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6. Straight(r u sure?) from Hell.

Le scene iniziarono a confondersi nella mia mente al punto tale da far fatica a distinguere i ricordi dai sogni. Il sorriso di Nico. Questo lo ricordavo. Eppure era così perfetto da sembrare parte di un sogno.


Aprii gli occhi di colpo. Rumori di spari sotto casa, non che non fossi abituato, sia chiaro, ma per qualche strano motivo quella notte mi si gelò il sangue nelle vene. Saltai a sedere e poco intelligentemente mi sporsi dalla finestra per controllare. Una sagoma scura incappucciata correva inseguito da due grosse motociclette sul marciapiede sotto casa. La figura scura scavalcò con un salto il mio recinto e corse verso il giardino sul retro. Dai movimenti e dai vestiti mi sembrava una figura estremamente familiare ma non potendo vedere il volto non realizzai subito. Proprio mentre la sagoma scura stava per svoltare e ripararsi dietro le pareti di casa un'altra scarica di proiettili partì. Non riuscirò mai più a cancellare quel suono e quella scena dalla mia mente. La figura scura venne colpita in pieno ripetutamente e stramazzò al suolo in preda agli spasmi. Il mio cuore smise di battere per alcuni lunghissimi secondi prima di riprendere con un ritmo impazzito.
No. Pensai. Non può essere. Stavo per catapultarmi di sotto quando sentii i motociclisti ridere di gusto e gridare.

"Questa è la fine che spetta a chi si mette contro Mr. C. Chiaro?" Con le pistole ancora puntate al cielo e la voce soddisfatta diedero un colpo di gas alle loro moto provocando quel tipico rumore assordante di motore modificato. Fuggirono via nella notte lasciando una scia di morte e bossoli di proiettili alle loro spalle. Tremavo. Senza rifletterci più di tanto mi precipitai giù dalle scale, anche i miei fratelli erano stati svegliati da quel frastuno ma non ci feci caso al momento. Mi fiondai in una corsa folle verso il giardino. Più mi avvicinavo alla sagoma inerme circondata da una spaventosa pozza di sangue e più la scena mi sembrava surreale, iniziai a realizzare. Quel jeans, quelle scarpe e quella felpa scura, la figura esile distesa.
Non può essere. Pensai. Sto vivendo un incubo.
Arrivai a toccare il corpo crivellato e con una forza inaspettata voltai il cadavere di colpo per scoprire il suo viso.
"MICHAEL!" Il suo nome uscì dalla mia bocca in un urlo disperato. Dove avrebbe dovuto esserci il viso di mio fratello c'era, invece, un volto familiare coperto da una massa scura di capelli.

"NICO!" Un ennesimo grido straziante riempì il silenzio di quella notte inquieta.
Il cadavere improvvisamente spalancò gli occhi facendomi cadere a terra dallo spavento. Quegli occhi neri ormai vitrei mi guardarono fisso, un sorriso ironico si formò sul volto deformato.
"Ho bisogno di te." Bisbigliò il morto allungando un braccio verso di me.

Mi svegliai di colpo, bagnato ma non in quel senso, purtroppo. O forse sarebbe meglio dire mi svegliai, purtroppo data la giornata che mi attendeva. Era l'alba. Il sole penetrava flebile dalle finestre. Approfittai del silenzio surreale di casa mia e senza far rumore scivolai sotto la doccia sperando di allontanare così il senso d'ansia e disperazione causatomi da quel maledetto incubo. Non riuscivo a togliermi dalla testa quelle immagini spaventose. Aver assistito alla morte di mio fratello mi aveva condannato a riviverla nei miei incubi ogni qual volta qualcosa di sconvolgente capitasse nella mia vita. Nonostante fossi ormai abituato quella mattina mi sconvolse completamente. In più si era aggiunto quell'ultimo dettaglio inquietante a darmi il colpo di grazia.
Meno male che non mi sono preparato la ninnacanna ieri sera, pensai mentre mi insaponavo i ricci biondi strofinando come se volessi lavare via quelle immagini dalla corteccia prefrontale, se sogno cadaveri parlanti e fratelli assassinati con il volto dell'ultimo stronzo che mi sono scopato da sobrio, non oso immaginare da fatto.
Ripensare a tutto ciò mi aveva fatto venire voglia di fumare, probabilmente mi avrebbe aiutato a rilassare i muscoli tesi e contratti. Fortunatamente quella santa donna di Lou mi aveva rifornito proprio il giorno prima. Le mandai una benedizione telepatica mentre, dopo essermi risciacquato dal prepotente strato di bagnoschiuma scadente, uscii dalla doccia. Non so quanto tempo passai davanti allo specchio ad osservare ogni ferita, livido e cicatrice sul mio volto. Notai le grosse occhiaie scure circondarmi lo sguardo.
Da quando in qua Will Solace aveva le occhiaie?
Non volevo stare a rimurginare così tanto ma quel sogno non faceva altro che ricomparire tra i pensieri. "Ho bisogno di te." Quelle parole dalla bocca di Nico di Angelo non sarebbero uscite neanche in un universo parallelo. Mi vestii rapidamente, recuperai l'attrezzatura per la fumata mattutina e uscii sul tetto. Il sole si era alzato abbastanza da colpirmi completamente. I raggi sul mio corpo ancora intorpidito dalla doccia calda mi investirono con un tepore avvolgente e rassicurante. Chiusi gli occhi e mi stesi a godermi il sole mentre fumavo, sentii una scarica di energia rinvigorirmi man mano che passavo il tempo a bearmi dei suoi raggi. Udii qualche passo e poi l'ombra mi avvolse.

