Il Collezionista di Sogni Infranti
Trama: Amelia ha sette anni quando incontra per la prima volta il Collezionista di Sogni Infranti. Il secondo incontro avviene vent'anni dopo.
I
Il centro della città, quella mattina limpida, era poco affollato. Amelia teneva la madre per mano, mentre camminavano verso uno dei bar che costeggiavano la piazza principale. Occuparono uno dei tavolini esterni e la donna aprì il menù per dare un'occhiata alle ordinazioni. Amelia, seduta sulla sedia, sgambettò, si dondolò e poi sbuffò annoiata.
«Mamma, posso vedere la fontana da vicino?», chiese impaziente.
«Va bene, ma non allontanarti troppo», le raccomandò la madre, alzandogli occhi dal menù. Amelia annuì contenta e corse verso la fontana che si ergeva al centro della piazza, sotto lo sguardo vigile del genitore. L'acqua zampillava allegra e la bambina mise la mano sotto gli schizzi freschi. Poi, fu attirata da una musica che sembrava provenire da poco lontano. Si guardò curiosa intorno e vide un uomo dall'altro lato, seduto di spalle rispetto a lei, sul bordo della fontana. Ma ciò che attirò la sua attenzione fu uno strano gesto che lui fece d'improvviso: senza girarsi, con uno scatto veloce, immerse le dita nell'acqua bassa della fontana e tirò fuori un paio di quelle monetine che le persone vi lanciavano dentro. Incuriosita, la bambina si avvicinò all'uomo. Lui indossava un vecchio cappello a cilindro di tela marrone e una barba incolta gli colorava il viso. Stava suonando quella che sembrava essere una chitarra molto piccola.
«Cosa stai facendo?», gli chiese. L'uomo sobbalzò appena, sorpreso, e smise di suonare. La fissò per un istante.
«Sto suonando», rispose. «È uno strumento portoghese, si chiama machete». Amelia scosse la testa, gonfiando le guance.
«No, cosa stavi facendo prima». L'uomo impallidì un poco.
«Non stavo facendo niente prima»
«Si, invece, ti ho visto!», continuò la bambina. «Hai preso le monetine dalla fontana! Non puoi farlo».
L'uomo osservò i dintorni, ma nessuno sembrava fare caso a loro due. Poi tornò a posare lo sguardo su di lei. Fece un sospiro, come quelli che fanno gli adulti quando devono confessare qualcosa perché ormai sono stati scoperti.
«È un segreto, non devi dirlo a nessuno», le svelò. Ad Amelia brillarono gli occhi. Era bravissima a mantenere i segreti.
«Non lo dirò a nessuno, promesso!»
«Giurin giurello?»
«Mh mh», mugugnò la bambina, mentre mimava di sigillare la bocca e buttare via la chiave.
L'uomo si schiarì la voce, si chinò su di lei e le sussurrò all'orecchio: «In realtà io colleziono sogni infranti». Amelia tacque un istante.
«Non ho capito», disse imbronciata. L'uomo le sorrise.
«Quando le persone buttano le monetine nella fontana, esprimono un desiderio e vogliono che quel sogno si realizzi», spiegò. «Però non basta lanciare soldini. Ci si deve impegnare per far avverare i propri sogni. E quando le persone si arrendono, quelli diventano sogni infranti. E quando si infrangono io raccolgo le loro monetine».
«Ma così non si avvereranno mai!», esclamò Amelia. Se anche fossero diventati sogni infranti non sarebbe stato meglio se fossero rimasti nella fontana? E poi, perché le persone si sarebbero dovute arrendere?
«No, ma il fatto che non si realizzino non è colpa mia», confessò il Collezionista. «Vedi, a volte gli adulti incontrano degli ostacoli e quindi credono di non poter più andare avanti. Pensano che non ne valga la pena e non riescono più a sognare come prima». Amelia cominciava a capire qualcosa, forse. Guardò l'uomo, la fontana e poi di nuovo l'uomo. A quel punto il Collezionista si frugò in tasca, tirò fuori una moneta e gliela porse.
«Esprimi un desiderio e poi lanciala nella fontana», la esortò. Amelia prese la monetina e se la rigirò dubbiosa fra le mani. Al centro aveva un piccolo foro.
«Questo è il sogno infranto di qualcuno?», chiese. Il Collezionista negò.
«Prova a pensare quello che vuoi fare quando sarai grande», le suggerì.
Amelia glielo disse. L'uomo sorrise e con un cenno le indicò la fontana. Amelia ripeté il suo desiderio alla monetina sottovoce. Poi, la lanciò. La vide affondare velocemente nell'acqua e toccare il fondo. Se fosse riuscita a realizzare il suo sogno senza arrendersi, non si sarebbe infranto e il Collezionista non avrebbe potuto prenderlo. Si ripromise di farcela. Un uomo vestito da vigile si era intanto avvicinato. Il Collezionista gli lanciò un'occhiata spaventata e Amelia aggrottò le sopracciglia.
«Diego, ancora qui a rubacchiare monetine? Vieni, che ti porto alla centrale», sbottò il vigile, prendendo l'altro per il gomito.
«Non è vero! Non è rubare, è una malattia seria: sono disposofobico!», si difese il Collezionista, preoccupato. Il vigile roteò gli occhi, mentre la bambina si chiedeva cosa mai volesse significare discopobobico.
«Si, e l'altra volta eri cleptomane. Ora vieni con me», grugnì il vigile, facendolo alzare. Amelia si sentiva impotente e spaventata,ma allo stesso tempo non capiva, così si aggrappò al braccio del Collezionista.
