20. Lockanät.
Oh oh.
Allora ho davvero creato io tutto questo casino?
"Bianca. Sono pronto, ho bisogno di te per uccidere Ade, una volta per tutte." La voce di Nico mi riportò a galla nel presente, ma finsi di continuare a dormire.
Sbaglio o avevo detto ti amo a questo tizio poco prima di svenire? Questo qui, proprio colui che si organizza con il nemico per uccidere suo padre. Molto bene, ottimo modo per riprendere coscienza di sé.
In più, riguadagnare la consapevolezza di essere l'origine di tutti i mali di certo non aiutava a vivere sereno, Nico Di Angelo doppiogiochista a parte. Avrei voluto addormentarmi e continuare a dormire finché tutta questa storia non si fosse risolta, possibilmente senza il mio intervento e senza vittime. È difficile vivere quando non sai cosa fare. Sei arrabbiato, stanco e confuso, quando hai così tanti pensieri contrastanti bloccati nella tua mente e nessuno di questi ha il minimo senso.
Ero paralizzato, non potevo muovere neanche un dito, ma questa volta l'avevo deciso io. Dovevo sapere con estrema urgenza a che gioco stesse giocando. Nonostante tutto il male che i nostri genitori e tutta la stirpe divina avevano generato nelle nostre vite (e non solo), non potevo credere che patteggiasse davvero per il crepuscolo degli dei.
Quando la breve telefonata terminò, senza riuscire a sentire la risposta dall'altra parte, continuai a rimanere immobile e fingere di dormire. Cercavo di percepire i suoi movimenti nella mia stanza, in cui ci eravamo rifugiati per vestirci, ma i passi leggeri lo rendevano difficile da intercettare.
Concentrato abbastanza, capii che era vicino e ne ebbi la conferma quando la sua mano si posò sulla mia spalla causandomi un lieve spasmo involontario per la sorpresa. Continuavo a fingere, ero dipendente da quelle attenzioni nascoste, quasi segrete. Dopo aver indugiato sulle spalle e le braccia nude, le dolci carezze si fermarono, con un ultimo tocco così effimero da causarmi la pelle d'oca.
Seguì qualche istante e la sua mano mi toccò i capelli, scostandoli dal viso e dalla fronte leggermente sudata per la visione di poco prima.
Non potei fare a meno di sorridere e aprire gli occhi per coglierlo in flagrante. Quando si accorse che ero sveglio sgranò le palpebre e quasi temetti che potessero schizzare i bulbi fuori dalle orbite, mentre il suo sguardo passò dall'esprimere ammirazione, allo spavento e infine imbarazzo. Arrossì come mai prima e cercò di allontanarsi, ma io fui pronto ad afferrare il suo polso e portare la sua mano tremante alle labbra per lasciargli un bacio delicato.
Nico finalmente si arrese, sedendosi sul pavimento e appoggiando la schiena sul lato del mio letto, mentre ancora gli tenevo la mano.
"Ehm, la prossima volta che stai per svenire cerca di sederti, trovare un posto comodo o qualcosa del genere. Non è stato facile trascinarti fino al letto." Bonficchió tra una balbuzie e l'altra. Non potevo guardarlo in faccia, ma ero sicuro non avesse ancora smesso di arrossire. Sorrisi, se possibile ancora di più, con il cuore pieno di gioia e liberai la sua mano dalla presa, per poi stiracchiarmi. Non avrei dovuto fidarmi di lui, non dopo quello che avevo sentito, ma il mio corpo e le mie emozioni non erano dello stesso avviso. Come se non avessi già abbastanza cose a farmi impazzire, ci si metteva anche il dilemma mente-cuore ora, fantastico.
"Ti ho preso un po' d'acqua." Indicò con un pollice la mia scrivania, su cui c'era un bicchiere. Persi un battito. Allora era capace anche lui di compiere buone azioni ed essere carino con gli altri?
"Tu invece, hai novità?" Mi allungai per prendere il bicchiere e provai ad affacciarmi verso di lui per indagare le sue espressioni. Era teso e continuava ad evitare il contatto visivo.
"Ade verrà riportato a casa entro un paio di giorni, due mesi di libertà vigilata. Non so come sia possibile." Spiegò, leggermente agitato mentre giocherellava con il cellulare passandoselo da una mano all'altra.
"Hai ricordato qualcosa di importante? Qualcosa che può aiutarci?"
"Non esattamente." Ammisi facendo spallucce, vago. "Anche se questo ennesimo sonnellino mi ha aiutato ad avere un po' di chiarezza generale." Nico annuì soddisfatto, quasi fiero di me, ma per un attimo un lieve tremolio agli occhi balenò sul suo viso. Non capivo se essere sfuggente fosse un effettivo tratto della sua personalità, oppure stesse provando a nascondermi qualcosa.
"Ho bisogno di parlare con gli altri al lago, forse possiamo aiutarli in qualche modo. Passami il telefono." Intimai allungando la mano, magari avrei avuto modo di scoprire se la telefonata fosse partita da lui o da Bianca.
"I semidei non usano il telefono, comunichiamo solo con messaggi-iride, non attirano i mostri." Beh, ovvio no? Che sciocco che sono. Cercai di trattenere le risate per le assurdità che mi toccava sentire e non rispondere con 'e con chi parlavi prima a telefono?', per non far crollare la mia copertura da doppiogiochista del doppiogiochista.
