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2. You messed with the wrong girl.

"Will Solace. Questa è la cosa più fottutamente dolce, giusta e bella che qualcuno mi abbia mai detto." Con aria estremamente seria scese dal lettino con un salto mi spinse contro il muro e si avventò su di me aggrappandosi alla mia nuca, immobilizzandomi in un bacio davvero poco casto.


Tutto iniziò in quel preciso istante. Se avessi fatto finta di niente, se avessi detto subito la verità su di me, se avessi assecondato, o almeno trattato un po' meglio Bianca, tutto il resto non sarebbe mai successo. O forse sarebbe successo comunque, prima o poi, ma in modo differente, chi può saperlo.

Strabuzzai gli occhi incredulo, non avevo avuto il tempo di rendermi conto di ciò che stava succedendo.
Bianca Di Angelo mi era saltata praticamente addosso, avevo la lingua in bocca e la sua mano nelle mutande.
La scostai deciso, fermandola per le spalle.

"Non preoccuparti, non ci sente nessuno." Mi sussurrò con il volto arrossato per l'eccitazione, avventandosi di nuovo sulle mie labbra.
Inspirai profondamente, facendo appello a tutta la mia determinazione per staccarmela di dosso, quell'intrusione nelle mutande mi provocava soltanto fastidio.

"Ma che cazzo ti prende?" Sbraitai, allontanandomi da lei il più possibile. Mi fissò sconvolta, con lo sguardo infuocato di rabbia, mi mollò uno schiaffo e, afferrando la sua giacca, corse via in lacrime.

Mi resi conto troppo tardi che ero stato un tantino brusco nei suoi confronti, ma tutta quella situazione mi risvegliava ricordi troppo dolorosi, non ero in me.
Mi ci volle un attimo per riprendermi da quei cinque minuti di caos, feci un profondo sospiro stropicciandomi gli occhi e cominciai a toccarmi i ricci per il nervosismo. Vederla piangere mi aveva scosso, non volevo essere scortese, né brusco, sapevo quanto facesse male il rifiuto, ma non riuscivo a reggere la situazione. Se solo avesse saputo la verità.

Finii il mio turno un quarto d'ora dopo, sistemai l'infermeria e uscii. Nel corridoio ero circondato da persone che bisbigliavano alle mie spalle e che mi guardavano male. Cercai di sistemare nel miglior modo possibile i capelli ancora arruffati dalle mani di Bianca e la guancia rossa per lo schiaffo, prima di tornare a casa, pensando che non era andato poi così male come primo giorno di scuola.

[•••]

"WIIILL SOOOLAAACE. HAI ROTTO LE PALLE ALLA RAGAZZA SBAGLIATAA." Tre ragazzi mi sbarrarono la strada, armati di mazza da baseball, manganello e catena d'acciaio.
Il tizio che aveva urlato il mio nome stava al centro, a dieci metri di distanza da me più o meno. Aveva un ammasso di capelli neri che spuntavano da un cappuccio scuro e delineavano il suo viso spigoloso, di una tonalità pallida, verdastra, quasi cadaverica. Aveva una strana luce negli occhi neri, un fuoco inquietante che riuscirebbe a far scappare con la coda tra le gambe anche Ares in persona, lo stesso fuoco che si era acceso non molto tempo prima negli occhi di Bianca, e un ghigno da brividi sul volto. Non era alto, né particolarmente imponente, ma riusciva ad incutere timore con uno sguardo, la sua aura trasmetteva morte.

Non mi ci volle molto per fare due più due e capire che quel Dracula che mi sbarrava la strada in realtà era Nico Di Angelo.

Fece roteare la sua mazza da baseball nera un paio di volte prima di partire all'inseguimento.

"SOLACE, SEI UN FOTTUTO UOMO MORTO."
Ebbi giusto il tempo di guardarmi intorno e inizia a fuggire come se non ci fosse un domani. Attraversai la strada di corsa, salvandomi per un pelo da due auto che stavano per prendermi in pieno, le quali sterzarono bruscamente tamponandosi l'un l'altra, lanciandomi bestemmie e maledizioni.

