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10. Dead boy, what big eyes you have.

Disclaimer: se qualcuno ha bisogno di qualche approfondimento sui tarocchi o sul significato delle carte specifiche fatemi sapere, potrei scrivere dei commenti per ogni carta citata in cui descrivo più approfonditamente i significati, se vi va.
PS: Spero apprezzerete questo capitolo quanto me, non vedevo l'ora di pubblicarlo. Buona pappa.

C'era solo un numero come sulle altre carte. XIII, tredici, nonostante i miei ricordi sbiaditi ero abbastanza sicuro di conoscere quella carta, La Morte. E non credo fosse un buon segno il fatto che fosse caduta proprio sul mio futuro.

Quante possibilità c'erano che le cose per una volta nella vita mi sarebbero andate bene?
Poche.
Quante possibilità c'erano che la carta volante cadesse proprio su quella del futuro?
Pochissime.
Eppure successe.

Quello fu un passaggio fondamentale per fare sì che arrivassimo alla situazione iniziale, quella vicenda accennata all'inizio della storia, chissà se qualcuno si ricorderà come e perché ho iniziato a raccontare. Ormai siamo a più di metà strada, ci avviciniamo a capire come io, Will Solace, mi sia ritrovato a scappare da Nico di Angelo urlandogli quanto fosse passivo.
Ma torniamo a noi.
La Morte volante.

Lou sbiancò quando vide La Morte sul mio futuro e scosse la testa incredula cercando di tornare in sé.

"Beh, lì ci sono i tuoi sonniferi, lasciami un'offerta a piacere, non mi importa dei soldi." La magia era finita, si tornava nel mondo reale. Lou tornò di colpo seria, come raramente l'avevo vista in vita mia, indicò il comodino guardando ipnotizzata la carta intrusa sul mio letto, sembrava quasi di riuscire sentire gli olografici ingranaggi magici del suo cervello stridere in cortocircuito. Nico, interdetto ma sollevato, si affrettò zoppicando verso il flaconcino di sonniferi.

"Per curiosità, che carta hai in mano?" Chiese la mia amica senza il suo solito tono allegro e acuto. Ero curioso quanto lei, per quanto non fossi specializzato in tarocchi come la mia caromante personale, mi piaceva guardarne i disegni e avere una scusa per parlare dei miei drammi quotidiani. Infondo mi fidavo dell'intuito di Lou, più volte mi aveva dimostrato le sue capacità nel riuscire a leggere gli altri così bene da essere in grado di prevedere le loro mosse, quasi come se vedesse il futuro. Le sue abilità oratorie, intendo letteralmente la capacità di spiegare cosa avesse in testa, però erano molto più carenti, questo rendeva le sue letture dei veri e propri enigmi. Attendemmo che il ragazzo posasse furtivamente i soldi sul comodino dopo aver intascato le pillole. Si girò verso di noi barcollando impercettibilmente e ci mostrò la carta con un'espressione confusa e disgustata.

Era sicuramente una carta molto gialla.

Un bambino decisamente biondo e gioioso cavalcava nudo un cavallo bianco, alle sue spalle una sottile fila di girasoli e un enorme sole con un buffo faccione antropomorfo riempiva la carta. A stento riuscii a leggere il numero a quella distanza, XIX, diciannove.
Il... Sole?

Guardai Lou che fece un sospiro di sollievo, gli ingranaggi magici del suo cervello scattarono e ripresero a fluire. Guardò me, poi guardò Nico, un sorrisetto tenero con un non so che di malizioso ed enigmatico apparve sul suo viso tondo.

"Mi piaci e contemporaneamente mi spaventi, Nico di Angelo." Feel you, cara mia Lou. Puntò indice e medio prima sui suoi occhi e poi su di noi. "Attenti, vi tengo d'occhio mascalzoni." Guardai la mia amica divertito, poi Nico, che con una smorfia confusa mi rivolse uno sguardo da aiuto questa tipa ha problemi seri di che ti fai per riuscire a sopportarla?

Fui sorpreso dal fatto che riuscii a capire tutto questo da un semplice sguardo, il mio cuore si lanciò in mirabolanti acrobazie per qualche secondo nella mia cassa toracica. Bramavo altri sguardi del genere da parte sua. Mi scappò un sorriso sincero e per un attimo mi parve quasi che il viso di Nico si rilassasse impercettibilmente. Non riuscii ad indagare perché, ovviamente, quel piccolo asociale si voltò dalla parte opposta alla mia avviandosi verso la finestra.

"Ok, con permesso, fanculo, io vado." Nico con due dita lanciò la carta, che almeno sta volta finì su di me e lontano dalle altre, e scavalcò con non poche difficoltà. Dovetti frenare l'impulso di correre ad aiutarlo perché sapevo che mi avrebbe odiato, scacciato e maledetto se ci avessi anche solo provato.

"Un piacere anche per me..." Urlò Lou portando la mano a coppa accanto alla sua bocca per amplificare la sua voce.

"Buona fortuna, chiamami se ser-" Riuscii a biascicare debolmente per poi essere interrotto dalla finestra chiusa bruscamente da Nico a mo' di ghigliottina. Abbassai lo sguardo sconfitto e preoccupato, speravo con tutto me stesso che il suo piano, qualunque fosse, funzionasse. Sapevo che Nico non era stupido e non dubitavo delle sue capacità, ma neanche Ade lo era.

Tra le mie mani c'era la carta lanciata poco prima da Nico e mi fermai ad osservarla da vicino insieme alla carta intrusa. Il Sole e La Morte avevano un'iconografia simile ma opposta. In entrambe c'era un cavaliere e un cavallo bianco, certo c'è una bella differenza tra un bambino biondo sorridente e uno scheletro con la falce, ma in ogni caso mi sembravano simili, uno il negativo dell'altro. In una colori scuri, desaturati e freddi, nell'altra luce, colori caldi e vibranti, alla scena gioiosa del bambino si contrapponeva quella della distruzione e desolazione lasciata dalla morte.

