Capitolo Sette
Non sapeva se l'avesse indolenzita di più l'incidente o il letto dell'ospedale, entrando in casa dovette sorreggersi per arrivare al piano superiore, dove il letto era ancora disfatto e i vestiti appallottolati nell'angolo. Un grugnito fu l'unica attenzione che ebbe per il disordine. Arrancando arrivò al piccolo bagno personale. I trucchi che Dinah aveva utilizzato per truccarla erano ancora sparsi sul mobiletto del lavandino. Approssimò la faccia al ruinetto, lasciò che il getto gelido le sciaquasse il viso cencioso: si avvizziva quando dormiva poco. Alzò le ciglia bagnate. Il riflesso che le restituì lo specchio fu un disegno sformato e cinereo. Hai visto giorni migliori.
Prese tre giorni di permesso. O meglio: Ally l'obbligò a farlo. Non potevano e non volevano rischiare. Al termine delle giornate di riposo, tornò operativa. Luis e Christina l'abbracciarono più stretta di quanto le sue costole potessero tollerare, ma non si lamentò. Dinah l'accolse con un sorriso amichevole ma freddo. Camila ricordava bene la loro ultima chiaccherata. Confidare alla sua collega i dubbi in merito alla coscienza di una banda di criminali non era stato il passo più scaltro della sua carriera. Era decisa a rimediare, magari additando la morfina come vera colpevole della sua botta di testa. Ma si chiedeva chi avrebbe tacciato una volta tornata a casa.
La ragguagliarono sulle prove messe insieme. Josh e Lucy erano effettivamente al casinò, ma il resto dei componenti era sfuggito al sistema. Avevano interrogato i barman e i dipendenti dello staff, ma ovviamente nessuno era in possesso di informazioni riguardo una chiavetta USB e tanto meno riguardo profili sospetti. Era stato un tentativo mediocre, era evidente che coprivano le spalle ai propri giocatori, ma sempre meglio non darsi per vinti prima di provarci.
Dinah si era recata a casa di Josh e aveva sbirciato qua e là; oltre a inutili foto adolescenziali e diari un po' perversi non aveva scovato nulla, a parte la furia del padre quando l'aveva trovata intenta a razzolare in camera di suo figlio. A quanto pareva non era Joanna, la mamma di Josh, a soffrirne di più.
Josh aveva cercato di inquadrare tutte le donne con vestiti rossi presenti alla festa, ma tutte non avevano altre ragioni se non quelle di giocarsi un po' di soldi avanzati. Il database non indicava niente di strano nelle loro generalità, troppo esposte signicava poco circospette.
Camila domandò se ci fosse modo di risalire ai nominativi di quella sera per confrontarli con quelli dell'asta. Christina aveva già provveduto e stava esaminando entrambe. Per ora con scarsi esiti. Camila chiese di poter controllare i video della sorveglianza in strada, quelli che avevano registrato il suo incidente. Josh non se lo fece ripetere due volte. La velocità era eccessiva persino per un sistema tanto delicato quanto quello installato da Josh: impossibile catturare anche solo un frammento del viso, anche a causa della penombra e dei finestrini oscurati.
Mentre gli altri si approntavano a proseguire i loro compiti, Camila analizzò al millimetro i video, fino ad arrivare all'incidente. Cambiò angolazione, servendosi di una telecamera meno incuravata e più centrata sulla strada principale osservò attentamente la macchina ferma, impassibile, mentre un po' di fumo, proveniente dal suo cofano senza dubbio, annebbiata lo schermo, ma non abbastanza da occultare ciò che il suo occhio vigile catturò in differita.
Zumò sull'immagine fino al massimo consentito, e strizzò gli occhi. La donna al volante si era chinata, era stato un secondo, e aveva preso il telefono. Pensò che stesse chiamando i suoi amici, ma per dirgli esattamente cosa? No. No stava telefonando a qualcun altro. Non lo capì subito e nemmeno quando formulò l'ipotesi ci credette incodizionatamente, ma tutti i tentativi successivi furono solo nebulose tesi volte a cancellare la convinzione della prima, che però nessuna depennò.
Ragionarono e decisero insieme come continuare la ricerca, poi Camila rincasò qualche ora in anticipo, esausta. Sarebbe volentieri scivolata dentro al letto, ma se voleva recuperare energie doveva mangiare prima. E a lei le energie servivano più di quanto le servisse il sonno.
Era metà cena quando le squillò il telefono.
Lo smartphone trillava a qualche centimetro da lei. Lo fissò come se potesse tramandare la collera attraverso la ricezione virtuale. Posò lentamente la forchetta e ancor più lentamente raggiunse l'oggetto.
«Pronto?» Ringhiò a denti stretti, modulando la voce ma non il fremito convulsamente feroce.
«Ciao Camila. Sono contenta di sapere che stai bene.» Probabilmente per colpa del meccanismo di distorsione vocale era quasi impossibile discernere quanto stesse mentendo e quanto fosse sincera.
«Ah si? Io invece spero che la tua amica si sia fatta male. Molto male.» Sibilò respirando a malapena attraverso i denti digrignati.
«Mi dispiace, ma i tacchi ti hanno rallentata troppo. Voglio sperare almeno siano stati quelli la causa della tua pessima mira... o della pessima guida.» Certo, provocarla era il miglior modo per depistarla. Una piccola parte di Camila si crogiolava nel pensiero di averla quantomeno lambita con un bussolo.
Si mise in piede faticosamente, ispirò abbastanza a fondo da ricordarsi di non farsi coinvolgere nei suoi strategemmi proditori.
