CAPITOLO 11.
Io e Jacopo ci evitiamo da giorni.
A scuola ho cambiato alcuni corsi per evitare di essere nella sua stessa classe.
A casa le cose sono cambiate, mi sono trasferita nell'ex camera di Vittorio. Me ne sto quasi tutto il tempo lì, esco solo per andare in bagno o se ho impegni fuori casa.
La cena con Lorenzo è andata malissimo: Jacopo ed Elisa erano nel nostro stesso ristorante,
si baciavano ogni cazzo di minuto e a ogni bacio il mio cuore si spezzava sempre più.
Il cellulare sta vibrando: è Lorenzo.
«Pronto, Lollo?».
«Piccola, stasera c'è una festa a casa di un mio amico. Vuoi venire con me?».
«Va bene, tanto qui in casa non ho nulla da fare», rispondo alzandomi dal letto.
«Perfetto. Ti vengo a prendere alle nove. A dopo, piccola». E riattacca.
Lorenzo è un ragazzo molto dolce e simpatico, nonostante i suoi tatuaggi e i suoi piercing possano far pensare il contrario.
In questo periodo mi sta aiutando molto. Stiamo diventando "quasi" migliori amici.
Davanti all'armadio, decido di indossare un vestito blu notte a mezze maniche che mi arriva a metà coscia.
Indosso dei tacchi neri e mi trucco con mascara, matita e un rossetto rosso.
Mi piastro i capelli e sono pronta.
Sono le otto e mezza.
Perfetto, manca mezz'ora. Esco dalla mia camera e vado in cucina per prendere le chiavi, vedo Jacopo seduto su una sedia che mangia un panino.
Non trovo le chiavi. Ma dove le ho messe?!
«Le chiavi sono qui», dice Jacopo.
Erano giorni che non sentivo la sua voce.
Mi è mancata. Cazzo, se mi è mancata.
«Grazie», mi limito a dire, e prendo le chiavi dalla sua mano.
«Dove vai?», mi domanda, per poi addentare un altro pezzo di panino.
«A una festa».
Non ci parliamo da giorni e lui se ne esce con questa domanda?
Che stupido.
«Ma non hai mangiato».
«E quindi?».
Cosa gliene frega se non ho mangiato?
«Devi mangiare. È parecchio che non ti vedo mangiare», risponde guardandomi.
«Ma che ne sai? E se non mangio che ti importa?».
Sto perdendo la pazienza.
«A scuola non mangi mai, e nemmeno a casa. E quando lo fai, subito dopo corri in bagno e vomiti tutto. Che ti succede, Rebecca?».
Si alza e si avvicina a me.
Come fa a sapere tutte queste cose?
È vero. Non mangio, e se lo faccio vomito quello che ho mangiato.
Non vado d'accordo con il mio corpo. Tutto qui.
«Non mi succede niente», rispondo in tono acido.
Si sta avvicinando, troppo.
«Invece sì, Rebecca! Non è normale che una persona non mangi o che vomiti quel poco che ingurgita! Che ti prende?! Mi sono stufato di vederti ogni cazzo di giorno cadere per terra e dire: "Che sbadata, sono inciampata di nuovo". Invece è il tuo corpo che non ha più forze. Basta!».
Le sue parole in qualche modo mi fanno stare male.
«Non sono cazzi tuoi, Jacopo. Ora devo andare».
Prendo la borsa ed esco di casa.
Non mi rivolge la parola da una vita e ora se ne esce fuori con questa storia!
Un clacson suona e alzo la testa. È Lorenzo.
Gli vado incontro e salgo in macchina.
«Ciao piccola, come stai?», domanda sorridendo.
«Bene, tu?». Sorrido a mia volta.
«Ora che ti vedo sto bene. Hai mangiato, oggi?».
Perché deve farmi sempre questa domanda?
«Sì, ho mangiato», replico mentendo.
«Cos'hai mangiato?».
«Un piatto di pasta a pranzo e a cena un panino». Sorrido, sperando che mi creda.
«Meno male. Devi mangiare, se vuoi stare bene», dice tenendo gli occhi fissi sulla strada.
Mi sento sempre in colpa quando mento a Lorenzo. Ma va bene così.
«Siamo arrivati, Reb», dice Lorenzo fermando la macchina.
Siamo davanti a una casa enorme. Dal giardino si sente della musica.
Appena entriamo, una puzza di alcol e fumo invade le mie narici. Mi nausea un po', ma ormai ci sono abituata.
Il salotto è pieno di persone, ma non riesco a riconoscere i volti a causa del fumo.