Corsi. Corsi. Corsi finché le gambe mi ressero. Scavalcai con un salto il recinto di casa e feci il mio ultimo scatto fino alla porta. Li avevo alle calcagna. Sentii un rumore metallico e qualcosa che mi sfiorò la gamba, sapevo di essere vicino alla morte. Impiegai tutta la forza che mi era rimasta per salire con grandi falcate i gradini che mi separavano dall'entrata. Piombai in casa chiudendo subito la porta a chiave, appena mezzo secondo prima di ricevere due spallate che avrebbero buttato giù tutto se non ci fossi stato io dietro. Spiaccicai la fronte contro la porta per rilassarmi, finalmente al sicuro. Rimasi schiacciato con tutto il peso del mio corpo contro i pannelli di legno per sicurezza, quando sentii dei passi alle mie spalle.

"Wiiilly, tutto bene?" Mi voltai immediatamente, spaventato. Cloe spuntò da sotto al tavolo con le mani impasticciate di colori e scritte di pennarelli sulle guance e sul naso.

"Si tesoro, ho tutto sotto controllo." La rassicurai con un fintissimo sorriso, la fronte grondante di sudore, mentre mantenevo la porta con una spalla e tre pazzi assassini cercavano di sfondarla a sprangate, urlando insulti di ogni tipo. Cosa ci facesse da sola a creare opere d'arte sotto il tavolo era un mistero, ma non era quello il momento ideale per preoccuparmene.

"Non credere che ci arrendiamo così facilmente pezzo di merda." Urlò Nico Di Angelo dall'altra parte della porta. "Ti farò saltare tutti i denti e mi farò una collana." Feci un profondo sospiro di sollievo quando smisero di sbattere contro la porta, ritornai a preoccuparmi quando sentii puzza di piscio.
"Ti seppellirò dove non batte il sole, nessuno troverà le tue sporche ossa." Dopo lunghi attimi di calma, sentii qualcosa colpire la finestra del piano di sopra frantumandola in mille pezzi.

Il primo giorno di scuola: Will Solace 2, morte 0, giornata fiacca direi.

Mi ci volle una doccia, un paio di canne sul tetto, una scatola di corn flakes e una partita all'allegro chirurgo per riprendermi completamente e far sparire lo stress. Quel giorno era il mio turno, dovevo aiutare Austin con i compiti dato che non avevamo abbastanza soldi per permetterci un doposcuola, ciò significava passare il pomeriggio a cercare di capire le frazioni, per poi provare a spiegarle a quella capra che è mio fratello.

"Complimenti per l'opera d'arte contemporanea, vedi che quando t'impegni ci riesci anche tu." Sentenziò sarcasticamente con il suo solito tono da 'io sono intelligente e tu sei una capra, abituati', Kayla, entrando bruscamente nella nostra camera facendomi prendere un colpo.  Era ancora in pantaloncini della tuta, top fitness e scarpe da ginnastica, sistemò la coda di cavallo e si sfilò le cuffie lanciandomi l'ipod che le avevo prestato.

"Di che diavolo parli?" Mi ci volle un po' per realizzare a cosa si riferisse, ci arrivai appena prima che lei aprisse bocca.

"Del mattone che ha sfondato la finestra in camera mia. Come hai intitolato l'opera? 'Ecco cosa succede ad infilarsi tra le gambe di Bianca Di Angelo' oppure 'Dite le vostre preghiere sono un uomo morto?' " Continuò a prendermi in giro ridacchiando sotto i baffi, con un pizzico di rabbia e acidità, probabilmente per la finestra rotta in camera sua.

"Gesù, Kayla, anche tu con questa storia, non dirmi che ci credi." Sbuffai pesantemente roteando gli occhi. Se anche mia sorella ci credeva, non avevo speranze di convincere l'intera scuola del fatto che io fossi la vittima di tutta la faccenda.

