5. Shameless.
Disclaimer: Probabilmente tutto quello che sto per dirvi non vi interesserà e giustamente dopo sei anni saltatevi questa inutile manfrina e correrete a leggere il continuo. L'ultima modifica a questo capitolo è datata agosto 2015. Avevo 17 anni, ora ne ho 23.
In sei anni ne sono cambiate di cose, io sono cambiata, i lettori sono cambiati, capisco tutti coloro che hanno abbandonato questo sito perdendosi l'ipotetico seguito delle mie storie mai completate, chi ci ha perso le speranze, chi mi ha odiata o maledetta, chi ha cercato di contattarmi tramite mail (eh sì, proprio tu, ci sei riuscit* a farmi venire lo scrupolo di riaprire wattpad).
Riaprendo il mio profilo ho provato una sensazione di stupore mista ad orrore. Orrore e cringe nel rileggere tutti gli errori ORRIPILANTI che facevo al tempo, congiuntivi sbagliati, tempi verbali messi completamente a caso, errori nel ritmo, buchi di trama, fin troppo erotismo per cortesia cara datti una calmata, ma davvero, come diavolo facevate a leggere sta merda e non denunciarmi per stupro della lingua italiana? Come diavolo facevo a scrivere sta merda e ritenermi anche un minimo soddisfatta? Lo stupore più grande, però, è arrivato guardando i numeri, completamente inaspettati, di letture e commenti. Tutto è andato bene oltre le mie aspirazioni, che all'epoca puntavano ad un "spero di riuscire a far sorridere qualche decina di fangirl perverse come me", al mio ritorno quel "qualche decina" si è trasformata in 4k.
E nulla, vi giuro non so perché ho scritto tutto questo, perché vi ho raccontato queste info inutili, probabilmente volevo solo ringraziarvi immensamente e chiedervi un enorme scusa, la DUNKELHEIT del passato era un'inconcludente procastinatrice, quella del presente forse può cercare di rimediare, per quanto possibile.
Per chi ci ha creduto davvero, buona pappa, per i nuovi, ciao, anni fa ho scritto male questa storia, farò il possibile per aggiustare il tiro e consegnarvi tanta buona pappa.
°•°•°•°•°
"Tre bare Will. E' questo il motivo per cui sono venuta, è questa la cosa che dovevo dirti con urgenza. Volevo che tu fossi il primo a saperlo." La sua voce si ruppe, prese un profondo respiro e dopo una pausa decisamente drammatica continuò. "Sono incinta, Will. Aspetto un bambino."
La sua espressione raggiunse un livello di serietà inconcepibile per una come Lou, mi fece seriamente spaventare.
Il tempo sembrava congelato, fermo in quell'istante così carico di tensione e preoccupazione. La prima azione che riuscii a compiere lucidamente fu abbracciarla, la strinsi forte a me cercando di trasmetterle tutto l'affetto ed il supporto possibile. Sapevo che le parole erano solo intruse in quella situazione, ma la curiosità scalpitava nel mio petto. Una cosa era certa, sarei stato dalla sua parte, sempre, qualsiasi decisione o progetto ci fosse nella sua mente magica io le sarei stato accanto, anche se nessun altro fosse stato dalla sua parte. Io c'ero e volevo dimostrarlo.
"Ora ti siedi, ti rilassi e ti organizzi mentalmente mentre io vado a fare una tisana per entrambi poi mi racconti tutto, ok?" Mugugnai con la faccia immersa nei suoi capelli blu e la sentii annuire mentre prendeva un respiro profondo, ci mancava davvero poco prima che scoppiasse a piangere, la conoscevo bene, sempre fottutamente sensibile ed emotiva.
Mi staccai lentamente e le alzai il mento con un dito per stabilire un contatto visivo.
"Lou, io sarò sempre dalla tua parte ed anche Jake, posso metterci la mano sul fuoco. Non hai nulla di cui preoccuparti, non sei sola. Non piangere." La rassicurai massaggiandole le spalle per farla rilassare. Lei mi sorrise e io mi avviai verso la porta. "Torno subito. Pensa a come spiegarmi tutto, voglio sapere ogni cosa." Le feci l'occhiolino.
"Devo spiegarti come nascondo i bambini Solace!?" Mi sgridò divertita, nonostante la voce tremante, mentre ormai avevo già lasciato la stanza, scesi in cucina a passo svelto. Trovai un biglietto sul tavolo scritto velocemente con la calligrafia di Kayla.