"Curioso vero?" Chiese Lou che intanto aveva osservato la scena, sembrava presente e attenta, ma conoscendola era completamente persa chissà dove nella sua testa tra le sue assurde idee. "Non mi era mai successa una cosa del genere. Quel ragazzo ha un potere caotico e distruttivo assurdo, anche se non vorrebbe. Ti ha letteralmente sconvolto il destino, ma alla fine hai visto? Ti ha scelto, e si è imposto certo, ma ti ha scelto, no? Spero solo ne valga la pena, capisci?"
No, non avevo capito assolutamente nulla, non riuscivo a cogliere neanche l'ipotetica presenza di un minimo di senso e di logica, per quanto mi sforzassi sembrava stesse parlando con sé stessa, in un'altra lingua. Decisi di tenere per me quella risposta e rimasi in silenzio passandole la carta che avevo in mano. Intanto lei cercava di sistemare un po' con estrema lentezza dato che la sua mente era altrove.

"A proposito di togliersi le spade dal cuore." Dissi un po' insicuro osservando la carta del tre di spade essere rimischiata accuratamente nel mazzo. "Vorrei chiederti un favore."

"Spara. Ma niente filtri d'amore, cristalli e quarzi rosa per farlo innamorare di te, lo sai, non faccio più queste cose." Lou arrossì e tossicchiò. "Non per gli altri almeno." La guardai interdetto scuotendo la testa. Non ero del tutto convinto di ciò che stavo per fare. Mi lasciai cadere steso sul materasso, portando le mani al volto. Dovevo chiederglielo, probabilmente era l'unico modo che contemplasse un minimo di autoconservazione.

"Dorothy ha scritto una lettera ai suoi adorati figli e, a quanto pare, ha aggiunto anche dei soldi, che Apollo ha rubato." Sottolineai sbuffando ancora con le mani sul viso e la voce roca per lo sforzo di far uscire le parole da bocca. "Tornando alla lettera, non riesco a leggerla, non me la sento, ma magari se la leggessi tu al posto mio... sai, così mi dici quanto mi conviene leggerla." Mi girai dal lato di Lou e lasciai scivolare le braccia lungo i miei fianchi per riuscire a guardarla. Seduta a terra com'era dalla mia prospettiva sembrava una testa fluttuante senza corpo. Lei mi guardò con un espressione dispiaciuta e annuì sorridendomi dolcemente.

"Certo tesoro mio, dimmi dov'è che la vado a prendere." Posò le carte finalmente raggruppate in un unico mazzo prima di allungare una mano verso di me e spostarmi i ricci dalla fronte con fare materno.
Quando si rivolgeva a me in quel modo mi causava sentimenti contrastanti. Da un lato non mi dispiaceva che per una volta nella vita ero io ad essere accudito da qualcun altro, ma allo stesso tempo, proprio per il fatto che era una situazione poco realistica e davvero rara nella mia vita, mi sentivo preso in giro da quell'atteggiamento. Soprattutto se era una pazza diciottenne aspirante cartomante dai capelli blu la figura materna in questione.

"Dovresti trovarla all'ingresso dove teniamo tutte le lettere, in mezzo a una decina di bollette." Mentre parlavo si era già alzata e diretta verso la porta, annuiva sicura di sé sapendo dove trovarla. Approfittai di quel momento di solitudine per farmi un giretto in bagno, da quando avevo aperto gli occhi ancora non mi ero completamente tolto le coperte di dosso, figuriamoci alzarsi dal letto.

Diedi un'occhiata al telefono, erano quasi le quattro del pomeriggio e io mi sentivo, e probabilmente sembravo, un sacco di merda. Ripensai a quanto fossi risultato imbarazzante poco prima con Nico, non ero riuscito neanche a parlargli, se non per quella frasetta finale da mamma apprensiva al limite del ridicolo. Tirai lo sciacquone. Quanto avrei voluto scaricare me stesso insieme ai miei escrementi.

Lou salì poco dopo, mi chiamo dalla camera e affrettai il tutto, era arrivato il momento. Quando tornai in camera mia Lou era seduta sul mio letto con la lettera tra le mani e le lacrime agli occhi.
Fantastico, proprio quello che desideravo.
Quando si accorse di me cercò di tornare seria e allegra rapidamente per non scoraggiarmi, ma ormai era troppo tardi. Conoscevo quella stronza di mia madre e sapevo quanto potesse essere distruttiva anche con una semplice lettera.

"Preferisci che te la legga o faccia un riassunto?"

"Prima un riassunto, poi nel caso riesco a tollerarlo me la leggi."

"Ehm, ok, in sintesi al momento... in realtà non ho capito bene se al momento o quando ha scritto la lettera..." lasciò scorrere velocemente lo sguardo sulla lettera. "Ehm, in breve, è stata in una clinica psichiatrica da inizio anno." Era ora, pensai. Di certo mia madre non era l'emblema della salute mentale. La notizia non mi sconvolse, anche se provai una certa pena per lei. Anni e anni passati a curare le persone e ora si trovava forzatamente ad essere curata. Sperai vivamente di restare lontano da lei e dai suoi problemi.
"Ti va se la leggo?" Annuii, ormai la bomba era stata lanciata, volevo sapere. Fortunatamente ebbe pietà di me e omise l'intestazione devastante.

"Ho provato a cercare le parole da scrivere per così tanto tempo, per altrettanto tempo ho creduto di sapere quali parole scrivere, quelle parole belle che fanno sembrare una lettera bella piena di sentimento e significato, tipo amore, sofferenza, sacrificio, vi penso sempre, mi mancate, siete la mia luce eccetera eccetera eccetera.
Poi però dovevo capire come metterle in ordine nella lettera e ho bruciato tutto. Perché? Perché sì. C'è un essere cattivo dentro di noi, cinico e sadico, che vuole la nostra distruzione e sofferenza, a prescindere da chi siamo, vive nei nostri cuori e aspetta che il tuo cervello ceda per provare a strangolarti.

Ma partiamo da capo. Nessuno può sapere ogni cosa, il mondo che ci circonda è un mistero, noi stessi siamo un mistero, il nostro destino è un mistero. Tutti sanno che è così, non credo di dirvi nulla di nuovo. La vita è un continuo susseguirsi di sfide, di ansie, è tutto così difficile. Non sono mai riuscita a trovare una quadra in nulla nella mia esistenza.
Nonostante le mie conoscenze, è stato davvero complicato per me capire quale fosse il mio problema, eppure è stato sotto al mio naso per tutto il tempo.
I miei alti e bassi, le cose stupide e pericolose che ho fatto, quanto vi ho messo in pericolo anche solo mettendovi al mondo. Vi giuro che se avessi saputo fin da subito di avere quello che ho probabilmente non avrei mai scelto di avere dei figli, ma è altrettanto probabile che proprio ciò che ho ha fatto sì che io avessi dei figli, dei figli con Apollo."

