Capitolo Trentacinque
Non sapeva se Lucy fosse già stata dimessa dall'ospedale. Non sapeva dove avevano portato Normani. Non sapeva se la notizia della di morte di Josh fosse stata seppellita con lui, ma era abbastanza sicura di sì, visto che i telegiornali non avevano detto niente a riguardo. E infine, non sapeva come stesse Lauren.
Quando vengono commessi reati di quel calibro non vieni scortato in una normale cella insieme ad altri detenuti ammanicati fra loro. No. Prima sei sottoposto ad un interrogatorio in sedi diverse del paese, dove l'unica illegalità è la legalità. Poi, sempre che sia stato abbastanza collaborativo da uscire con i tuoi piedi, vieni trasferito ad un'altra sede, dentro un'auto con tre agenti solo per sorvegliarti le manette. Infine, dopo essere stato catalogato e inserito nei documenti secretati del paese, ti portano a braccetto verso l'inferno. Nell'ambiente si chiamano JOD, Jail od Dark, soprannominate così non solo perché sconosciute all'opinione pubblica, ma anche per ciò che succede là dentro. Ally Brooke gestisce tutte quelle nel raggio di trecento miglia, ma anche gli agenti addetti al caso specifico conoscono i relativi spostamenti dei propri soggetti, cosicché, se la propria missione non è ancora terminata, possano sempre fare una capatina nel buco del mondo e chiedere quanto necessario. Tutti cantano, se non dopo un'ora dopo un giorno, ma nessuno rimane muto troppo a lungo.
Camila si rigirava la spilla di Lauren fra le dita. Glielo aveva chiesto, una mattina, che cosa fosse e perché l'aveva data a lei. La corvina, mentre si rimetteva la maglietta, le aveva detto che due spade incrociate simboleggiano a colpo d'occhio un conflitto, ma se ci pensava potevano anche sottintendere unione. Per lei era solo un portafortuna, glielo aveva dato Taylor, e quando lo aveva regalato a Camila era perché era convinta che ne avesse più bisogno lei, della fortuna, che la sua banda. Mentre osservava la riproduzione delle piccole lame dorate ora vedeva solo sbarre. Non aveva sue notizie da ventiquattro ore, e le si stava fondendo il cervello con la masnada di ipotesi nefaste che colpivano i suoi centri del dolore.
Luis e Christina si erano presi una pausa più che meritata. Avevano fatto molti più straordinari di lei, e ora che la vicenda volgeva al termine loro volgevano al letto. Camila era sola dentro l'ufficio. Molti documenti erano già stati sgombrati, ripulendo il tavolo per la prossima squadra. Era una persona totalmente diversa da quando aveva varcato quella soglia il primo giorno. Si ricordava ancora quando tutti si alzavano in piedi per darle il buongiorno. Poi Dinah era diventata troppo sua amica per attenersi alle cerimonie, e allora anche Luis e Christina si erano arrogati il diritto di essere suoi amici, ed era già stato tanto se si accorgevano della sua presenza al mattino. Almeno la lista delle idiosincrasie si erano accorciata.
La cubana non aveva un vero motivo per stare lì, ma la verità era che non trovava neanche una motivazione per andarsene. Forse se ne stava semplicemente ad aspettare che un pensiero, qualsiasi pensiero, la esortasse a lasciare l'ufficio una volta per tutte. Ma invece di sovvenirle un pensiero, sovvenne una figura in carne ed ossa, che invece di donarle un espediente per andarsene le consegnò un cavillo per restare.
«Sei qui.» Dinah aveva l'aspetto di chi pretendeva di dormire seranemente ma in realtà risultava allergico al cuscino. «Ti stavo cercando.» E aveva anche la voce di chi non avrebbe voluta vederla già da un po'. Sicuramente gli occhi le dicevano che dopo non l'avrebbe cercata. «Non sono io a capo dell'operazione, perciò questa gliela devi portare tu ad Ally.» Estrasse la chiavetta dalla tasca e la adagiò sul tavolo, sotto lo sguardo vacuo della cubana. Tutto quello per un pezzo di plastica non più grande del suo dito mignolo.
Camila annuì, ma rimase in silenzio. Non aveva il coraggio di toccarla senza sentirne in mano tutto il peso di ciò che aveva fatto. Un pensiero fuggevole la sfiorò come la mano di un passante goffo per strada. Era davvero giusto che la usb si trovasse lì adesso? Dinah teneva le braccia incrociate al petto e malgrado quello fosse l'ultimo posto dove voleva restare, non se ne era ancora andata. «Che cosa farai adesso?» Chiese risoluta, come se la determinazione anestetizzasse qualsiasi inclinazione del tono.