Ci sono i saldi all'outlet, Frank e Hazel ci accompagnano a fare shopping, ho preso un po' di soldi dalla cassa per i ragazzi, cerco di tornare col resto.
Ps: Attento ad Apollo, ci gironzola attorno da stamattina.
P.p.s.: Ho nascosto il formaggio spray, è inutile che cerchi di fregarmi.
Riempii il bollitore, accesi il tutto e sistemai un paio di tazze sull'unico ripiano sgombro di stoviglie lerce.
Sentii il rumore di un accendino provenire dalla mia destra, mi affacciai in salotto e notai una figura stesa disordinatamente sul divano.
"E tu cosa ci fai qua?" Tuonai infastidito, incrociando le braccia al petto con sguardo truce.
"È casa mia." Borbottò Apollo sbuffando il fumo della sigaretta.
"Ohh, giusto." Sbuffai ironico. "Non mi sembra però che di recente tu abbia almeno provato a pagare l'affitto o contribuire in qualche modo alle bollette. Tuo figlio di 7 anni, Josh, per la cronaca, non so se ricordi il suo nome, ha contribuito più di te." Non gli tolsi lo sguardo di dosso vomitando quello che pensavo con cattiveria. Volevo che si sentisse in colpa, volevo fargli notare che merda di padre è ed è stato. Solitamente riuscivo in qualche modo a mantenere la calma, certo gli insulti per mio padre non dovevano mai mancare, ma difficilmente gli dicevo davvero ciò che pensavo. "Sputa il rospo, cosa ti serve?" Una smorfia di disgusto prese il controllo del mio viso senza che potessi controllarlo.
"Volevo passare un po' di tempo con la mia famiglia, è vietato?" Rispose allegro come se tutto ciò che gli avessi appena detto fosse riferito a qualcun altro e lui fosse semplicemente stravaccato sul divano a godersi la spettacolare battaglia verbale tra me e il muro.
"Mhh, capisco. E dov'eri quando Josh ha avuto una reazione allergica al muschio e siamo dovuti correre in ospedale con la bicicletta? O quando non avevamo neanche i soldi per fare la spesa e ho dovuto intrufolarmi al supermercato con i fratelli Stoll per rubare qualcosa da mangiare? O quando Cloe è stata eletta capoclasse? O quando Kayla ha vinto la medaglia d'oro nei campionati scolastici di atletica? O quando Michael è morto? Dove cazzo sei stato durante tutta la mia fottutissima vita? Da dove lo prendi il coraggio di presentarti qui dopo essere stato assente per tutto questo tempo." Ormai ero partito, un treno in corsa privo del dispositivo di freno, un calore strano montò nel mio petto rendendo la mia voce molto più sicura e assertiva di quanto sia mai stata. Le mani mi tremavano ma fortunatamente erano nascoste dietro le mie braccia conserte, le ginocchia iniziarono a vacillare dall'emozione e dalla rabbia che provavo in quel momento, tutte quelle emozioni in così poco tempo, rischiavo di perdere definitivamente il controllo e pestare una volta e per tutte quell'insulso essere che la società voleva io chiamassi padre.
Apollo saltò in piedi sul divano con le scarpe logore che insozzavano la tappezzeria, già in condizioni pessime ad essere onesti. Poi con fare tronfio si portò una mano al petto mentre l'altra gesticolava davanti a sè in una sorta di teatrino grottesco.
"Will, so' tuo padre,
Con rispetto, su.
Mi sei mancato."
Recitò questo haiku come se fosse il più grande capolavoro mai creato e poi mi fece un inchino rischiando di perdere l'equilibrio e magari rompersi l'osso del collo cadendo dal divano, sperai. Mi lasciò completamente senza parole, solo tanto, tantissimo disprezzo. Alzai un dito medio guardandolo veramente male. Quell'uomo era impossibile, un sociopatico privo di una qualunque consapevolezza del mondo che lo circondava e delle sue azioni. Insultarlo, cacciarlo di casa, pestarlo, abbandonarlo come lui aveva fatto con noi non era mai servito a nulla, quella feccia immortale trovava sempre il modo di intrufolarsi nelle nostre vite e parassitare sulle nostre spalle.