"Desidera un martini signor Solace, un mohito forse, o un margarita?" La voce ancora sonnecchiante di mia sorella mi spinse ad aprire gli occhi. Kayla era in piedi davanti al sole con un braccio allungato verso di me e due dita si muovevano impazienti lasciando intendere che dovessi passarle la canna, cosa che feci.

"Togliti dal sole, santi numi." Le ordinai sorridendo, chiusi gli occhi giusto un attimo prima di essere di nuovo investito dai raggi caldi del mattino. Mia sorella si sedette accanto a me a gambe incrociate. "Grazie per ieri sera, scusami per come mi sono comportato." Le dissi a voce bassa per non rischiare di svegliare gli altri. Lei fece spallucce e mi passo di nuovo la canna.

"Ultimamente sei quasi più sfuggente e ammaccato di Apollo. Sto iniziando a preoccuparmi." La sua voce era seria, priva del suo solito tono accusatorio e sarcastico.

"Tranquilla stellina, sai che so prendermi cura di me stesso." Le feci l'occhiolino fumandole praticamente in faccia per punzecchiarla ed allentare la tensione. Lei si sventolò via il fumo dalla faccia con una mano e mi guardò male.

"Ti sto dicendo che non è così. Guardati allo specchio, sembri uscito da una gabbia di macachi inferociti. Qui abbiamo bisogno di te Will, sei tutto ciò che ci rimane, rimettiti in sesto, ok?" Sembrava di rivivere la conversazione con Lou del giorno precedente.

"Ok." Sbuffai e mi misi a sedere per guardarla meglio, distrattamente allungai il braccio per fare in modo che recuperasse la torcia fumante dalle mie dita.

"Anche perchè scordati che oggi faccio di nuovo i piatti al posto tuo, pure se torni a casa senza mani, non mi interessa." Eccoti qui, miss simpatia, iniziavo a sentire la tua mancanza. Pensai ma non ebbi la forza di controbattere ad alta voce. "In tutto questo come mai già sveglio?" Come non detto.

"Soliti incubi."

"Michael?" Mi chiese annuendo, come se già sapesse la risposta.

"Già." Mi guardò per un attimo con occhi tristi prima di stringermi in un abbraccio caldo ed accogliente non dissimile dal sole di cui mi stavo beando fino a quel momento.

"Questa merda è un casino lo sai meglio di me. Di qualunque cosa tu abbia bisogno io ci sono, quando vorrai parlare di ciò che ti sta succedendo io sono qui." Annuii con la testa affondata tra i suoi capelli cercando di restare forte e non scoppiare a piangere. Fallii miseramente. Fiotti di lacrime inondarono il mio viso, intervallati da singhiozzi trattenuti.

"Mi manca quel bastardo." Le confessai tra i singhiozzi mentre mia sorella mi accarezzava dolcemente la schiena cercando di farmi calmare.

"Manca anche a me." Bisbigliò. Rimanemmo abbracciati per un po' finché non si staccò da me scompigliandomi i capelli. Mi passò la canna con un sorriso triste e gli occhi lucidi.

"Tutta la questione di Jake e Lou." Continuai ricominciando a fumare ciò che era rimasto e mi asciugai il viso con il bordo della maglietta. "Poi c'è una persona che non mi esce dalla testa, non chiedermi chi è, non posso dirtelo purtroppo."

"Ti prego dimmi solo che è uno sugar daddy prossimo alla tomba che adotterà tutti noi lasciandoci in eredità 5 ville in California." Disse ironica ma con un sottotono speranzoso. Risi di gusto e mi alzai.

"Sogna cara, sogna." Una volta in piedi mi stiracchiai lentamente, spalle, bacino, gambe, schiena. Lanciai il mozzicone ormai finito giù dal tetto e tornai dentro pronto ad affrontare la giornata.

Dopo essermi goduto un risveglio decisamente più tranquillo della notte precedente preparai la colazione e il pranzo per tutti. Apollo era di nuovo scomparso, fortunatamente, ci sarebbe stato un problema in meno a cui pensare. Nel momento in cui i miei fratelli si svegliarono in quella cucina non si capì più nulla. Vestiti sporchi che volavano in una gara di tiro a canestro nella cesta accanto la lavatrice, urla indistinte che a quanto pare si contendevano l'ultima t-shirt pulita, pianto di Cloe che non voleva andare a scuola, Kayla che aveva iniziato a rompermi il cazzo perché bla bla bla non posso farla sempre io la spesa bla bla bla.
Grazie amori miei, anche io vi voglio bene.

Il telefono vibrò nella mia tasca, l'avevo completamente ignorato tutta la mattinata. Lo afferrai prontamente, un messaggio di Lou apparve sullo schermo.