"Ho trovato il titolo 'So benissimo di essere gay ma volevo provarci con la ragazza che ha il fratello più pericoloso del quartiere perché forse così mi faccio lui'." Mi ignorò completamente, continuando con le battutine sarcastiche, mentre io, stanco, utilizzai il metodo Will Solace per allontanare le persone moleste: lanciare la prima cosa che mi capita tra le mani (una scarpa puzzolente, in questo caso, con tanto di calzino svolazzante infilato dentro) e non centrare il bersaglio neanche di striscio.

Il metodo come al solito funzionò, riuscendo ad allontanare la sorella molesta quanto bastava per non sentirla più nelle orecchie.

"IN AMORE VINCE CHI FUGGE." Urlò Lee, che intanto era tornato da basket, schivando il colpo, per poi fare capolino da dietro lo stipite della porta e lanciare il suo borsone sul letto.
"E tu sei fuggito magistralmente, mi dicono, ti sei riscoperto maratoneta? Ti senti pronto per le olimpiadi, campione? Il primo posto vince un miracolo utilizzabile solo ed esclusivamente per non farsi pestare da Nico Di Angelo." Ero stanco di mettermi in ridicolo, sentii le viscere contrarsi per la rabbia, dovevo uscire da quella casa di ingrati rompicoglioni, anche a costo di sembrare permaloso.

Presi il telefono e uscii sul portico senza dire una parola.
Avevo scacciato Apollo, rischiato uno stupro, passato un primo giorno di scuola tra professori, risse ed infermeria, corso più velocemente dei figli di Ermes per scappare da tre pazzi assassini urlanti e scampato la morte. Tutto questo per essere deriso da quei quattro mocciosi dei miei fratelli.
Sentivo il forte bisogno di vedere Jake.

Composi il suo numero mentre mi accendevo l'ennesima canna, mi bastava anche solo sentire la sua voce.

"Doc. voglio sapere i dettagli! Lou ha detto che a scuola non fanno altro che parlare di te e Bianca." Mi rispose un po' affannato, ma curioso, sentii una porta aprirsi e il rumore sordo di qualcosa che veniva appoggiata con poca delicatezza dall'altro capo della cornetta.

"Jake, ti prego, potresti stare dalla mia parte almeno tu." Lo supplicai stringendo con rabbia il cellulare.

"Figurati. Saltarle addosso, in infermeria... non mi sembrava affatto da te. Ma poi una come Di Angelo non pensavo fosse il tuo tipo." Ammise serio.

"Sai che non avrei mai fatto una cosa del genere. È stata Bianca a saltarmi addosso." Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, presi un profondo respiro per farmi coraggio.
"Vieni a cena da me stasera, ti prego." Avevo bisogno di un alleato a tavola con gli altri, magari avremmo anche trovato un modo per scaricare la tensione.

"Ci vediamo alle otto, non ho molto tempo. E comunque non ho mai dubitato di te, pistolero." Rispose prima di staccare la telefonata.

[•••]

"Will perché c'è puzza di piscio di cane fuori la porta?" Mi chiese Jake con aria interdetta, mentre gli facevo spazio per entrare. Mi diede uno schiaffo sulla chiappa destra senza farsi vedere dagli altri e si precipitò in cucina.

"Mhh, sì, cani, cani rabbiosi. Mi hanno inseguito fino a casa. Se ci pensi tu ad apparecchiare vado a pulire." Non aspettai neanche la risposta, gli mollai la tovaglia tra le braccia uscendo rapidamente.

Finimmo le nostre pizze velocemente, non era il mio turno di pulire, quindi scappai subito sul tetto con Jake e qualche birra che beveva soltanto lui.