"Tu sai farlo?"
Ovviamente sapeva farlo.
Ecco a cosa servivano quelle strane monete lanciate da Leo.
Riuscimmo a contattare Jason, che ora era riunito all'altra tizia, Piper, apparentemente la sua ragazza.
Leo e Jason, viaggiando verso il lago, avevano provato a far tornare la coscienza divina ad Ares, incontrato lungo la strada, ma parlargliene non era sufficiente. Per gli dei l'illusione era più forte, non bastava metterli di fronte alla verità come per noi semidei. Quindi eravamo ancora in alto mare (anzi, lago), nonostante avessimo tentato di costruire una parvenza di piano, ora sembrava essere andato tutto in fumo.
Inoltre, Percy, durante un combattimento con gli scagnozzi di Ipno, ovvero colui che teneva prigioniero Zeus, era caduto nelle acque del lago, perdendo di nuovo la memoria. Questa volta in modo più grave. Provava a raccontare parte dei suoi ricordi, ma erano frammenti di visioni, come tante piccole scene di un sogno, che tornavano a galla solo se stimolati dalle giuste parole e situazioni. Dalla sua narrazione capii che anche la mia condizione era data dal bagno nel lago e convenimmo che in realtà tra le correnti del Michigan ci fosse quella del fiume Lete, le cui acque, se ingerite, secondo il mito, avevano il potere di cancellare la memoria.
Iniziai quindi a raccontare delle mie visioni, evitando l'ultima, troppo personale e destabilizzante per essere sbandierata in una video-ologramma-chiamata-iride semidivina con persone semisconosciute. Tutti erano ancora più confusi di prima quando rivelai la presenza di Mnemosine e di quell'altro dio strano. Tutti tranne Annabeth, che si allontanò dal gruppetto e si mise a pensare con le mani sulle orecchie. Intanto mi spiegarono che la causa delle esplosioni in lontananza era in realtà un cugino di Annabeth, apparentemente anche lui un semidio, in cerca di un dio combinaguai scomparso da un po'. Il ragazzo non era né greco, né romano, ma norreno.
Norreno, quindi vichingo.
I vichinghi bevevano birra da corni di mucca.
Il mio cervello, per l'ennesima volta da quella mattina, voleva esplodere.
Improvvisamente Annabeth si alzò dalla sua pausa riflessiva e corse verso di noi, iniziando il suo brainstorming su Mnemosine e la sua cotta per Zeus, fonti magiche della memoria e dettagli mitologici surreali troppo intricati da spiegare (anche da capire, in realtà). In sintesi dovevamo far bere gli dei da una determinata fonte per permettergli di ricordare davvero. Cercai timidamente di intromettermi nella discussione, suggerendo che le due imprese semidivine potevano essere in qualche modo collegate.
In un batter d'occhio, colui che mi presentarono come il cugino di Annabeth, apparve finalmente visibile in mezzo alla bolgia, ammettendo che stesse provando a dire la stessa cosa da quaranta minuti, ma che quell'ammasso di semidei impazziti e deliranti non erano rimasti un attimo in silenzio. Magnus, così si chiamava il biondino un po' grunge, un po' inaspettatamente palestrato, era accompagnato da tale Alex, di cui distinsi i capelli verdi e l'eterocromia delle iridi, che iniziò a parlare rivolgendosi a me.
"L'origine degli inganni e la disgrazia di tutti gli dei e gli uomini." Già solo per queste parole trasalii, pronto a fuggire, rimproverandomi di non chiudere mai quella dannata bocca. Ovviamente parlava di me. Ero io l'origine degli inganni e la disgrazia di tutti. Non osavo immaginare le conseguenze se fosse venuta a galla la verità.
"Mi sembra di capire che tu l'hai conosciuto." Ancora quel dito puntato contro, nonostante fosse un semplice ologramma, lo sentivo pronto a cavarmi gli occhi se avesse saputo.
"Avvenente e di bell'aspetto? Astuto, bravo ad escogitare piani e ingannare chiunque per avere sempre la meglio? Affabile ma dal comportamento mutevole?" Tirai un sospiro di sollievo quando, grazie alla parola astuto, capii che non parlava di me. Annuii, senza sapere a cosa stessi annuendo, e guardai Nico confuso. Con sguardo complice e sicuro di sé annuì a sua volta, una smorfia amara in viso lasciò intendere quanto, per lui, quella descrizione calzasse perfettamente Bianca.
"Beh, si chiama Loki, è mia mamma, cioè il mio genitore divino, è proprio ləi che cerchiamo."
[•••]
"Oh merda, un altro titano del cazzo no, eh." Kayla era furente. Tornò a casa nel bel mezzo dell'episodio crossover tra pantheon e ora, finalmente soli nella mia stanza, mentre Nico teneva d'occhio i sedicenti bambini, le avevo appena raccontato in un lunghissimo flusso di coscienza tutto ciò che avevamo scoperto da quando era andata via.
"Non è finita qui, si è portata le figlie. L'altro dio misterioso, cioè Loki che ha preso le sembianze di Bianca negli ultimi anni, mi ha detto che Mnemosine mi avrebbe accompagnato in questo viaggio."
"Non dirmi che-" Mia sorella si fermò in mezzo alla stanza battendosi la mano sulla fronte in un sonoro schiaffo.