Buongiorno culetto d'oro, J. è da te?

No, non è rientrato?

Ma sei cretino?

Scus- ebbi giusto il tempo di digitare le prime quattro lettere della parola che il telefono vibrò tra le mie mani e la chiamata di Lou apparve sul mio schermo. Risposi.

"Ma buongiorno, stamattina più sveglio del solito eh, Willy?" La voce allegra di Lou mi fece sorridere.

"Lunga storia." Risposi sorridendo e ripensai alla mia domanda di prima davvero poco perspicace. "Allora che succede, Jake non è tornato a casa ieri?"

"No." Mi rispose incerta. "Abbiamo mangiato insieme, gli ho raccontato della situazione ma lui-" Fece una pausa. "Non lo so Will, è strano ultimamente, non lo capisco."

"Sta tranquilla Lou, vedrai che tornerà, era solo scosso dalla novità, è emotivo, lo conosci." La rassicurai. "È passato da me ieri sera." Confessai mentre con la mano libera impacchettavo e etichettavo i sacchetti del pranzo della mia famiglia. "Era evidentemente preso dalla situazione, agitato. Poi-" Mi bloccai ripensando alla reazione violenta del ragazzo nei miei confronti. "Non ero dell'umore giusto per consolarlo, lui se l'è presa con me, ma nulla di grave." Il silenzio dall'altro capo mi irrigidì. "Ma tranquilla Lou, lo chiamo io."

"Grazie tesoro. Fammi sapere." Prima che riuscissi salutarla staccò la telefonata, non avrei mai capito perchè alcune persone non salutavano prima di attaccare.

Procedetti a comporre il numero del diretto interessato. Il cellulare squillava già da un po', proprio mentre stavo per staccare sentii una voce dall'altro capo.

"Pronto." La voce assonnata di Jake mi riempì le orecchie.

"Ehi J., che fine hai fatto? Lou ti cercava, è in pensiero per te."

"Quello che faccio sempre quando sono incazzato." Fu interrotto da un paio di colpi di tosse, che almeno contribuirono a schiarirgli la voce. "Mi sbronzo e mi trovo qualcuno con cui scopare."

"Grande." Affermai con falso entusiasmo. "Però in tutta questa situazione la tua ragazza non c'entra, magari potresti provare a rispondere alle sue chiamate, non è con lei che sei incazzato." Rimase in silenzio, sperai vivamente che potesse riflettere sulle mie parole. "Ah, controlla l'orario, forse, ma dico, forse devi lavorare oggi."

"Merda, cazzo, ok Will, alla prossima, cia-" Non riuscì neanche a completare la parola che staccò la chiamata.
Grazie Will, si figuri Jake.

Avvisai con un messaggio la mia migliore amica del fatto che fosse vivo e stesse andando a lavoro e una volta accertatomi che tutti avessero cibo a sufficenza li congedai dolcemente.

[•••]

Uscito da scuola mi diressi verso casa a piedi passeggiando per il quartiere, ricordai che Jake lavorava ad un cantiere poco lontano da casa. Decisi di passare e scusarmi per come l'avessi trattato la sera prima. Fortunatamente avevo preparato una porzione in più di pranzo nel caso avessi avuto più fame del solito quindi avrei avuto anche la scusa giusta. Arrivai al cantiere passando poco prima fuori casa Di Angelo che aveva tutte le porte d'ingresso spalancate, quella famiglia faceva talmente paura da tenere lontano qualunque malintenzionato. Sicurezza in casa Di Angelo: se entri sei morto. Tra l'altro Nico oggi non si era fatto vedere a scuola, sperai andasse tutto bene nella sua vita. In lontananza vidi Jake intento a trasportare un pesante sacco di calce sulle spalle mentre gli altri operai erano impegnati a mescolare il tutto in quel gigantesco apparecchio rumoroso di cui non ricordavo mai il nome. Osservai i movimenti sicuri del mio amico, la sua pelle ambrata imperlata di sudore che si gonfiava dallo sforzo muscolare.
Che spettacolo.
Alzai una mano per farmi notare, seppure avessi urlato sarebbe stato impossibile sentirmi con tutto quel baccano causato dal cantiere.
Jake mi notò poco dopo, posò il sacco accanto ai suoi colleghi, li avvisò della pausa pranzo e mi raggiunse accennando un sorriso. Di colpo i rumori cessarono e gli uomini si dileguarono come ratti.

"Buon appetito." Gli allungai un sacchetto con il pranzo mentre sfoggiavo il mio sorriso migliore.

"Grazie." Rispose leggermente imbarazzato. "Anche per stamattina, se non fosse stato per te probabilmente mi avrebbero licenziato."

"Ringrazia Lou e la sua apprensione nei tuoi confronti, io sono stato solo un messaggero." Il mio amico annuì accennando un sorriso.

"Per il resto, come va?"

"Un po' meglio, sto processando." Si accese una sigaretta mettendosi il sacchetto del pranzo sotto il braccio. "Stanotte abbiamo subito un altro furto al cantiere." Cacciò il fumo con sguardo torvo. "Se trovo chi mi fotte l'attrezzatura ti giuro che lo sparo."