"Non posso trattenermi molto, tra poco devo stare da Lou, ma stanotte non resta da me quindi ho la casa libera. Lascerò la finestra aperta se vuoi farti un giro." Mi sorrise beffardo, con uno sguardo di sfida. Si mise a cavalcioni su di me, che continuavo a reggermi sui gomiti.
"Ora dimmi un po', preferisci raccontarmi la tua giornata come se fossi il diario segreto di una tredicenne o passiamo subito al sodo?" Concluse afferrandomi il sedere con entrambe le mani mentre iniziò a lasciarmi piccoli baci umidi sul collo. Reclinai la testa all'indietro per lasciargli spazio, iniziavo finalmente a rilassarmi.

"Non penso di riuscire a reggere quel tipo di sodo, magari qualcosa più soft. E comunque non ci metterò molto, è una storia breveeee." Mi afferrò il cavallo dei pantaloni con una stretta decisa ed improvvisa facendomi cambiare il tono di voce per la sorpresa.

"Credimi Will, ti conosco. Quando si parla di te niente è breve." Mi sussurrò nell'orecchio mordendolo e facendomi venire i brividi. Capii il doppio senso nella frase solo ragionandoci un po' su.

"Davvero, non ho molto da dirti. Bianca Di Angelo è arrivata in infermeria dopo una rissa e io l'ho ripulita, l'ho consolata dopo gli insulti e lei ha semplicemente dimostrato la sua gratitudine incastrandomi in un angolo, infilandomi una mano nelle mutande e ispezionandomi le tonsille con la lingua."

"Sono sicuro che se io facessi lo stesso tu non mi spingeresti via." Disse ridacchiando mentre lentamente mi sbottonava i pantaloni e liberava ciò che cominciava a stare stretto.

"Magari senza l'ispezione alle tonsille." Risposi sarcastico, con quel poco di lucidità che mi era rimasta.

"Così?" Mi sospirò direttamente nell'orecchio, scostandomi i riccioli biondi con una mano mentre con l'altra lo afferrò in tutta la sua lunghezza e cominciò a massaggiarlo lentamente.

"Mhhh." Mugolai. Chiusi gli occhi perso nel piacere. Riusciva sempre a farmi rilassare, a fare la cosa giusta al momento giusto. Sentii in lontananza una cerniera che si abbassava e capii che aveva iniziato a fare lo stesso su di lui. I suoi gemiti bassi si infrangevano direttamente nelle mie orecchie, aumentando la mia eccitazione. Il ritmo aumentava, in un momento di foga mi baciò lasciandomi interdetto e si staccò troppo in fretta. Improvvisamente scomparve dalla mia visuale e scese con la testa sempre più verso il basso. Posò le labbra, che poco prima erano state sulle mie, dove prima aveva le mani facendomi impazzire. Strabuzzai gli occhi e afferrai i suoi capelli per reggermi mentre cercavo di prendere quanto più ossigeno possibile.
"Cristo, questo non c'era nel menù." Riuscii a biascicare, con il fiato corto mentre ogni spinta mi faceva perdere sempre più la testa.

"Non ho resistito." Si staccò per rispondermi e mi guardò negli occhi facendomi perdere qualche battito, tutte le mie capacità celebrali si stavano lentamente spegnendo.

"Non intendevo fermarti. Continua." Conclusi con fretta, quasi al limite, stringendo i suoi capelli scuri.

[•••]

Sgattaiolare da una casa all'alba, per andare a preparare tutto per i miei fratelli ingrati e scappare a scuola prima dell'apertura, era decisamente stressante. Soprattutto se lo facevi per fuggire da un gruppetto di teppisti che ti inseguiva per un motivo che neanche tu conosci con certezza, ma di cui sicuramente non ne sei responsabile. Andai a scuola con l'ansia di ritrovarmeli sbucare da un qualsiasi angolo buio. Non sono mai stato un gran lottatore, cercavo di risolvere le questioni che mi riguardano sempre con un pizzico di democrazia. Sapevo che se mi avessero preso mi avrebbero fatto decisamente il culo.

Stavo scappando dai miei problemi come un codardo, e così facendo ammettevo di aver commesso qualcosa che probabilmente non avevo neanche commesso. La tipica persona che cercando di sistemare un semplicissimo errore ne commette altri dieci. Un caso completamente perso, me, Will Solace.