Se n'era accorta, finalmente.

"Ed eccoci qui, all'inizio di quest'anno. Non so come sono sopravvissuta ai festeggiamenti di capodanno tra barbiturici e champagne, so solo che mi sono risvegliata dieci giorni dopo in una clinica psichiatrica con un'anamnesi: ipomania e depressione.
Sto bene. Va e viene. Il mio sistema nervoso parasimpatico reagisce alla sovrastimolazione mettendomi in modalità combattimento per la sopravvivenza o tuffo di testa dal settimo piano, senza zone grigie, senza via di mezzo."

Lou lesse la lettera riuscendo a rimanere seria e pacata, io l'ascoltavo altrettanto serio. Stava per iniziare a leggere il retro del foglio quando la porta della mia camera si spalancò. Kayla fece il suo ingresso, brusco come al solito, guardandoci irrequieta.

"Carissimi, scusate l'interruzione, ma ho bisogno di Will per andare a cercare e, se lo troviamo, pestare nostro padre." Si piazzò al centro della stanza con braccia conserte fissandomi con un espressione indecifrabile. Sbuffai, chiusi gli occhi per un secondo cercando di scacciare le parole di mia madre dalla testa e concentrarmi sull'altro genitore, dove diamine poteva essere?

"Lou, mi serve un favore. Puoi stare qui con le bestie? Apollo ci ha rubato dei soldi." Unì le mani in segno di preghiera guardando la ragazza ancora con la lettera in mano.

"Come faccio a dirti di no?" La mia amica scosse la testa sorridendo. "Certo che resto qui, andate pure, e fate il culo ad Apollo anche da parte mia."

[•••]

Per giorni vissi lontano da qualunque cosa non fosse la mia famiglia o la scuola.
Tra la ricerca di Apollo, i primi compiti in classe e gli altri pazzi individui della mia famiglia che si mettevano nei guai non mi restava spazio per nient'altro.

Austin era stato sospeso da scuola per aver creato un dardo con una matita 2H e averlo lanciato, colpendo in pieno stomaco il suo professore di matematica. Era finito in ospedale, due giorni di prognosi.
Ok che sei l'ennesimo figlio di Apollo con una buona mira, ma anche meno.

Anche Josh rischiava grosso per un bambino di seconda elementare, ma fortunatamente niente di grave o di violento, aveva provato a portarsi a casa il modellino anatomico del corpo umano grande quasi quanto lui perché "gli serviva". Ovviamente, non essendo il più sveglio della famiglia, non aveva neanche provato a nasconderlo, tranquillo lui, aveva provato ad uscire dal cortile con il busto umano sotto al braccio, compreso di organi di plastica smontabili.

Cloe invece si era beccata la febbre perché s'era sbaciucchiata una sua amica con il raffreddore credendo di riuscire a guarirla in questo modo. Fortunatamente Lee e Kayla non avevano combinato nessun pasticcio, almeno da quanto ne sapessi.

La mia vita era un casino. Io ero un casino. Eravamo appena nella seconda settimana di settembre e già il clima di Chicago stava mandando a fanculo l'estate. Odiavo quel posto.
Mia madre era originaria del Texas, si era trasferita nell'Illinois per amore, bella merda sapendo com'era andata a finire. Lì l'estate non finisce mai, quello è il mio cazzo di habitat naturale.

In ogni caso cieli grigi e temporali non aiutavano il mio umore altalenante, soprattutto se la mia vita stava già andando a fanculo da sola. Dopo lo spaccio dei sonniferi non avevo né visto né sentito Nico, non avevo neanche saputo di crimini strani avvenuti nel quartiere e la cosa in parte mi tranquillizzava.

Avevo visto Bianca però, ormai a scuola eravamo una coppia di fatto e io ero un pessimo fidanzato, ovviamente, perché continuavo a dimenticare il fatto che stessimo insieme. Fortunatamente stare con lei aveva fatto sì che finalmente venissi delucidato riguardo il nostro accordo.

In sostanza sarei diventato lo spacciatore della miglior qualità di indica mai prodotta a Chicago. Miranda era la regina dei pollici verdi, curava più di cento piante come se fossero figlie sue, ognuna aveva un nome. Se magari avessi avuto dei genitori amorevoli come lo era quella donna con le sue piantine, probabilmente non mi sarei trovato nella condizione di dover spacciare per vivere, chissà.

Quando andammo nel suo capannone era il giorno del raccolto, la maggior parte delle infiorescenze erano ancora da seccare, ma quelle già pronte erano devastanti.
Ottimo. E io avevo accettato tutto ciò senza battere ciglio. Grandioso.
La notizia positiva era che almeno, se pure fossi finito in carcere, ci sarei finito con i miei amici. Quella negativa era che avrei abbandonato la mia famiglia, come tutti gli altri prima di me, Dorothy, Apollo, Michael, e questo non poteva succedere. Secondo i fratelli Di Angelo sarebbe stato un "lavoro senza rischi" perché l'avremmo smaltita tra di noi, amici di amici, un assaggio a tutti, poi sarebbero tornati imploranti per avere ancora.

Io avevo l'incarico di mastro spacciatore perché ero quello più insospettabile tra Mercoledì Addams, il fratello minore di Dracula e una giovane donna hippie appena uscita da Woodstock. Sembrava onesto.
Ovviamente il mio compenso sarebbe stato maggiore per ripagarmi del rischio che correvo. Non vi sto a dire quanto, ma si parlava di tanti, tanti soldi, non mi sarei più dovuto preoccupare delle bollette e con quello che mi restava avrei potuto tranquillamente iscrivermi alla migliore scuola per paramedici a Chicago una volta finito il liceo. In più, erba invenduta gratis per me tutti i giorni. Non potevo chiedere di meglio, letteralmente il sogno di un tipico adolescente del South Side.

