14.
Kirishima's POV
«Ehi, Bakubro, oggi ti sei perso una scena esilarante.»
Cercai di sorridere malgrado tutto e portai le dita a stringere quelle del mio migliore amico. Non riuscivo a credere che fossero passate tre settimane da quando Midoriya era riemerso dal fondo della terra con Bakugou sanguinante tra le braccia ed il cadavere di Overhaul trascinato con un disprezzo che non riuscivo ad associare all'Izuku che conoscevo.
Era fuori di sé, aveva urlato talmente tanto che la sua voce suonava roca e spezzata.
Continuava a ripetere parole sconnesse, il nesso logico che le collegava era uno solo: salvare Katsuki.
Da quel momento, Izuku non aveva mai lasciato il letto di Bakugou se non per fare sporadiche docce.
«Volevamo preparare uno striscione. Sai, per quando ti sveglierai. Siamo certi che lo farai, quindi stiamo organizzando una festa che ti farà incazzare da morire.»
Soffocai un singhiozzo in una mezza risata e strinsi maggiormente la sua mano come a sforzarmi di non piangere.
«Denki... lui sta facendo del suo meglio per non crollare. Voleva illuminare lo striscione con una serie di lucine ma alla fine ha esagerato e per sbaglio ha dato fuoco alla tenda. C'è stato un attimo di panico e poi...» non riuscii a continuare. La risata mi morì in gola e si trasformò in un altro singhiozzo.
Un altro, un altro ancora e senza che riuscissi a rendermene conto stavo piangendo con la testa affondata contro il braccio di Bakugou.
«Vorrei che tu fossi sveglio, amico. Vorrei davvero che tu fossi qui. Niente è più come prima. Nessuno parla, siamo tutti aggrappati a questi dannati tubi ed Izuku... ha smesso di vivere anche lui. Devi svegliarti, Katsuki. Fallo per lui, almeno. Non puoi lasciarlo qui a morire».
Sentii la porta aprirsi poco dopo; la mano calda di Denki scivolò tra i miei capelli e chiusi gli occhi con un brivido che mi attraversava la schiena.
«Si riprenderà», mormorò più a sé stesso che a me. Annuii distrattamente ed alzai lo sguardo, gli occhi dorati di Denki erano fissi sulla sedia lasciata vuota da Izuku.
«Deve essere terribile per lui», disse affranto. «Non riesco ad immaginare come... voglio dire, potevi esserci tu».
Strinsi i denti ed abbassai la testa senza la forza di dire niente.
Non avevo mai pensato a quanto quell'aspetto della mia vita potesse influenzare chi amo. Ho sempre sognato di essere un eroe, ma quanto fa male non lo insegna nessuno.
Non sarei mai stato pronto al giorno in cui Denki sarebbe andato in missione, come non ero pronto a vedere Bakugou in un letto e Midoriya spegnersi accanto a lui come un fuoco sotto la pioggia.
«Vieni».
Denki strinse la mia mano e mi alzai seguendo i suoi movimenti. Lo vidi accarezzare dolcemente la spalla di Bakugou.
«Sbrigati a svegliarti, è noioso se nessuno mi prende in giro».
Sorrisi alle sue parole ed alzai lo sguardo verso Deku che entrava al posto nostro. Sembrava fluttuare, quasi fosse su un altro pianeta. Aveva i capelli ancora un po' umidi e gli occhi rossi come se avesse pianto sotto la doccia.
Avrei voluto dirgli qualcosa, ma non riuscii ad emettere un solo suono. Perché in fondo, per quanto fosse egoista, Denki aveva ragione: nessuno di noi poteva lontanamente capire quello che stava passando ed il solo immaginare me al suo posto mi faceva tremare le gambe in modo incontrollato.
Mi limitai a dargli una pacca sulla spalla prima di uscire e chiudermi quella porta alle spalle.
Deku's POV
«Ehi, Kacchan».
Presi posto accanto a lui, le mie dita andarono istintivamente ad intrecciarsi alle sue. Mi aggrappavo alla sua pelle calda come fosse un'ancora in mezzo al mare. L'unico segno che era ancora vivo, insieme al battito lento e cadenzato del suo cuore.
Sospirai piano, non avevo mai visto un'espressione tanto neutra. Non gli si addiceva per niente, era eccessivo anche nel modo in cui quei sentimenti che cercava di nascondere finivano per esplodere sul suo viso.
«Sai, oggi credo di essere stato veramente arrabbiato per la prima volta dopo quel giorno».
Mi concentrai sul suo petto che si alzava e si abbassava mentre cercavo di mettere in ordine i pensieri. «Ho avuto paura quel giorno; per me, perché ho perso il controllo. Per te, perché temevo di averti perso per sempre. Eppure, la rabbia di quel giorno si riduceva a questo, alla paura. Oggi invece... Ho pensato che fosse ingiusto».
Abbassai la testa, sentivo di nuovo gli occhi pizzicare ma non avevo la forza di ricacciarle indietro.
«Dopo così tanti anni... Ne abbiamo passate tante, siamo arrivati fino a qui. Ti avevo detto che ci saremmo visti il giorno dopo. Ricordi?»
Soffocai un singhiozzo, ma finii per fare peggio. Le lacrime continuavano a scendere copiose bagnando il lenzuolo ma non avevo davvero più voglia di frenare il mio dolore.
«Ci vediamo domani. Te l'ho detto prima di andare via. Domani è passato, ed anche dopodomani e tu... Non posso pensare che tutto questo sia colpa mia, Kacchan. Sei ingiusto.»