"Placati guerriero." Sorrisi dolcemente. "Siamo nel South Side non puoi aspettarti di ritrovare qualcosa se la lasci incustodita, lo sai meglio di me."

"Ma che incustodita, è stato un furto mirato, si sono spazzolati tutto, anche i fogli di giornale per non sporcare il pavimento mentre si passa l'intonaco." Afferrò il sacchetto del pranzo sbirciando dentro. Mi rispose gesticolando, come faceva sempre quando era nervoso.

"I bastardi devono rifarsi casa forse." Feci spallucce e sorrisi dando una pacca sulla spalla sudata del mio amico. "In ogni caso non pensarci, goditi il pranzo, il resto non è tua responsabilità." Lo incoraggiai. Jake finalmente mi regalò uno dei suoi fantastici sorrisi rilassati rendendomi davvero felice. Avevo bisogno del mio migliore amico e soprattutto avevo bisogno che mi perdonasse. Mi schiarii la voce. "Portarti il pranzo non è l'unico motivo per cui sono qui." Affermai timidamente. "Volevo chiederti scusa per ieri sera. Ero stanco e nervoso, mi dispiace per come siano andate le cose tra noi." Dissi tutto d'un fiato, sinceramente dispiaciuto. Mi sentivo come se mi fossi tolto dalle spalle cinque sacchi di calce. Jake mi sorrise quasi come se avesse dimenticato ogni cosa della sera prima, la sua violenza, l'aggressività, il suo sguardo crudele e giudicatore. Il suo sorriso tranquillo sembrava dirmi di non pensarci e lasciarci tutto alle spalle, cosa che abbe davvero effetto su di me. All'improvviso Jake iniziò a fissare un punto alle mie spalle provocandomi i brividi. Lasciò cadere il sacchetto che gli avevo portato e la sigaretta.

"EHI!" Urlò improvvisamente Jake spezzando l'idillio. Mi scansò tirando fuori dal pantalone una calibro 9. Ebbi giusto il tempo di voltarmi per vedere una figura scura incappucciata che svelta cercava di fuggire via con una pala in mano. Sentendo lo scricchiolio della pistola appena caricata da Jake il ladruncolo si immobilizzò.

"Girati stronzo! Girati!" La figura incappucciata si voltò lasciando cadere la pala. Ciò che vidi mi lasciò sbigottito. Nico di Angelo deglutì guardando la pistola. Guardai Jake, aveva uno sguardo folle. La mano gli tremava.

"Jake ma che cazzo-" Sbottai non notando esitazione da parte sua e senza pensarci due volte mi fiondai sul suo braccio teso che puntava dritto al torace mentre il mio migliore amico premette il grilletto. Partì un colpo.

"Merda. Stronzo. Aaaaa." Il ragazzo cadde a terra stringendosi la gamba e lanciando lontano la pala. "È una cazzo di pala porca puttana, bastardo, fanculo. Aaaaa." Le urla di dolore di Nico fecero affacciare mezzo quartiere. Jake si divincolò dalla mia presa e scappò via con la pistola stretta tra le mani. Osservai per qualche istante il mio amico fuggire prima di correre verso il ferito.

"Respira, calmo, respira." Arrivai fulmineo su di lui inginocchiandomi sul marciapiede. Procedetti ad ispezionare la ferita. La gamba sinistra era macchiata di sangue denso e scuro. Guardai rapidamente intorno ma non notai segni d'uscita del proiettile quindi molto probabilmente era rimasto incastrato. Merda. Era peggio di quanto immaginassi ma fortunatamente il colpo era stato esploso ad una distanza non troppo ravvicinata.
"Non muovere la gamba." Mi sfilai la maglietta. "Farà un po' male." Cominciai a premere deciso sulla ferita. Un urlo di dolore mi investì in pieno insieme ad un pugno ben assestato sulla schiena.

"Cazzo. Merda. Ti ammazzo figlio di puttana. Bastardo. Ah." Nico continuava a denti stretti prendendomi a pugni, probabilmente per esorcizzare il dolore.

"Zitto. Respira." Lo guardai serio negli occhi scuri quasi completamente chiusi dal dolore.

"Merda. Merda. Fanculo. Merda." Continuava a contorcersi e scuotere la testa mentre si guardava la ferita. "Per una cazzo di pala, cazzo. Frocio squilibrato di merda." Inveiva sempre più forte e rabbioso.

"Devo toglierti il proiettile dalla gamba. Forza, prova ad alzarti." Strinse i denti e si mise a sedere ringhiando dal dolore. "Tieni premuto questa." Accennai con lo sguardo alla mia maglietta ormai tinta di rosso. Lui riluttante seguì le mie indicazioni. Le nostre mani si intrecciarono e lo aiutai a mettere la sua mano nella giusta posizione con la giusta pressione. Lo guardai negli occhi per un istante, stava soffrendo moltissimo e la cosa mi spezzò il cuore.
Cosa cazzo ti è venuto in mente, Jake dannazione.
Mi spostai mettendomi in piedi, poi mi piegai verso di lui per sostenerlo e offrirmi come appoggio. Mi spinse via.