Sentii l'acqua bollire rumorosamente e mi ricordai del motivo per cui ero sceso. "Ritieniti fortunato che sopra c'è qualcuno che ha davvero bisogno di me in questo momento, altrimenti ti avrei già buttato fuori a calci in culo." Urlai tornando in cucina, avevo bisogno di allontanarmi da quell'entità tossica prima di scoppiare. Preparai due tazze con una tisana rilassante per entrambi, abbondai con il miele per me e due cucchiaini di zucchero di canna per Lou e salii sopra cercando di non rovesciarmelo addosso.
Gradino dopo gradino sentivo sempre più il peso della colpa salire fino a sentire il battito del cuore martellarmi nelle orecchie. In un paio di giorni la mia vita, che già prima era incasinata a livelli da ricovero in manicomio, era diventata un vero macello. Le cose continuavano a succedere una dopo l'altra senza che io potessi farci nulla. Pian piano avrei dovuto fare i conti con le mie azioni e con quelle degli altri, tutti i nodi sarebbero venuti al pettine. Il mio migliore amico aveva tradito la sua ragazza, ovvero la mia migliore amica, per di più incinta, con me ed io ero rimasto a godermi lo spettacolo (e non solo, eheh). La vita mi travolgeva sbalzandomi a destra e manca, mentre io, passivo, in balia delle correnti, subivo il tutto. Le mani mi tremarono pensando a come avrebbe potuto reagire Lou se avesse scoperto la verità e rischiai per un pelo una fantastica ustione rovesciando un po' di tisana bollente sulle scale proprio accanto al mio piede nudo.
Feci un respiro profondo arrivato al piano di sopra fissai per un attimo la porta socchiusa e raccolsi tutto il coraggio e il senso di colpa, deciso ad affrontare il mio destino.
"Con permesso, madame." Entrai con fare giullaresco porgendogli la tazza fumante. "Doc. Solace per servirla, mi dica tutto." Feci finta di sistemare il colletto della camicia immaginaria con fare professionale, cercavo in tutti modi di rendere la situazione meno drammatica possibile e magari strapparle un sorriso. Ci riuscii in parte ottenendo uno sguardo intenerito e una smorfia divertita.
"Prima che tu mi chieda qualunque cosa voglio dirti che ho intenzione di tenerlo. Considerando l'infertilità della mia famiglia probabilmente questo è e sarà la mia unica opportunità." Lou evitava il mio sguardo ma la sua voce era decisa e sicura, conoscevo la mia migliore amica, non era la tipa da decisioni affrettate. Mi misi a sedere sul mio letto accanto a lei, ascoltai le sue parole prendendo un sorso di tisana e attesi che finisse di parlare.
"Te l'ho già detto, io sono qui per supportarti, non c'è bisogno di giustificarti, né con me né con nessuno, qualunque sia la tua decisione. Mi fido di te e delle tue scelte. Ti voglio bene Lou." La guardai dolcemente e le strinsi la mano libera. Volevo infondere in lei tutto il coraggio che possedevo. "Nessuno ha il diritto di decidere per te, non permettere a nessuno di fiatare Lou, solo tu hai il potere di scegliere per te stessa. È il tuo corpo, è la tua vita, chiunque voglia dirti cosa fare mandalo da me, ci penserò io." Lou con le lacrime agli occhi posò la tazza sul comodino e mi si lanciò al collo, con un abbraccio soffocante che sembrava gridare grazie. Si staccò dopo alcuni lunghi secondi e mi guardò dolcemente con occhi lucidi dalle lacrime che cercava di trattenere.
"Guardati cazzo. Sei bellissimo, sei la persona più gentile, buona, generosa, corretta, altruista e dolce che abbia mai conosciuto. Non troverei un difetto in te neanche analizzandoti al microscopio." Sferzava una frase dopo l'altra come una frusta sul mio già scosso cuoricino, se solo avesse saputo non avrebbe pensato questo di me, se solo mi avesse visto davvero per l'inetto, stupido, illuso, passivo alla vita che ero in realtà. "Non meriti quel bastardo teppista e neanche quel rastaman del mio ragazzo. Meriti qualcuno che ti apprezzi, qualcuno alla tua altezza, Cristo Will quando capirai che sei molto più di quello che vogliono farti credere?" Come se mi avesse letto nel pensiero Lou, con voce dolce e comprensiva, posò una mano sulla mia spalla sfoggiandomi un tenero sorriso privo di qualsiasi emozione negativa o rancore. Quelle parole mi travolsero aumentando il turbinio di pensieri ed emozioni nella mia testa. Non sapevo come reagire a quella situazione surreale. Ero io il cattivo qui, lei era la vittima, perchè cercava di consolarmi? Come poteva essere al corrente di tutto lo schifo che stavo facendo e incoraggiarmi in quel modo?
