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ORFEO ED EURIDICE

La musica scorreva tra le pareti quasi spoglie della casa, creando una atmosfera dolce e lugubre. Fuori, il vento spezzava i rami degli alberi mentre la pioggia ticchettava sulle finestre creando un ritmo che si amalgamava alla perfezione delle note musicali del piano. L'enorme villa era immersa nell'oscurità e nella polvere. La splendida dimora dei Gomez, famosa per la sua struttura di fine ottocento e per i suoi immensi giardini stracolmi di rose, si era ridotta ad una radura deserta, quasi morta, sia all'esterno, dove non vi era più traccia della bellezza di quei giardini che per anni erano stati il simbolo dell'edificio, sia all'interno, dove ormai qualunque cura e gioia che aleggiava tra le stanze si era ,ormai, spenta. Rimaneva solo l'oscurità, il degrado, l'erba alta e un pianista, che suonava una melodia così lugubre tanto da aver portato l'atmosfera dell'oltretomba nel mondo dei vivi. Scribacchiava su qualche foglio, note e correzioni. Risuonava freneticamente, con i capelli scombinati, il sudore che gli imperlava la fronte e il fiatone. Sembrava stare sull'orlo di un attacco di panico. A illuminare il suo lavoro, solo il fuoco del camino. La corrente era saltata da un pezzo per via del forte temporale e della vecchia casa, eredita dai propri nonni. Una donna sedeva vicino al pianoforte e ascoltava l'uomo suonare. Con grazia ed eleganza, sorseggiava del tè caldo, guardando il cammino e godendosi il calore che proveniva da lì. A un certo punto, sentì l'ennesima nota sbagliata e l'uomo brontolare di rabbia: <<Non ci riesco>>.

<<A fare cosa, Jacinto?>>. L'uomo si sfregò le mani nei capelli. << A comporre. Non riesco a creare una melodia...>>.La donna appoggiò la propria tazza di tè sul tavolo dove era appoggiato il vassoio. Prese un'altra tazza e preparò la bevanda al marito. Poi alzandosi gli si avvicinò. <<Forse dovresti rilassarti un po. Hai troppi pensieri nella testa.>> Gli porse la tazza di te. L'uomo alzò gli occhi celesti e la guardò sorridendogli appena e prendendo la bevanda. Se la rigirò in mano, in silenzio, mentre la donna lo guardava.

<<Da un pò di tempo sento che la mia vita sia vuoto, quasi inesistente. Non riesco a trovare l'ispirazione e non riesco a dare peso alle note che suono. Tutto quello che creò è come me.. quasi vuoto.>> La donna gli mise una mano sulla spalla. << Penso che sei solo scosto per via degli ultimi eventi che ti sono accaduti. Guarda questa casa: un tempo l'amavi e passavi molto tempo a curarla. Ti ricordava la tua infanzia e ti faceva pensare ad una vita migliore. Basta guardare ciò che hai abbadonato per capire che hai perso ogni speranza nella vita. Non riesci a reagire più a niente e a me fa male vederti così. Forse ora dovresti chiudere gli occhi e ricordare qualcosa di felice, se non vuoi comporre un altro mortorio.>> rise delicatamente . L'uomo sorrise appena, e bevve il primo sorso della bevanda. L'atmosfera ritornò lugubre e silenziosa. << Scusami, Saba>> disse l'uomo prendendole la mano. << Oltre ad un pessimo pianista sono anche un pessimo marito.>>

Alla donna venne un colpo di genio. Si allontanò seguita dallo sguardo dell'uomo. Entrò nella stanza adiacente sparendo dalla vista dell'uomo, che nel frattempo alzando le spallucce beve un sorso del tè caldo. Cominciò a sentire un ronzio per tutto il corridoio che arrivò fino al salotto. Girandosi si accorse che, con una facilità sorprendente, la moglie Saba aveva trascinato la sua arpa fino alla stanza, servendosi dell'aiuto di un tappetto che alzò un enorme polverone. Si passò una mano sulla fronte e avvicinò la poltrona allo strumento. Appena si sedette, guardò Jacinto, contrastando il suo sguardo dubbioso con un volto sereno e rassicurante.

<<Perchè non suoniamo insieme? Come ai vecchi tempi?>>. All'uomo sembrò di vivere un ricordo. La loro storia era cominciata quslche anno prima. Inizialmente era semplicementea buoni amici e musicisti e avevano suonato insieme, creando un miscuglio armonioso tra arpa e pianoforte. Poi, man mano che passavano i pomeriggi,i giorni e gli anni. Quella amicizia si trasformò in qualcosa di più profondo e duraturo. Fu proprio durante un concerto che le chiese di sposarlo e di vivere insieme. Tutti quanti conoscevano la coppia dei due musicisti, tanto innamorato e armoniosi tra di loro, da esprimere i loro sentimenti attraverso la musica. Avevano smesso si suonare insieme durante il periodo di malattia della signora Gomez. Una forte influenza che non le permisse di uscire anche negli anni seguenti per non aggravare la sua situazione precaria. Quindi , si, vederla riprendere l'arpa e proporgli di suonare insieme per il signor Jacinto era un sogno che aspettava già da tempo. Bevve un'altro sorso di tè,poi appoggiò il bicchiere sulla coda del pianoforte e diede il "la". Da quella singola nota,la melodia continuò, sostituendo l'atmosfera lugubre e sinistra con una più leggere,paradosiaca e celestiale. Sembrava che la casa fosse diventata splendente come un tempo, quando Jaconto Gomez era felice e viveva un vita tranquilla, consolato dalla sua musica e dalla donna della sua vita. Suonava con enfasi,con gioia, quasi piangeva. Ogniuno dei due seguiva l'altro e non c'erano errori o incomprensioni ma solo pura bellezza ed equilibrio. Ma come tutte le cose belle anche questa atmosfera fu effimera. La melodia fu si dovette fermare a causa di un attacco di tosse dell'uomo. Un attacco di tosse molto forte che allarmò la donna che subito, inginocchiandosi ad altezza sedia gli chiese che cosa aveva. << Va tutto bene, penso mi sia andato di traverso il tè>>.