"Lee è Mnemosine." Era una conseguenza logica, eppure finché Kayla non trasformò questa idea in parole, era come se fosse rimasta a marcire, sepolta nel fondale melmoso della mia mente.
"E le figlie di Mnemosine sono le muse, ovvero quei due cosi al piano di sotto di cui ci siamo presi cura negli ultimi anni. Cosa facciamo ora? Credi abbiano capito che stiamo riprendendo coscienza?"
"Probabile. Se è così dobbiamo stare molto attenti. Da quello che ricordo Mnemosine potrebbe cancellare di nuovo la memoria a tutti noi se solo volesse." Dissi mortalmente serio.
"Magari c'è un'intera squadra di semidei cazzuti di svariate origini a distrarla?" Kayla, con un sorrisetto ironico, pose l'ennesima domanda retorica e io alzai il pollice, ancora una volta rassegnato alla schiacciante logica di mia sorella.
"Tu comunque dissimula, cerchiamo di mantenere il personaggio, ok?" La fissai intensamente, sperando di trovare un riscontro nel suo sguardo irrequieto.
"Bene." Annuì convinta, fermandosi per un attimo. Sembrava quasi accettare la situazione.
"Siamo fottuti Will, nessuno di noi due sa mentire." Portò le mani al viso e lo stropicciò nervosamente, accasciandosi lentamente su sé stessa.
"Lo so cazzo." Corsi ad abbracciarla drammaticamente, mi stavo lasciando trascinare dal suo modo di fare, come al solito. Almeno la cosa la fece ridere e io ne fui immensamente felice. In un secondo si ridestò, riuscivo a capire la potenza della sua idea dal modo in cui gli occhi le brillavano di vita.
"Sonniferi?" Chiese fiera con la mano a mezz'aria, come se stesse dirigendo l'orchestra di applausi che meritava.
"Li ho presi poco fa da Lou, nel caso in cui tutti questi cambiamenti ti avessero fatto tornare le manie, tipo lanciarti in una sparatoria tra la tua cotta e il tuo migliore amico." Ormai non la stavo ascoltando, mi ero semplicemente fiondato su di lei, scuotendola di gioia e urlandole 'Kayla sei un genio'.
Ripreso un po' di contegno, Kayla mi raccontò di Lou. Era stanca e debole, ma tutto sommato stava bene, considerando l'aborto e i litri di sangue persi nel processo. Ci tenne a sottolineare che non faceva altro che chiedere di me. Questa cosa mi colpì dritto al cuore. Aveva perso un potenziale figlio, era ignara di essere una semidea (forse, ormai facevo fatica a capire chi sapesse e chi no) e io, invece di correre da lei, avevo passato il pomeriggio ad amoreggiare con Nico di Angelo, un probabile traditore.
Almeno Jake era rimasto al suo fianco dalla sera prima e la accudiva, finalmente tornato in sé. Mia sorella, infatti, l'aveva informato della situazione reale e lui si era reso disponibile per aiutarci nell'impresa, non appena Lou fosse tornata in forze. A quanto pare gli altri non avevano così tante difficoltà a recuperare i ricordi semidivini, io invece, come al solito, ero più problematico, dato che avevo letteralmente nuotato nelle acque della dimenticanza.
La natura ingannatrice del nostro nemico era ciò che più mi spaventava. Loki mi aveva raggirato, intrappolato nelle sue manipolazioni. Certo, da un punto di vista oggettivo, aveva mantenuto le sue promesse. Avevo avuto modo di amare Nico, prendermi cura di lui, avvicinarci, conoscerci, supportarci a vicenda. Ma a che prezzo? Gli dei, purtroppo, esistono. Ignorare il problema e continuare la nostra vita mortale da rincoglioniti inconsapevoli non eviterà le conseguenze di una caduta di questa portata. Nel momento in cui prendiamo consapevolezza che in noi c'è una parte di divinità, creatrice e artefice del proprio destino, possiamo agire concretamente.
La potenza ammaliatrice e il fascino della vita mortale può sembrare estremamente convincente, non posso negarlo. E immagino che tale proposta, com'è stata fatta a me, sia stata fatta anche a Nico, l'altra persona direttamente coinvolta con un'entità divina. Onestamente, Bianca-Loki mi terrorizzava molto di più di Lee-Mnemosine. Ragionandoci, mi chiesi quante volte, in questi due anni, il mio finto fratello mi avesse cancellato la memoria, o distorto i miei ricordi. Tutt'ora mi è difficile distinguere ciò che credo di ricordare dai sogni e dalle illusioni.
Mia sorella si accorse del fatto che mi sentivo in colpa per non essere andato ancora da Lou e mi spinse a raggiungerla, assicurandomi che si sarebbe occupata degli impostori insieme a Nico, preparando pancakes a base di Rohypnol.
Arrivato a casa di Lou, mi aprì Jake. Per tutto il tragitto provai a pensare come salutare il figlio di Efesto, quasi avevo sperato che fosse andato via. L'ultima volta che ci eravamo visti non era andata proprio benissimo e non nego di aver provato un po' d'ansia al pensiero di rivederlo, non perché provassi rancore, semplicemente i suoi comportamenti non mi ispiravano propriamente fiducia.