In pochi giorni avrei dovuto iniziare a distribuire un campione a pochi fidati, i fratelli Stoll sicuramente, Lou e Jake, i fratelli di Jake, Leo soprattutto, non gli avrebbe fatto male darsi una calmata dato che sembrava costantemente sotto ecstasy per il suo carattere festoso e iperattivo. Hazel, nah Hazel no, non le piaceva fumare, ma avrebbe potuto farci dei biscotti... In ogni caso avrei sicuramente trovato ottime cavie tra le mie conoscenze e quelle dei miei fratelli.

Era il secondo giorno di cerca Apollo e spera non abbia speso tutti i tuoi soldi ~ South Side edition. Tornati a casa dopo l'ennesimo buco nell'acqua, Bianca mi raggiunse con la merce per iniziare a dividerla e impacchettarla per il giorno successivo, le prove generali. L'intera famiglia correva in giro per casa cercando di soccorrere la piccola Cloe infreddolita dall'influenza, isolata nella camera di Kayla. Salimmo le scale per rifugiarci nella mia stanza e una volta raggiunto il piano superiore notammo Lee, dall'altra estremità del corridoio, con un ukulele in mano intento a cantare una serenata alla piccola malata. La melodia era dolce e allegra, sentivo Cloe ridacchiare alla vista del fratellone con quel minuscolo strumento tra le mani.

"To say that you are cute,
Would be like saying a strawberry is sweet,
'Cause a strawberry has secret flavors
that are sharp,
and tart,
and red,
and deep,
🎶🎶🎶
And i would love to find you
growing wild out by the woods,
I would make a basket with the front of my t-shirt,
And take home as many of you as I could,"

Poi notò che eravamo impalati fuori la porta della mia camera a guardarlo cantare e si rivolse verso di noi, anzi, verso Bianca.

"And to say that you are pretty,
Would be like saying that the ocean is blue,
Cause the ocean is full of all kinds of colors,
And I see all kinds of things when I look at you...
🎶🎶🎶
And I want to explore you
With my tennis shoes off
Standing ankle deep in a tide pool,
With my khaki pants rolled up,
🎶🎶🎶
And to say that you are funny
would be like saying that the night sky is black,
Cause the night sky is filled with stars
and comets
and planets that no one has seen yet,
🎶🎶🎶
And i want to look at you,
Lying down on my front lawn,
I'll try to take you all in at once,
but you just go on and on and on..."

Notai che Bianca si sforzava con tutta sé stessa per non piangere. Quella ragazza aveva un enorme bisogno di affetto se anche una stupida canzoncina con l'ukulele riusciva a farla commuovere. Poi mi toccai il viso e notai che anche io stavo piangendo.
Fottuto Lee, sempre bravissimo in tutto ciò che fa.

La canzone finì e lui si cimentò in un buffo inchino verso Cloe e verso di noi, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi carismatici. Per un attimo mi sembrò quasi di notare Bianca arrossire. Sì, Bianca -sei stato gentile con me e quindi infilo una mano nelle tue mutande senza vergogna- Di Angelo stava decisamente arrossendo. I fratelli Addams, volevo dire, i figli di Ade avevano davvero un debole per i figli di Apollo a quanto pareva.

Lee venne distratto dalle risate e i deboli applausi di nostra sorella minore che tra un colpo di tosse e l'altro sibilava "ancora, ancora!" Ricominciò quindi a strimpellare l'ukulele intonando altre canzoncine sciocche e sdolcinate. Bianca, ripresasi dalla freccia di Cupido dritta in fronte, scappò nella mia stanza trascinandomi con sé.

"MMMa'rrria Vvergine, che caldo che fa qui dentro, posso?" Indicò la finestra della mia camera mentre con una mano si sventolava il viso. Annuii sorridendo sornione, aveva pronunciato le prime due parole in italiano, era la prima volta che la sentivo parlare la lingua dei suoi genitori, davvero buffa ad essere onesto. Lei corse verso la finestra spalancandola, si tolse la grossa felpa scura e la lanciò sul mio letto insieme al suo zaino. Il suo profumatissimo zaino. Un pungente odore d'erba mi fece ricordare perché eravamo lì.

"È bravo a cantare, mio fratello Lee intendo, vero?" La punzecchiai, lei prese una grossa boccata d'aria sporgendosi fuori, cercava di prendere freddo per tornare al suo radioso e naturale colorito cadaverico probabilmente.

"Uhm sì, il giusto... che canzone del cazzo però." Fece roteare gli occhi fingendo fastidio, era un'ottima attrice, ma l'avevo vista fin troppo bene prima, mentre andava a fuoco e quasi piangeva dalla dolcezza.
"A proposito, quando hai intenzione di ricambiare il favore? Sai tu e mio fratello, magari io e tuo fratello... o anche lui preferisce altro?" Finalmente la riconoscevo, piccola Di Angelo manipolatrice con gli ormoni impazziti.

"No, lui è etero, te lo assicuro." Le sorrisi soddisfatto, in effetti non sarebbero stati male insieme quei due, in tutta onestà temevo solo un po' per mio fratello, uomo poco costante, se l'avesse fatta soffrire non avrebbe avuto una vita facile, e io ne sapevo qualcosa. "Ti prometto che vedrò cosa posso fare. Magari lo chiamo ora, ci aiuta con i pacchetti, se gli va fumiamo insieme."

"Nonono." Bianca scosse la testa agitata spalancando i suoi occhioni scuri, per poco non mi si lanciò addosso per fermarmi, anche se in realtà io non mi ero mosso di un millimetro. Tossì e si ricompose, quasi come se nulla fosse successo.
"Ehm volevo dire ok, come preferisci, non m'importa." Disse seria e composta. "Ma senza ukulele per favore." Aggiunse in un sussurro imbarazzato. Volevo scoppiare in una fragorosa risata e non so con quale forza d'animo riuscii a trattenermi. Amavo i Di Angelo, così incapaci a gestire le proprie emozioni da diventare esilaranti.

Mi affacciai dalla porta della mia camera e notai che intanto anche Kayla aveva raggiunto Lee ormai in modalità concerto. Fischiai all'allegra combriccola di fuori di testa e feci cenno a Lee di raggiungermi appena avesse finito lo show. Tornai al mio compito, organizzare la merce. Bianca aveva già fatto spazio sulla scrivania che, essendo praticamente attaccata al mio letto, sarebbe diventata perfetta per una catena di montaggio. Si sedette alla scrivania per pesare mentre io ero sul mio letto pronto ad iniziare il lavoro.