"Lasciami stare frocio, faccio da solo." Provò ad alzarsi ma l'unico risultato che ottene fu cadere di nuovo in preda al dolore. Con una manovra decisa e rapida avvolsi il mio braccio attorno alle sue spalle e portai il suo braccio libero sulle mie. Ci rimettemmo in piedi in uno scatto, la gamba ferita non toccava neanche terra data la differenza d'altezza tra di noi.

"Zitto e respira." Gli intimai stringendolo in modo da non permettergli di divincolarsi. Fortunatamente si arrese in fretta, la sua mano gelida strinse la mia spalla, che solo in quel momento ricordai essere nuda. Ci dirigemmo lentamente verso casa sua a pochi isolati dal cantiere. Gli sguardi degli altri abitanti del quartiere e degli operai si facevano pensanti, probabilmente avevano già chiamato la polizia. Il respiro di Nico diventava sempre più affannoso.

"CHE CAZZO AVETE DA GUARDARE, MERDE. FATEVI I CAZZI VOSTRI." Urlò, diretto agli operai che sentendo gli spari erano tornati sul postro a curiosare, consumando così le poche energie rimaste. Lo guardai male continuando a camminare.

"Datti una calmata, ok? Sono qui e voglio aiutarti. Devi solo fidarti di me." Bisbigliai nell'orecchio di Nico che rabbrividì lanciandomi uno sguardo furente, ma sorprendentemente non rispose. "Non credo tu abbia un'assicurazione sanitaria, quindi se ci tieni alla tua cazzo di gamba devi fidarti di me e fare come ti dico." Continuai a denti stretti. La sua carnagione, già pallida prima, stava assumendo un colorito cinereo. Arrivati sotto casa sua si staccò da me lasciandosi cadere sulle scale del portico antistante alla porta d'ingresso. Presi rapidamente il cellulare dalla tasca e composi il numero di mia sorella.

"Ehilà fratel-"

"Kay. Emergenza. Ti spiego dopo, corri a casa Di Angelo ORA. Ho bisogno di bende, punti e tutti l'attrezzatura medica che riesci a raccattare in casa nostra. Ah porta anche una maglietta per me."

"Ma, aspett-"

"KAYLA. ADESSO." Urlai prima di staccare in preda all'adrenalina. Rimisi il telefono al suo posto mi passai le mani sul volto, stropicciai con violenza gli occhi come per cancellare le immagini di ciò che avevo vissuto. In un gesto nervoso, contraendo spalle e schiena, mi passai le mani tra i capelli ricordando solo dopo del sangue non del tutto asciutto sulle mie mani.
"Cazzo!" Esclamai guardandomi le mani e semplicemente immaginando l'opera d'arte appena creata da me stesso su viso e capelli. Quando fantasticavo di essere ricoperto da liquidi corporei di Nico Di Angelo di certo il sangue non era mai la mia prima scelta.
Quasi come se mi avesse letto nel pensiero notai Nico fissarmi con un sorrisetto malizioso sulle labbra che gli cancellò per un attimo la smorfia di dolore. Il bastardo si stava godendo lo spettacolo. Il sole sulla pelle nuda del mio torace mi rilassò, feci un respiro profondo cercando di richiamare a me quel poco di sanità mentale rimasta. Nico recuperò una sigaretta dal pacchetto nella tasca ancora stravaccato sulle scale. Con fare annoiato, mi allungò il pacchetto aperto. Ne presi una e mi sedetti accanto a lui. Con la sigaretta già in bocca inarcò un sopracciglio facendomi cenno di accendergliela. Mi avvicinai verso di lui porgendogli la fiamma e Nico si sporse verso di me. Riuscii a sentire il suo odore, lo stesso che avevo avuto modo di sentire bene il giorno prima in un'occasione completamente diversa. Poi l'odore di sangue mi riportò alla realtà. Poggiai la sigaretta in bocca per ispezionare meglio la ferita. Afferrai il polso di Nico per sollevare la mia maglietta e notai con estrema sorpresa che il flusso del sangue sembrava essersi quasi fermato. Dopo un secondo di esitazione da parte del ferito riuscii a controllare il foro di proiettile. Aveva perso un bel po' di sangue, ma ora sembrava andare meglio. Era un'ottima notizia, niente di vitale era stato compromesso. Sorrisi molto più tranquillo, presi un tiro profondo di sigaretta, chiusi gli occhi, cacciai il fumo rilassando finalmente tutti i muscoli del mio corpo.

"Raccatta quanto più alcool puoi, ne avrai bisogno." Suggerii a Nico che intanto provava a strisciare dentro. Ora mi restava solo di rimuovere il proiettile dalla sua gamba. Nulla di impossibile o che non avessi già fatto. Sì, perché se non si fosse capito, il South Side non era un quartiere tranquillo.

"Bianca dov'è?" Chiesi improvvisamente.

"E io che cazzo ne so." Mi rispose infastidito. Le scrissi un messaggio per avvertirla della situazione.

Ciao, tuo fratello è stato sparato, ci vediamo da te.