Tutte le mie speculazioni però crollarono nel momento in cui vidi il suo viso stremato e i suoi occhi arrossati dal pianto. Mi guardò con lo sguardo di chi era pronto a scoppiare di nuovo. Provai ad accennare un sorriso, a formulare qualche parola di conforto, ma qualunque cosa avessi detto non sarebbe stata abbastanza. Lasciai che fosse un abbraccio a parlare.
Ci stringemmo fortissimo l'uno all'altro, singhiozzando come due idioti. Jake non faceva che ripetermi grazie e scusa, senza prendere fiato. Mi bastò quel contatto per percepire la sua sofferenza e perdonarlo per qualunque cosa avesse fatto. Il dolore traboccante in quell'abbraccio mi fece ricordare di tutte le volte che l'avevo soccorso in fin di vita al campo, durante la maledizione della cabina 9.
Ritornarono a galla, nella mia memoria, i suoi goffi tentativi di dimostrare riconoscenza per tutte le cure a domicilio. Man mano, come un film guardato al contrario, scorrevano le immagini delle nostre prime chiacchierate durante il breve periodo in cui fu costretto a prendere il ruolo di capocabina contro la sua volontà, dopo la morte del fratello Charles. Ricordai che ci avvicinammo proprio a causa di quelle tragedie. In seguito alla perdita di Lee e Michael io subii lo stesso destino. Entrambi ragazzini inesperti che, da un giorno all'altro, si sono ritrovati sulle spalle il peso dell'intera fucina lui, dell'infermeria io, e soprattutto dei nostri imprevedibili fratelli.
Non avevo intenzione di creare uno stereotipatissimo gruppetto di capocabina, insieme a Lou, ma fu l'unico modo per farci forza a vicenda.
"Quando sei sparito ho temuto che avessimo perso anche te, dopo tutto quello che abbiamo costruito." Jake ruppe il ghiaccio, sinceramente dispiaciuto.
"Poi ti abbiamo ritrovato, anche in quel poco di lucidità, non avrei mai più permesso che ti succedesse qualcosa." Teneva lo sguardo basso, non riusciva a guardarmi negli occhi. Sapeva di non avere giustificazioni per il suo comportamento recente.
"Lo sai, è impossibile non avere una cotta per te... e non essendo proprio in me le cose mi sono sfuggite un po' di mano." Un po'? Beh. Mi irrigidii, ponendo un velo di freddo distacco tra di noi.
"Ma ora è tutto passato, ti giuro. Mi vergogno di quello che ho fatto, capirei se non volessi perdonarmi." Allungai una mano sulla sua spalla, curva e tesa. Sapevo che avrei avuto bisogno di tempo per processare gli avvenimenti degl'ultimi anni. Di certo, grazie a quella esperienza, imparai a non dispensare la mia fiducia così facilmente come in passato. Capii che le azioni di Jake mi avevano davvero ferito, ma nonostante questo non sarei mai stato capace di voltargli le spalle, o dimenticare tutto ciò che avevamo fatto l'uno per l'altro.
"E a me dispiace averti accusato di qualcosa che non hai fatto. A quanto pare è stato Ade ad incastrare Nico. Mi sono comportato in modo stupido e prevenuto nei tuoi confronti."
"Ne avevi tutte le ragioni." Annuii, era difficile pensare il contrario conoscendo i trascorsi tra i due.
Aggiornai Jake delle novità e si offrì disponibile per andare a prendere questa maledetta acqua della memoria per far rinsavire gli dei. Aveva lavorato insieme a sua sorella per riparare una motocicletta e promise che in serata avrebbe raggiunto Leo, se Nyssa si fosse resa disponibile ad accudire Lou.
Finalmente mi portò da lei. La mia migliore amica era stesa nel suo letto e dormiva placidamente. Senza pensarci due volte, mi stesi accanto a lei e iniziai ad accarezzarle dolcemente i capelli di un blu un po' sbiadito, attento a non svegliarla. Ancora una volta assorbii tonnellate di dolore e quasi mi venne da vomitare. Non era giusto, nulla era giusto. Le persone che meno meritavano di soffrire erano sempre quelle che più di tutti soffrivano. Quell'ondata di scontatissimo nichilismo mi lasciò nauseato.
Dovevo prendere un po' d'aria. Cautamente mi alzai dal letto e andai verso la finestra, per aprirla di più e arieggiare la stanza. Passai accanto alla sua scrivania, ovviamente disordinata. L'intero mazzo di tarocchi era riverso un po' sulla sedia, un po' sul pavimento e qualche carta era incastrata tra i fogli scarabocchiati sul ripiano caotico, come se fossero state lanciate via in uno scatto d'ira. Quando alzai lo sguardo notai una carta che invece era inchiodata al muro da almeno tre freccette, ma senza bersaglio. Era la carta numero sedici, stropicciata e colpita ripetutamente con odio. Lo sfondo completamente nero, con una torre di pietra che andava a fuoco, la cui sommità stava crollando, persone che precipitavano e una pioggia infuocata squarciata da fulmini. Mi vennero i brividi solo a guardarla.
"Canta per me, Will. Quella canzone che cantavi sempre attorno al fuoco." La voce flebile di Lou mi scosse, facendomi voltare di scatto. Mi indicò debolmente un ukulele impolverato, color acquamarina, su una mensola.
