E P I L O G O
Sono passati dieci anni dal giorno in cui Kacchan mi ha baciato per la prima volta, e da allora la sabbia non ha mai smesso di scorrere.
A volte vedo la nostra vita passarmi davanti agli occhi come scene di un film che non smetterei mai di guardare e mi stupisco di quanto siamo cresciuti.
Insieme, mano nella mano.
Ci siamo diplomati entrambi con il massimo dei voti, con grande disappunto di Kacchan: non ha mai perso la voglia di battermi e non posso dire che la cosa non mi diverta enormemente.
Abbiamo scalato la classifica degli eroi in un tempo davvero breve fino a raggiungere le prime due posizioni.
Attualmente è lui il numero uno, ma il vero scontro è dentro le mura di casa nostra: chi occupa la seconda posizione fa i piatti la sera, e a nessuno dei due piace fare i piatti la sera, quindi ribaltiamo la classifica più o meno due volte a settimana.
Casa nostra.
Una delle cose a cui non mi abituo ancora.
Il giorno del mio ventiquattresimo compleanno ho ricevuto un unico messaggio da Kacchan, una posizione su Whatsapp.
Ho avvertito il panico assalirmi con un'intensità che avevo provato poche volte dopo lo scontro con Overhaul, ho pensato subito al peggio, che fosse in pericolo e non potesse scrivere.
L'avevo trovato in piedi davanti al cancello di una villetta dai mattoncini chiari e gli infissi color legno, con un sorriso stampato sul viso e tra le mani una chiave attaccata ad un portachiavi del suo stesso merchandiser.
«Onestamente...», aveva detto davanti alla mia espressione sconvolta. «...pensavo che la casa fosse un regalo figo, ma questo portachiavi la batte. Quasi quasi me lo tengo io e ti lascio quello con la tua faccia da nerd».
Porterò sempre con me la gioia che ho provato e la presa salda delle sue braccia mentre gli saltavo addosso urlando.
Da allora non ho smesso un momento di sorprendermi per ogni piccola cosa; ad ogni nuova emozione penso di non poter essere più felice solo per ricredermi ad un nuovo gesto, un nuovo bacio, un nuovo motivo per amarlo.
La mattina è sicuramente il momento della giornata che preferisco, quando apro gli occhi e la prima cosa che vedo è l'espressione serena del mio ragazzo che dorme contro la mia spalla. Potrei guardarlo per ore, a volte lo faccio: osservo il modo in cui corruga la fronte in preda a chissà quale sogno per poi rilassarsi quando passo le dita tra i suoi capelli, mi piace seguire il profilo delle sue labbra e chinarmi a baciarlo finché non si sveglia.
A quel punto borbotta cose incomprensibili, generalmente mi insulta, ma contemporaneamente stringe il braccio attorno alla mia vita ed affonda il viso contro il mio collo.
Perché sono il suo posto sicuro, e tra le mie braccia può permettersi di essere totalmente vulnerabile.
Anche ora, mentre mi rotola addosso, mi chiedo come sia possibile essere così immensamente felici.
Eppure, lo sono e per la prima volta non ho paura di esserlo.
«Ehi, pigrone. Alzati, tra poco arriva Katsumi».
Come previsto, la testa di Kacchan scatta in alto e mi guarda con un'espressione di pura gioia: è sempre così, quando vede sua nipote.
Katsumi è la figlia di Denki e Kirishima, e benché il suo nome significhi "vittoria" e "dotata di controllo", il vero motivo per cui Eijiro l'ha scelto è l'assonanza con Katsuki.
Io e Denki siamo rassegnati da tempo al rapporto fraterno tra il mio fidanzato e quello che ormai da tre anni è suo marito, ma l'arrivo della bambina aveva fatto scattare in Kacchan qualcosa che non avevo mai immaginato di vedere in lui: l'istinto paterno.
«Sbrigati!», mi trascina fuori dal letto inciampando tra le lenzuola e non posso fare altro se non ridere mentre lo seguo.
I nostri migliori amici suonano alla porta poco dopo, e quando Kacchan la apre una furia dai capelli corvini ed un adorabile vestitino azzurro gli salta addosso ancorandosi alla sua gamba.
«Tio Bakubro!», urla euforica, scatenando le risate di tutti tranne che del mio ragazzo.
Devo tappargli la bocca con la mano prima che inizi a sparare parolacce contro Kirishima per quel soprannome che la figlia ormai associa allo zio.
«Mi farà sempre morire questa cosa», commenta Kirishima abbassandosi sui talloni per stampare un bacio sulla testolina della figlia.
«Fai la brava con gli zii», sorride mentre Denki le accarezza i capelli e mi passa uno zainetto con la faccia di Kacchan.
«Non offenderti, Izuku. Vuole bene anche a te», commenta mentre scoppio a ridere e scuoto la testa.
«La capisco, anche io ho un debole per lui.»
Qualche ora dopo mi ritrovo a preparare il pranzo. Ogni tanto alzo lo sguardo fuori dalla finestra e trovo Kacchan che corre in giro per il giardino con la piccola sulle spalle.
Non pensavo che la nostra vita potesse evolvere in quel modo tanto incredibile e, più di ogni altra cosa, non pensavo che tra i due quello col terrore di avere un figlio sarei stato io.
