1. PROLOGO. Who the hell is Will Solace?
"DOVE CAZZO CORRI. TI ROMPO IL CULO."
"Mi pare di essere stato io a rompere il culo a te la scorsa notte, e quella precedente, e quella prima ancora, culetto passivo."
"SEI FOTTUTAMENTE MORTO WILL SOLACE FIGLIO DI PUTTANA."
Come, io, Will Solace, mi sia cacciato in quell'assurda situazione è ancora da chiarire, ma cerchiamo di andare per ordine.
Descrivere me stesso è davvero complicato.
Immaginate una caramella gommosa, una di quelle a forma di orsetto, possibilmente gialla, come il cespuglio di capelli che mi ritrovo sulla testa. Ok, ora prendete la suddetta caramella, ricopritela di quella roba frizzante, a tratti acida, che sembra zucchero e che non piace a nessuno e buttatela in un sacchetto pieno di altre caramelle gommose, orsacchiotti, liquirizie, marshmallow.
L'orsacchiotto frizzante e aspro Will Solace è la tipica caramella che rimane nel sacchetto perché nessuno la mangia, quella un po' strana, con qualcosa fuori posto, tutti scelgono quelle più buone, alla fragola, ciliegia, ananas e Coca-cola, ma a nessuno piace al limone, soprattutto se così strana e frizzante.
Ora il sacchetto rappresenta la mia famiglia, i Solace, la famiglia più strana dell'intero quartiere. Sicuramente meno pericolosa dei Di Angelo e dei figli di Ares (prima che finissero tutti in riformatorio), meno incasinata dei Grace e non sfortunata come i Valdez, ma indubbiamente la più strana.
Dopo la morte di mio fratello, Michael, il titolo di primogenito è ricaduto su di me, ciò comporta prendermi cura dei miei fratelli più piccoli, stare attento che la casa non esploda e soprattutto guadagnare soldi.
Ah giusto, quei cinque ingrati, combina guai, rompipalle, guastafeste, condivisori del mio patrimonio genetico conosciuti come i miei fratelli.
Lee l'artista di casa, il ragazzo con più talenti al mondo, non esiste cosa che lui non sappia fare. Kayla il piccolo genio, probabilmente il suo QI è più alto di tutti quelli di casa sommati insieme. Austin il bullo criminale, bello impossibile, la fotocopia di nostro padre. Josh il bambino più iperattivo d'America e la piccola Cloe luce dei miei occhi, l'unica con un po' di buon senso e l'unica che mi dà retta.
Poi c'è Apollo, ovvero il 50% del mio patrimonio genetico, cosa di cui non vado propriamente fiero. Passa la maggior parte del tempo in giro a rimorchiare donne e sfornare altri fratellini, con macchine rubate o come imbucato in feste sulla spiaggia e spende tutti i suoi soldi al casinò.
La maggior parte dei miei fratelli non lo sono totalmente. Io, Kayla e Michael siamo nati dalla stessa madre, Dorothy (e che fine abbia fatto è un'altra lunga storia). Lee, Austin, Josh e Cloe sono miei fratelli solo da parte di Apollo, non ho idea chi siano le loro madri e credo che neanche Apollo lo sappia con certezza.
Tornando a me invece, non sono un ragazzo particolarmente sveglio, né eccellente a scuola, non so suonare strumenti musicali, né disegnare, non sono forte, né portato per il combattimento.
Di tutti quelli che erano i pregi di mio padre ho ereditato la chioma bionda indomabile e gli occhi che non hanno un colore definito, niente talenti, né irresistibile fascino, solo l'asma e il dire sempre ciò che penso.
Una persona comune, nella media, senza particolari pregi né difetti. L'unica cosa in cui riesco bene è curare le persone, ho una fissa per la medicina, tutto il resto passa in secondo piano. Il mio scopo è aiutare le persone, il resto non importa. Questo l'ho ereditato dalla mamma infermiera (e dagli anni passati ad esercitarmi a rattoppare Michael, probabilmente), insieme alle lentiggini e al sarcasmo.
[•••]
Era una calda mattinata di settembre, il sole sorgeva portando con se quella giornata piena di promesse, il primo giorno di scuola. Scesi dal letto con un salto, uscendo dalla finestra e arrampicandomi sul tetto come ogni mattina per guardare l'alba mentre mi rollavo una canna. Tutto sembrava calmo, sai, riesco sempre ad alzarmi con il sole, sono un tipo decisamente mattiniero e adoro restare per un po' da solo a godermi il silen...
Sentii la porta d'entrata sbattere, le pareti della casa tremare, il rumore assordante del camion della spazzatura proprio sotto la mia finestra, Cloe che piangeva, qualcuno che ululava al piano di sotto, Kayla e Lee che litigavano per il bagno e Austin che girava per casa bestemmiando perché qualcuno aveva finito il suo yogurt.
Buongiorno anche a te mondo.
Il bagno era sicuramente occupato, quindi ne approfittai per pisciare dal tetto, cercando di centrare in pieno il camion della spazzatura.
Merda, dimentico sempre che non ho mai avuto una buona mira.
Finii di fumare con calma e scesi dalla scala di sicurezza di ferro infilandomi dalla finestra della cucina. Trovai quello che il mondo ha identificato come mio padre correre per la stanza lanciando cose a caso all'aria nell'intento di cercare qualcosa, supposi.