Non sapevo se i suoi ricordi di me che cantavo attorno al fuoco si riferissero al vero Campo mezzosangue, o fossero ancora distorti dall'illusione messa in atto da Mnemosine e Loki. In ogni caso, quella scena riaffiorò subito nella mia mente e fui capace di indovinare la canzone giusta in pochi secondi. Un sorriso illuminò il volto di Lou quando iniziai a fischiettarla per riscaldare la voce.
Recuperai lo strumento, mi sedetti accanto a lei per accordarlo alla meglio, e inventai al volo un arrangiamento banalissimo.
🎶🎶
"Jolene, Jolene, Jolene, Jolene
I'm begging of you please don't take my man
Jolene, Jolene, Jolene, Jolene
Please don't take him just because you can"
🎶🎶
Nella mia testa faceva eco una voce femminile, dolce e melodiosa. Mamma.
🎶🎶
"Your beauty is beyond compare
With flaming locks of auburn hair
With ivory skin and eyes of emerald green
Your smile is like a breath of spring
Your voice is soft like summer rain
And I cannot compete with you
Jolene"
[...]
🎶🎶
"Dovresti farlo più spesso, hai questo potere meraviglioso e non lo usi." Dopo l'esibizione privata, l'espressione di Lou sembrava più rilassata, in pace con il mondo. Io invece mi sentivo sempre più esausto. Iniziavo a sentire la fatica di aver assorbito la sofferenza delle persone a cui tengo, di essere rimasto digiuno e di aver recuperato faticosamente, in mezza giornata, buona parte dei miei ricordi più recenti.
"Non credo sia così utile." Borbottai, ancora preso dalla performance. Era da tantissimo tempo che non cantavo. In effetti, circondato da divinità egocentriche, non restava molto spazio per emergere.
"Fidati, non immagini neanche." Mi sorrise, lasciando scorrere una mano morbida sul mio braccio. Il sole stava tramontando e anche le mie energie rasentavano il fondo.
"Non essere triste per me, sapevo sarebbe finita male, nessuno può sfuggire al destino..." Per un attimo lanciò uno sguardo fugace alla carta affissa sopra la scrivania, sospirando. "Spero che a te stia andando meglio." Provò a stringermi la mano, ma non aveva molta forza.
"Beh, abbastanza. È stato Nico a trovarti." Le spiegai con dolcezza, prima di posare l'ukulele sul pavimento emassaggiarle i palmi. Era una tecnica che usavo spesso su me stesso per stare tranquillo e rilassarmi.
"Siete perfetti insieme, come una fotografia, che ha bisogno del negativo per svilupparsi. Voi siete l'uno il negativo dell'altro. Lui può insegnarti la pazienza e tu puoi insegnargli la fiducia. Insieme siete la versione migliore di voi stessi."
Quelle parole mi scossero profondamente, pronunciate con una lucidità estrema, quasi inquietante, aveva davvero colto il punto.
[•••]
Tornando a casa, ormai sera, con lo stomaco che stava iniziando a digerire sé stesso e un fastidioso tremolio alle gambe, notai una figura familiare per strada. Con andatura oscillante, mio fratello Austin, camminava verso casa, a pochi metri da me. Non sapevo se lui sapesse, ma in ogni caso corsi fino a raggiungerlo, agitato.
"Dove sei stato tutto il giorno?" Chiesi, arrivato al suo fianco. Mi stavo lentamente trasformando in Kayla apprensiva. Oh no cosa mi succede.
"A cercare Apollo, no? Non siamo qui per questo? Bloccati in questa realtà perché è lui che dovevamo salvare... e anche te in realtà." Rispose con una naturalezza quasi offensiva, come se dovessi già sapere tutto.
"Quindi tu sai?" Chiesi scioccamente, curioso di ascoltare la sua versione.
"Beh, ho iniziato a ricordare più o meno da quando Lee è andato via. Un po' alla volta ho rimesso insieme i pezzi." A proposito di rimettere insieme i pezzi, cercai di riflettere sulle sue parole.
"In che senso anche me?" Austin sbuffò, probabilmente stanco di dover rispiegare tutta la vicenda, per l'ennesima volta. Poi posò lo sguardo sulla mia espressione confusa e sconvolta e si ricompose.
"Quando Apollo è scomparso tutti noi abbiamo cercato di fare il possibile per localizzarlo. Un giorno sei apparso in un messaggio iride tutto contento, dicendo che avevi una pista e che saresti tornato con lui a breve, poi sei sparito. Non sei tornato al campo per settimane, nessuno sapeva dove fossi. Io, Kayla e Nico ci siamo preoccupati, siamo venuti a cercarti e puff, a quanto pare siamo scomparsi anche noi. Quindi Lou e Jake sono corsi in soccorso. Scomparsi anche loro. Pian piano il campo ha iniziato a mandare i semidei migliori per trovarci, ma continuavano a sparire. Hazel e Frank a cercare Nico, Leo e Jason a cercare Hazel e Frank, Piper e Annabeth a cercare Jason e Leo, Percy a cercare Annabeth e così via. E quindi eccoci qui." Mi sentivo ancora più in colpa per tutta questa catena di disastri. Avevo trascinato i miei amici, e non solo, nella tela del ragno, senza neanche conoscere l'entità della trappola, per una mia stupida ingenuità.
"Comunque so dov'è Apollo, l'ho trovato in overdose in quell'edificio abbandonato, ho fatto una fatica assurda a stabilizzare le sue funzioni vitali, non credo che si muoverà da lì."
