prima volta mi giro e li guardo in volto: i due sembrano spiritati, gli occhi stralunati per la sfida e la voglia di sentirsi più forti.
Lotta impari.
- Figli di puttana! - urlo contro di loro disperata.
- Tanto ti prendiamo... - uno dei due, quello di stazza maggiore, mi fa capire che non ho scampo.
Una delle cose in cui mio fratello era il numero uno, quello per cui la sua musica faceva la differenza, era la sua capacità di mixare, unire brani senza interruzioni, portandoli in battuta e regolandoli perfettamente a tempo.
Ho imparato molto bene da lui a farlo, assorbendo ogni passaggio e facendolo mio.
La metro sta arrivando, si fa sempre più vicina e dal tunnel opposto ne arriva un'altra in direzione contraria.
Pump up the volume
Pump up the volume
Mi concentro più che posso nonostante il panico mi blocchi i muscoli e mi metta in freeze le terminazioni nervose.
Mi isso sulla banchina opposta e ci rimango solo per dare ai due bastardi il tempo per raggiungermi.
Pump up the volume
Pump up the volume
Chiudo gli occhi e mi concentro. Ormai sono a pochi centimetri da me, ma non mi muovo; non ancora. Se allungassero una mano potrebbero afferrarmi. Rischio.
Pump up the volume
Pump up the volume
Ecco, è il momento. Metto a tempo la velocità delle due metro come fossero brani da mixare e, mentre il più smilzo fa una mossa repentina verso di me, salto giù dalla banchina attenta ad atterrare sui piedi: ora conosco l'altezza, ora so che posso salvarmi, grazie a te.
Corro veloce all'incrocio del convoglio sfidando il tempo e ce la faccio.
I due alle mie spalle mi imitano, ma la loro sorte non è la stessa.
I loro corpi vengono sbalzati lontano come fantocci e schiacciati senza possibilità di salvezza.
Risalgo la banchina.
Il terzo ragazzo che ha assistito incredulo a tutta la scena mi tende la mano per aiutarmi.
Sono a pezzi, l'adrenalina cala di colpo e mi inginocchio esausta.
Sono Diana, faccio la dj.
E tu sarai per sempre la mia hit.
FINE
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