«La porterò ad Ally e...»
«No. Intendo dire, che cosa farai adesso con Lauren?» Era la prima volta che pronunciava il suo nome senza abbinarlo a "manette" o "ucciderla". Fu strano per Camila, come vedere un palloncino tornare indietro dal cielo. Qualcosa che non si aspetterebbe mai.
«L'aiuterò come posso. Le starò vicino.»Si strinse nelle spalle, registrando il sospiro sonoro di Dinah come una condanna.
«È nella stessa prigione di Trisha, lo sai?» Comunicò la collega, impastando un cipiglio massiccio sul volto della cubana.
«Si, lo so, perché?» Aveva letto il fascicolo, aveva dovuto redarlo per portarlo ad Ally insieme a tutti i dati finali.
La polinesiana arrancò, era una battaglia fra dondolio dei piedi e sospiri grevi. «Trisha è morta ieri notte.»
Camila balbettò qualcosa di intelleggibile. Non sapeva bene cosa dire, ma fu solo quando gli occhi insistenti di Dinah la rimirarono eloquenti che raggelò sul serio. Scattò in piedi, col cuore che le palpitava già a mille. «Come è morta?» Chiese tremolante.
«Cause naturali.» Ammise in un filo di voce la donna, strappando l'ultimo brandello d'ossigeno dalle labbra della cubana.
Cause naturali era ciò che veniva comunicato ufficialmente quando qualcuno dei piani alti si sbarazzava dei detenuti in soprammercato. Era il modo migliore per non ottenere troppe domande. Un omicidio apriva un'inchiesta interna fra i possibili resposanbili, guardie incluse. Un suicidio apriva un'inchiesta sul materiale che immettevano i poliziotti all'interno. Cause naturali era la calma piatta. Nessuno domandava, nessuno si preoccupava. Tranne Camila, che sapeva benissimo che due casi su quattro le "cause naturali" si riferivano a sotterfugi ai piani alti.
Fece spola fra Dinah e la chiavetta, infine allungò il braccio e strinse quel piccolo oggetto come fosse un'arma a doppio taglio. «Camila, dobbiamo portarla ad Ally.» Anche la voce della collega era leggermente indecisa, come se, malgrado tutto, sapesse ancora discernere i sentimenti dalla professionalità, e dato che era una delle più argute, sapeva benissimo anche lei che qualcosa non quadrava.
«Non prima di averla esaminata.» I suoi occhi ardevano contro la testa di metallo, talmente piccola eppure capace di scatenare un putiferio.
«Senza Luis non siamo in grado, lo sai benissimo.» Sospirò, ma Camila aveva già inserito la usb nel portatile.
«Tutti i computer sono programmati per decpritarle automaticamente, ricordi?» Aspettò che il sistema elaborasse i dati e poi le cartelle si aprirono a ventaglio sul dekspot. Una, due, cinque, nove, quindici...
Ed erano tutte vuote.
Non c'era un solo elemento sopra. Non c'era niente.
Camila fece un passo indietro, rimirando con la gola secca e le labbra schiuse lo schermo, come se per la prima volta si fosse messa le lenti su un mondo dapprima sfocato.
«Che c'è?» Domandò neutra DInah, che provava a mantere la calma nonostante la reazione chiaramente attonita della cubana.
«Non c'è niente. Letteralmente.» Specificò, voltandosi gradualmente verso la collega che dopo un attimo di vacillamento l'affiancò.
Gli occhi schizzavano impazziti, come un flipper, sul dekstop. Tentavano di raccapezzarsi, ma non capiva niente. Controllò personalmente le cartelle, trovando sempre e solo vuoto. Se il pc non fosse stato programmato per decifrare la chiavetta, probabilmente avrebbero trovato migliaia di file, ma il punto era che, una volta decodificati, si scopriva che erano completamente vuoti. Spogli.
«Non capisco, abbiamo preso la usb sbagliata?» Ipotizzò, scervellandosi.
Camila non le rispose. Camminava avanti e indietro, il suo cervello però viaggiava a una velocità superiore, le sembrava di aver percorso l'equatore due volte. Camila aveva più informazioni rispetto a DInah. Sapeva ciò che le aveva detto Ally e ciò che le aveva detto Lauren. Tentò di rimettere insieme i pezzi, allacciando le storie fra di loro. Ripercorse a ritroso ogni singola parola che la corvina le aveva dichiarato, cercando la falla. Sapeva che la falla c'era. Doveva solo trovarla. Era che...