La mano libera si strinse a pugno ed avvertii il bisogno di colpire qualcosa, invece finii per avvolgere le dita attorno alla stoffa della mia maglietta quasi volessi strappare il mio torace per dare spazio ai polmoni. Pensavo che rompere qualcosa servisse, cercavo il dolore nella speranza che quello che provavo facesse meno male; la verità era che niente avrebbe potuto alleviare il senso di colpa che covavo dentro e non accennava ad andarsene.
Lo trovavo ironico, se avessi potuto avrei riso.
Lui aveva portato per dodici anni sulle spalle la colpa di avermi quasi ucciso, ed eccomi a raccogliere la sua eredità.
Ora toccava a me guardarlo inerme dentro un letto, con una ferita sulla schiena e sull'addome che portava in qualche modo il mio nome.
«Non so se questo è un tuo macabro modo di vendicarti, ma Kacchan... io ti amo. E voglio dirtelo guardandoti negli occhi, ho bisogno di vedere la luce che ti illumina il viso e quel sorriso che mi hai nascosto per troppo tempo. Voglio riprendermi il tempo che non ci siamo concessi e rimettere la sabbia nella nostra clessidra. Voglio tenerti per mano, andare con te al mare, festeggiare il tuo compleanno e sorprendermi quando ricorderai il mio. Voglio tenere un album con le nostre foto, crescere insieme e raccontare a tutti di quanto il nostro amore sia stato forte e sincero. Voglio viaggiare con te, salvare il mondo con te. Voglio dire cose sdolcinate che ti faranno imbronciare e godermi quei momenti di dolcezza rari che ti concedi. Voglio viverti, Kacchan. Ho bisogno di viverti perché non credo di potercela fare se tu non sei con me. Non credo di poter vedere un futuro se tu non sei contemplato al suo interno. Quindi... ti prego, questo sarebbe davvero un ottimo momento per svegliarti.»
Il senso di nausea prese il sopravvento, mi sentivo soffocare. Posai la testa contro il suo petto ed urlai a pieni polmoni incurante di chiunque avessi intorno.
Perché non mi importava più di niente e nessuno se non di lui.
Katsuki's POV
«All Might...», la mia voce tremava incontrollata e mi resi conto di piangere quando le lacrime salate si infransero sulle mie labbra. Non vi badai, l'unica cosa che importava era la consapevolezza di non essere morto.
Ero vivo, ero in coma e quello era Deku, il mio Deku, che stava perdendo sé stesso nel tentativo di aspettarmi ancora.
«Sì, giovane Bakugou?»
All Might sembrava sereno, mi guardava curioso come in attesa della mia prossima mossa.
«Io... io devo tornare indietro», mormorai con la voce spezzata. Avevo l'impressione di non riuscire ad emettere troppi suoni. Sfiorai ancora l'acqua, l'immagine si increspò di nuovo ma Deku continuava ad urlare sul mio corpo.
«Oh, ne sei certo? Potresti venire con me, sai? Troveresti la pace che hai tanto cercato, non dovresti più combattere».
Alzai lo sguardo su di lui, in effetti sarebbe stato bello smettere di soffrire e lasciarmi alle spalle una vita fatta di una serie di errori dietro l'altro.
Eppure... no, non erano errori. Per quanto sbagliati, avventati o stupidi ognuno di quei passi mi aveva condotto da Deku e li avrei rifatti uno per uno se avessi avuto la certezza di trovarlo alla fine del mio viaggio.
Non importava quanto avrei dovuto lottare, il suo sorriso valeva più di un'eternità in pace.
«No, voglio tornare indietro».
All Might sorrise ed indicò il fiume.
«La scelta è tua, ragazzo. Tuo il gioco, tue le regole.»
«Come torno indietro?»
«Oh, Bakugou... devi solo tuffarti.»
Mi voltò le spalle e fece per andarsene; rimasi a guardarlo per qualche secondo, poi alzai la mano nella sua direzione.
«Aspetta! Chi sei?»
«Dimmelo tu.»
«Io?»
«E chi se no? Sei il padrone della tua mente, dove credi di trovarti?»
Deglutii a vuoto, il silenzio si fece assordante. Alla fine sorrisi, annuii appena ed alzai la mano in segno di saluto.
«Mi dispiace sia così vuoto, qui dentro. Dopotutto mamma non aveva tutti i torti».
Per tutta risposta All Might scoppiò a ridere.
L'ultima cosa che vidi fu la sua figura addentrarsi tra gli alberi mentre io mi buttavo di testa in acqua.
Ero convinto che avrei sbattuto la testa sul fondo, invece mi ritrovai a cadere nel buio per quelle che mi sembrarono ore. Chiusi gli occhi, strinsi i denti ed aspettai sperando di aver fatto il salto giusto.
Angolino dell'autrice
Ciao stelline!
Come molti di voi avranno sicuramente notato, il discorso nel limbo comatoso tra Bakugou ed All Might è leggermente ispirato alla chiacchierata tra Harry e Silente alla stazione di King's Cross.
Non è stato volontario, quando scrivo generalmente butto giù fiumi di parole senza pensare troppo e credo vada anche bene così. Trovo sia inevitabile attingere da opere che hanno influenzato la nostra vita e spero di essere riuscita a dare comunque un mio tocco alla cosa!
Detto questo, è molto probabile che il prossimo sia l'ultimo capitolo (ma di nuovo, considerando quanto sono prolissa non mi stupirei se ne uscissero altri due)!
Grazie a chi è arrivato qui!
Ella ♡
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