Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 3 Parte 2


Benjamin si sedette sulla sua sedia che era ancora calda. Fissò l'uscita convito di riuscire a scorgerla, ma lei era già andata via. Guardò Eva che aveva il suo solito mezzo sorriso.

«So che vuoi esprimere la tua opinione. Perciò... parla pure.» Le diede il permesso Benjamin.

«Eleanor si fida ciecamente solo di suo fratello. Ovviamente anche io, i miei genitori ed i tuoi, facciamo parte di questa piccola cerchia di persone affidabili per lei, ma non ci metterei la mano sul fuoco. Secondo me delle volte è diffidente anche con noi. Lo leggo nel suo sguardo. Spesso è molto scettica. Ed è plausibile vista la sua infanzia. Non è colpa sua se tende a tenere distanti le persone. Delle volte per dimostrarle che si può fidare devo darle le conferme di cui ha bisogno.»

«Non capisco dove vuoi arrivare.»

«Eleanor non è il tipo di persona che si apre facilmente. Non verrà mai da te a dirti cosa prova. Devi capirlo. Perché lei è una persona che ti dimostra quello che sente con i fatti, non con le parole.»

«Continuo a non capire dove vuoi andare a parare.»

«Voglio dire che quello che Eleanor ti fa vedere è solo una parte. Devi andare oltre le apparenze.»

«Come faccio a vedere oltre le apparenze? A me sembra abbastanza chiaro che non mi sopporta. E non capisco nemmeno il perché.» Benjamin fece un pausa. «Ieri poi...»

«Cosa è successo ieri?» Chiese Eva curiosa.

«Niente d'importante. È meglio che torni a lavorare prima che Anya si accorga che sono in pausa con il nemico.» Disse lui alzandosi.

*

Eleanor arrivata alla sua scrivania iniziò a lavorare sulle nuove informazioni ricevute. Scaricò tabulati telefonici, planimetrie, elenchi dei prossimi arrivi al porto e altre informazioni inerenti alle indagini. Dopo pranzo decise di fare un sopralluogo. Andò al molo ed iniziò a fotografare e a farsi un'idea di come si sarebbe svolta l'operazione. Tornò in ufficio e stilò un rapporto dettagliato di come intervenire e quali erano i possibili scenari a cui si sarebbero trovati davanti. Raccolse tutto in un fascicolo e lo portò al direttore.

«Elli, sto per andare via.» Le disse vedendola sulla soglia. Era seduto dietro la sua scrivania intento a riporre delle carte.

«Lo so. Avrei bisogno che tu esaminassi queste carte.» Gli disse avvinandosi e porgendogli il fascicolo.

«Non posso vederlo domani?»

«Domani sarà troppo tardi.» Rispose Eleanor ancora con il braccio teso a porgergli il fascicolo. Richard finalmente lo prese e lo esaminò.

«E questo cosa è?» Chiese Richard guardandola con i suoi occhi celesti.

«Prostituzione e spaccio. Io non posso lavorarci oltre, ma puoi passare il caso ad un'altra squadra.»

«Non avresti dovuto lavorare a questo caso. Sei relegata alla scrivania!» Esclamò Richard.

«Lo so. Per questo sto abbandonando queste indagini.»

«Eleanor hai fatto tutto il lavoro. Bisogna solo arrestare queste persone mentre sono con le mani nel sacco.»

«Ho comunque svolto il mio lavoro di archiviazione.» Disse Eleanor convinta che per Richard fosse quello il problema principale.

«Sbaglio o Janet ti aveva chiesto di non cacciarti nei guai?»

«Sì, ed è per questo che sono qui a consegnarti quel fascicolo.»

«Sei una donna molto intelligente, ma delle volte sembra che tu non voglia proprio capire. Speravo che comprendessi la gravità della situazione e che te ne saresti rimasta buona alla tua scrivania. Mi spieghi ora come giustifico questo caso improvviso? Un caso che è praticamente risolto?» Le chiese sbattendo il fascicolo sul tavolo visibilmente adirato.

«Non ce la faccio a stare seduta e fissare il monitor. Nessuno verrà a sapere che ho svolto io queste indagini!»