"S-sai di me e Jake?" Chiesi timidamente, tremante e confuso, non riuscendo a staccare lo sguardo dal suo sorriso dolce.
"L'ho sempre saputo, anche da prima che ci mettessimo insieme io e Jake. Ma non è un problema per me, conosco te e conosco J., so che ogni tanto avete biasgno uno dell'altro e vi capisco." Continuò, era calma, serena, stranamente statica e rilassata.
"E non sei arrabbiata?" Avrei voluto farle milioni di domande, ma questa era senza dubbio quella che più mi assillava.
"Qualche volta sono stata un po' incazzata con Jake quando mi trascurava per correre da te e quindi mi vendicavo facendomi sua sorella, Nyssa. In realtà non mi ha mai dato veramente fastidio, il nostro legame è più importante di un servizietto di tanto in tanto, amo Jake e non mi importa se ha bisogno della compagnia del suo migliore amico, in qualunque modo vogliamo intendere il termine." Le sue parole iniziavano man mano a creare maggiore chiarezza nella mia testa, potevo comprendere ciò che mi stava dicendo, probabilmente non sarei stato capace di vivere una situazione del genere come stava facendo lei, il poliamore non è per tutti. Fece una breve pausa, quasi come se mi stesse lasciando il tempo necessario per metabolizzare la cosa, amavo quella donna mi conosceva così a fondo. "Ma ora non possiamo più fare questi giochetti da ragazzini, sono incinta cazzo, ho suo figlio, nostro figlio, che mi prosciuga la vita nella pancia, ora la nostra priorità dev'essere lui, se sceglierà di restare al mio fianco." Concluse, perdendo lentamente il sorriso rilassato di poco prima.
"Scusami Lou, sono stato così egoista." Mi rivolsi a lei sinceramente dispiaciuto, mentre frenavo l'istinto completamente randomico di strapparmi i capelli di testa. "Ti prometto che parlerò con Jake il prima possibile, se proverà a fare lo stronzo, cosa di cui dubito fortemente, se la vedrà con me." Continuai deciso, cercando di riacquistare un po' di fermezza, qualità molto rare in me nell'ultimo periodo.
"Tranquillo raggio di sole, rilassati! Parlerò con Jake tra poco, voglio fargli una sorpresa." Mi scosse con entusiasmo. "E mi raccomando, non perdere tempo con questi due coglioni che riescono soltanto a farti soffrire e incasinarti la vita. Pensa a te stesso e non essere masochista almeno una volta. Fallo per me, ok?" Mi chiese dolcemente scostandomi i capelli dal volto ed io annuii rincuorato. "Ti voglio bene, sei il mio fottuto fratellone e non voglio perdere anche te."
"Ci proverò." Affermai, impercettibilmente titubante.
[•••]
Dopo che Lou andò via da casa mia mi rimase circa un'ora per raccattare i miei fratelli e preparare qualcosa in tempo per la cena, quando arrivò il turno di lavare i piatti tutti sgattaiolarono via, tutti tranne Kayla, fatto che mi sorprese non poco.
"Si può sapere cos'hai?" Mia sorella si accostò a me sussurrando per non destare sospetto. "La tua faccia è un teatro di guerra." Incalzò.
"Smetti di fumare ti prego, hai 16 anni, non puoi avere già cali di memoria di questa portata." Sbuffai spintonandola e cercando di evitare l'argomento con tutte le mie forze.
"Idiota non mi riferivo alle ferite, o almeno, non solo a quelle." Mi piantò uno dei suoi sguardi seri ed indagatori che mi ricordavano in modo impressionante quelli di nostra madre. Intanto provavo a riempire il lavello d'acqua calda per lavare le stoviglie, ma l'acqua calda sembrava essere un privilegio troppo grande quella sera.
"La caldaia si è bloccata di nuovo, dannazione." Sbottai ignorando completamente qualunque cosa mia sorella stesse dicendo. Fuggii via, non ero dell'umore giusto per spiegare cosa mi stesse succedendo, avevo ancora molto da metabolizzare. Arrivato nel cortile sul retro iniziai ad armeggiare con i bottoni rossi e verdi della caldaia, non avevo idea di cosa stessi facendo.