"Come va a casa?" Chiesi titubante, non sapevo se Bianca sapeva e non volevo incasinare Nico svelandole qualcosa che magari non voleva che lei sapesse. La ragazza mi guardò interdetta quasi a dire "quale casa?" poi capì a cosa mi riferissi e sospirò un oh.

"In effetti tutto stranamente ok, Ade non sta rompendo neanche più di tanto il cazzo in questi giorni." Fece spallucce con un sorrisetto soddisfatto. "Ma voglio rendergli la vita un inferno comunque. Sono sicura che tornerà in prigione e io voglio solo fare in modo che questo succeda il prima possibile." Quindi anche lei aveva un piano.
Stupidi fratelli Di Angelo, sempre a cospirare nell'ombra senza mai confrontarsi tra di loro perché troppo impegnati a proteggersi l'uno con l'altro. Mi limitai ad annuire in silenzio con un sorriso di incoraggiamento che sperai fosse il meno amaro possibile. Dovevo tenere la bocca chiusa e dovevo lottare contro la mia volontà per riuscirci. La cosa positiva, però, era che il piano di Nico stava funzionando, imbottito di sonniferi Ade era impotente.

Avevamo già preparato qualche pacchetto in silenzio quando Lee ci raggiunse, Bianca pesava, io imbustavo e sigillavo, procedendo a ritmo abbastanza spedito. Mio fratello incredulo si avvicinò a me per accertarsi di aver capito bene cosa stessi facendo. Annuii in silenzio sorridendogli malizioso. Lui scosse la testa rassegnato e si avvicinò a Bianca concentratissima.

"Allora, come posso aiutarvi coniugi Escobar?" Chiese ironico, Bianca non si scompose, senza distogliere gli occhi da ciò che stava facendo, sfilò un astuccio nero pieno di scritte di pennarello bianco indecifrabili dalla sua borsa.

"Tieni, fanne una." Allungò il braccio verso mio fratello che afferrò l'astuccio prima che la ragazza lo lasciasse cadere.

"Agli ordini." Lee si sedette sul suo letto e iniziò a preparare una canna. Continuava a guardarmi confuso e incuriosito con uno strano sorrisetto sul viso, quasi sorpreso da quella situazione.
"Ehm, non vorrei fare il guastafeste, ma non avete paura che possano scoprirvi? Sapete, esiste la legge, la polizia, i bigotti, gli altri spacciatori incattiviti, non mi sembra abbiate molti alleati..." Lasciò cadere il discorso abbastanza intimorito dallo sguardo indagatore di Bianca, che nel momento in cui sentì la parola polizia si voltò verso mio fratello con un sopracciglio alzato quasi fino all'attaccatura dei capelli. Conoscevo bene quello sguardo, ormai ero abituato ad essere il soggetto preferito delle occhiatacce mortali di suo fratello Nico ed effettivamente essere l'osservatore esterno era mooolto più divertente.

"Rispettare la legge è uno sport per ricchi. Ti sembro ricca?" Ringhiò infastidita e Lee si precipitò a scuotere la testa spaventato. "Lui è il mio alleato." Mi indicò con un pollice. "E questo mi basta. Ma se vuoi unirti a noi c'è spazio." Lee si pietrificò, un silenzio imbarazzante calò nella stanza.

"Nel senso che magari potresti consigliarci qualche cliente affidabile. Qualcuno di tranquillo e discreto a cui potrebbe interessare la nostra merce." Tentai con tutto me stesso di mediare. Conoscevo mio fratello e sapevo quanto fosse una persona prudente, tranquilla, che voleva tenersi lontano dai guai. "Con questa ci pagherò le bollette Lee, e la spesa, le emergenze, i mezzi pubblici, la scuola per paramedici. Non è uno scherzo." Sventolai un pacchetto appena sigillato come se fosse il mazzo di chiavi per il paradiso. Speravo di convincere il suo poliziotto interiore a chiudere un occhio. Non so se fu merito mio, o dello straordinario potere rilassante delle infiorescenze di Miranda, ma Lee, poco dopo, sembrava aver dimenticato qualunque ansia e paura.

"Cos'è questo party privato a cui non sono stata invitata?" La porta della mia stanza fu aperta da Kayla che, probabilmente sentendo l'odore, accorse distribuendo lattine di birra e sfilando la canna accesa dalle mani di Lee. "Cloe si è addormentata, continuate pure il vostro meraviglioso gioco del silenzio." Al suo ingresso Bianca roteò gli occhi, non le stava molto simpatica mia sorella. Afferrò comunque la birra senza fare complimenti.

"Serviti pure." Bianca indicò il suo borsello delle meraviglie accanto a Lee invitando mia sorella a farne un'altra. Kay non se lo fece ripetere due volte, ma quando Bianca tornò a concentrarsi sul bilancino,mi guardò mimandomi "dopo dobbiamo parlare" in modo abbastanza incazzato. Sbuffai dedicandole una smorfia di disprezzo. Anche nel suo caso però bastò fumare un po' per rimuovere la rabbia ancestrale dal suo corpo.

Improvvisamente il mio telefono squillò. Era il numero dell'Alibi. Lo conoscevo a memoria a causa di tutti i pomeriggi passati a chiamare il Signor D. da bambino per chiedere se almeno uno dei miei genitori fosse da lui. Mi precipitai a rispondere. Il Signor D. era stato informato della situazione, nei giorni precedenti eravamo passati più volte da lui. Apollo aveva i nostri soldi, soldi con cui avremmo dovuto pagare anche il conto all'Alibi, era una questione che interessava direttamente anche il barista.

"Il pollo è nel gallinaio. No aspetta, non era così... Ah giusto, il gallo è nel pollaio." Bisbigliò l'uomo mentre in sottofondo chiassose risate e musica cubana risuonavano moleste. "Fate presto." Il Signor D. terminò la telefonata furtiva prima ancora che io potessi rispondergli.

Quello che successe con nostro padre è un'altra storia, ora non perdiamo il filo. Per ora vi basta sapere che io e Kayla corremmo all'Alibi, beh corremmo, più o meno, visto che la corritrice/combattente della coppia era completamente fatta. Quella donna era composta dal 90% di good vibes & chill e io dovevo fare il guerriero. Molto bene. Intanto ovviamente Bianca e Lee rimasero soli a casa, promettendoci di stare attenti a Cloe.

