Capitolo Sedici
Camila portò mano alla spilla che teneva in tasca. Non aveva posti più sicuri dove custodirla. E per "custodirla" non sapeva se intendesse consegnarla come prova, un giorno, oppure semplicemente non perderla. C'erano due spade nel cerchio, due come due lati della storia. Christina interruppe le sue ruminazioni.
«Camila, Ally ti vuole nel suo ufficio.»
La cubana rispose il ninnolo al suo posto e annuì soprappensiero. Percorse tutto il corridoio, bussando all'ultima porta. Il permesso di entrare le fu concesso subito. Ally sedeva sulla poltrona sproporzionata per la sua taglia, stava riordinando dei documenti, anche se la rapidità con cui richiuse il cassetto la insospettì, ma sorrise comunque mentre si accomodava.
«Camila, anzitutto grazie per il lavoro che stai facendo. Ho saputo del tuo incidente, ti senti meglio adesso?» Era quasi stucchevole quell'espressione affabile.
«Come nuova.» Assicurò la cubana, ma intanto litimava i movimenti del collo per non subire ripercussioni sul costato ammaccato.
«Ne sono davvero felice.»Non che non lo sembrasse, solo che aveva un'espressione più indifferente che altro.
«Ti ho fatta chiamare perché ho ricevuto i dati della vostra operazione e dell'operazione di un'altra squadra questa stamattina. C'è un dato curioso.» Pareggiò i documenti con un colpo secco e li porse alla cubana. Camila fece scorrere gli occhi fra le righe, chiedendosi cosa dovesse cercare.
«A quanto pare Luis ha capito chi è in possesso del localizzatore, e il vostro nome coincide con il nome della missione 084. Siete entrambi sullo stesso soggetto.» Intrecciò le mani sotto al mento e aspettò che Camila tirasse le sue conclusioni.
«Quindi che cosa propone di fare?» Sfortunatamente conosceva già la risposta.
«Un'operazione combinata. Sarà più facile recuperare ciò che ci spetta senza attrarre troppe attenzioni. Dividervi in due team comportebbe uno spreco di energie per entrambi. Ho firmato l'approvazione, potete collaborare a patto che non sveliate niente dei vostri obiettivi finali.» Conciliò la donna, ma quella era una regola che ormai aveva imparato a memoria più dei tormentoni estivi o della filastrocca dei mesi.
«D'accordo, faremo del nostro meglio, glielo assicuro.» Camila si alzò svelta e si avviò verso l'uscita, ma la maniglia rimase abbassata senza muoversi per qualche istante. La cubana la lasciò andare e si voltò verso la donna. Le parole di Lauren le risuonavano in testa. Ally non le aveva confidato il motivo della sua missione perché era meglio così o perché stava davvero giocando con lei? «Le dispiace se quando avrà tempo scambiamo due parole? Devo chiederle una cosa.»
Il volto, la postura, niente in lei venne intaccato da emozione alcuna. «Ma certo, Camila. Quando vuoi sono qui.»
Camila si era già pentita della sua improntitudine, non perché la ritenesse la scelta sbagliata, ma perché era sbagliato dubitare di Ally per le parole di Lauren. Non ebbe tempo di rimuginare, perché tutti i suoi pensieri vennero spazzati via quando aprì la porta dell'ufficio e sulla sua poltrona abitudinale trovò Maya.
La rimirò caustica, sorridendo ma con le braccia incordate. «Buongiorno, collega.»
Perché Lucy non mi ha colpito in testa invece che allo stomaco?
«Buongiorno a voi.» Effettuò un saluto generale, scrutando le nuove facce familiarizzare con l'ambiente.
«Bene, Ally ha messo te al comando, quindi, come procediamo?» Non capiva se la fermezza della voce fosse dovuta alla solerzia del distintivo o dal conto salato del ristorante.
