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7:00.
Apro gli occhi e, come ogni mattina, fisso il soffitto.
Penso alla giornata che dovrò affrontare oggi; dovrò portare Chiara all'asilo, fare la spesa, cucinare, fare la lavatrice. Insomma dovrò fare la mamma.
Mi alzo dal letto scostando le coperte e quando i miei piedi entrano in contatto con il pavimento freddo, rabbrividisco.
Rifaccio velocemente il letto e vado dritta in bagno.
Mi lavo i denti e mi scacquo il viso per poi guardarmi allo specchio. Il mio viso non è cambiato molto in questi anni e tantomeno il resto del mio corpo. Ho solo schiarito i capelli, giusto per vedermi diversa.
Mi trascino in cucina, ancora in pigiama e un odore di caffè mi invade le narici.
"Buongiorno." Dice sorridente Christian.
Mi siedo e posando i gomiti sul tavolo chiedo "Non dovevi fermarti a dormire da Melinda?"
"Sono tornato a casa alle sei. Doveva andare a lavorare." Risponde porgendomi una tazza di caffè freddo.
Gli sorrido ringraziandolo e ne bevo un sorso.
"Vuoi che porti io Chiara all'asilo?"
"No, la porto io. Ho delle commissioni da fare in paese. È meglio se ti riposi, tu."
Gli sorrido maliziosa e lui capisce subito.
"Cosa te lo fa pensare?" Chiede imbarazzato.
"I capelli scompigliati e la maglia al contrario dicono tutto." Sogghigno bevendo un lungo sorso di caffè.
Nel frattempo Christian si prende la maglia tra le mani e solo ora si accorge di averla, effettivamente, messa al contrario.
Sorride imbarazzato e passandosi una mano nei capelli confessa ciò che ha fatto:
"Non voglio i dettagli, Christian." Poso la mia tazza nel lavello e la sciacquo.
"Ammettilo che il sesso di prima mattina è il miglior buongiorno che ci sia." Sorride beffardo.
Lo fulmino con lo sguardo e a bassa voce dico "Smettila di usare queste parole quando Chiara è nell'altra stanza. Sai bene che qualsiasi parola nuova che impara inizia ad usarla a sproposito."
Il mio migliore amico inizia a ridere di gusto.
"Come quella volta in cui ha dato della stronza alla maestra dell'asilo?"
Ripercorro quel ricordo imbarazzante. Volevo sprofondare quando la maestra mi ha riferito ciò che Chiara le ha detto.
È una bambina molto sveglia e impara facilmente, a mio malgrado, tutto ciò che sente.
Ritorno alla realtà e scuoto la testa.
"Ci vediamo non appena torno a casa, sempre se sarai sveglio." Dico per poi sgattaiolare in camera di Chiara.
Apro la porta lentamente per non svegliarla e mi limito soltanto a guardarla.
Ha la bocca schiusa e tiene stretto al petto il peluche che mio padre le ha regalato per il suo quarto compleanno. Le coperte si alzano e abbassano al ritmo del suo respiro, mentre la sua mano libera è piegata all'altezza della testa.
Sorrido beandomi di questa visione, ma quando guardo l'orologio capisco di essere in ritardo.
Mi avvicino cautamente al suo letto, ma pesto involontariamente un suo giocattolo e il rumore che ho creato costringe mia figlia a svegliarsi.
"Dovevi mettere in ordine i giochi ieri sera." Le accarezzo il viso e i capelli sedendomi accanto a lei.
"Avevo tanto sonno, mamma." Si stripiccia gli occhi con i suoi piccoli e questa immagine mi scalda il cuore.
"Quando tornerai dall'asilo li metterai al loro posto, me lo prometti?" Chiedo dolcemente, senza usare un tono duro.
Fortunatamente non ho mai sentito il bisogno di essere tanto severa con lei, se non nei momenti in cui ha assunto un comportamento sbagliato o si è comportata da maleducata.
Per quanto possa avere cinque anni, ragiona come una ragazza più grande di lei, ma ciò non toglie che io non la tratti come una bambina. Voglio che si goda tutta la sua infanzia, senza fare passi più lunghi del dovuto.
