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Capitolo 65. Scorpius

65.

"Scorpius!" Rose urla il mio nome e si precipita nel mio salotto con un'espressione terrorizzata - zoppica e si deve tenere al muro. "Oh, Merlino" mi guarda, sull'uscio della porta della mia stanza, e scoppia a piangere. "Oddio"

Sospiro e vado da lei, la tiro a me e la abbraccio. "Sono qui" sussurro dolcemente. "Non vado da nessuna parte"

"Non..." singhiozza. "Non riuscivo a proteggerti, non riuscivo a impedirti di scomparire, io..." Piagnucola. "Oddio"

Si aggrappa alla mia maglietta come se ne valesse della sua vita, le sue dita che scavano nella mia carne del petto. Preme una mano sul mio cuore, l'altra mi tasta il corpo - la vita, i fianchi, le scapole, il collo, persino il viso. Lei controlla, controlla che sia vivo, che non mi sono dissolto come nel suo sogno.

"Sto bene, vieni qui" La porto con me verso il divano e mi ci siedo, prima di farla sedere in braccio. "Vuoi dormire ancora un po'?" Chiedo dolcemente. "Resto qui, ti stringo"

Singhiozza ma si calma, il viso infilato nel mio collo e le sue mani a tenermi stretto. "Mi dispiace tanto"

"Lo so, non fa niente" Le do dei baci sulla testa e le accarezzo la schiena. "Tranquilla, dormi ancora"

Annuisce e borbotta qualcosa sommessamente, non la sento ma non dico niente e la lascio calmare, poi riaddormentarsi.

Rose non è mai così fragile come durante la notte, come quando si sveglia in mezzo ad un incubo e mi cerca disperata, credendo che io me ne sia andato, che sia morto, che sia scomparso, ogni volta è una cosa diversa ma il modo in cui reagisce è sempre uguale - mi cerca, a volte sono al suo fianco, altre no, come oggi, e ha un bisogno disperato di controllare che sia vivo, passa le mani sul mio corpo, sul mio viso, singhiozza nel mio abbraccio e si addormenta piangendo, ogni giorno da una settimana.

La guardo dormire e le scaccio le lacrime dal viso. So che domani mattina mi chiederà scusa ma non mi perderà di vista neanche un secondo, che controllerà ossessivamente ogni mio passo, ogni mio respiro. Non importa quante volte le dica che sto bene, quante volte la rassicuri, dentro di lei c'è qualcosa che la fa stare costantemente in tensione.

"Andiamo" le dico un pomeriggio, prendendo la mia giacca e aspettando che si metta la sua.

"Dove?" Chiede confusa, alzandosi dal mio divano all'ordine che le ho dato.

"Fidati di me"

Mi guarda a lungo, poi materializza il cappotto e lo indossa.

La smaterializzo con me e quando atterriamo e lei vede dove siamo, si irrigidisce. "Scorpius" sussurra confusa.

La prendo per mano e la porto con me, attento a camminare piano perchè la sua gamba ancora in via di guarigione non le faccia male - continua a zoppicare ma non si lamenta mai. "Devi capire che sto bene, che nessuno può farmi del male e che nessuno mi porterà via"

La sento tirare su con il naso. "Non riesco a smettere" Sussurra, è sull'orlo del pianto.

Ha trattenuto tutto per due anni e ora che è finita non trattiene niente, mi mostra tutto e ne sono grato.

"Lo so"

"Non faccio altro che vederti svanire tra le mie braccia, morire per colpa mia come è morta Deva, ed io non riesco a proteggerti"

Ci fermiamo. "Guarda" le dico dolcemente. "Lo vedi?"

Il suo corpo si irrigidisce, poi la mia Rose ritorna, quella combattiva e stronza, quella che ha passato l'inferno per la sua migliore amica e per suo figlio.

"Apri" sibila e ha gli occhi che fanno scintille, nonostante le lacrime sulle guance e il rossore delle pupille.

"No" dico tranquillo. "Guardalo e basta"

"Apri o giuro che la butto giù"

"Guardalo" insisto. "Guardalo insieme a me, lo vedi? Vedi le manette ai polsi e il collare metallico?"

Annuisce, un gesto secco e pieno d'ira.

"Pensi che potrebbe farci qualcosa, in questo stato? Pensi che potrebbe portarmi via?"

Rimane in silenzio per qualche secondo, poi scuote il capo.

"La tua paura irrazionale ti fa male, tesoro, e voglio che lo guardi, che lo osservi bene, perchè oggi è il suo ultimo giorno, qui, perchè questa sera andrà ad Azkaban e verrà punito per i suoi crimini e non potrà più nuocere a nessuno, non potrà più nuocere a noi"

Annuisce. "Posso parlargli?"

"Credi che ti farebbe bene?" Chiedo. Non voglio che ci parli, vorrei dirle di no, ma è una sua decisione, quindi aspetto.

Guardo William seduto nella sala interrogatori, le mani legate, il collo circondato da un collare elettrico, perchè non scappi, e il corpo coperto da una divisa grigia che lo rende più pallido, lo fa sembrare inerme.

Lo guarda ancora, a lungo, restiamo lì dieci minuti, lei che guarda William ed io che guardo lei, con la paura che possa fare qualcosa di folle.

"Andiamo" sussurra. "Non voglio più vederlo"

Annuisco e la smaterializzo via.

Quella notte non si sveglia cercandomi, non singhiozza il mio nome e non mi abbraccia come se potessi dissolvermi.
Quella notte, dorme.

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