«Non posso passare tutto il mese così. Con te che fai indagini di nascosto e poi me le lasci sulla scrivania come se non fosse nulla di importante.» Richard fece una pausa. «Questo sotterfugio potrebbe costarti la carriera se venisse fuori. » Fece ancora una pausa, ma questa volta fu più lunga. Doveva prendere provvedimenti. Doveva essere più severo. Decise: «Ti sospendo!»

«Mi sospendi? Sinora hai detto che non vuoi che io mi rovini la mia carriera e ora mi sospendi? Non pensi che questo possa macchiare il mio curriculum?»

«Voglio che per i prossimi tre giorni tu non ti faccia vedere qui. Li farò risultare come giorni di ferie, ma per te sarà una sospensione a tutti gli effetti. Lascia il badge e la tua pistola.»

Eleanor lo fissò per qualche secondo con la bocca aperta. La richiuse e consegnò tutto quello che le aveva chiesto. Senza che nessuno dei due aggiungesse altro lasciò la stanza e tornò alla sua postazione per spegnere il computer. Prima di andare via passò dall'ufficio di Janet Curtis. Eleanor bussò debolmente alla sua porta.

«Credevo fossi andata a casa.» Le disse Janet guardandola.

«Lo sto facendo adesso e ci rimarrò per tre giorni.»

«Perché?»

«Richard mi ha sospesa.»

«Ha scoperto che indagavi sulla soffiata di Francis Lopez?»

«E tu come lo sai?»

«Lo so perché l'altro giorno, quando ero alla tua scrivania, volevo assicurarmi che tu non ti cacciassi nei guai.»

«E perché non mi hai detto niente?» Chiese Eleanor entrando nella stanza.

«Avresti abbandonato il caso se te lo avessi chiesto o ordinato?»

«No.»

«Ecco perché non ti ho detto niente.» Disse Janet. Si sistemò meglio gli occhiali sul naso e si alzò. «Adesso vai a casa. Parlerò io con Richard.»

«Non è necessario. Non voglio trascinarti in questa storia.» Eleanor le mandò un bacio volante con la mano e se ne andò.

Janet spense il suo computer e prese la giacca dall'attaccapanni. Aspettò che l'ascensore tornasse al piano e poi si diresse al sedicesimo. Lo vide afferrare la sua giacca e spegnere la luce sulla sua scrivania.

«Te lo ha detto, vero?» Chiese lui vedendola arrivare.

«La sospendi sul serio?»

«No. Le ho dato tre giorni di ferie che valgono come sospensione. Mi ha dato il badge e la sua pistola.»

«Sei sicuro che questo la terrà lontana dai guai?»

«No. Ma almeno starà lontana da Anya.»

Entrarono insieme in ascensore e continuarono a chiacchierare sino a quando non arrivarono alle proprie auto. Richard poi si diresse a casa e trovò già tutto pronto. Era in ritardo di un'ora ed Ellen era preoccupata.

«Perché non rispondevi al telefono?» Gli chiese quando lo vide sedersi a tavola.

«Mi è morto il cellulare.» Tagliò corto. Non aveva molta fame. Era preoccupato per Eleanor e per come aveva preso la sua sospensione.

«Cosa è successo?» Chiese Ellen guardandolo preoccupata.

«Si è scaricata la batteria.» 

«No, intendo dire a lavoro. Hai una strana espressione sul viso.» Disse Ellen. Nonna Betty lo guardò attentamente.

«Anya Ward ti sta dando molti problemi?» Chiese Philippe.

«No, non è lei che mi preoccupa. Eleanor ha preso tre giorni di ferie. Spero non combini qualche pasticcio.»

«Perché ha preso dei giorni? Che deve fare?» Chiese Ellen.

«Che vuol dire che ha preso ferie?» Chiese Benjamin allarmato.

«Possiamo per favore finire la cena? Sono stanco e vorrei andare a dormire.» Disse Richard tornando a mangiare.

Benjamin, invece, si alzò e andò via.

*

Eleanor sentì bussare violentemente alla porta. Pensò che fosse Ryan Parker con le pizze. Si alzò dal divano e corse ad aprire. Per poco non ebbe un pugno in pieno viso.

«Sei impazzito?» Chiese Eleanor vedendo il pugno di Benjamin passarle da sotto il naso.