Annuisce e mi cinge le braccia al collo, dando inizio alla nostra routine.
La porto in salotto e la poso sul divano. Lei afferra il telecomando e, ancora ad occhi chiusi a causa del sonno, accende la televisione e si mette i cartoni.
"Pane e Nutella?" Chiedo prima di uscire dalla stanza.
Annuisce senza distogliere lo sguardo dallo schermo, incantata dalle mille figure colorate.
Entro in cucina ancora in pigiama e mi costringo a sbrigarmi.
Guardo sul tavolo e vedo due fette di pane e Nutella già pronte. Sorrido sollevata e mi appunto mentalmente di ringraziare Christian non appena torno a casa.
Porto la colazione a Chiara che mi ringrazia con un piccolo sorriso.
"Vado a prepararmi. Appena finisci metti il piatto sul tavolo e corri in bagno a lavarti i denti, ok?"
"Non voglio andare all'asilo." Sbuffa addentando una fetta di pane, sporcandosi il naso di crema al cioccolato.
"Devi andarci, tesoro. Oggi ho molte commissioni da fare e Christian non può stare con te."
"Domani posso rimanere a casa?" Insiste facendo gli occhi dolci.
Penso alla giornata di domani e, in teoria, non avrei nessun impegno in particolare.
Cedo e le consento di rimanere a casa tutto il giorno di domani.
Prima di andare a vestirmi le lascio un bacio fugace sull'ammasso di capelli castani che assomiglia più a un nido che ha resistito a una tempesta.
"Hai preso lo zainetto?"
Afferro le chiavi di casa e della macchina.
"Mamma."
Mi metto la borsa in spalla controllando di avere tutto: bollette, telefono, portafogli, occhiali da sole.
Perfetto c'è tutto.
"Mamma."
Metto decisa la mano sopra al pomello della porta di casa, ma mi sento tirare dalla felpa.
"Indossi le ciabatte." Chiara scoppia in una risata acuta e io mi guardo i piedi.
Presa dalla foga di arrivare in orario non ho badato alle scarpe.
"Non ridere piccola peste." Le sorrido e afferro i miei stivaletti.
Prima di uscire do un'ultima occhiata al riflesso nel mio specchio. Oggi indosso dei jeans neri, una maglia grigia a mezze maniche che mi arriva a metà coscia e una felpa del medesimo colore.
Sorrido soddisfatta e afferro il sacco della spazzatura.
"Andiamo." Prendo per mano Chiara ed usciamo dall'appartamento, chiudendo la porta alle nostre spalle.
Non appena esco dal condominio butto nell'apposito bidone la spazzatura e apro la macchina.
"Niente storie per la cintura." Dico prima che lei possa aprire bocca.
Ha sempre odiato mettere la cintura, ma la sicurezza viene prima di tutto. Da quando è nata sono diventata molto più responsabile sotto questo aspetto.
Apro la portiera del mio mezzo e come prima cosa prendo lo zainetto viola e lo metto sul sedile; in seguito sollevo mia figlia e la posiziono sul seggiolino, allacciandole la cintura.
Salgo anche io e faccio la stessa cosa.
Indosso gli occhiali da sole che ho preso dalla borsa sul sedile del passeggero e aggiusto lo spechhietto retrovisore.
"Cosa metto questa mattina?" Metto in moto la macchina e prima di uscire dal parcheggio fisso il suo riflesso nello specchietto.
"La canzone di ieri." Sorride contenta.
Quando sorride, sorride anche con gli occhi e questo non può che renderla più bella.
"Si vede che sei mia figlia."
Accendo la radio e faccio partire Hells Bells degli ACDC. Ha iniziato ad ascoltare i miei gruppi preferiti ancora prima di camminare.
Parto e guido verso il suo asilo evitando le vie principali per non entrare nell'ammasso di veicoli che si crea ogni mattina.
"Bene, a ritirarla sarà Christian." Dico alla maestra prima di uscire dalla struttura.
