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10.


Deku's POV

La sera del bacio con Shoto cercai Kacchan ovunque, senza successo. Pareva essersi volatilizzato.

Riapparve il giorno dopo a lezione ma per qualche assurdo motivo sembrava quasi fingesse che io non esistessi.

Lo trovai assurdo; per quanto il nostro rapporto fosse sempre stato agli antipodi dell'amicizia, Kacchan non perdeva mai occasione per insultarmi.

In quei giorni, invece, evitava accuratamente di posare gli occhi su ogni angolo della stanza in cui mi trovavo io.

Si circondava di persone pur di non restare solo come se non volesse rischiare di rimanere incastrato con me ed io iniziavo a dare di matto in cerca di un qualunque segnale che mi desse una spiegazione a quel comportamento assurdo.

«Sto impazzendo», sbottai un giorno buttandomi sul divano accanto a Denki che sgranocchiava patatine avvolto nel suo plaid dei Pokémon.

Aveva lasciato Shinsou pochi giorni prima, senza un apparente motivo, eppure entrambi sembravano molto sereni a riguardo.

«Che succede, broccolo?», chiese offrendomi il sacchetto con aria risolutiva, io ne presi una senza nemmeno guardarlo.

«Sono stanco.»

«Sfogati.»

«Non posso.»

«Perché no?»

In quel momento vidi passare Kacchan.

Le mani in tasca, il cappuccio della felpa tirato in testa e l'aria di chi cerca di attraversare una stanza nella speranza che nessuno lo fermi.

Ma no, ne avevo davvero abbastanza.

Era troppo.

Non bastava lo stress della scuola.

Non bastava il fatto che partecipassimo a riunioni su riunioni per capire come e dove trovare Eri.

Ci si metteva anche lui.

Mi alzai di scatto sotto lo sguardo confuso di Denki e seguii Kacchan fuori.

L'aria serale mi fece rabbrividire, ma non mi fermai. Avevo un obiettivo ed era quello di chiudere definitivamente quella questione che andava avanti da troppi anni.

«Ehi, Bakugou.»

Lo vidi bloccarsi sul posto, ma non si voltò.

Sentivo che quella sarebbe stata la botta finale al vetro già troppo fragile della nostra clessidra.

Katsuki's POV

Bakugou

Non credo esistesse una definizione per descrivere quanto suonasse sbagliato il mio nome pronunciato dalla sua voce.

Sembrava quasi non mi appartenesse.

Avrei voluto correggerlo ma non dissi niente, mi limitai a rimanere immobile in mezzo a quel prato deserto.

«Che cazzo vuoi?»

Lo sentivo fermo alle mie spalle. I suoi occhi pesavano sulla mia schiena come un macigno ma non potevo cedere.

«Guardami», disse lui.

Strinsi i pugni nella tasca della felpa ed assottigliai le palpebre per fissare un punto in basso, vicino alle mie scarpe.

Come potevo guardarlo? Tutto quello che avrei visto sarebbe stata la consapevolezza di averlo perso per sempre.

Perso? Non è mai stato tuo.

«O mi dici che cazzo vuoi o mi lasci in pace, Merd-»

Non feci in tempo a finire la frase.

Sentii i suoi passi avvicinarsi e la sua mano stringersi sul mio braccio costringendomi a voltarmi con una forza che non mi aspettavo.

«Mi hai rotto il cazzo, Kacchan!» urlò con gli occhi lucidi, ed in quel momento seppi di averlo portato all'esasperazione.

Osservai la sua figura illuminata appena dal bagliore pallido della luna.

Sembrava più stanco del solito, forse anche più magro. I suoi occhi verdi erano opachi, come se fossero sempre puntati su qualcosa che non potevo vedere, ed erano cerchiati da profonde occhiaie violacee.

Ciò che mi colpì maggiormente, tuttavia, fu la sua espressione.

Aveva perso ogni briciolo di dolcezza, ogni morbidezza nei tratti.

«Ora che l'hai detto ti senti meglio?», sputai divincolandomi dalla sua presa senza staccare gli occhi dai suoi.

Lo vidi stringere i pugni, ero sicuro che stesse mettendo in gioco ogni briciolo di autocontrollo per non prendermi a pugni e per qualche assurdo motivo mi venne quasi da sorridere.

«No! Non sto meglio. Mi spieghi che ti prende?»

«Che dovrebbe prendermi?»

«Mi ignori da giorni.»

«Lo faccio sempre.»

«Non così.»

«E allora? Vai a piangere dal tuo fidanzatino.»

Mi pentii subito di quello che avevo detto.

Lo vidi sgranare gli occhi e schiudere le labbra mentre io mi maledivo mentalmente per quel tono fin troppo stizzito.

«Ma di che parli?» chiese sull'orlo delle lacrime.

«Niente, ti togli dalle palle?»

Non mi diede modo di farlo, anzi. Le sue mani raggiunsero il mio petto e mi spinse indietro. Sembrava stesse ringhiando.

Non avevo mai visto Deku in quello stato, non pensavo nemmeno fosse possibile per lui perdere il controllo in quel modo.

Eppure, in quel momento, avevo davanti la persona che amavo di più al mondo totalmente a pezzi a causa mia.

La stessa persona che avevo giurato di proteggere da me stesso.

«Sono dodici anni che mi tratti da schifo», sbottò senza trattenere più le lacrime. Mi spinse di nuovo, ma questa volta con meno convinzione ed io rimasi fermo accusando il colpo.

«Dodici anni che vivo nel dubbio di cosa diamine ti ho fatto per essere odiato in questo modo», un altro colpo al petto, un altro accuso silenzioso.

«Dodici anni che vorrei solo cancellarti dalla mia vita ed invece continui ad essere il centro di ogni mia fottuta giornata».

Mi diede un ultimo cazzotto e si accasciò in ginocchio con la testa bassa e le mani affondate nell'erba umida.

Io sentivo solo il rumore ovattato del battito del mio cuore.

Mi si era mozzato il respiro in gola, avevo l'impressione di non riuscire più ad inalare aria.

Crollai in ginocchio di fronte a lui incapace di reggermi sulle gambe, con il viso tra le mani e la voglia di urlare.

«Vorrei solo capire perché», mormorò dopo qualche secondo con la voce rotta dai singhiozzi ed il viso ancora affondato contro il petto. «Perché hai deciso che non valgo più nemmeno i tuoi insulti?»

Deglutii a vuoto, sconvolto da quello che stava succedendo.
Possibile che fosse arrivato al punto da accettare i miei insulti pur di avermi nella sua vita?

Mi resi conto di quello che avevo fatto negli anni e mi chiesi di colpo come avessi fatto a mandare avanti quell'idea tanto egoista partorita da un bambino di cinque anni.

Non avevo più niente, nemmeno la convinzione di farlo per il suo bene.

«Perché ho realizzato di averti perso per sempre», ammisi alla fine con un soffio di voce.

La sabbia nella clessidra smise di scorrere e di colpo, inspiegabilmente, il tempo attorno a noi si fermò.

Angolino dell'autrice

Flash news: Deku ha sbroccato.

So che in genere Deku è il patatino dolce della situazione, ma io mi sono sempre chiesta quando sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe mandato a fanculo Kacchan. 

Ed eccoci qui.

Spero che il capitolo vi piaccia, stiamo arrivando alla fine giuro!


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