Romantico, pensai. Rilessi un attimo il messaggio prima di inviarlo. Sparato. Cazzo. Il sogno di quella notte riapparve nella mia mente. Michael, ovvero Nico crivellato dai proiettili che mi chiedeva aiuto. La mia mano iniziò a tremare. Fumai nervosamente. Avevo sempre avuto sogni molto lucidi, fin da piccolo, soprattutto quelli più strani e drammatici purtroppo avevano spesso risvolti un tantino profetici. Avrei dovuto saperlo.
Osservai per un attimo il corpo ferito di Nico, che intanto si godeva la sigaretta. Il fatto che riuscisse a causarmi reazioni poco caste anche in quella situazione mi metteva i brividi.

"Che cazzo guardi?" Sbottò infastidito.
Sempre il tuo, pensai. Quando mi rispondeva così poi, gli sarei saltato addosso. Dovevo calmarmi.

"Nulla." Risposi scuotendo la testa e concentrandomi a fissare la strada mentre finivo la sigaretta e facevo mente locale degli attrezzi di cui avevo bisogno per l'operazione. "Che te ne fai di una pala? Chi devi seppellire?"

"Seppellirò quel frocio del tuo amico che mi ha sparato e anche te se non la smetti di fare domande." Mi rispose sprezzante senza staccarmi, neanche per un secondo, gli occhi di dosso. La tensione sessuale tra di noi non accennava a diminuire.

"No sul serio perché hai rubato quella roba?" Chiesi nuovamente con insistenza ma Nico non rispose, in lontananza però una figura si avvicinava a noi correndo. Kayla, con uno zaino pesante sulle spalle e altra roba in mano, arrivò senza fiato nel cortile dei Di Angelo.

"Wow." Esclamò sorpresa. "Ecco la tua roba fratello, ah belle pitture di guerra." Mi scherní, riferendosi ovviamente al sangue che mi ero spalmato in faccia, mi lanciò lo zaino e si avvicinò al ferito. "Ah ho trovato questo." Allungò un braccio verso di me porgendomi il sacchetto del pranzo che avevo dato poco prima a Jake. Tutti i muscoli del mio corpo si irrigidirono. Se non fosse stato per quel sacchetto probabilmente non mi sarei mai trovato lì nel momento dello sparo e Jake avrebbe potuto ucciderlo. Contrassi i denti e fumai l'ultimo tiro di sigaretta prima di lanciarla nervoso in strada. Quel pensiero mi sconvolse e mi provocò una rabbia che difficilmente mi era capitato di provare in passato. Jake avrebbe fatto i conti con me non appena lo avessi trovato. "Che cazzo è successo?" Lo sguardo di mia sorella si spostava frenetico su me e Nico, era parecchio confusa, io scossi il capo facendole segno che non era il momento.

"Portiamolo dentro." Indicai Nico mentre mia sorella si accovacciava accanto alla gamba ferita. "Chiama anche la tipa dell'ospedale, quella che si scopa Apollo, probabilmente avrà bisogno di una trasfusione." Portai lo zaino dentro e sgomberai il tavolo della cucina disinfettandolo superficialmente.

Intanto Kayla e Nico entrarono barcollando. Tamburellai sul tavolo libero. "Accomodati qui." Indicai il piano appena pulito mentre i due mi raggiunsero lentamente.
L'operazione stava andando davvero bene. In mancanza di antidolorifici io e Kayla facemmo sbronzare Nico, cosa non facile, ci assicurammo che non si spezzasse i denti dal dolore facendogli mordere una cintura di cuoio arrotolata. Urla, bestemmie, insulti e imprecazioni indistinte riempivano la stanza. Cercai di essere più delicato possibile, ad ogni spasmo di dolore di Nico sentivo una pugnalata al petto, smisi di respirare finchè non estrassi finalmente la pallottola dalla sua gamba. Quando la mostrai soddisfatto a Nico quasi svenne, esausto. "Ehi!" Gridai passando la pinza a mia sorella. "Ehi resta con me cazzo, sei stato bravissimo." Presi la sua testa tra le mani insanguinate e cominciai a scuoterlo. "Nico, cazzo resta sveglio, ce l'abbiamo fatta." È probabile che le mie parole suonarono un tantino disperate, avevo i nervi a pezzi. Nico aprì gli occhi e non so con quale forza riuscì a spingermi via anche in quella situazione. Era un uomo impossibile. Ma forse fu meglio così perché ci mancava davvero poco che lo baciassi e di certo non gli avrebbe fatto piacere. Sentii dei passi alle mie spalle e mi voltai, vidi entrare Bianca con un'espressione scura in volto. Non ebbi il tempo di salutarla che un'altra sagoma oscurò la porta.

"E tu chi cazzo sei?" Sbottò l'uomo rivolgendosi a me e guardò Bianca. "L'allegro chirurgo qui chi cazzo è?" Chiese sprezzante. Appena riuscii a mettere a fuoco la figura capii, era Ade, era tornato. Bianca mi guardò disperata poi passò lo sguardo su suo fratello e strabuzzò gli occhi.