"Non si preoccupi." Mi sorride dolcemente e mi chiedo come possa mantenere la calma con tutti quei bambini intorno.
"Per qualsiasi cosa mi chiami!"
Raggiungo velocemente la mia macchina, ma una voce maschile mi blocca.
Rimango immobile con una mano attaccata alla portiera e il sangue gelato.
Quella voce la conosco bene, è stata il mio dolce tormento pere tanti mesi e continua ad esserlo tutt'ora.
Mi giro lentamente e mi ritrovo davanti a questa figura possente. Deglutisco a fatica e finalmente riesco a rispondere.
"Andrea!" Sorrido e lui lo fa a sua volta.
Sento le gambe cedere.
"Come stai?" Chiede avvicinandosi e mettendosi una sigaretta tra le labbra.
Andrea ha trent'anni ed è il padre di un compagno di Chiara; ci siamo conosciuti circa sei mesi fa fuori dall'asilo.
Ha divorziato circa due anni fa, ma la moglie lo tormenta ancora.
Quando non gioca a tennis lavora in un'agenzia immobiliare non tanto distante da qui.
"Bene grazie, tu?" Lo osservo mentre si accende la sigaretta e mi sento una ragazzina in preda agli ormoni.
"Tra poco devo andare a lavoro, ma ho insistito nel portare Elia all'asilo." Aspira e butta fuori il fumo.
In effetti è in giacca e cravatta pronto per entrare nel suo mondo fatto di appartamenti e case da vendere.
Mi calo gli occhiali sugli occhi e gli sorrido come per scusarmi.
"Scusami Andrea, ma devo scappare. Ho un sacco di commissioni da fare e ho poco tempo."
"Non ti preoccupare. Ti va se dopo ci vediamo per un caffè? Magari al bar vicino alla mia agenzia?"
Quando sto per accettare mi ricordo dell'impegno che ho preso con le ragazze e rifiuto l'offerta, per quanto mi faccia piacere passare del tempo con lui.
Mi ha portata un paio di volte a cena, ma non è successo nulla di particolare. Ci siamo sempre persi nei nostri discorsi infiniti che tutte le altre cose sono passato in secondo piano.
"Tranquilla, avremo modo di passare del tempo insieme." Mi saluta lasciandomi un bacio fin troppo lungo sulla guancia.
Si allontana lasciando dietro di sè la fragranza di un profumo di cui ignoro il nome, ma penso sia costoso a giudicare dalla fragranza.
Ritorno alla realtà e salgo in macchina dirigendomi a compiere uno dei tanti compiti noiosi che spettano agli adulti.
"Ho pagato le bollette io, mi devi un caffè. Un bacio, ci vediamo dopo." Lascio un messaggio in segreteria a Christian non appena esco dalle Poste.
Ora mi tocca solo più andare a fare la spesa, passare a prenotare il parrucchiere per Chiara, incontrarmi con le ragazze e tornare a casa.
Sbuffo salendo per l'ennisima volta nella mia auto: prima o poi diventerò matta facendo avanti e indietro per la città.
Mentre sono sulla strada per andare al Supermercato, il telefono squilla nella mia borsa, ma non faccio in tempo a trovarlo che cessa di suonare.
Non appena lo trovo guardo lo schermo: Numero Sconosciuto.
Maledico chiunque mi ha chiamata per avermi distratta alla guida e lascio il telefono sul sedile, senza prendermi la briga di rimetterlo al suo posto.
Metto le mani salde sul volante e continuo a guidare, pensando a queste continue chiamate anonime.
A volte mi è capitato di rispondere e di non sentire nulla, altre volte sentivo un continuo rumore di tasti del computer premuti velocemente e altre volte ancora sentivo solo l'eco della mia voce mentre minacciavo chiunque fosse dall'altra parte.
Scuoto la testa non riuscendo a venire a capo della situazione e mi concentro sulla strada.
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Ecco il primo capitolo effettivo!
Ora che avete visto la routine di Rebecca sono curiosa di sapere cosa pensate di Jacopo e di ciò che è potuto diventare in questi anni :)
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