Ritornando al discorso iniziale, quel pomeriggio, ovvero due giorni dopo aver affrontato Apollo, lo ricorderò per tutta la vita, è scolpito nella mia mente per sempre.

Tutto partì da casa mia, dovevamo dare inizio alle danze, quelle ufficiali. Nico era passato a depositare la merce nel mio seminterrato e a cambiarsi. Doveva togliersi quell'aspetto da teppista tossico se voleva passare inosservato e non farci beccare.
E ovviamente chi possedeva interi cassetti di magliette basic da bravo ragazzo e camice colorate? Che domande, io.

"Questa ti piace?" Gli chiesi tirando fuori dal cassetto una polo azzurra, a righe arancioni orizzontali, a mezze maniche. Obbrobrio.

"Oh ti prego smettiamola con queste stronzate, dammi qualunque cosa, dobbiamo andare, Bianca ci sta aspettando." Sbuffò spazientito appoggiato alla finestra della mia camera guardando distrattamente fuori, come se attraverso il cielo riuscisse a capire che ore fossero.

"L'aspetto è importante, se devi farmi da palo non puoi attirare l'attenzione." Ribadii, era assurdo che facesse tutte quelle storie per cambiarsi semplicemente la maglietta. Finalmente trovai quello che mi serviva, una maglietta bianca dei Talking Heads che a me andava un po' piccola, per lui sarebbe stata oversize in ogni caso, ma era il meglio che potevo offrirgli.

"Sapevo che era uno sbaglio darti tutto questo potere." Scuoteva la testa pentito. Lanciai la t-shirt sul mio letto accanto a lui sperando che la mia scelta fosse un giusto compromesso.

"Smettila di frignare come un bambino e indossa questa maglietta. Non è acqua santa sai, non ti brucerà la pelle." Nico, ubbidì, tra i miei sguardi increduli e sbuffando come in treno a vapore, ma ubbidì, in fondo, da buon psycho killer fafafafa~ qual era probabilmente aveva apprezzato a la mia scelta. Si sfilò la sua maglietta nera rovinata con un enorme teschio sul davanti rimanendo a torso nudo.

Dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non correre da lui, prenderlo tra le braccia e lanciarlo sul mio letto, tuffandomi a ruota su di lui. Mi costrinsi a voltarmi fingendo di sistemare il cassetto da cui avevo recuperato la maglietta che gli avevo prestato. Senza neanche accorgermene mi ritrovai a mordermi il labbro inferiore talmente forte da sentire il sapore ferroso del sangue in bocca. Non era il momento, dovevo calmarmi.

Stare con lui, intendo, stare davvero con lui, mi mancava così tanto da causarmi fitte e crampi allo stomaco. Mi mancava potergli stare così vicino da sentire l'odore inebriante della sua pelle, mi mancava toccarlo, accarezzarlo, baciare il suo collo candido, sentire le sue mani gelide sul mio corpo bollente. La voce -del mio ca- della mia coscienza mi implorava pietà, dovevo smetterla di pensare a quelle cose o sarei andato in giro con un bastone nei pantaloni.

Sbirciai dal piccolo specchio da tavolo sul mio comò e notai che finalmente si era rivestito. Il bianco non era proprio il suo colore, faceva risaltare la sfumatura grigiastra della sua pelle. Ma effettivamente con quei jeans piuttosto chiaro per i suoi standard e quella maglietta bianca sembrava proprio un normalissimo e banale ragazzo qualunque. Proprio ciò che volevamo. Mi girai dopo un bel respiro profondo.

"Sei perfet-" -to, provai a dire, ma come al solito fui interrotto dalla sua prepotenza. Meglio così, iniziavo ad assumere un tono troppo sognante e sdolcinato, la sua voce nervosa mi riportò alla realtà.

"Sembro un idiota." Sbottò guardandosi il corpo palesemente a disagio.

"Sembri solo diverso. Poi non è che sembri un idiota, tu sei un idiota." Era una frase sciocca e spontanea, speravo di sdrammatizzare un po'. Nico mi lanciò uno sguardo da ti ammazzo pure il cane se non taci che mi fece pentire anche di ciò che avrei detto nei successivi 75 anni di inutile vita e oltre.

"Stiamo insieme da 15 minuti e mi hai già rotto il cazzo Solace, spero solo che questa giornata finisca presto." Si incamminò verso la porta guardandomi rimanere fermo impalato vicino alla cassettiera appena riordinata. Nico aveva fretta di tornare a casa, e sapendo cosa stava per succedere in quel preciso momento, come dargli torto.

"Figurati, non c'è di che." Afferrai il cellulare e lo seguii, pronti per raggiungere Bianca.

Il giorno prima era andato tutto bene. Avevo portato un assaggio del prodotto a tutti i miei amici più affidabili che a loro volta mi avevano messo in contatto con altri loro amici fidati. In mezzo pomeriggio avevo finito tutti i pacchetti preparati insieme a Bianca il giorno prima ancora. Leo aveva apprezzato particolarmente. Jake pure, anche se non mi diede soddisfazioni, anzi, reagì come se non esistessi, trattandomi come se fossi invisibile. Molto maturo come al solito. Aggiunsi anche un volantino dei Tossici Anonimi che avevo preso qualche giorno prima in uno dei miei raid cerca-Apollo. Come al solito, io sempre molto coerente con me stesso: spacciavo erba distribuendo volantini dei TA.

"La stampella?" Chiesi a Nico notando che ancora zoppicava uscendo dal cortile di casa mia.

"È inutile e mi rallenta, è solo un peso." Tagliò corto fingendo sicurezza e scioltezza nel camminare, sapevo che in realtà soffriva ad ogni passo. L'aveva lasciata nella mia stanza probabilmente.

"Io consiglierei di tenertela ancora per un po', sembreresti ancora più insospettabile e potrai usarla come arma." Suggerii.

"No." Rispose secco lui, era particolarmente inviperito quel giorno. Annuii rassegnato, storcendo il muso per il fastidio di vedere una persona soffrire avendo la possibilità di non farlo, ma sceglie in ogni caso di stare male per semplice testardaggine.