"Sta calmo, ci penso io qui. Vattene a fanculo nel tuo laboratorio del cazzo, chiamati una puttana, non so, basta che non rompi il cazzo." Bianca ammonì suo padre, uno degli uomini più pericolosi della città, con un coraggio davvero stimabile. Ade ringhiò avvicinandosi minaccioso a lei. D'istinto mi venne da avvicinarmi ma Kayla mi afferrò per un polso. "Sei libero ora." Sbotto Bianca, con tono disgustato, tenendo testa a suo padre.

"Ti perdono solo per questo, è il mio primo giorno fuori da quella topaia, non ho voglia di perdere tempo con voi." Sottolineò quell'ultima parola rivolta ai suoi figli con tono spregevole. "Papino è tornato." Quella persona mi faceva rabbrividire. Così com'era arrivato scomparve lasciandoci soli ma invandendo la stanza di un'aura pesante di negatività. Bianca corse verso il fratello ancora steso sul tavolo.

"Cosa cazzo è successo? Nessuno mi ha detto niente." Si rivolse a me un tantino infuriata.

"Ti ho mandato un messaggio." Affermai sicuro. Presi il cellulare, schifosamente sporco di sangue, e... Cazzo. No, non l'avevo fatto. Mi ero distratto e alla fine non avevo premuto invio. "Sono un coglione, scusami." Sussurrai dispiaciuto.

"Dovresti ringraziarlo, gli ha salvato la vita." Kayla con fare di sfida fronteggiò Bianca che continuava a fissarmi ancora più confusa.

"Lei è Kayla, mia sorella. Kay lei è Bianca, fate amicizia su." Le incoraggiai. Nico ruttò richiamando l'attenzione. Era completamente sbronzo.

"State zitti stronzi mi esplode la testa." Sbraitò Nico con voce distorta dall'alcool.

"Cazzo la trasfusione." Esclamò Kayla. "Nico qual è il tuo gruppo sanguigno?"

"Il mio che?" Chiese ridendo, era bellissimo in quello stato, avrei voluto abbracciarlo e riempirlo d'amore. Sperai che dal mio sguardo non trasparisse nulla di ciò che stavo pensando.

"0 negativo, come nostra madre." Come me, pensai. Rispose Bianca seria girando attorno al tavolo operatorio di fortuna.

"Merda non ci daranno mai del sangue 0 negativo." Kayla diede un pugno sul tavolo, anche lei era distrutta, non le piaceva aiutarmi in ambito medico anche se ne era molto capace, si faceva prendere troppo, come me d'altronde, ma a lei non stava bene.

"Ciò significa che dovrà stare molto a riposo." Continuai io per tranquillizzare Bianca che mi fissava con sguardo preoccupato. "Valuteremo dopo se gli serve o no questa trasfusione, in tutto questo se non vi dispiace starei operando." Richiamai a me mia sorella. "Kay procediamo con i punti. Manca poco, è quasi fatta." La incoraggiai con un sorriso quanto più sereno possibile. Ebbi giusto il tempo di finire di ricucire la gamba, disinfettarla accuratamente e fasciarla meglio che potevo che due volanti della polizia arrivarono fuori casa Di Angelo a sirene spianate. Merda. Pensai.
I poliziotti corsero dentro sorpresi di trovare la porta già aperta.

"Will, Kay, che sorpresa vedervi." Malcolm, uno dei più grandi amici di mio fratello defunto Michael, esclamò gioioso togliendosi il cappello da poliziotto. L'ennesimo ottovolante di emozioni mi scombussolò. Sapevo che Malcolm fosse diventato poliziotto, ma vederlo con i miei occhi faceva un certo effetto. Ogni volta che guardavo quell'uomo mi tornava in mente mio fratello e non riuscivo ad evitare di pensare che Malcolm stesse vivendo la vita che avrebbe vissuto anche Michael se avesse rigato dritto.

"Malcolm! Da quanto tempo." Kayla corse ad abbracciarlo. Nonostante tutto avevamo un ottimo ricordo di lui. Dopo aver salutato mia sorella mi rivolse un occhiata confusa.

"Allora Willy, che succede? Ci hanno chiamato per una sparatoria, ci hanno detto di un ferito." Fissò Nico con un espressione stupefatta. Intanto gli altri due poliziotti gironzolavano distratti per la cucina e il salotto di casa Di Angelo. Era ora di pranzo, nessuno avrebbe voluto essere lì in quel momento.

"Sì, del ferito ce ne siamo occupati noi." Sorrisi a Kayla alzando una mano come per battere il cinque a distanza. "E non è stata una sparatoria, era una pallottola vagante." Inventai lì su due piedi con un sorriso falso cercando di risultare il più sicuro e convincente possibile. Per quanto odiassi Jake in quel momento non avrei mai avuto il coraggio di farlo sbattere in galera, non con Lou in quelle condizioni.

"Non parlo con gli sbirri. Neanche da sbronzo." Con voce biascicante Nico cercò di rialzarsi a sedere barcollando.

"Pensaci bene. Se qualcuno ti ha sparato e lo denunci lo sbatteremo in galera, non ne saresti contento?" Insistette il poliziotto cercando di estrapolare qualcosa, ma Nico era irremovibile.

"Non parlo. La lingua. Dei porci." Scandì lentamente ogni parola fissando con sguardo folle di sfida l'interlocutore. Anche mezzo morto faceva davvero paura. Malcolm inarcò un sopracciglio e con un sospiro spazientito si rivolse a me.