Arrivai a scuola e i cancelli erano ancora chiusi, ero completamente solo, avvolto nella nebbia mattutina e nel silenzio spezzato ogni tanto da qualche macchina che sfrecciava via, mi beai di quella tranquillità, ma sapevo bene che quella in realtà era solo la calma prima della tempesta.

La giornata passò lentamente tra ansia, panico, corse furtive tra una classe e l'altra, professori che già rompevano i coglioni. Mi sentivo più al sicuro non avendo turni in infermeria quel giorno, almeno era più difficile che mi trovassero.

Evitai il bagno e i posti pubblici il più possibile, ma dopo più di otto ore di vescica piena, il mio corpo implorava pietà. Non avrei mai resistito fino ad arrivare a casa e sperai con tutto me stesso di non trovare scassapalle in bagno. Quando entrai non c'era nessuno, solo una porta occupata, il resto era vuoto (anche perché mancava poco alla fine delle lezioni). Finalmente mi svuotai e quasi sentii la mia vescica cantare l'hallelujah. Uscii soddisfatto e mi avvicinai al lavandino per lavarmi le mani quando sentii dei passi alle mie spalle, rumore di scarpe pesanti e passi lenti e decisi. Il rumore di un accendino e subito dopo lo sbuffo di chi cacciava il fumo.

"Ma guarda un po' chi c'è." Una voce roca parlò alle mie spalle, lo riconobbi dai passi sulle mattonelle appiccicose del bagno, dal modo in cui si appoggiò alla porta del gabinetto e da come si accese la sigaretta. Sembrava troppo bello per essere vero, essere riuscito ad evitarlo per tutta la giornata.
"Ti piace attirare le ragazze in infermeria con parole dolci e sbattertele dietro le tende come un vero pervertito, eh Solace?" Mi voltai lentamente, guardai l'uscita a sottecchi, notando che una sedia bloccava la maniglia, mi stava aspettando, era tutto programmato. "Codardo, mi fai schifo." Mi guardò con disprezzo, riuscii a sentire l'odio nel suo sguardo trapassarmi il cuore da parte a parte, uno sputo si spiaccicò ai miei piedi. Ero sorpreso del fatto che non mi avesse ancora pestato.

"Non so tua sorella cosa ti abbia raccontato, ma non è successo niente di quello che credi, lascia che ti spieghi la mia versione." Ad ogni parola che usciva dalla mia bocca, Nico faceva un passo avanti accorciando la distanza tra di noi e soprattutto accorciando il tempo che mi restava da vivere.
"Ragioniamo insieme amico." Abbozzai un sorriso, alzando le mani in segno di resa.

"Prima stupri mia sorella poi le dai della bugiarda. Guardati bene intorno perché questo bagno sarà il luogo della tua morte. Amico." Fece un passo indietro ancora con la sigaretta stretta tra le labbra e mi caricò come un toro imbufalito. Non so per quale miracolo divino riuscii a scansarmi per un millimetro e lui finì a schiantarsi dritto nel lavandino spaccando lo specchio con un pugno. Eppure successe e ringraziai tutti gli dei dell'Olimpo, o qualcosa del genere. Si voltò verso di me con un urlo roco di rabbia e frustrazione scagliandosi contro il mio ventre e, questa volta, prendendomi in pieno. Mi ritrovai con le chiappe a terra e Nico Di Angelo sopra di me.

"NESSUNO TOCCA LA MIA FAMIGLIA. NESSUNO." Urlò con rabbia, prese la sigaretta che era rimasta miracolosamente intatta tra le sue labbra, la spense sulla mia spalla, lasciandomi un buco sulla maglietta e una scottatura sulla spalla. Poi iniziò. Incassai il primo pugno, il secondo, il terzo. Persi il conto prima di riuscire a reagire. Feci forza sulla schiena e sugli addominali e lo spinsi ribaltando la situazione, riuscii a dargli un pugno ben assestato sul sopracciglio e un altro sulla mandibola. Tutto quel sangue mi distraeva, sono sempre stato abituato a prendermi cura delle vittime di violenza e non a produrne.