Camila si ricompose. In ballo c'era molto più che i loro interessi personali, specialmente ora che i loro obiettivi collimavano. Con assoluta deferenza delegò il compito di aggiornamento a chi era più preparato di lei.
Christina prese posto al centro e, come ogni mattina, cominciò il suo monologo. «Bene, allora sappiamo che ciò che ci serve si trova nel ranch di Silver Wilter. Il nostro soggetto ha venduto ciò che cerchiamo a tale nome, invece voi state tentando d'occhio il figlio di tale Silver. Ciò che ho scoperto su tale Wilter è che ha una passione per le corse ai cavalli, le donne e lo scotch.»
«E poi dicono che la pensione sia una noia.» Commentò sommessamente Dinah all'orecchio di Camila, che la zittì con una gomitata pigra.
«Wilter partecipa e organizza feste illegali, solo che per entrare non basta una bella macchina e uno spacco sul vestito, c'è bisogno di essere invitati di persona.» E a questo punto gli occhi di Christina si spostarono sul ragazzo con la maglia a righe e il viso glabro. Lui, incespicandoo, prese il suo posto davanti a tutti, non senza sudare sotto la pressione degli sguardi.
«Be.. Bene. Allora, si. Dove eravamo rimasti? C'è bisogno di un invito, ecco. Noi quell'invito lo abbiamo ottenuto dal figlio di Wilter, o meglio Maya e Thorne l'hanno ottenuto. È un ingresso per solo due persone, le altre resteranno ai margini del perimetro, pronte ad intervenire quanto più rapidamente possibile. Noi abbiamo deciso che il nostro agente sul campo sarà Maya. Il vostro?»
«Camila.» Sentenziò tranchant Dinah.
«Quando l'abbiamo deciso?!» La voce le fuoriuscì troppo acuta per non attirare sguardi obliqui.
«Perché c'era anche bisogno di decidere?» Suonò scioccata Dinah, quasi offesa, come se non la pagassero abbastanza per il lavoro extra.
«Ottimo. Allora spiegherò a Christina e Luis come avevo deciso di dislocate i nostri agenti. Dinab e Thorne possono organizzarsi autonomamente in base al perimetro, se va bene pr tutti.» Concluse, sgattaiolando fuori dalla luce dei riflettori. O meglio, degli schermi.
Il gruppo degli informatici si ritrovò subito al tavolo, parevano coordinati e ben compattati fin dalle prime battute. Dinah aveva un carattere troppo mordace per i gusti più ufficiosi di Thorne, il che provocò qualche schermaglia iniziale che si risolse grazie all'intervento di Luis. Maya e Camila facevano finta di ascoltarsi l'un l'altra, ma la cena era rimasta indigesta a tutte e due. Quel secondo appuntamento non si preannunciava un idillio. Le conseguenze mortali erano la minor preoccupazione.
Camila non era abituata ad avere degli irrisolti nella sua vita, invece ultimamente riusciva a malapena a ricordare come fosse vivere senza. Certo, visto anche il suo lavoro, doveva essere preparata ai mutamenti e saper mutare con essi, dato che aveva imparato che se rimani fermo il mondo gira lo stesso e allora tanto vale fargli vedere quanto ti diverti a girare con esso. Ma la sua filosofia "stoica-moderna" non era così tanto simpatica ultimamente. Diciamo che sapeva ridere di più delle battute di Dinah che dell'umorismo terrestre.
Dopo qualche giorno di pianificazione, arrangiamento sui dettagli, programmazione di piani A-B-C e di aggiornamenti continui, il gruppo sembrava abbastanza fiducioso. Anche perché non avevano altra scelta che esserlo, visto che mancava poco al debutto.
Mentre Dinah ripercorreva la strategia con Thorne, il gruppo di informatici revisionava i particolari e Maya scaldava il motore, Camila stava allacciando il fiocco del vestito sulle scapole: era l'unico lembo di stoffa che adornasse la schiena. Senza l'aiuto di Dinah aveva ottenuto un trucco meno cesellato e più artigianale, ma il risultato conclusivo non le dispiaceva, o forse non le interessava abbastanza per distinguere la differenza.