«Perché hai preso di nuovo dei giorni di permesso? Lo sai che sei sotto indagine e che non puoi lasciare la città?» Aveva l'affanno come se avesse corso. La fronte era corrugata ed Eleanor non riuscì a capire se era preoccupato o arrabbiato.

«Sì, sei impazzito!» Esclamò Eleanor facendolo entrare.

«Non sono pazzo. Tu lo sei. Non puoi scappare.»

«Io non sto scappando, ma passerò tre giorni senza essere costretta a stare con te.» Eleanor si voltò ed entrò in cucina. Prese due birre e tornò nel soggiorno per darne una a Benjamin.

«Per questo hai chiesto dei giorni liberi? Per non vedere me?» Le chiese afferrando la birra.

«Tuo padre pensa che sia meglio così.»

«Che vuol dire che pensa sia meglio così

«Benji, perché sei qui?»

«Per impedirti di lasciare la città.» Benjamin bevve un lungo sorso di birra.

«E anche se fosse? Il problema sarebbe mio non tuo.»

«Anya farebbe di tutto per farti sembrare colpevole. E io non posso permetterglielo.»

«E da quando ti sto a cuore più di Anya Ward?» Eleanor si sedette sul bracciolo del divano. Il tono della sua voce era un po' freddo, ma allo stesso tempo curioso di sentire la sua risposta.

«Da sempre!»

Rimase sorpresa da quelle parole, ma sapeva benissimo che, appunto, quelle erano solo parole. Lei voleva i fatti. Lei voleva delle azioni concrete e non promesse.  Lo stomaco di Eleanor brontolò per la fame.

«Che dici se andiamo a mangiare qualcosa?» Le chiese.

«Mi piacerebbe, ma sto aspettando Ryan con le pizze.»

Benjamin guardò la tv spenta ed annuì. Bevve un altro lungo sorso di birra e poi la posò sul tavolino.

«Stai uscendo con lui?» Le chiese dopo aver preso coraggio. Sentì la bocca dello stomaco stringersi in una morsa letale. Quasi faceva fatica a respirare.

«Dipende da cosa intendi per "uscendo".»

Benjamin dovette serrare la mascella. «State insieme?»

Eleanor rise di gusto. «Non sono affari che ti riguardano.»

Bussarono nuovamente alla porta e lei si alzò per andare ad aprire, lasciando Benjamin da solo con i suoi mille pensieri.

«Consegna a domicilio!» Esclamò Ryan entrando.

«Finalmente!»

«Oh, ciao Benjamin.» Disse Ryan fermandosi nell'ingresso.

«Ciao Ryan.» Salutò Benjamin che aveva seguito Eleanor nell'ingresso.

«Resti a cena con noi?» Gli chiese Eleanor.

Benjamin guardò Ryan che sembrava essere contrariato. «No, ho già mangiato.» Mentì.Non sarebbe rimasto con loro neanche se fosse a digiuno da giorni. Vederla con "quello" lo rendeva furioso.

«Peccato...» Ryan finse palesemente. «Beh... allora ciao.» Benjamin avrebbe tanto voluto dargli un pugno su quel naso acquilino. Era lungo come la mascella. Persò che gli avrebbe spaccato anche quella in un colpo solo.

Eleanor, esasperata, spinse Ryan in cucina e gli ordinò di iniziare a preparare per la cena. Poi accompagnò Benjamin alla porta un po' dispiaciuta per la scortesia dell'amico.

«Ci vediamo tra tre giorni.» Disse Benjamin sull'uscio. «O magari potremmo vederci prima... e andare... a pranzo insieme.» Propose incerto.

«Credo che sia meglio se ci vediamo solo in ufficio.»

A quelle parole, Benjamin, serrò la mascella per la terza volta nell'arco di quindici minuti. Deluso ed amareggiato sentì di aver fatto il passo più lungo della gamba.

«Elli si freddano le pizze!!» Esclamò Ryan dalla cucina.

«Come vuoi. Buona serata.» Disse  e se ne andò prima che lei potesse rispondergli.

Eleanor tornò in cucina. «Hai finito di essere così scortese?»

«Avevo appena iniziato.» Ryan prese i piatti e si spostò nel soggiorno. Accese la tv e iniziò a mangiare.