«Signore, signore, che succede?», chiese ansiosa e quasi con le lacrime agli occhi. Stavano portando via il Collezionista con tutti i Sogni Infranti. Non potevano! L'uomo la guardò un istante, poi fece un cenno al vigile che lo lasciò andare. Si abbassò al suo livello e la prese per le spalle.
«Non preoccuparti», le sussurrò «questo brutto cattivo si finge un vigile, ma in realtà è un Poliziotto dei Desideri Irrealizzabili». Amelia spalancò gli occhi.
«Desideri Irrealizzabili?», chiese stupita. L'uomo sorrise e poi si fece più circospetto.
«Si, sono poliziotti cattivi che rubano i sogni e poi li distruggono, così non si potranno in nessun modo realizzare. Non li conservano come me!», spiegò il Collezionista. Ad Amelia si strinse il cuore.
«Ma è terribile! Ti faranno del male?»
«No, non preoccuparti. I Poliziotti dei Desideri Irrealizzabili sono stupidi, me la caverò!», la rassicurò. Poi, il Poliziotto lo afferrò di nuovo per il gomito e lo trascinò via. Da sotto la falda del cappello, il Collezionista le fece un occhiolino prima di sparire fra la folla, insieme al suo strano strumento e al prezioso tesoro che portava con sé.
II
Il centro della città, quella mattina limpida, era poco affollato. Amelia avanzava a passi rapidi, attraversando la piazza principale, il ticchettio dei tacchi bassi si perdeva nel rumori del traffico. La fontana era ormai a pochi passi da lei. Esitò un istante, prima di aggirarla. Si sentiva una sciocca a trovarsi là, né riteneva probabile che quell'uomo, dopo tutti quegli anni, fosse ancora lì -o ancora vivo, per lo meno. Scosse la testa, per scacciare quei pensieri e riprese a camminare. La melodia allegra che aleggiava nell'aria era simile a quella dei suoi ricordi. Un moto di speranza si mosse nel cuore, quando intravide la figura curva di un vecchio, un consunto cappello a cilindro calato sulla testa. Gli si avvicinò. Sembrava proprio lui. Lo vide guardarsi intorno e con un gesto rapido, raccogliere un paio di monetine, mentre con l'altra mano strimpellava ancora le corde della piccola chitarra. La donna sospirò. Era proprio lui. Si fece avanti.
«Buongiorno», lo salutò con un sorriso. Se la memoria non l'ingannava, lui si chiamava Diego. Il vecchio smise di suonare e alzò gli occhi su di lei, la fronte corrugata.
«Buongiorno», rispose stranito. Amelia attese un istante prima di parlare.
«Sono venuta a ringraziarla», disse. Sul viso di Diego si dipinse un'espressione stupita, poi dubbiosa e infine sospettosa. Amelia ridacchiò tra sé. «Probabilmente non si ricorderà di me, ma quando avevo sette anni sono venuta da lei perché l'avevo vista rubare le monete dalla fontana».
Il vecchio fece per alzarsi: «Ehi! Io non rubo nient...»
«Si, si, certo», lo interruppe Amelia. «Comunque, non è questo l'importante. Avevo sette anni e lei mi ha raccontato una meravigliosa favola sui sogni. E poi mi ha fatto esprimere un desiderio e ho lanciato la monetina nella fontana». Diego assottigliò gli occhi, come a tentare di ripescare qualche vecchio ricordo ormai dimenticato.
«Volevo ringraziarla per quella favola. Avevo sette anni, ci ho creduto fortemente», confessò la donna. «E come per tutte quelle paure infantili che si hanno anche da adulti, quella storia sul Collezionista di Sogni Infranti mi ha permesso di non arrendermi. E se adesso ho il lavoro dei miei sogni, lo devo in gran parte a lei». Diego annuì, pensieroso. Poi, sollevò lo sguardo su Amelia.
«Forse ora ricordo. Mi pare di averti detto che se si fosse avverato il sogno, la monetina sarebbe rimasta là dove l'avevi lanciata». Amelia annuì.
«E che se invece non si fosse realizzato, si sarebbe infranto», continuò Amelia.
«Quindi la tua monetina dovrebbe trovarsi ancorà lì», osservò Diego. Amelia era incerta, non credeva fosse possibile una cosa del genere. Non con un uomo che non faceva altro che rubacchiare le monetine per arrotondare le mance. Ma il vecchio la guardava con un sorriso che gli illumanava gli occhi.
«Prova a guardare nella fontana», le suggerì. Amelia ricambiò lo sguardo dubbiosa, poi lanciò un'occhiata dove le aveva detto. Sul fondo, molte monetine riflettevano i raggi del Sole, ma una in particolare attirò la sua attenzione. Si chinò e scoprì che aveva un piccolo foro al centro. Si voltò verso il vecchio, in viso un'espressione esterrefatta. Da sotto la falda del cappello, il Collezionista le fece l'occhiolino.
(1400 parole circa)
Note
1) Il machete è uno strumento portoghese simile ad un ukulele, ma più grande. Speravate nell'arma, eh? ;)
2) Inizialmente infatti, la storia era ambientata a Lisbona (Amelia e Diego sono nomi portoghesi), ma a quanto pare non ci sono fontane dove si lanciano monetine. Quindo ho preferito non specificare la città.
3) Si consideri come trama valida quella scritta in questo capitolo e non quella nelle info della storia.
4) La disposofobia è la sindrome dell'accumulo. I disposofobici quindi tendono a conservare oggetti apparentemente privi di valore (bicchieri, giornali, sogni infranti xD) e mostrano talvolta tendenze da cleptomane.
5) A questo punto mi sento di dire una sola cosa: l'interpretazione in questo caso preferisco sia libera. La storia che racconta il Collezionista potrebbe essere vera o inventata. Vi lascio credere ciò che preferite, non c'è nessuna chiave di lettura giusta o sbagliata.
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