«Perché stai chiamando? Sto bene, sì, che cosa ci ricavi tu?» Si accostò alla finestra. Le luci della città erano eclissate dietro la silhouette della collina, solo i lampioni di fronte casa illumnavano lattiginosi il profilo delle auto. Si chiedeva dove fosse quella donna in quel momento e quando anche lei avrebbe potuto esserci.
«Divertimento, ovviamente.» Sghignazzò, ma nemmeno la meccanicizazione poteva travestire la falsità del riso.
«Non ti credo.» Asserì risoluta Camila. «Io non ti credo.» Stavolta fu un bisbiglio che anche alle sue orecchie suonò come una rivelazione. Una confessione.
Il silenzio seguente echeggiò nelle sue orecchie come il rimbombo dei proiettili, solo che stavolta non poteva difendersi perché non sapeva da che parte arrivassero. Forse quella donna la stava sfruttando a suo vantaggio, era solo una pedina in una scacchiera molto più grande delle sue ipotesi.
«Camila, non mentire a te stessa. Voglio ancora che tu muoia.» Sussurrò talmente persuasiva che alla donna parve di sentire il suo fiato sul collo.
«Va bene, allora ti dò un consiglio.» Rimbeccò appiattando labbra e occhi. «La prossima volta che sono indifesa sparami invece di chiamare i soccorsi.»
Il respiro dall'altra parte si fece più greve, neanche l'oscurità poteva smussarlo. Eppure era da lì che proveniva. Dal buio del suo cuore. Camila restò in ascolto, sperò che la sua tesi non fosse motivo di motteggio, ma nella sua attesa c'era anche altro. Una sensazione a cui non poteva attribuire definzione, ma sapeva che anche quella nasceva da un'oscurità: quella del suo battito.
«Ho detto che ti voglio morta, ma non ho mai detto che sarò io ad ucciderti.» Se per un attimo l'affermazione prosciugò la gola della donna, il momento successivo l'altra aveva già pronto in serbo l'attacco finale.
«E poi, io non sparo alle persone indifese. Mi piace vincere sapendo che l'ho meritata la vittoria.» Le stava forse confessando che le avrebbe sparato solo quando si sarebbero ritrovate faccia a faccia? Camila non vedeva l'ora.
«Ti ringrazio per la preoccupazione. Sono in splendida forma adesso, quindi la prossima volta che ci incontreremo porta il caricatore pieno.» Attaccò, sbatacchiando lo smartphone contro il bancone della cucina. Non aveva idea di che sogni avrebbe potuto avere quella notte.
La mattina dopo si trascinò fiaccamente fuori dal letto. I ritmi erano insostenibili persino per un'agente addestrata come lei. Stava asciugando i capelli, ancora non aveva nemmeno la maglietta addosso quando udì un rumore al panino di sotto.
Drizzò le orecchie, ma i suoi pensieri macabri si dissolsero nella voce cordiale di Dinah. «Ti ho portato la colazione!» Camila tirò un sospiro di sollievo, anche se l'adrenalina svanì malcontenta.
Inforcò I primi indumenti raccattati e scese ancora scalza al piano di sotto. Dinah si era seduta al tavolo della cucina con un sacchetto bianco ancora incartato di fronte a lei.
«Spero che tu non lasci la porta sempre aperta.» Inarcò un sopracciglio scettica.
Camila corrugò la fronte e scosse la testa. Se ne era dimenticata solo per la troppa stanchezza.
«Spero che tu non entri in ogni casa aperta.» Ribattè sarcastica, guadagnando un mezzo sorriso.
«Touchè.»
Camila si sedette di fronte alla collega dopo aver messo il caffè a riscaldare. Il primo croissant lo scelse lei, dato che ve ne era solo uno alla crema e lei voleva quello.
«Camila,» iniziò deglutendo a capo basso. «Mi dispiace per ciò che ho detto all'ospedale. So che tu non pensi quelle cose.»
La donna masticò lentamente il boccone. Nemmeno lei sapeva cosa pensare. Ma sicuramente cosa dire si.
«Certo che non le penso, ero solo molto scossa e la morfina non aiutava.» Si strinse nelle spalle, ma il meglio del sorriso che riuscì a condividere fu subito nascosto dietro il prossimo morso.
«Siamo a posto, allora?»
«A posto.»
Un sospiro profondo colmò la stanza. «Non sai quanto mi senta meglio adesso, specialmente oggi.»
Camila aggrottò la fronte. «Perché? Che succede oggi?
«Si celebra l'anniversario di una mia ex collega. È morta in missione.» La voce le si ruppe, chissà dove caddero i pezzi del suo dolore.
«Mi dispiace, Dinah.» Le sfiorò il dorso della mano, fraternamente.
«Gia, anche per questo all'ospedale ero più ritrosa. Questo giorno mi mette sempre la nausea.» Il caffè stava borbottando, ma nessuno si alzò a spegnere i fornelli. «Mi piacerebbe se venissi con me in centrale, se ti va.»
«Ma certo. Mi vesto e andiamo.»
«Grazie, Camila. Affrontare i funerali di Normani non è mai semplice per me.»
———
Ciao a tutti!
Eh lo so, non avete idea di cosa vi aspetti...
In questi capitoli ci saranno un paio di colpi di scena, tipo quello che avete appena letto, ma si evolveranno solo nel corso della storia, quindi avrete tempo per metabolizzare😌
Detto questo, nel prossimo capitolo ci sarà uno di questi colpi inaspettati, però uno dei capitoli che non vedo l'ora leggiate è sicuramente il nono, quindi... 🤞🏻vi aspetto sperando vi piaccia.
Ci vediamo domani.
Grazie a tutti.
Sara.
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