Camminavamo per strada, avevamo da poco superato casa mia e ci dirigevamo verso casa Di Angelo dove Bianca ci aspettava per dare inizio al nostro piano. Miranda produceva, Bianca gestiva, io avrei dovuto smaltire la merce e Nico sarebbe stato a guardia della situazione, nulla poteva andare storto.

Improvvisamente un urlo femminile riempì la strada, poi un rumore sordo, silenzio. Io e Nico ci guardammo confusi, i rumori provenivano da non molto lontano, qualche casa più avanti. Affrettammo il passo tesi e in silenzio, cercando di capire cosa stesse succedendo. Davanti casa Di Angelo era parcheggiata un auto scura e lussuosa, insolita. L'espressione di Nico diventava sempre più cupa passo dopo passo, cercava quasi di correre, con scarsi risultati, ecco, se si fosse tenuto la stampella avrebbe potuto correre di più.

Poi la scena che si palesò davanti a noi chiarì molte cose. Ade col viso insanguinato e una ferita sul ventre, frettoloso e molto incazzato, correva giù dalle scale del portico con un corpo che perdeva sangue caricato sulle spalle. La gonna nera, la pelle olivastra pallida, i lunghi capelli corvini. Era Bianca. Prima che riuscissimo a realizzare Ade si fiondò verso la vettura, aprì l'auto e lanciò il corpo inerme di sua figlia sui sedili posteriori sbattendo la portiera con forza. Iniziai a correre ancora di più verso l'uomo, fino a sentirei muscoli delle gambe bruciare.

Ade si accorse di me e sparò un colpo di pistola mancandomi, fortunatamente non era un cecchino formidabile. Il cuore mi esplodeva nel petto, avevo paura, tanta paura. Prima che riuscissi a raggiungerlo salì dal lato del guidatore e mise in moto, ancora con la sua portiera aperta, facendo rombare bruscamente il motore. Riuscii ad arrivare a pochi metri dalla macchina scura ma era troppo tardi, l'auto partì inondandomi dei suoi fumi tossici fino a farmi tossire.

Mi lasciai cadere a sedere sul marciapiedi, esausto, Nico mi raggiunse poco dopo tenendosi la gamba ferita con una mano. Aveva un'espressione atterrita, gli occhi spalancati cerchiati da profonde occhiaie, era terrorizzato. Mi guardò per un attimo incredulo, quasi come se con lo sguardo cercasse conferma che ciò a cui aveva assistito fosse reale. Corse dentro e io lo seguii qualche istante dopo.

La scena a cui assistemmo fu raccapricciante. Una scia di macchie rosse schiumose collegava il marciapiede alla porta d'ingresso. Il salotto e la cucina erano completamente ribaltati e una grossa macchia di sangue si estendeva dall'arco che separa le due stanze fino al tavolo in salotto, sulle pareti e sui mobili diverse impronte di mani insanguinate e schizzi rossi sparsi. Mi avvicinai ad una macchia a forma di mano e provai ad avvicinare la mia, senza toccarla, la sagoma di sangue era stata prodotta da una mano molto più piccola ed ebbi così la conferma che apparteneva a Bianca.

Presi il mio cellulare e composi il numero della polizia. Il telefono squillava ma nessuno rispondeva. Guardai Nico, era pietrificato da quella scena, incredulo. Non aveva aperto bocca, non si era infuriato, non stava piangendo, non aveva nessuna reazione, era catatonico. Lanciai il telefono sul divano ribaltato e corsi verso di lui. Respirava affannosamente e tremava come una foglia, stava iperventilando.

"Ehi, ehi, ehi, ehi, calmo, tranquillo, respira, sono qui con te." Lo afferrai per le spalle, ma la sua testa era bassa e fissava la macchia di sangue poco distante da noi.

"Guardami, Nico resta con me, guardami. Fa quello che ti dico, anzi facciamolo insieme, ok? Fidati di me." Con l'indice poggiato sotto il suo mento tremante sollevai il suo viso facendo in modo che mi guardasse.

"Ascoltami, respiriamo insieme." Anche se con difficoltà facemmo un respiro piuttosto profondo. I miei occhi erano persi nei suoi, vuoti scuri e freddi. Per la prima volta notai quanto fossero grandi quando era spaventato, sembrava quasi di fissare gli occhi di un bambino svegliatosi nel cuore della notte per un incubo. Qualcosa dentro di lui si era spezzato per sempre, il suo sguardo disperato gridava aiuto e mi devastava. Iniziai a guardarmi intorno.

"Cinque cose che puoi vedere, ok? Le tue mani, il divano, la TV, la finestra e il mio viso. Nico ti prego concentrati, resta con me." Scelsi di proposito tutto ciò che non era sporco di sangue e in quel momento non era facile.

"Ora quattro cose che puoi toccare, sei stato bravissimo, continua così." Nico, senza neanche aspettare che io iniziassi ad elencare, mi strinse la mano, si toccò la faccia, poi accarezzò la mia, e con le mani ancora tremanti si strinse dolorosamente il petto. Il respiro corto e affannoso, gli occhi spalancati iniziavano a diventare sempre più lucidi. Vederlo in quello stato mi distruggeva, proprio per questo avrei fatto qualunque cosa in mio potere per farlo stare meglio.

"Perfetto, bravissimo, le mie mani il tuo viso, il mio viso, il tuo petto, continua così. Respira. Ora tre cose che puoi sentire, ok? La mia voce, il rumore dei clacson fuori in strada, il lavandino che perde in cucina. Ci sei? Lo so che questa realtà è orribile ma è importante che tu resti qui con me." Afferrai il suo viso tra le mani scostando alcuni ciuffi di capelli che gli coprivano gli occhi.

"Abbiamo quasi finito, stai andando benissimo, ora due cose che puoi odorare." Come ipnotizzato, continuando a guardarmi negli occhi si avvicinò di più a me, sporgendosi e facendosi forza sulle punte per cercare di arrivare probabilmente ai miei capelli. Mi abbassai per rendergli la cosa più facile e non riuscii a fare a meno di sorridere sentendolo ispirare dal naso tra i singhiozzi involontari. Poi tornò nella sua posizione originale prima di fiondarsi con la testa sul mio petto, questa volta riuscendo ad ispirare in modo più profondo e omogeneo. Istintivamente portai le mie mani sulla sua testa accarezzandogli i capelli scuri e cercando di trasmettergli più tranquillità e calma possibile.
Mi sorprese, non mi aspettavo quei suoi gesti così delicati e innocenti, desiderosi di conforto, vulnerabili, in una situazione così drammatica e sconvolgente. Mi aspettavo un Nico più violento, iracondo e minaccioso, più combattivo, invece sembrava già arreso, già distrutto dal principio.