Cerco la cucina, la trovo solo dopo parecchi minuti mi verso un bicchiere di Coca-Cola. Stasera niente alcol.
«Rebecca!». Una voce familiare mi chiama e mi giro.
«Alessia!», rispondo abbracciandola.
«Come mai qui?».
«Be', Lorenzo mi ha invitata a uscire», rispondo bevendo un po' di Coca-Cola.
«Ma cosa stai bevendo?», mi chiede con una faccia disgustata.
«Coca-Cola, perché?».
«Sei a una festa e bevi Coca-Cola?! Sei matta! Tieni questo», e mi porge un bicchiere di plastica.
«No, Alessia. Stasera non voglio bere», le dico sorridendo.
«Solo questo bicchiere, dai!», insiste mettendomi il bicchiere davanti.
Non capisco perché insista così tanto.
È solo un drink, non posso ubriacarmi con un solo drink.
«E va bene», rispondo sbuffando. Poi prendendo il bicchiere.
Alessia sorride soddisfatta e beve un sorso della sua bevanda.
Assaggio il drink e un bruciore mi invade la gola.
«Ma cos'è 'sta roba?», urlo schifata.
«Non lo so, ma dopo un po' è buono», risponde Alessia facendo spallucce.
Continuo a bere, finché mi convinco che Alessia aveva ragione: il bruciore è scomparso e ha fatto spazio a un sapore di lampone.
Poso il bicchiere sul tavolo e cerco Lorenzo con gli occhi. La testa comincia ad appesantirsi e a girare. Non posso essermi ubriacata. Non è proprio possibile.
Cerco di camminare, ma sento le gambe cedere. Mi appoggio allo stipite della porta, ma due braccia possenti mi prendono la vita e mi sollevano di peso.
«Jacopo?», chiedo confusa.
Perché penso sempre a lui anche quando sono ubriaca?
Dopo circa dieci minuti le due braccia mi appoggiano su un letto.
«Chiudi la porta, Alessia», dice una voce. Non riesco a capire a chi appartenga. Che cosa ci fa qui Alessia?
«Lorenzo, non farle del male», replica Alessia.
Lorenzo? Ma cosa vuole fare? Sono confusa.
«Le farò quello che si merita», risponde lui.
Le sue mani iniziano ad abbassare la cerniera del mio vestito, e io non riesco a fare nulla. Il mio corpo non risponde ai miei comandi.
Lorenzo riesce a togliermi il vestito e rimango in intimo.
«L-Lore...». Non riesco a dire altro.
Non capisco quali sono le sue intenzioni.
JACOPO
Cerco Rebecca in giardino, la cerco in salotto, ma non la trovo.
L'ho seguita fino a questa fottutissima festa. Quello stronzo di Lorenzo non mi piace affatto.
Negli ultimi giorni non ha fatto altro che stare con Rebecca, e questa cosa mi ha dato parecchio fastidio. Anche se io stavo solo con Elisa.
«Hai visto Rebecca Gaetani?», chiedo a una ragazza seduta sul divano.
«Mhm... sì. È salita al piano di sopra con Lorenzo», risponde con un ghigno malizioso sul viso.
Non la ringrazio neanche per l'informazione e mi dirigo al piano di sopra. Non voglio immaginare cosa stiano facendo, ma se Lorenzo prova a toccarla giuro che gli spacco la faccia.
Apro le porte di quel piano, una a una, ma le stanze sono tutte vuote. Provo ad aprire l'ultima, ma è chiusa a chiave. Busso forte e tiro la maniglia, bruscamente.
«Cazzo!», impreco ad alta voce.
«Chi è?», chiede una voce familiare all'interno della stanza.
«Alessia! Apri, cazzo!», urlo sbattendo il pugno sulla porta.
«Vattene, Jacopo», sento sbraitare Lorenzo.
«J-Jacopo!». È la voce di Rebecca.
Cosa le stanno facendo?!
Se le hanno fatto qualcosa, non escono vivi da questa casa.
«Aprite questa maledetta porta!», urlo ancora più disperato.
Nessuno mi risponde, ma sento degli urli soffocati provenire dalla camera.
Senza pensarci due volte, butto giù la porta ed entro.
Lorenzo ha un coltellino in mano.
I miei occhi si spostano su Rebecca.
«Oh cazzo!», impreco vedendola sul letto tutta piena di sangue.
«Che le avete fatto?!».
Prendo Lorenzo, lo sbatto al muro e gli tiro un pugno. Prendo in braccio Rebecca e la porto in macchina. Non ha i vestiti addosso e sta perdendo molto sangue.
«Che cazzo ti hanno fatto, piccola!». Le lacrime escono senza tregua.
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