"Diamine Will, hai per caso visto le chiavi della mia Lamborghini?" Era un completo disastro. I capelli biondicci sparati in tutte le direzioni, abbronzatura che gli si stava spellando sul naso, barba incolta, occhiali da sole con una crepa nella lente, una camicia tutta stropicciata abbottonata male e dei calzoncini color kaki che gli arrivavano alle ginocchia. Dulcis in fundo mocassini di camoscio marroni invernali con calzini di colori diversi.
Stupido. Padre. Ritardato.
"Idiota, la Lamborghini l'hai rubata, non hai mai avuto le chiavi." Il suo sguardo si illuminò correndo verso di me come se avessi detto la cosa più geniale di sempre. Prese il mio volto tra le mani, stringendo le guance e mi schioccò un bacio sulla fronte ricoperta dai riccioli biondi.
"Ho sempre saputo che tu eri quello intelligente qui in mezzo. Come farei senza il mio Wilhem." Lo guardai negli occhi stranito, aveva le pupille così dilatate che le iridi erano quasi inesistenti.
"Ma cosa ti sei calato?" Mi scostai bruscamente con uno strattone e cominciai a preparare la colazione. "E comunque sono William, non Wilhem, tossico fattone."
"Non ricordo neanche io in effetti. Boh, un po' di tutto. Rilassati cupcake." Vidi mio padre farmi l'occhiolino mentre usciva di casa con una velocità disumana. Tirai un sospiro di sollievo, meno lo vedevo e meno volevo ucciderlo.
Mentre apparecchiavo la tavola vidi una testa bionda fare capolino dalla finestra. "Non è che c'è del bacon anche per me?" Mi chiese speranzoso Apollo mettendo il broncio.
"Va a farti fottere." Gli urlai lanciandogli una bottiglia di birra vuota nel tentativo di colpirlo in fronte, ma ovviamente non lo sfiorai neanche.
"Già fatto, sono pronto per il secondo round." Mi urlò mentre scappava dagli oggetti che gli lanciavo mostrandomi il dito medio.
Odio davvero quello stronzo.
[•••]
Kayla mi diede una mano con i ragazzi, tutti pronti per andare a scuola, me compreso.
Lee, Kayla ed io al liceo, Austin alle medie, Josh all'elementari e Cloe all'asilo.
Come tutti gli anni durante le ore buche aiutavo in infermeria, per fare un po' di pratica e aggiudicarmi crediti per l'ultimo anno.
I primi giorni per l'infermeria erano sempre i più tragici. Tipo risse rimaste in sospeso per un estate intera, ragazze che erano state con ragazzi di altre ragazze mentre erano in vacanza, nuovi arrivati, ragazzi bocciati che volevano sfogare la loro frustrazione e chi più ne ha più ne metta.
Fortunatamente non ero solo quando arrivano due ragazze che ancora litigavano tirandosi per i capelli.
Con l'aiuto delle altre infermiere le separammo e me ne affidarono una con lo zigomo gonfio e il labbro sanguinante.
"Hai voglia di raccontarmi cos'è successo?" Chiesi alla ragazza che riconobbi come la versione disordinata di Mercoledì Addams, Bianca Di Angelo. L'anno precedente ci capitò qualche lezione insieme, ma non parlammo mai, abitavamo neanche troppo lontani ma frequentiamo persone e luoghi completamente differenti. Indossava una gonna nera e larga, stretta in vita e lunga fino alle ginocchia nella quale aveva infilato una canottiera di qualche gruppo sconosciuto. Le sue due trecce erano ormai un ammasso spettinato di capelli neri e un ciuffo sfuggente le ricadeva sul viso. Seduta sul lettino dondolava i suoi anfibi neri e lucidi che sbattevano con un ritmo costante l'uno contro l'altro, mentre aspettava che finissi di preparare il cotone imbevuto di disinfettante.
"Mi ha dato della troia perché secondo lei ci ho provato con suo fratello. È il fratello che mi è saltato addosso! Ma poi lei che mi dà della troia. Lei, che ormai non ha una vagina, ha un buco nero." La cosa mi fece abbastanza ridere e smisi di tamponarle lo zigomo perché la mano mi tremava per le risate. Lentamente le pulii il sangue dal viso e dalle nocche.
"Almeno ti sei difesa bene, ti sei fatta rispettare e le hai fatto il culo." La consolai ridacchiando. "Non lasciare che mai nessuno ti metta i piedi in testa, anche semplicemente con le parole." Un sorriso sincero le comparve sul viso e mi sembrò vedere le sue guance colorarsi e perdere quella tonalità verdastra, cadaverica.
"Tu pensi che io sia una troia?" Mi chiese fissandomi con i suoi occhioni neri.
"No, se avessi una vagina anche io mi farei quanti più ragazzi possibile." Le dissi spontaneamente con una risata beffarda. "E comunque non deve importare ciò che gli altri pensano di te. Sono solo parole inutili. La cosa che importa è ciò che tu pensi di te stessa, se stai bene con quello che fai e se sei come vorresti essere. Se qualcuno ti insulta perché hai il coraggio di essere ciò che sei, allora pestalo e mandalo a fanculo." Conclusi il mio monologo di incoraggiamento poggiandole una mano sulla spalla, mentre mi fissava con ammirazione, ero davvero fiero di me.
"E tieni, questa è per alleviare il dolore, offre la casa." Presi una canna dalla tasca del jeans e gliela infilai sull'orecchio facendole un occhiolino con un sorriso sincero.
"Will Solace. Questa è la cosa più fottutamente dolce, giusta e bella che qualcuno mi abbia mai detto." Con aria estremamente seria scese dal lettino con un salto mi spinse contro il muro e si avventò su di me aggrappandosi alla mia nuca, immobilizzandomi in un bacio davvero poco casto.
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