"Sei bellissimo anche tumefatto raggio di sole." Una voce cupa alle mie spalle mi causò un accenno d'infarto. Quello che in teoria doveva essere un complimento in realtà mi fece trasalire.
"Taci coglione!" Urlai. "Santi numi Jake, volevi uccidermi?" Chiesi palesemente infastidito, ma il sorrisetto che apparve sul suo viso in penombra mi fece ridacchiare di riflesso. Era strano, sembrava avesse pianto, la voce seria, nonostante il solito sarcasmo, non sembrava il solito Jake sbruffone. In men che non si dica riavviò la caldaia risolvendo il problema.
"Ehi, stai calmo, è così che si accoglie il tuo migliore amico?" Chiese retoricamente. Feci un respiro profondo per calmare i battiti mentre lo osservavo tirar fuori una canna dal taschino della sua camicia a quadri.
"Scusami, è stata una giornata stressante, Apollo è tornato a rompere il cazzo." Feci una pausa scacciando il pensiero di mio padre che divorava la nostra dispensa e sorrisi amaramente. "Hai parlato con Lou?" Chiesi, avevo bisogno di togliermi questo cerotto al più presto.
"Ehm..." Temporeggiò cercando l'accendino che gli porsi prontamente cacciandolo dalla tasca dei pantaloncini. "Sì." Accese la canna e fece un grosso tiro socchiudendo gli occhi. "Ha deciso di tenerlo." Espirò il fumo pronunciando la frase, quasi come se volesse scacciare ciò che aveva detto il più lontano possibile da sè.
"Ha deciso?" Sottolineai l'espressione dubbioso.
"Sì, insomma, per la storia della sua famiglia e tutto il resto. Chissà come una famiglia del South Side come la sua, come le nostre, non sforna continuamente pargoli, invece di ritenersi fortunata..." Lasciò cadere la frase tamburellando le dita sulla caldaia ancora aperta davanti a me. "Sai capisco le sue ragioni, ma ehi, ho vent'anni cazzo, è tutto un casino." Gesticolava e muoveva le braccia nervoso, palesemente agitato.
"Quindi vuoi dirmi che infondo non sei d'accordo?" Incalzai. Vedere il mio migliore amico, quello sempre sorridente e scherzoso, così abbattuto e confuso mi metteva una certa pena. Ma quel giorno andava così, volevo risposte.
"No, cioè, sì, sono d'accordo, ma ho bisogno di un attimo di respiro cazzo." Fumava nervoso, quando si rese conto che non me l'aveva ancora passata mi guardò e me la porse. "Mi ha fatto anche il discorsetto." Sbottò guadando prima sè stesso e poi me. Esitò. "...noi due..." gesticolò con le mani in modo da sott'intendere che fosse finita.
"Lo so." Risposi, non riuscii a guardarlo, mi impegnai a fumare e richiudere lo sportello arruginito della caldaia. Cosa mi prendeva? Che fine aveva fatto la mia empatia e la mia apprensione? Questa risposta così fredda non piacque a Jake che grugnì e mi spinse contro la porticina appena chiusa, che cigolò in modo poco incoraggiante, costringendomi a guardarlo.
"Scopa talmente bene che ti ha fatto stancare di me? Devo farmici un giro anche io se è così." Mi urlò in faccia facendomi tremare. Cosa cazzo prendeva anche a lui?
"Ma di chi cazzo parli, datti una calmata, se la tua vita va uno schifo non puoi prendertela con me." Risposi d'impulso. La sua espressione arrabbiata si tramutò in modo repentino in una smorfia triste.
"Pensi che non l'abbia capito? Sospettavo già qualcosa e il rifiuto dell'altra sera mi ha solo chiarito le idee. Hai un altro e io ora non ti vado più bene." Si allontanò da me dandomi le spalle. "Su, dimmi chi è, avrei proprio bisogno di svuotarmi le palle in questo momento." Si strinse una mano sul cavallo dei pantaloni voltandosi a guardarmi con aria di sfida.
"Jake, smettila di fare il bambino. Sei sconvolto da quello che è successo e lo capisco, ma tienimi fuori dai tuoi casini. Diventerai padre, cazzo. Forse è ora di mettere la testa a posto." Risposi mortalmente serio ma al contempo spaventato dalla sua espressione truce.