"Quando avremo ciò che serve dovrai portarci da lui." Procedetti a raccontargli le novità camminando verso casa.
[•••]
Arrivai a casa esausto, in preda a fortissimi capogiri. Ero drenato da quella visita a Lou, ma al tempo stesso con il cuore pieno di amore. In più avevo un pensiero in meno riguardo l'impresa, dato che Jake ci avrebbe portato presto il necessario per affrontare gli dei. Ero così affamato che, pur passando diverse volte davanti a superfici riflettenti, non mi specchiai neanche una volta. Ignorai chiunque cercasse di parlarmi, non avevo abbastanza energie per intraprendere una conversazione. Mangiai la cena rapidamente, spento, senza dire una parola. Per fortuna ci pensò Austin, aggiornandoli di Apollo, Jake e del piano.
Finita la cena, posai il piatto nel lavabo e corsi al piano di sopra, avevo bisogno di una doccia e un letto in cui crollare.
"Cosa c'è che non va?" Arrivato al piano superiore, Nico, dopo avermi silenziosamente seguito, mi afferrò per il braccio con una stretta nervosa, costringendomi a guardarlo. Il mio inconscio aveva fatto l'impossibile per tenermi lontano da lui, stava rovinando tutto.
"Non hai detto una parola tutta la sera, è strano da parte tua." Si giustificò, senza ricambiare il mio sguardo spento, quasi come se non volesse passare per quello premuroso.
"Nulla, sono solo stanco." Era la verità, la pura e semplice verità. Mi lasciò il braccio, distaccandosi impercettibilmente.
"Stanco di me." Rimasi in silenzio, guardando altrove. In un certo senso era vero, ma non come lo immaginava lui. Non volevo parlare, non avevo parole, tutta quella situazione mi stava facendo impazzire. Da un lato la vita di una dozzina di amici (e dell'intero pianeta, probabilmente) dipendeva dalla riuscita di questa impresa, dall'altro amavo la persona davanti a me e avrei fatto qualunque cosa per lui. Sarei riuscito ad aggiustarlo, a alleviare il peso che lo trascinava così in fondo da sussurrare al nemico.
"Non ti fidi di me? Potrei sparire in un attimo, potrei essere ovunque ora, tuffarmi nell'ombra e teletrasportarmi a Bora Bora, fuggire da tutto questo. Invece ho scelto di essere qui, al tuo fianco." Sputò queste frasi nervoso, stringendo i denti. Sapevo che non stesse cercando di rinfacciare nulla ed era solo un modo molto contorto di dimostrarmi la sua lealtà. Scossi la testa, cupo, e corsi da lui a braccia aperte. Poco prima che riuscissi ad avvolgere le sue spalle ossute, si girò con tutto il corpo di tre quarti, in un palese segno di chiusura.
"Ma forse dovrei. Non posso darti niente, sono solo un parassita. Trascino le persone che provano a starmi vicine nel vortice di tristezza, rabbia e malinconia che circonda la mia esistenza." Finalmente capii. Qual era l'inganno di Loki, cos'era che lo teneva così tanto legato alla figura del nemico. La promessa di tornare al passato, immergersi nella malinconia. Ricordai che Nico aveva già superato una sfida del genere una volta, ma dopo aver sperimentato la forza ammaliatrice di Loki sulla mia pelle, sapevo bene quanto fosse difficile opporsi alla persuasione.
"Ma trascinami dove vuoi, non m'importa." Scossi la testa, frustrato, e afferrai il suo viso con le mani, baciandolo intensamente. Non ci mise molto a ricambiare, trasportato dal mio impulso. Non so dove trovai le forze, ma in quel momento mi sembrava l'unico modo giusto di comunicare. L'unico modo autentico e sincero che ci era rimasto, che lasciasse fuori dalla stanza qualunque bugia, manipolazione, problema, tristezza, amarezza.
Due minuti dopo eravamo chiusi a chiave nella camera di Michael, saltandoci addosso a vicenda. Qualunque sua azione sembrava mirata a farmi impazzire, mi spingeva sempre di più a toccarlo, prenderlo. Il suo corpo urlava quanto si sentisse vulnerabile e quanto volesse abbandonarsi completamente alle mie mani.
"Fai piano ci sono i bambini che dormono." Bisbigliai avvicinandomi al suo orecchio, mentre mi muovevo dietro di lui. Preso dal momento avevo dimenticato che in realtà si trattava di due muse.
All'ennesimo gemito rumoroso gli tappai la bocca con una mano, provando a zittirlo. Ma lui non sembrava d'accordo, dato che mordeva e leccava le mie dita senza ritegno. Bisbigliò il mio nome così lievemente da farmi dubitare di aver sentito bene. Amavo la sua schiena, ma volevo guardarlo, volevo poter zittire i suoi gemiti con un bacio. Uscii da lui con un sospiro e una sensazione di vuoto mi attanagliò lo stomaco. Rapidamente lo spinsi a girarsi, sovrastandolo non appena ubbidì. Con la testa tra le sue gambe, iniziai a leccarlo lentamente, quando mi tirò i capelli allontanandomi dalla sua erezione. Mi fece cenno di continuare, ancheggiando spudoratamente verso il mio basso ventre. Lo accontentai subito, pronto a tappargli la bocca con la mia lingua.
