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13.

Katsuki's POV

La prima cosa che vidi aprendo gli occhi fu il sole.
Accecante, alto in cielo ed incredibilmente brillante.

Alzai un braccio e mi coprii gli occhi, sentivo il calore accarezzare la mia pelle con una delicatezza inaudita ed inaspettatamente mi resi conto di non sentire alcun dolore.

Non ricordavo minimamente come fossi finito lì, sdraiato nell'erba sotto come se mi fossi addormentato durante un picnic. Ricordavo solo lo scontro con Overhaul, le lacrime di Deku sulla guancia e la sua voce che mi chiedeva di restare.

Sgranai gli occhi al ricordo e mi tirai su a sedere portando subito le mani all'addome.

Niente, non c'era niente se non il mio corpo perfettamente sano.
Tastai ancora in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa che mi tenesse ancorato alla vita, ma non avvertivo nulla.

«Cazzo, sono morto davvero», commentai sorpreso ed in parte amareggiato.

Non mi pentivo di ciò che avevo fatto, ma una parte di me aveva fortemente sperato di sopravvivere per poter stringere ancora Deku tra le braccia.

«È una fortuna che tu gli abbia detto cosa provi prima di andartene, non credi?»

Mi voltai di scatto in cerca della fonte di quella voce, ma non la trovai. In compenso mi resi conto di trovarmi in una sorta di immenso giardino circondato da alberi in fiore e piante profumate.

Non sembrava un paradiso, ma di certo non era l'inferno.

Feci forza sulle braccia e mi alzai in piedi continuando a guardarmi intorno.

Pensavo che sarei stato in compagnia, per lo meno. Possibile che non ci fossero altri pazzi morti? E dov'era il mio cane? Dovevo immaginare che la vecchia mentisse quando aveva detto che l'avrei rincontrato, un giorno.

Sbuffai e mossi qualche passo con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni della tuta grigia mentre studiavo con attenzione ogni dettaglio.

Era noioso, terribilmente noioso.

«C'è qualcuno?», urlai alzando la testa verso l'alto.

Mi rispose solo l'eco lontano della mia voce, come ad accentuare la solitudine in cui ero inesorabilmente scivolato.
Iniziai a contare i miei passi, tanto per fare qualcosa.

1...2...3...211...212...213...

Un dolce fruscio distolse la mia attenzione dai passi, avevo raggiunto un fiume. Voltai la testa ma non riuscivo a vederne né l'inizio né la fine, sembrava sparire oltre l'orizzonte strano di quel posto senza precise dimensioni spaziali.

Mi inginocchiai sulla riva e lasciai scivolare le dita sulla superficie fresca per qualche secondo prima di sporgermi per osservare il riflesso della mia immagine.
Quello che vidi, tuttavia, mi fece urlare e barcollare leggermente all'indietro.

«Ma che cazzo...»

Mi sporsi di nuovo col cuore che batteva a mille, doveva essere uno scherzo terribile della mia mente.

Sullo specchio d'acqua, come fosse una finestra sul soffitto di una stanza, vedevo me stesso sdraiato in un letto d'ospedale.
Le lenzuola candide erano nulla se confrontate al pallore del mio viso.
I miei occhi chiusi erano cerchiati da ombre violacee e le labbra schiuse respiravano aria in modo meccanico come se non mi servisse davvero.

Seduto accanto a me, poggiato con la testa sul materasso, Deku.

La sua zazzera di capelli verdi sembrava spenta, stava in una posizione innaturalmente scomoda che mi faceva venire voglia di urlargli di raddrizzare quella schiena.

Stringeva la mia mano con forza, riuscivo quasi a sentire le sue dita.

«Non capisco», sbottai sfiorando nuovamente la superficie dell'acqua. Quella si increspò appena, ma né Deku né il me stesso a letto batterono ciglio.

«Davvero? Dove credi di essere, Bakugou?», di nuovo quella voce e di nuovo girai la testa senza vedere niente.

«Ma chi sei?», chiesi esausto tornando a guardare la figura di Deku accanto al mio letto.

«Ah, questo non lo so. Dipende da te, che forma vuoi darmi?»

A quel punto pensai seriamente di essere impazzito. Sospirai e scrollai le spalle con scarso interesse mentre continuavo a punzecchiare Deku con le dita come se sperassi di essere visto.

«Non lo so, All Might?», borbottai distratto.

Avvertii un fruscio e questa volta, quando alzai lo sguardo, mi ritrovai effettivamente davanti la figura dell'eroe che avevo amato per tutta la mia vita.

Mi ritrovai a sbattere le palpebre un paio di volte, poi accennai una risata ed alzai le mani in segno di resa.

«Cos'è, una prova d'accesso all'inferno? Cercate di farmi impazzire definitivamente?»

All Might scosse la testa con un sorriso bonario prima di sedersi accanto a me.

«Dipende da te», disse di nuovo. «Vuoi impazzire?»

«Come fa a dipendere da me? Sono morto», iniziavo seriamente ad innervosirmi, ma cercai di contenermi per evitare di far esplodere anche quel posto. Qualsiasi cosa fosse.

«Lo sei?», chiese All Might. Al mio sguardo interrogativo indicò nuovamente il fiume. «Cosa credi che sia?».

Osservai nuovamente lo specchio d'acqua. Deku si era svegliato, stava stirando la schiena ma non aveva lasciato la mia mano nemmeno per un secondo.

Lo vidi sporgersi verso di me e spostarmi i capelli dalla fronte con dolcezza, poi alzò lo sguardo verso un punto che non vedevo.

Todoroki fece il suo ingresso nel mio campo visivo insieme a Kirishima.

Sentii il petto stringersi mentre vedevo il mio migliore amico accasciarsi dall'altro lato del mio letto. I capelli abbassati, il sorriso completamente scomparso dal suo volto.

Todoroki gli posò una mano sulla spalla prima di porgere a Deku una tazza di caffè.

«Dovresti riposare, Izuku. Quanto hai dormito in queste tre settimane?»

Deku scrollò le spalle. Non disse niente, ma dalla sua espressione era chiaro che non avesse la minima intenzione di lasciare quella sedia.

Kirishima per tutta risposta poggiò i gomiti al materasso.

«Posso parlargli un po'? Magari nel frattempo puoi farti una doccia, puzzi». Il suo volto si illuminò appena, Deku non riuscì a dire niente.

Si alzò lentamente e prima di lasciare la mia mano si chinò a baciare la mia tempia.

«Torno subito», mormorò prima di seguire Todoroki fuori dalla stanza.

Eijiro rimase in silenzio per quelle che sembrarono ore, poi trovò il coraggio di alzare la testa per guardarmi e per un secondo vidi nuovamente il sorriso del mio migliore amico.

«Ehi, Bakubro, oggi ti sei perso una scena esilarante.» 


Angolino dell'autrice

Hola people!
Stavolta ci siamo davvero, penso manchino massimo due capitoli. 

Pensavo che non sarei mai riuscita ad arrivare alla fine, invece ho addirittura nuove idee per sfornare nuove storie. 

Sono davvero felice di aver condiviso con voi questo piccolo sclero. Riserverò i ringraziamenti commuoventi per il finale, ma nel frattempo ringrazio tutti quelli che sono arrivati fin qui. 

Questo capitolo è ispirato alla credenza giapponese per cui i fiumi sono ponti che collegano il mondo dei vivi con quello dei morti e, in particolare, al fatto che l'acqua e gli specchi siano come punti di passaggio tra uno e l'altra. 

Come sempre, commenti e consigli sono sempre bene accetti!

A presto,

Ella ♡

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