Strusciare uno sull'altro, quell'opporre resistenza, quel dominare ed essere dominato mi stava paradossalmente eccitando.
Con un enorme sforzo riuscii a bloccargli i polsi e il tempo sembrò fermarsi.

Il mio volto ormai doveva essere soltanto un ammasso informe di sangue e lividi. Non mi sentivo più il lato destro, ma neanche Nico era messo bene. Le nocche erano incrostate di sangue e probabilmente schegge di vetro, il sopracciglio sanguinava e aveva un taglio sul labbro inferiore che gli sporcava il mento, il volto arrossato dalla furia e dall'adrenalina.
Cercò di liberarsi con uno strattone, ma peggiorò soltanto la situazione strusciando il cavallo dei pantaloni contro il mio ventre.
Sentii l'eccitazione di entrambi crescere.

In un mio attimo di cedimento si liberò, ribaltando per l'ennesima volta la situazione, caricò il colpo che mi avrebbe steso.
"Le tue ultime parole?" Chiese, sputando sangue. Io ormai ero immobile sotto di lui, inerme, non riuscivo a contrarre nessun muscolo. Ero come paralizzato.

"Sono gay." Esalai, con le poche forze che mi erano rimaste, rischiando tutto, esponendomi completamente. Se dovevo morire volevo che sapesse la verità, che mi vedesse per quello che sono realmente. Strizzai gli occhi, preparandomi ad incassare il colpo. Ero pronto.

Ma il colpo non arrivò mai, la presa che aveva su di me si allentò e io aprii gli occhi per controllare cosa stesse succedendo. Incrociammo lo sguardo quasi per errore e intravidi qualcosa cedere nel fondo di quelle due pozze nere, come se la muraglia che aveva costruito con tanta fatica per nascondersi e difendersi dal mondo, sotto i miei occhi, stesse cominciando a sgretolarsi. Lui resse lo sguardo e comprese. Nico capì che dicevo la verità e io capii che lui mi aveva capito perché anche lui era come me, anche lui ci era passato.

Scrutai oltre quelle iridi scure e scorsi sofferenza, dolore, morte e tanta solitudine.
Ed ebbi la conferma.
Lui era come me.

Mi attanagliò lo stomaco il fortissimo impulso di baciarlo, stringerlo a me, prendermi cura di lui. In quel contatto riuscivo a sentire ogni fibra del suo dolore e a illuminare ogni angolo nascosto della sua personalità, mi sembrò di conoscerlo da una vita.

Sentivo i nostri cuori battere impazziti, il fuoco prendere possesso di ogni centimetro dei nostri corpi. Nico si staccò da me con uno scatto, come se avesse preso una scarica di corrente elettrica. Si alzò in piedi e mi diede un leggero calcio nel fianco, per intimarmi silenziosamente di alzarmi, mentre si sfilava la maglietta. Non persi un secondo e seguii rapido o suoi movimenti, facendo lo stesso.

"Dovremmo fare qualcosa per risolvere il problema nelle nostre mutande." Disse semplicemente trascinandomi in uno dei bagni. Mi spinse con le spalle contro il muro e si posizionò davanti a me dandomi la schiena e calandosi i pantaloni. "Scopami e fai presto, abbiamo poco tempo."

°•°•°•°•°•°

Note: Questo primo capitolo, lo ammetto, è parecchio strano. Ci saranno cose che non capirete e rapporti che verranno chiariti meglio in seguito. Ho dato ai personaggi che non sono principali nella saga di Percy Jackson una mia libera interpretazione, molti sono completamente OOC (lo stesso Will, spesso e volentieri), ho fatto questa scelta per rimanere in clima "Shameless". Qualsiasi curiosità, domanda, o anche consiglio io sono qui per rispondervi, buona lettura.

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