"Bel caratterino." Mi guardò accennando una smorfia divertita e poi poggiò una mano sulla spalla di mia sorella con fare paterno. "Siete dei bravi ragazzi, non dovreste invischiarvi con questa gentaglia."

"Ok ora hai rotto il cazzo, nessuno ha niente da denunciare, se non serve altro togliete il disturbo mio fratello ha bisogno di riposare." Bianca, che intanto aveva completamente esaurito la pazienza, si staccò da Nico per affrontare faccia a faccia i poliziotti.

"Ho capito." Malcolm sospirò arreso. "Agenti, è ora di pranzo forza. Togliamo il disturbo." Sottolineò quell'ultima frase fissando Bianca con uno sguardo di disprezzo misto a risentimento. "Will, mi raccomando, se scopri qualcosa fammi uno squillo."

"Sarà fatto capitano." Con fare teatrale imitai il saluto militare con uno dei sorrisi più finti che avessi mai fatto nella mia vita. Ero davvero un ottimo attore.

"Non sono capitano." Mi corresse Malcolm uscendo dalla porta seguito dai suoi colleghi. Non appena sentii le porte delle auto della polizia chiudersi mi lasciai cadere sul divano sfinito coprendomi il viso con le mani. Kayla mi lanciò la maglietta che le avevo chiesto di portare.

"Vestiti e andiamo via, ho lasciato i bambini da soli per troppo tempo, il nostro lavoro qui è finito." Sospirai, stavo per scoppiare a piangere dall'esasperazione. Avevo bisogno solo di un po' di tempo per rilassarmi e processare il casino successo in quell'ultima ora, magari restare altro tempo con Nico per tenere la situazione sotto controllo, ma mia sorella aveva ragione. Mi rialzai, muto, andai a pulirmi dal sangue nel lavandino della cucina e mi infilai la maglietta stizzato. Diedi un'ultima occhiata a Nico che intanto si era messo a sedere sul tavolo e cercava di tornare in piedi anche se Bianca provava ad impedirglielo.

"Fagli mangiare più cibo che puoi, dagli bevande energetiche e cerca di tenerlo sveglio per sicurezza. Qualsiasi problema chiamami, ok?" Le ordinai prendendola per una spalla per fa si che mi guardasse e mi ascoltasse. Lei annuì cupa. Aveva un'espressione sconvolta e distrutta quasi quanto la mia, ma qualcosa mi diceva che la situazione con Nico aveva ben poco a che fare con il suo umore nero. Le diedi un bacio tra i capelli neri come incoraggiamento a tenere duro, qualsiasi cosa stesse vivendo. Raccattai le mie cose riponendole accuratamente nello zaino. Nico intanto mi fissava con un espressione stralunata. Farlo sbronzare, pensai, con vodka. Ottima tecnica per renderlo docile, almeno in parte. Il suo sguardo perso e sconvolto riusciva a trasmettermi tenerezza e vulnerabilità, cosa che non mi sarei mai aspettato di vedere. Mi scappò un sorriso da ebete. "Fate i bravi." Li incoraggiai prima di uscire da casa loro con mia sorella al seguito.

"Grazie Kay." Guardai mia sorella, era esausta quanto me, mi sentivo davvero in colpa per averla coinvolta pur sapendo quanto odiasse aiutarmi in queste cose. "Davvero, non so come avrei fatto senza di te."

"Ce l'avresti fatta benissimo anche senza di me, sei nato per questo Will. Ma dovresti smetterla di farlo gratis e metterti in questi casini. Potevi essere coinvolto, potevi beccartela tu la pallottola. " Dubito, pensai riguardo quest'ultimo punto, ma quel piccolo genio di mia sorella aveva per l'ennesima volta ragione. Annuii. La strada era sgombra e silenziosa come ogni volta dopo il passaggio di poliziotti. Improvvisamente un rumore sordo di qualcosa di pesante che cadeva ruppe il silenzio. Veniva dalle nostre spalle, da casa Di Angelo.

"PICCOLI STRONZI, IL PROSSIMO CHE MI PORTA GLI SBIRRI IN CASA SI BECCA UNA PALLOTTOLA. IN FRONTE STA VOLTA." La voce infuriata di Ade riecheggiò per le strade seguito da un rumore agghiacciante, quella di una frusta che schioccava. Mi bloccai, istintivamente stavo per girare i tacchi e correre a difendere i miei amici, spaccare la faccia a quello stronzo, nonostante mi facesse paura. Mia sorella prontamente mi afferrò per un braccio guardandomi torva.

"Cosa ti ho appena detto?" Dilatò le narici e contrasse i denti guardandomi con gli stessi occhi severi di mia madre. "Se la caveranno, è loro padre, sono sopravvissuti fin ora. Se la caveranno, Will." Kayla era tesa e mi stringeva il braccio fino a farmi male. Feci un respiro profondo cercando di calmarmi e ascoltai le parole di mia sorella. Mi arresi, un po' per stanchezza, un po' per non deluderla. Quella situazione mi stava distruggendo dentro.

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