«Fai pure come se stessi a casa tua.»

«Che voleva?» Le chiese

«Sapere perché sto in ferie.»

«E perché stai in ferie?» Le chiese.

Eleanor lo guardò addentare un trancio di pizza come un cavernicolo. Molte ragazze lo trovavano irresistibile, ma per lei era semplicemente carico ed alcune volte adorabile. Lo era come poterva essere un caro cugino. «Ho bisogno di un po' di tempo lontana da Anya.»

«Quella donna è una vera arpia. Oggi mi ha interrogato per più di un'ora. Mi avrà ripetuto le stesse domande non so quante volte. Non sai che fatica doverle dare sempre la stessa identica risposta.»

«Lo posso immaginare.» Eleanor prese il suo piatto dopo essersi seduta accanto a lui. «Che film guardiamo?»

*

Jefferson era nella sua auto in attesa. Detestava dover aspettare. Erano passati già dieci minuti da quando era arrivato all'hotel. Voleva andarsene. Non ne valeva la pena attendere per qualcosa che voleva solo in parte. Poi la vide, indossava un abito corto e molto aderente che le metteva in risalto le tette rifatte.

«Buonasera.» Cantilenò Denise Spinner. Era contenta di vederlo. Erano passati mesi dall'ultima volta. Lo baciò a stampo sulle labbra lasciandogli del rossetto rosso. Da vicino si poteva ammirare il suo nasino all'insù, gli zigomi alti e le labbra gonfie come un canotto.

«Ciao.» Rispose lui fingendo entusiasmo. «Dove andiamo?»

«Andiamo a cena in un posto romantico? Anya mi ha detto che c'è un ristorante che affaccia proprio sul mare.» Denise esprimeva entusiasmo da tutti i pori.

«E se invece ci fermassimo a mangiare un panino veloce?»

«No. Non voglio un panino. Voglio una cena con primo, secondo e dessert.» Protestò lei.

Jefferson iniziò a pensare a mille scuse plausibili per lasciarla lì e andarsene. Era sceso per una scopata veloce e ora si trovava bloccato in una cena romantica. Proprio lui che di romantico non sapeva neanche il significato.«Non ho voglia di stare seduto ore per una stupida cena. Un primo o un secondo basteranno.»

Si avviò verso il ristorante che aveva consigliato Anya. Jefferson lo conosceva bene. Era un locale di lusso dove era andato a cena due volte. Ed entrambe le volte erano ricorrenze speciali che capitano una volta l'anno, come il compleanno di Eleanor. Durante il tragitto in macchina nessuno dei due parlò. Arrivarono e si diressero all'ingresso. Jefferson lasciò le chiavi del suo Range Rover al parcheggiatore.

Vennero accolti da una ragazza con una nera coda di cavallo. Sul petto aveva appuntato un cartellino color oro con il suo nome, Joy. «Buonasera e benvenuti al "Porto". Avete una prenotazione?» Chiesela ragazza con un po' troppa enfasi.

«No. Spero ci sia comunque posto per due persone.» Rispose Denise sorridendole.

«Un attimo, controllo.» Disse Joy scorrendo il dito sul tablet. «Siete fortunati. Si è da poco liberato un tavolo per due.» Continuò sorridente. Li scortò verso l'uscita sul portico che affacciava sul mare. Si vedeva la chiara luna nel cielo nero e le barche illuminate dalla sua luce fioca. Il mare era leggermente mosso e il suo sciabordare contro il bordo del portico rendeva tutto molto romantico. Il tavolo era apparecchiato da una semplice tovaglia color crema e al centro una piccola candela.

«Vi lascio i menu e torno tra poco a prendere l'ordine.» Disse Joy posando due grandi libri neri.

«Grazie.» Le disse Jefferson.

«Questo posto è fantastico.» Disse Denise non riuscendo a smettere di guardare il mare.

«Molto bello.» Commentò Jefferson poco interessato. Sarebbe stato romantico solo se ci fosse andato con la persona di cui era innamorato, ma lui non era innamorato di nessuno e quel posto non gli faceva né caldo né freddo.