«Dinah, quando hai colpito Normani, chi ha portato via il corpo?» Chiese, sperando che la collega le dicesse ciò che sperava.
«Nessuno. Voglio dire, non c'era nessun corpo. Pensavamo che fosse stata presa da qualche animale, visto dove si trovava il posto, oppure i contrabbandieri potevano essersi sbarazzati di lei per occultare le prove del loro passaggio.» Non aggiunse che era evidente il perché Normani non si trovasse lì.
«Ma chi supervisionò la missione di recupero?» Tutti i pezzi si stavano incastrando. Credeva davvero di aver sempre saputo la verità, ma invece era stata gettata nel mezzo di una bugia.
«Ally, perché?» Si incupì, non capendo dove stesse andando a parare. Avevano preso la usb sbagliata e lei pensava a fare Sherlock, che le diceva la testa ultimamente?
Gli occhi della cubana ebbero uno zampillo. Espirò rumorsamente, incassando le spalle verso il basso. «Non è la chiavetta sbagliata. È quella giusta.» Bisbgliò sommessamente, capendo in cosa si era cacciata solo allora.
«Io non sto capendo.» Scosse energicamente la testa la donna, osservando preoccupata l'espressione svuotata della cubana.
«Non ha trovato il corpo, come poteva semplicemente credere che qualcuno l'avesse portata via di lì? Dopo quello che le aveva detto poi... Non c'era nessun corpo. Ally non era convinta fosse morta, non poteva esserlo, altrimenti non sarebbe a capo di tutto questo.» Spiegò, ma non abbastanza globalmente da diradare le plisse sulla fronte della collega.
«Dinah, se vivi con la paura che fuori ci siano cinque ragazzi che possiedono delle informazioni chiave, che potrebbero attentare alle sorti del paese, e che probabilmente adesso sono addirittura aiutati da un'agente ben addestrato del governo, che cosa fai per trovarli se loro non sono rintracciabili?» Le domandò come se fosse la cosa più evidente del mondo, ma Dinah scosse la testa disorientata. «Li dai quello che vogliono.»
Dinah impiegò qualche secondo, ma poi anche lei venne sopraffatta dallo stesso respiro mozzato della cubana. «La soffiata. L'ha fatta Ally. Non c'è mai stato nessun pericolo, perché non è mai stata una chiavetta vera, era solo un'esca.»
«E poi Trisha è morta. Josh è stato fatto fuori disgraziatamente durante lo scontro. Lucy è in ospedale, non sarà difficile far credere che qualche infezione se la porterà via. E Normani e Lauren saranno solo carne da macello nelle JOD.» Aveva lo sguardo perso, ma era Dinah quella a cui serviva una sedia.
«Non c'è mai stata nessuna missione. Ally voleva solo finire quello che Normani forse aveva lasciato a metà. L'unico modo per attirarli nella tana del lupo era far credere che la chiavetta stesse circolando davvero. Anche se l'avessero presa, per decifrare migliaia di cartelle cripatate, avrebbero avuto bisogno di settimane. Non avevano possibilità di vincere. Ally voleva solo averli sotto la sua ala per finirli una volta per tutte. È sempre stata una questione personale.» Si sentiva vuota, leggera come se stesse fluttuando nello spazio, capovolgendosi ad ogni bracciata.
«E allora noi abbiamo rischiato la vita per cosa?! Per niente?! Ho rischiato di morire per una questione di orgoglio, per una questione di... Di cosa?! Avevano solo ipotesi loro, non avevano delle prove schiaccianti! Ally ha ideato tutta questa storia solo per pareggiare i conti, perché non le andava a genio che un gruppo di ragazzini la sfidassero tanto spudoratamente!» Quello che stavano vivendo non era solo una bugia, era la fine di tutto ciò in cui avevano sempre creduto.
«E adesso non c'è altro da fare. Ally li ucciderà tutti.» Concluse la cubana, realizzando solo adesso che forse la spilla di Lauren era l'ultima cosa che possedeva di lei.
La rabbia di Dinah non si era ancora rassegnata però. Con un balzo l'afferrò per le spalle a denti stretti promise: «No, non lo farà.»
——
Ciao a tutti!
Ebbene sì, colpo di scena finale 😆 Ho aspettato fino all'ultimo, ma alla fine la verità è venuta fuori.
Adesso vi aspetto per il capitolo finale.
Grazie a tutti.
Sara.
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