L'uomo guardò con occhi dolci la donna, pieni d'amore e gli sembro che la tempesta finalmente fosse passata. Ma poi , come la tempesta si fece sentire in modo ancora più violento sui vetri della casa, così un pensiero triste e distruttivo si allargò nella sua mente, tanto da infettarla e da far sprofondare l'uomo nella malinconia. <<Vorrei che tu fossi qui>> disse accarezzando il volto pallido della donna. Da quel contatto poté sentire solo freddo. <<Amore, io sono sempre sta con te. Da quando sono sparita dalla tua vita, sono sempre stata con te.>> Un fulmine illuminò l'intera stanza, rendendo quasi flebile l'immagine della donna. L'uomo cominciò a piangere: <<Voglio stare con te. Voglio continuare a stare con te.>>

<< e staremo insieme per sempre.>> Un altro fulmine violento illuminò la stanza. Jacinto tossì di nuovo, ma in modo ancora più forte e violento. Si copri la bocca con la mano e ,quando l'allontanò dalla bocca, vide alcune macchie scarlatte su di essa. Guardò preoccupato la donna, che invece sorrideva soddisfatta, alzandosi in piedi e posizionandosi dietro di lui. L'uomo osservò i movimenti della moglie e il suo sguardo fu catturato da altre macchie scarlatte sui tasti del piano. Nè comprendeva ciò che gli stava accadendo, nè percepiva il tempo che stava scorrendo più velocemente. Ad ogni minuto si sentiva sempre più debole, sempre più fragile.

<<Cosa mi hai fatto?>> chiese a Saba. Lei cercò di carezzargli le spalle ma Jacinto non sentì nulla se no un freddo gelido che lo percosse. <<La domanda è cosa hai fatto tu?>>. Fu in quel momento che Jacinto si svegliò da quel sogno ad occhi aperti. Fu in quel momento che riprese la consapevolezza di sè. Si dice che quando si muore, tutta la propria vita ci passa davanti come un grande flashback, ma Jacinto non vide tutta la sua vita. Non ricordò la sua infanzia, la sua adolescenza, il giorno del suo matrimonio, niente di niente. i ricordi che gli passarono davanti furono gli eventi accaduti nell'ultimo anno: la morte della moglie per via di una tossina ingurgitata erroneamente, la sua profonda depressione, il suo cercare disperatamente conforto nella musica, le composizioni frenetiche, lòa preparazione del tè e l'aggiunta di quella tossiva che , qualche anno prima, gli aveva portato via la sua unica ispirazione e gioia della vita. e mentre continuava a tossire, sempre più forte, quasi rischiando di cadere dalla sedia, si rese conto che la sua immaginazione aveva preso il sopravento sulla sua vita. Saba Gomez non era lì e non c'era mai stata. la sua arpa non era stata mai spostata dalla sua stanza, la poltrona non era mai stata mossa. Tutto ciò che aveva visto, era stato frutto di una mente tormentata e straziata. Eppure qualcosa c'era di strano. Perchè la sentiva così vicino? Perchè per tutto quel tempo non si era accorto di quella immagine creata dalla sua mente? Perchè non si era accorta prima che lei non c'era di più?. Tutte queste domande vennero colmate dallo sguardo della moglie che carezzandogli i capelli, canticchiava la melodia appena suonata. Jacinto , in quel momento, la sentì così tanto vicino che dubitò di essersela immaginata. Saba poggiò le sue labbra su quelle di lui rigate di sangue ed il cuore gli si fermò.

Passarano alcuni giorni, prima che il giardiniere della famiglia, preoccupato per le condizioni in cui destava il suo datore di lavoro, dopo la morte della moglie, andò a trovarlo accompagnato da sua moglie. I vetri, durante la tempesta di qualche settimana prima, erano stati distrutti lasciando la veranda e il salone aperti alle intemperie. Il giardiniere si rese conto che qualcosa non andava e si paralizzò quando, avvicinandosi dalla veranda, da lontano, vide la figura del signor Gomez , abbandonata sulla sedia, pallido in viso e senza vita. L'uomo chiamò i soccorsi, ma ovviamente non c'era più niente da fare. Dopo un anno di straziante depressione, Jacinto Gomez si era tolto la vita. Eppure , quando i medici coprirono il corpo e lo caricarono su una barella per portarlo in laboratorio per capire le cause della morte, mentre attraversarono l'ingresso principale che si trovava davanti alle scale, seguiti dal giardiniere e da sua moglie, quest'ultima sentì su di sè una strana atmosfera. Si girò verso le scale vuote. Ebbe l'impressione di essere osservata.

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