Jefferson sentì il cellulare vibrargli nella tasca dei jeans. Lo estrasse e iniziò a leggere il messaggio di Eleanor. Lo informava che era passato Benjamin Cole e che era preoccupato di queste ferie improvvise. Jefferson le rispose subito.

*
«Sa che lo hai evitato per circa un anno. Ora pensa che tu voglia tornare a stargli lontana. Però è preoccupato che tu potessa partire, vuol dire che il padre, non gli ha detto che sei stata sospesa.»

«Credo di no. Dove sei?»

«Sfortunatamente a cena con Denise. Ha insistito. Siamo al Porto.»

«Che noia. Quante storie per una scopata.»

«Non dirlo a me.»
*

«Con chi stai parlando?» Chiese Denise visibilmente infastidita.

«Dov'è finita Joy? Sto morendo di fame.» Rispose lui guardando tutto il ristorante. Quando la vide le fece segno di avvicinarsi. La ragazza prese l'ordine e se ne andò. Jefferson riprese il cellulare per rispondere ad un altro messaggio della sorella.

«Dille che devi correre a casa da me.»

«Non posso. Abbiamo già usato questa scusa diverse volte.»

«Preferisci il tuo telefono a me?» Chiese spazientita Denise.

«Devo pur ammazzare il tempo nell'attesa che ci portino la cena.»

«E non puoi ammazzarlo parlando con me?»

«Di cosa vuoi parlare?»

«Mi domandavo come ti sentissi. Insomma, con la storia delle indagini e tutto il resto.»

«Bene.» Rispose Jefferson.

«Tutto qui? Mi dici solo questo?»

«Vuoi farmi l'interrogatorio adesso?» Chiese Jefferson sulla difensiva.

«No, certo che no!» Esclamò Denise. «Voglio solo sapere come stai. Io ci sono già passata e so cosa significhi tutta questa situazione.»

«Sì, ma io non sono te. Io non mi faccio abbattere da una formalità del genere. Anche perché non ho niente da nascondere.»

«E c'è qualcuno nella tua squadra che ha qualcosa da nascondere?» Chiese Denise guardandolo nella speranza che lui non si accorgesse del suo interessamento.

«Credevo che questo non fosse un interrogatorio.»Jefferso si spazientì. Essere lì con lei lo rendeva nervoso per diverse ragioni. In primis perché non era vestito adeguatamente. Indossava un jeans nero con finti strappi e una maglietta a maniche corte nera. Gli stava troppo aderente e lui, in mezzo a tante persone in giacca e cravatta, si sentiva fuori posto.

In secundis, lei lo guardava con gli occhi dell'amore. Se fosse stata un cartone animato, al posto di quei pozzi verdi, avrebbe avuto due cuori che battevano. Mentre lui non la guardava nemmeno. Le sue tette rifatte non lo facevano in pazzire. Quando le toccava sentiva le protesi spostari e questo gli faceva venire i brividi.

«Infatti non lo è.» Rispose Denise sorridendo in imbarazzo. Jefferson non era stupido come pensava. Era convinta di poterlo manipolare e farsi dire tutto quello che sapeva.

Joy arrivò con le portate e i due iniziarono a mangiare in silenzio. Verso la fine della cena il cellulare di Denise iniziò a squillare. Lo guardò impaurita per circa un minuto. Se la sua faccia non fosse sta piena di botulino, Jefferson, avrebbe potuto vedere il rossore sulle guance.

«È mio marito.» Disse lei con un filo di voce. Come se il marito potesse sentirla attraverso il telefono che squillava.

«Rispondi.» Le disse Jefferson non campendo perché lei si fosse agitata così tanto.

«Amore.» Rispose Denise fingendo entusiasmo.

Quanta falsità in una sola parola. Se fosse stato vero, che Michael Spinner era il suo amore, adesso lei non sarebbe seduta davanti a Jefferson Shaw aspettando di terminare la loro cena romantica con una bella scopata nella sua stanza d'albergo.

«Ti dispiace se ti chiamo dopo? Sono ad una cena di lavoro.» Disse Denise sorridendo a Jefferson fiera della bugia che aveva appena detto. Dopo una breve pausa di silenzio, Denise, abbassò lo sguardo e lo rialzò poco prima di chiudere la telefonata, fissando i suoi occhi in quelli di Jefferson e dicendo «anche io.»


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro