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Capitolo 1

Le sopracciglia folte e scure si muovono lentamente, stringendosi fra loro, dandogli un aria parecchio concentrata. La sua mano dalle dita lunghe e affusolate, sfoglia l'angolo della pagina con insistenza, non curandosi dell'arricciatura che provoca. La gamba destra è in continuo movimento, gesto indotto da qualche tipo di stress che doveva star vivendo o dal fastidioso rumore del vecchio autobus sul quale stava leggendo.
I suoi occhi non sembrano esserci per nessuno, si nascondono dal mondo, come se la sua anima non ne volesse sapere dei mortali e di tutti i problemi che comportavano. Quelle gemme color caramello fuso sono incollate alle pagine di quel libro ingiallito, affamate di parole, affamate di qualsiasi cosa potessero donargli.

Che effetto avrebbero avuto quegli occhi su di lei?. Le avrebbero fatto mancare il fiato, l'avrebbero consumata e studiata, come stavano facendo con quel vecchio e malconcio libro?.

Si aprono le porte dell'autobus, facendo entrare l'aria gelida di gennaio, in grado di risvegliare i pensieri della giovane seduta affianco al finestrino e riscuoterla dalla sua innaturale attrazione per quel ragazzo, seduto a qualche sedile di distanza.

Caterina si stringe nel piumino, infilando le mani nelle tasche per estrarne il telefono. Cambia la canzone che era uscita in riproduzione, con una meno ritmata, più tranquilla e malinconica, come le nuvole grigie che ricoprivano il cielo.
Il suo sospiro silenzioso si scontra con il vetro già appannato del mezzo, dandole comunque modo di osservare il paesaggio composto da alberi spogli, automobili contornate dai propri fumi e una scia di interminabili semafori rossi.

Decide di concentrarsi ad ascoltare le note lente del pianoforte, che accompagnavano quel suo viaggio verso l'università, cercando di evitare che i suoi occhi di un comunissimo color castano, tornassero sulla sua figura.
Eppure sente il bisogno di osservarlo, di sapere a che punto fosse con il libro, ma soprattutto quando – e se –avrebbe mai infilato fra quelle pagine un segnalibro, di modo da alzare la testa ed osservarsi attorno.

Forse non vuole davvero riemergere in quella triste e noiosa mattinata, pensa Caterina, forse il libro che ha fra le mani gli sta facendo vivere avventure più colorate e divertenti di quel monotono lunedì.

Qualcuno prenota la fermata, risvegliandola per la seconda volta da quel sogno ad occhi aperti. Molti degli studenti che riempiono l'autobus si avvicinano alle porte per scendere e così anche lei. Si porta lo zaino sulle gambe, ma aspetta che si fermi il mezzo prima di alzarsi.
Segue la massa e scende velocemente alla prima fermata del Campus universitario di Parma, senza poter lanciare un'ultima e fugace occhiata al misterioso ragazzo dell'autobus, il quale fascino l'aveva colpita e travolta da quando lo aveva visto per la prima volta a settembre.

Qualcuno le va addosso, mentre entra nel plesso dove ha lezione. Il ragazzino si volta mimando delle scuse che Caterina non sente, le cuffie incollate alle orecchie glielo impediscono e non ha nessuna intenzione di togliersele, non prima a di entrare in aula. Nella mente le riappare l'immagine delle gambe lunghe ed accavallate di lui, con le spalle ricurve sul suo preziosissimo libro.

Sarà una persona così introversa come da a vedere? Si chiede, mentre entra in aula.

Erica deve sventolare energicamente la mano per attirare la sua attenzione dal fondo della classe e risvegliarla dai suoi pensieri. La sua compagna di corso ha i capelli corti e tinti di viola che non arrivano a sfiorarle le spalle, la pelle candida è ricolma di lentiggini, delle quali si lamenta in continuazione. I due occhietti verdi e vispi, osservano Caterina divertiti. <<Non hai dormito nemmeno questa notte Cate?>> le chiede, marcando la erre moscia.

<<É un modo carino per dirmi che ho le occhiaie?>> risponde, recuperando il telefono dalla tasca del giaccone per spegnere la musica e riporre le cuffie nello zaino.

Erica allunga le labbra fine, muovendo delle adorabili lentiggini sulla guancia. <<É un modo carino per dirti che sembri uno zombie che cammina>> afferma, mettendosi seduta. <<Hai sentito per caso Laura?>>.

Caterina scuote la testa. <<Credo che sia rimasta a letto questa mattina, tanto non segue questa lezione>> ricorda ad Erica, guardandola dall'alto.

<<Lo so>> risponde accigliata, puntandole il piccolo naso, bucato da un sottile anello dorato. <<É che credevo venisse lo stesso e si mettesse in aula studio a tenerci i posti, così poi studiavamo insieme>>.