"Sei bravissimo Nico, manca l'ultimo passo, solo l'ultimo passo e starai meglio." Si staccò da me di pochissimo e riprese a guardarmi negli occhi, la sua espressione sembrava leggermente più tranquilla.
"Ora, trova una cosa che puoi assaggiare." Stavo per consigliargli di leccarsi una mano, assaggiare una lacrima o cose del genere ma fui interrotto. Lì, circondati dal sangue, in quella situazione così improbabile e inaspettata, prima che mi rendessi conto di ciò che stava succedendo, Nico serrò gli occhi e afferó bruscamente il mio viso tra le sue mani gelide fino a condurlo al suo.

Si lanciò in un bacio disperato, aggrappandosi a me come se fossi l'unico appiglio possibile a cui reggersi per non cadere in un abisso senza fondo di sofferenza e disperazione. Il tempo si fermò, lo spazio che ci circondava venne distorto dalla mia fantasia, eravamo su una nuvola lontani da tutto, soli, insieme.

Dopo i primi istanti di incredulità in cui lo guardai immobile con occhi spalancati mentre schiacciava le sue labbra sulle mie, ricambiai il bacio con passione e dolcezza stringendolo a me. Mi prese completamente alla sprovvista. Liberai in quel bacio tutto quello che avevo trattenuto fino a quel momento, tutto ciò che provavo per lui, ero così pieno di emozioni che quasi avevo paura iniziassero ad uscire dal mio corpo e, animate di vita propria, sarebbero andate in giro a fare guai.

La felicità che provai dopo tutti i suoi rifiuti era ineguagliabile, ma la disperazione nel suo gesto allo stesso tempo succhiava via quella mia felicità in un accordo macabro e perfetto tra Eros e Thanatos. Il mio cuore stava impazzendo, fortunatamente mi ricordai di respirare, il mio corpo ormai non era più in grado neanche di compiere un gesto così automatico perché troppo impegnato a dedicare finalmente tutte le attenzioni a Nico di Angelo. Le sue labbra erano proprio come le immaginavo, soffici, leggere e delicate, incerte ma decise.

Non avevo mai baciato qualcuno in quel modo, più che un bacio sembrava una conversazione tra emozioni. Più lui si aggrappava a me disperato e si lanciava contro le mie labbra con tutta la forza che aveva in corpo, più io rispondevo dolcemente guidandolo verso dei movimenti più delicati e innocenti, più i suoi muscoli si rilassavano, più lo stringevo a me quasi come se volessi inglobarlo in un abbraccio diventando una cosa sola. Sentivo il sangue scorrere rapido e bollente in tutto il corpo, ero sicuro avessi assunto il mio tipico colorito delle emozioni forti, tendente all'arancio. Sentivo le mie mani andare a fuoco, ma ogni mia carezza scioglieva la tensione dolorosa dei muscoli di Nico.
Non avrei mai più lasciato che fuggisse, il suo posto era tra le mie braccia, vicino al mio cuore e nulla, neanche lui stesso, avrebbe potuto allontanarlo da me.

In quel momento era mio, completamente mio, in tutti i suoi orrori, disastri, casini.
Finalmente mi aveva lasciato entrare, mi permise di guardarlo pienamente oltre la maschera, dietro il suo temperamento aggressivo, schivo e violento si nascondeva un sedicenne vulnerabile e terrorizzato che aveva solo bisogno di un appiglio, un porto sicuro in cui poter essere fragile e lasciarsi andare. Io sarei stato il suo appiglio, la sua ancora, il suo porto sicuro, qualunque cosa di cui avesse avuto bisogno, a qualunque costo.

Non avrei mai pensato che completare finalmente l'esercizio del focus sui cinque sensi contro gli attacchi di panico sarebbe stato così funzionale ed appagante.




L'autrice parla
(che palle, devi proprio?)


A

AAAAAAAAAA. SÌ. FINALMENTE. FINALMENTE CE L'HO FATTA. Questi due ce l'hanno fatta. Dopo 10 capitoli. DIECI. Sì, sono una persona crudele in cerca di profondità.

Fangirling a parte, ora vi parlo puramente da scrittrice. Io non mi spiego, forse non so come funziona, ma più pubblico e più la storia sprofonda nell'abisso delle classifiche. Da che non andavo oltre #20 in solangelo dopo gli ultimi due capitoli sono arrivata a #73, dopo di che l'hashtag solangelo è letteralmente sparito dalla lista delle classifiche della mia storia. Sì, ho già provato a eliminare qualche tag, ho provato a toglierlo e rimetterlo, aspettare una settimana, di tutto. Completamente ghostata dal signor Wattpad, non sono degna di scrivere una Solangelo long a quanto pare.

E figuratevi, accetto ben volentieri il fatto che la mia storia possa far cagare, non vi biasimo, ma apprezzerei un confronto, una spiegazione, insulti, disonore su di me sulla mia famiglia sulla mia mucca. E invece nulla, silenzio.

Facendomi un giro tra i primi posti delle classifiche dei vari hashtag a tema pjo e compagnia cantante regna l'humor, le ff fluff e leggere, senza scene esplicite di alcun tipo. A quanto pare dalla regia mi dicono che ho proprio sbagliato genere.

Se vi va di farmi sapere cosa ne pensate e supportarmi con un commentino inutile tipo buuuh *lancia pomodori* dvunkelheit fai cagao o una pigrissima stellina in caso, non so come né perché, abbiate apprezzato, mi renderebbe molto felice.

Detto questo la vostra oscur-ità vi saluta, sono obbligata a fermarmi per affrontare la sessione invernale. Se sopravviverò leggerete di me tra circa un mesetto (e fidatevi se vi dico che preferirei passare questo mese a scrivere e riscrivere la stessa scena piuttosto che affrontare 3 esami diversi, ma purtroppo non me lo posso permettere).

Hejdå.

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