"Tu la ami cazzo, lo sai bene, smettila di fare stronzate. Perchè complicarti la vita così? Con me poi, come se ne valesse la pena. Io ti voglio bene, ne abbiamo passate tante insieme, ci siamo divertiti, abbiamo rischiato, giocato, scopato, vissuto insieme. Non rimpiango niente, ma ora le cose sono cambiate, si sono incasinate e non è più come prima, non possiamo continuare più così." Man mano le che parole uscivano dalla mia bocca il mio tono si addolciva, così come il viso del mio amico. Era fragile e debole in quel momento, estremamente vulnerabile, come mai l'avevo visto prima. Era anche il momento migliore per fare stronzate, conoscendo il tipo e volevo tenerlo a bada il più possibile. Feci un lungo tiro prima di restituire la canna al suo legittimo proprietario.
"Ho capito, amico." Sottolineò quell'ultima parola rivolgendomi improvvisamente uno sguardo glaciale.
"Ti terrò fuori dai miei casini." Mi canzonò facendomi sentire estremamente in colpa per come avevo scelto di esprimermi, l'avevo ferito.
"Scopati pure qualche criminale pazzo drogato, io starò qui ad aspettarti per leccarti le ferite e sostenerti quando tornerai sfasciato e distrutto dopo l'ennesima violenza, probabilmente anche con l'AIDS." Così com'era apparso scomparve, infilandosi in un buco della recinsione del mio giardino e dirigendosi verso un punto imprecisato del quartiere.
Avevo bisogno che quell'assurda giornata finisse al più presto. Bramavo il letto caldo ed accogliente più di ogni altra cosa. Le lenzuola consumate ma soffici, il mio letto scricchiolante e scomodo, seppure estremamente familiare e rassicurante. Rientrai in casa, infreddolito e stanco, diedi un occhiata veloce alla catasta di piatti che avevo lasciato nel lavandino, o almeno a ciò che immaginavo di trovare. Con mia estrema sorpresa la cucina era pulita. Un sorriso doloroso ma appagante risvegliò i muscoli intorpiditi della mia faccia mentre qualche lacrima calda mi rigava le guance.
Oh Kay, pensai commosso, quanto cazzo ti amo Kayla.
Mi asciugai le lacrime e corsi di sopra cercando mia sorella per ringraziarla. Vidi la luce della sua stanza accesa ed entrai, la scena che vidi mi scaldò il cuore ulteriormente. La stronza apparente, Kayla, era dolcemente crollata a dormire circondata dai nostri fratellini più piccoli, Cloe e Josh. La scena era talmente tenera che non esitai a scattare una foto, per ritrarre la bellezza di questo momento e per usarla eventualmente per sputtanare Kay, certo che anche lei al mio posto avrebbe fatto lo stesso. Spensi silenziosamente la luce e sgattaiolai via.
Quanto amavo quegli stronzi. Non importava quanto la tua vita potesse andare una merda, per quanto schifo potessi fare, così, senza vergogna, la tua famiglia di merdoni del cazzo come te era sempre lì, a rassicurarti con quel tipico sorriso complice in grado di esprimere ehi fratello sono una merda anch'io come te, questa vita è una merda, è normale, ma finché restiamo uniti la merda non potrà mai sovrastarci del tutto.
Finalmente a letto arrotolai in mio corpo, testa compresa, nelle coperte. Sentii qualcosa di spigoloso e duro sotto la mia schiena e sbuffando cercai di raccattare qualunque cosa fosse. Era la crema che Lou aveva detto mi avrebbe portato vicino ad una bustina con della cioccolata speciale. Sorrisi per l'ennesima volta quasi commosso e mi allungai per posare il tutto disordinatamente sul comodino.
Ancora fottutissime emozioni. Volevo solo dormire e invece mi toccava rivivere nella mia testa scene confuse della giornata. Lou incinta, Nico, Bianca che ci sgama, Apollo che ignora la mia rabbia, Jake che mi blocca contro la caldaia (in effetti la spalla era un tantino indolenzita), Nico, la premura di mia sorella Kayla, le spalle di Nico, Lou che accetta il casino che ho combinato dimostrandomi ancora una volta che persona fantastica sia, Nico, lo sguardo triste e deluso del mio migliore amico, i miei fratellini addormentati beatamente tra le braccia di mia sorella. Le scene iniziarono a confondersi nella mia mente al punto tale da far fatica a distinguere i ricordi dai sogni. Il sorriso di Nico. Questo lo ricordavo. Eppure era così perfetto da sembrare parte di un sogno.
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