"Will
Will
Oh Will"
Sentirlo ansimare il mio nome, tra sospiri e sussurri, dritto nel mio orecchio, mi fece esplodere in men che non si dica, gemendo gravemente mentre provavo a baciarlo. Mi tirai leggermente su, solo per guardare il suo viso accaldato. Passai una mano partendo dalla guancia scarna fino alle tempie e l'orecchio, liberando quello spazio dall'ammasso di capelli disordinati. Per un attimo mi guardò, fissando i suoi occhi scuri e lucidi nei miei. Le sue labbra si mossero e non potei fare a meno di guardarle.
Ti
Amo
Lessi il labiale. Quasi senza voce, se non con un filo impercettibile, aveva pronunciato quelle parole. Una lacrima scese contemporaneamente sia dal mio occhio che dal suo. Un enorme sorriso prese il totale controllo del mio volto. Completamente impazzito, con il cuore che mi esplodeva nel petto in un sovraccarico di emozioni mai provate prima, iniziai a baciare ogni parte del suo viso, collo, orecchie, spalle, ogni minuscolo pezzettino di Nico a mia disposizione.
Sono tuo.
Mossi le labbra imitandolo. Lui esalò un sospiro strano, quasi sofferto.
E ti sto pure schiacciando.
Continuai quello stupido gioco del labiale, questa volta staccandomi davvero da lui, uscendo. Mi girò la testa e mi misi a sedere, mentre Nico, finalmente, prendeva fiato.
[•••]
Il giorno dopo mi svegliai con la testa sul suo petto, seminudi sotto le coperte. Già questo poteva bastare a farmi credere che stessi ancora sognando. Avevo sbavato il pettorale di Nico, data la stanchezza del giorno prima, ero crollato senza ritegno, e quando succede perdo il controllo delle secrezioni del mio corpo. Arrossii dalla vergogna e provai ad asciugare il disastro con un polso. Poi quella dannatissima nuvoletta-ologramma invase lo spazio sopra al comodino di fortuna alla mia destra e un rumore assordante, del motore malandato di un auto, invase la stanza.
"Buongiorno piccioncini." Il viso affilato di Leo apparve con il solito sorrisetto malizioso.
"Devo dire, Will, sei davvero sexy appena sveglio, se fossi stato una ragazza ci avrei fatto un pensierino." Nico dilatò le narici, sbuffando infastidito, mentre si girava di spalle coprendosi il più possibile. Intanto, dall'altra parte Jake, che era alla guida della sua auto, ridacchiò annuendo, d'accordo con suo fratello. "A proposito, come si chiama tua sorella?" Scoppiò in una risata contagiosa.
Datemi il tempo di realizzare che sono sveglio, suvvia.
Nonostante il fastidio di essere disturbato, strappato via dal mio idillio e scaraventato nella mia vita incasinata, risi di gusto cercando di darmi un contegno.
"Siamo quasi arrivati in città, siamo da te tra 10 minuti, ammesso che riusciamo a scansare l'ennesima nuvola soporifera mandata da Ipno. Jake deve tornare da Lou e io devo correre dal resto della squadra, forse abbiamo trovato un modo per arrivare da Zeus e rompere l'illusione, ma non ho tempo di spiegarti. Cercate di trovare i vostri papini e fateli ritornare in sesto il prima possibile, se riuscite a intrappolare Loki ancora meglio."
"Qualcos'altro? Vuoi che ti preparo il pranzo?" Ovviamente ero sarcastico, ma Leo sembrò crederci davvero, entusiasta com'era, annuì mostrandomi entrambi i pollici. Poi il collegamento sembrò vacilare, riuscii a cogliere qualche imprecazione, quello che mi sembrava un 'abbiamo bucato' oppure 'Apollo imbucato', non riuscii a distinguere. Sperai soltanto che non fosse un qualche tipo di messaggio in codice per segnalare mostri, potevo aspettarmi qualunque cosa da Leo.
I due figli di Efesto riuscirono nell'impresa di portarci questa comunissima bottiglia di plastica, identica a quelle che già avevamo in casa, ovviamente. Avevano davvero bucato, nessun messaggio in codice, almeno questo mi tranquillizzò. A quanto pare Leo credeva che gli avessi veramente preparato il cibo, ma mi colse impreparato. Lo zittii con qualche pacco di biscotti secchi e qualche mela leggermente rancida, era tutto ciò che casa Solace potesse offrire.
Scoprii che Nico non amava essere svegliato in modo così invadente. Rimase muto, di umore nero tutta la mattinata, impegnato a tenere le muse sotto sedativo ed evitarmi, tenendomi il muso. Dopo una rinfrescata e una colazione veloce io, Kayla e Austin ci incamminammo verso la casa abbandonata di quartiere, rifugio di tossici e senzatetto. Non ebbi letteralmente tempo per ripensare a ciò che era successo la sera prima. Se qualche immagine, in modo intrusivo, provava a farsi spazio nella mia mente, ci pensava la realtà a distrarmi, riportandomi con i piedi per terra.