Kacchan si siede nell'erba e la piccola Katsumi inizia a cogliere fiori per incastrarli con attenzione tra i capelli biondi del mio ragazzo.
Lui sorride, io ho bruciato il sugo.
Sobbalzo e spengo il fuoco con un sospiro prima di lasciar perdere i fornelli e raggiungere la strana coppia.
Kacchan alza lo sguardo e sorride felice non appena mi vede, con tutti quei fiori tra i capelli e la bambina che si sporge verso di me per essere presa in braccio.
«Tio Deku, li vuoi anche tu i fiorellini?»
Sorrido mentre mi chino a prendere in braccio la piccola ed istintivamente sfioro il mio naso col suo, piccolo e leggermente a patata.
«Certo, voglio diventare bellissimo anche io!», esclamo causando le risate della bambina che inizia a sistemare fiori tra i miei capelli.
Quando abbasso lo sguardo, Kacchan mi sta fissando.
Non saprei dire esattamente che espressione abbia in viso, sembra perso in un mondo tutto suo circondato da fiori e dal silenzio rassicurante di quella domenica pomeriggio.
Di nuovo quella strana sensazione di ansia mi assale: se un giorno volesse dei figli come farei a spiegargli che non ho il coraggio di aggiungere un'altra vita alla lista di persone che ho paura di non saper proteggere? Non dopo non essere riuscito a salvare lui.
«Allora?», chiedo nella sua direzione quando Katsumi annuncia di aver finito.
Kacchan non dice niente, si limita ad alzarsi ed avvicinarsi a noi.
Porta una mano dietro la schiena minuta della nipote, sorreggendola insieme a me; l'altra mano raggiunge piano il mio viso. Accarezza la mia guancia ed io poggio istintivamente la testa contro il palmo caldo della sua mano.
«Izuku?»
«Mh?»
«Sposami.»
Ora capisco perché sta tenendo Katsumi con me.
Sgrano gli occhi e per poco non crollo su me stesso come fossi un castello di carte, ma lui sorregge entrambi.
Lo fa sempre.
«C-cosa?»
«Sposami» ripete, e questa volta sorride. «Ti amo. Follemente, incredibilmente, intensamente. Sei la sola costante al mondo che voglio nella mia vita. Voglio continuare a prendermi cura di te, a ridere con te, a sorprendermi di quanto illumini la mia vita. Mi hai dato un futuro, Izuku. Mi hai salvato la vita più volte di quanto tu non riesca a realizzare. Mi hai regalato la possibilità di essere felice e voglio stringerla a me per sempre. Per favore, sposami.»
Lo guardo negli occhi, lo faccio sempre quando mi sento perso perché ritrovo il centro del mio mondo e sono sereno. E così, in quel momento, realizzo che tutte le mie paure sono infondate. Perché siamo forti solo insieme e lui me lo sta dimostrando per l'ennesima volta senza che io abbia bisogno di chiedergli conferme.
Katsumi, quasi abbia compreso la solennità del momento, poggia lentamente la testa sulla mia spalla e rimane accoccolata lì in silenzio con la manina tra le labbra e gli occhioni rossi fissi su di noi.
Non ho più dubbi, li sento svanire come neve al sole.
Voglio una vita con Kacchan, voglio crescere i nostri bambini e voglio essere forte per lui.
Per noi.
Per loro.
Così mi limito a sorridere mentre avverto il consueto pizzicore agli occhi, segno che sto per piangere.
«Certo che ti sposo, Katsuki Bakugou», mormoro trattenendo il respiro.
La sua risposta è un bacio prorompente che alterna a risate e piccoli "ti amo".
Mi stringo a lui con la mano libera e di colpo mi sento sollevare da terra. Katsumi alza le manine al cielo ridendo mentre Kacchan ci fa roteare tra le braccia.
«Ti amo», sussurro sulle sue labbra quando ci rimette a terra.
«Per sempre», completa posando la fronte alla mia, facendomi l'unica promessa di cui non avrò mai paura.
Angolino dell'autrice
Doveva essere un epilogo breve, come mio solito sono stata emotiva e mi sono allargata.
Ma va bene così, questa è la conclusione della mia prima storia e volevo che fosse spontanea, sincera e scritta col cuore.
Quindi eccomi qui, con le lacrimucce agli occhi.
Non pensavo ci sarei arrivata, devo essere sincera. Sono molto critica sui miei stessi lavori e generalmente abbandono a metà dell'opera smontandomi da sola.
Eppure, non avevo preso in considerazione quanto il supporto di altre persone potesse darmi coraggio.
Grazie, veramente di cuore.
Grazie a chi si è limitato a leggere, a chi ha votato la storia e grazie soprattutto a chi ha commentato.
Grazie a chi mi ha accompagnata dal primo capitolo, grazie a chi ha letto tutta la storia in una sera, grazie a chi mi ha dato fiducia.
Condividere una storia è come condividere un pezzo di sé stessi ed io non potevo chiedere lettori migliori per il mio debutto in società.
Non vedo l'ora di scrivere la prossima storia.
Nel frattempo, chiunque volesse contattarmi anche per due semplici chiacchiere può scrivermi qui o su instagram (il link al pofilo è nella bio).
A presto,
Ella ♡
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