Il professore entra salutando i pochi alunni che seguivano quel corso. Caterina si siede, mentre Erica apre il suo portatile. << Dov'è che eravamo arrivati?>> domanda in un sussurro.
<<Estrazione in fase solida>> sospira Caterina, dopo aver aperto il documento con gli appunti delle lezioni precedenti, sul suo portatile.

<<Senti non è che sta sera ti andrebbe di andare in centro a bere qualcosa?>> propone Erica, sfruttando quei pochi minuti che rimanevano per chiacchierare. <<Ne avevo parlato ieri a Laura, ma poi mi sono dimenticata di chiederti>>.

<<Sì, contatemi>>.

Laura è una ragazza alta, dalla risata rumorosa e contagiosa. La stessa ragazza con la quale Caterina si ritrova a discutere qualche ora dopo, davanti ad un orribile caffè preso alle macchinette.

<<Sta sera lo finisco, mi mancano solo cinque capitoli>> dice Laura, mescolando la quantità smisurata di zucchero che ha aggiunto in quel denso e innaturale liquido che definivano caffè.

Caterina mordicchia la bacchettina con la quale ha mescolato il cappuccino, dal gusto accettabile, mentre osserva l'amica con impazienza. <<Muoviti! Sto morendo dentro, devo parlarne con qualcuno>> biascica senza togliersi dalla bocca lo stecchino di plastica.

<<Di cosa devi parlare?>> chiede Erica, raggiungendole dal bagno.

<<Di un libro>> risponde Laura. <<Il solito fantasy che non ti piace>> aggiunge, portandosi qualche ciuffo scuro dietro l'orecchio, facendo così tintinnare la quantità spropositata di bracciali che ha al polso.

<<Oh okay, comunque avete visto che sabato c'è una festa al Campus?>> cambia discorso Erica, mostrando alle due amiche l'evento sul telefono. <<Sembra figo, potremmo andarci che dite?>> chiede.

<<Devo vedere se sono libera>> si affretta a dire Laura, con poca convinzione. Non è per nulla una persona da feste e come Caterina preferisce un buon libro, musica e magari un té caldo.

<<Io ci sto, forse un po' di alcol farà bene alla sessione che stiamo per affrontare>> dice però Caterina, colpendo Laura con una spalla. <<E verrai anche tu>>.

Laura mugola stizzita. <<Non costringetemi per favore>> implora le due amiche.

<<Piantala di lagnarti, non devi mica metterti in tiro, è solo la discoteca del Campus>> prova a convincerla Erica, sistemandosi la manica della felpa. <<E poi che ne sai che non trovi il tuo Christian Gray?>> la punzecchia, facendole ridere tutte e tre.

<<Dovete piantarla con questa storia di Christian Gray, mi attraggono i bad boy, quello sì, ma non è un crimine>> si lamenta, incamminandosi verso l'aula studio dove avrebbero passato il resto della giornata.

La risata di Laura risuona fra le mura, riuscendo ad accompagnare il loro buonumore fino al tardo pomeriggio, quanto sarebbero tornate a casa.

.

La porta di casa si chiude con un tonfo rumoroso, dopo essere scivolata dalle mani fredde di Caterina.
<<É tornata miss delicatezza>> si sente subito commentare dalla stanza in fondo al corridoio.

<<In persona>> urla Caterina, appendendo la giacca e togliendosi le scarpe.

La testa di Irene spunta dalla porta della sua camera da letto, facendo dondolare la lunga e bionda coda di cavallo. <<Hai già fatto merenda?>> le chiede la coinquilina, osservandola curiosa.

<<Ma sono le sei>> le fa notare Caterina, dirigendosi comunque in cucina. I passi pesanti di Irene la raggiungono velocemente rivelando alla porta una ragazza avvolta da una pesante coperta rosa confetto.
Ha gli occhi azzurri e piccoli, anche se proporzionati al viso lungo e il naso leggermente incurvato. Le sopracciglia dello stesso color biondo cenere dei capelli, sono ben definite, al contrario di tutto il resto che indossava. <<Un té caldo allora, che dici?>>.

<<Sì va bene>> le risponde Caterina, trattenendo una risata davanti all'aspetto trasandato della coinquilina.
Avrebbe giurato che due anni e mezzo prima, quando si erano ritrovate nella stessa casa, avesse sembianze normali.

Entrambe provenienti dalla provincia di Trento, avevano deciso di studiare nella piccola città di Parma. Per Irene era stato il piano B, mentre per Caterina quello A. Il loro primo incontro avrebbe in realtà dovuto far capire a Caterina che la loro non poteva che essere un'amicizia particolare. Era il primo giorno di università per entrambe ed Irene aveva fuso la moca del caffè, dimenticandosela sul fornello, mentre finiva di preparasi. Avevano passato i successivi giorni a ridere come matte, ricordando l'orribile odore e la faccia di Giorgia, quella che all'epoca era la terza coinquilina.

Irene accende il bollitore prima di infilare la testa nel mobile, alla ricerca di qualche infuso che faccia al caso suo.
<<Ho delle novità>> le dice anche, appoggiando al tavolo il porta tisane che avevano in comune. <<Novità molto succulente>> aggiunge, nascondendo il viso imbarazzato dietro la coperta pesante.

<<Avanti non tenermi sulle spine!>> esclama Caterina, guardando la coinquilina armeggiare con il telefono.

<<Ho conosciuto questo tizio, sabato scorso>> inizia a raccontare. <<L'avevo già notato a capodanno, è nella compagnia della Elisa, la mia compagna di corso che conosci ormai meglio di me>> commenta, ricordando a Caterina che poteva benissimo considerare Elisa come una coinquilina, abituata com'era a vederla girare per casa. <<E niente ci ho parlato un po', ma sai come sono fatta, se mi attrae ci perdo un po' la testa>>.

Il bollitore fischia distraendole dal racconto. Caterina si alza per recuperarlo e riempire le tazze. <<Com'è?>>.

<<Beh Cate, da dove cominciare>> sospira sognando ad occhi aperti. <<Ha i capelli scuri e gli occhi ambrati, il sorriso più adorabile del mondo, anche se davvero fuggevole, oh grazie!>> dice, immergendo la bustina di té ai frutti rossi nella tazza che le stava porgendo Caterina. << É molto intelligente anche, la sua voce poi..non ne parliamo>> esclama coprendosi gli occhi con una mano.

Caterina sogghigna accomodandosi di fianco a Irene. <<Ma?>> domanda, conoscendo la sua coinquilina meglio di chiunque altro, sapendo già quindi che ci fosse qualcosa che rovinasse tutto.

<<Ma è strano, silenzioso, poco socievole e sta sulle sue>> le rivela. <<Elisa mi ha detto che una volta che lo si conosce meglio è un amore, ma fa fatica a fidarsi delle persone>>.

<<Oh>> Caterina osserva Irene. <<Ma ci hai parlato ancora poi?>>.

<<Certo, ed è di questo che volevo parlarti>> le porge il telefono, mostrandole dei messaggi. <<Ci siamo scritti in questi giorni, o meglio gli ho scritto io, ma lui mi ha risposto>>.

Caterina legge con attenzione le ottime parole scelte da Irene per messaggiare, davanti alle quali però il ragazzo non le sembra interessato. Le risposte sono brevi, fugaci, sembrano scritte solo per non voler mancare di rispetto ad Irene.

<<Ahia>> commenta quindi Caterina.

<<Appunto>> afferma l'altra, recuperando il suo telefono. <<Non è per nulla interessato, che faccio?>> chiede.

<<Prima di arrivare a conclusioni affrettate aspetterei di rivederlo, magari non sopporta messaggiare>> alza le spalle, prima di soffiare sul té alla menta, consapevole che non si sarebbe mai raffreddato.

<<Ci ho pensato anche io>> le risponde. <<Dovrei rivederlo fra qualche giorno, usciamo a cena con Elisa e gli altri>>.

<<Perfetto allora>> le sorride, cercando di tranquillizzarla.

Molti affermano che trovare coinquilini perfetti quando si è uno studente fuori sede, sia un impresa epocale, ma per Caterina ed Irene non era poi stato così difficile. Erano di certo state baciate dalla fortuna trovandosi in quella casa, provenienti dalla stessa città, anche se da due comuni diversi.
I loro caratteri erano simili, si capivano al volo e l'ironia era il punto chiave della loro amicizia.

<<Che peccato però, non potrei più fare la zitella con me>> alza le spalle Caterina, sbuffando.

<<Hai ragione!>> prende il telefono fra le mani. <<Aspetta che scrivo subito a Nicola che mi rimangio tutto, preferisco vivere in mezzo a venti gatti>> ride, coinvolgendo Caterina.

<<Nicola eh?>> la stuzzica. <<Bel nome, anche se mi ricorda un odioso bambino dell'asilo>>.

<<Magari è lui>> risponde Irene.

<<Effettivamente aveva i capelli scuri>> spalanca gli occhi Caterina, fingendosi preoccupata.

<<Ti immagini? Che storia sarebbe>> ride Irene, prima di bruciarsi la lingua con il té bollente, facendo ridere così tanto Caterina che dovette asciugarsi le lacrime.

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