A proposito di ciò, entrammo nel luogo più disgustoso di tutta Chicago. Cercando di tralasciare l'olezzo indescrivibile che si respirava, la spazzatura, sia intesa come rifiuti, che quella umana infestava quel posto. I cumuli di polvere e le ragnatele sembravano essere la cosa più pulita lì dentro. Corpi sparsi un po' ovunque rendevano il tutto ancora più inquietante, perché a parte un paio di persone che imprecavano, si lamentavano o vomitavano, gli altri potevano tranquillamente essere scambiati per cadaveri. Qualcosa dentro di me cercava di spingermi a controllare uno per uno come stessero quelle persone. La voglia mi passò completamente a causa della paura di una rapina e del fallimento dell'impresa, unita al disgusto che provai vedendo due esseri non meglio identificati fare sesso su un materasso lercio steso sul pavimento accanto ad una famigliola di topi che banchettavano su degli avanzi di taco's.
Con una mano stretta al collo della bottiglia nella mia borsa e l'altra ben salda su un bisturi, nel caso avessi avuto bisogno di difendere me e i miei fratelli, ci muovevamo in quel girone infernale guidati da Austin, provando ad attirare il meno possibile l'attenzione. Non avevamo nessuna certezza che la cosa potesse funzionare. Non era mai stata provata prima. Per quanto ne sapessi lo shock avrebbe potuto uccidere Apollo, o almeno la sua forma mortale.
Arrivati a destinazione lo trovammo semicosciente, steso in un angolo in condizioni pietose. Chiazze di vomito gli macchiavano la maglietta, già sporca di sangue e chissà di cos'altro. Mi risparmierò la descrizione del resto, soprattutto delle condizioni dei suoi pantaloni, perché credo che si sia già messo in ridicolo abbastanza nel corso di tutta la storia. Mi avvecinai in fretta, scuotendolo leggermente, con la speranza che mi riconoscesse.
"Tu- voi, cosa volete sta volta, non vi siete presi abbastanza da me?" Resistetti alla tentazione di rispondergli no idiota, sei nostro padre, dovresti comportarti da tale, accudire i tuoi figli ad esempio, sarebbe già un grande passo.
"Cosa volete ora? Vi mancava papino?"
"Beh più o meno, dovresti ringraziare tuo figlio Austin se sei ancora tra noi." Risposi a tono. Quel suo modo di fare, insolente, stupido e vittimista nuoceva gravemente alla mia pazienza.
"Bevi questo." Kayla afferrò la bottiglia dalla mia borsa e gliela porse, sperando di risolvere la questione così facilmente.
"Perché dovrei fidarmi?" Ecco, infatti, sperava.
"Hai altra scelta?" Chiesi, dopo l'ennesimo respiro profondo per mantenere la calma. Stavamo iniziando ad attirare davvero l'attenzione.
"Fa il bravo, bevi quest'acqua, se lo farai ti faremo tornare a casa." Cercò di convincerlo Austin, con tono calmo e accomodante.
"Non mi fido di voi ingrati traditori. Chi mi assicura che dopo aver fatto ciò che mi dite non mi lascerete qui, o peggio ancora, mi caccerete di nuovo di casa colpendomi con il teaser!" Apollo iniziò ad urlare isterico, come se stessimo provando a fargli l'iniezione letale. Mi faceva pena, davvero tanta pena. Immaginai in modo un po' ingenuo che fosse la sua coscienza mortale, o meglio, mortalizzata, ad opporsi istintivamente in maniera così drastica al suo risveglio. Quasi come se volesse continuare a essere un rifiuto umano mortale pur di non tornare alle responsabilità divine.
"Ok allora passiamo alle maniere forti, stupido idiota cocciuto." Kayla mi lanciò la bottiglia e iniziò ad inveirgli contro, gli mise le mani al collo, cercando di aprire la bocca di nostro padre.
"Apollo ha ragione, portiamolo a casa." Mio fratello si intromise, spingendo via mia sorella e prendendo nostro padre sotto la sua ala protettiva.
Io e Austin dovemmo sostenerlo per tutto il tragitto verso casa, a stento si reggeva in piedi. Usai il colletto della maglietta come mascherina, provando a non respirare la puzza che emanava. Se qualcuno mi chiedesse che odore ha il degrado risponderei puzza di Apollo mortale tossicodipendente.
Convenimmo che meritasse un bagno più che minuzioso, prima di toccare qualunque cosa presente in casa. Messo al sicuro quell'arma biologica e ripulitomi al meglio che potessi, tornai in cucina, per recuperare l'acqua della memoria e far bere finalmente mio padre. Le mani mi tremavano pensando che sarebbe potuto andare tutto malissimo senza possibilità di rimediare.
Improvvisamente, proprio quando afferrai la bottiglia, pronto a salire, qualcuno bussò alla porta della cucina. Distrattamente andai ad aprire, immaginando fosse Jake o Nyssa, o qualche altro semidio recentemente deumanizzato.
"Sorpresa! Sono tornata giusto per salutare il mio fratellino." Quella scena era nauseabonda vista dagli occhi di chi sapeva la verità. Bianca, con il sorriso più terribilmente malefico riproducibile da un viso umano, invase la mia cucina, lasciandomi impalato ad osservare l'uscio vuoto.
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Mi era mancato così tanto scrivere e pubblicare, ma allo stesso tempo non mi era mancata per niente questa sensazione di insoddisfazione, come se non avessi fatto abbastanza, come se avessi perso solo tempo e scritto solo stronzate. Però boh, non fateci caso, è un problema mio probabilmente.
Ogni riscrittura è una fanfiction, è arte che crea arte.
E con questo vi lascio e inizio a preparare l'esame di critica letteraria tre due settimane.
Ah giusto, il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Quanto è difficile concludere una storia aaaa
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