Partirono tutti assieme, solo che imboccarono strade diverse per sbucare su più fronti e senza attirare sguardi indiscreti. Maya guidava silenziosamente attraverso il traffico serale. Camila aveva l'impressione che fosse la prima volta che stringeva il volante a due mani, e certamente non per avere più stabilità. Sentì dj dover dire qualcosa, anche solo per appianare i dissapori prima di entrare in scena. Era meglio avere un partner affidabile che un partner voltagabbana.
«Maya, voglio scusarmi per come mi sono comportata.» Esordì incerta. Solitamente non aveva bisogno di tante spiegazioni: finiva tutto prima che potesse iniziare, e non rivedersi era un'alternativa che andava bene ad entrambe. Aveva avuto qualche fidanzata, ma le dinamiche non cambiavano molto. «Non frequento qualcuno da molto tempo..» Patetica «Non volevo ferirti o risultare disinteressata, sono solo fuori allenamento.» Scontata «Se potessi fare qualsiasi cosa per rimediare, lo farei.» Bugiarda. «Ti prego dì qualcosa prima che il mio subconscio mi uccida.»
Rise. Ecco cosa disse. Rise. Camila non sapeva se aggregarsi all'ilarità oppure prepararsi a prendere la pistola. Nel dubbio rimase a metà strada fra un sorriso debole e la mano sugli attenti.
«Camila, io non sono arrabbiata, tantomeno ferita. Sono solo.. Dispiaciuta. Non ho mai pensato di poter piacere a una come te e detesto avere ragione.» Sospirò come se si stesse togliendo un peso dallo stomaco. Subito i suoi muscoli si distesero.
«Non è così, Maya! » Portò irriflessivamente una mano su quella della donna. Gli occhi dell'altra la inseguirono dubbiosi e scalpitanti, in attesa di qualcosa che Camila non poteva darle. «Ehm, forse è meglio riparlarne dopo la.. Festa.» Si schiarì la voce, ritraendosi lentamente verso il fondo del suo sedile. Maya concordò. Sembrava più rilassata ed empatica adesso, ma il contraccolpo aveva spaesato Camila. Non aveva neanche una parola per lei, ma per altre persone ne aveva sempre fin troppe. Come poteva recuperare ciò che era un tempo se nessuno le aveva sottratto niente a parte se stessa? Come si ritrova ciò che si è perso senza sapere cosa si è perso? Ma soprattutto come si ritrova ciò che si è perso senza sapere ciò che si è trovato?
«Siamo in posizione.» La voce nell'orecchio di Thorne la riportò alla realtà.
«Anche noi.» Confermò Luis, attendendo disposizioni da Maya.
«Stiamo scendendo adesso.» Comunicò aprendo lo sportello. Molto gentilmente tese il braccio a Camila per scortarla fino all'entrata, e con sorriso trepidante: «Si va in scena.»
I controlli furono più serrati del solito, i buttafuori non ammisero armi e così Camila dovette salutare momentaneamente la sua amata pistola. C'era una password da dover pronunciare e se non si aveva il biglietto d'ingresso non si entrava. Maya sbrigò queste incombenze; non ci voleva molto a capire chi sapeva sfruttare meglio il sorriso ammiccante. Camila e la civetteria erano agli antipodi tanto quanto Dinah e la serietà: la usava il meno possibile.
Finalmente fu concesso il consenso per varcare la soglia. Camila ne aveva visti di lampadari luccicanti e di personalità megalomani, ma si sentì stralunata mentre traversava il corridoio. Era orlato di imponenti statue greche, dietro cui gorgogliava fontanella d'acqua che riempiva parte del pavimento laterale. Su ogni lato era appeso il ritratto formato gigante di Silver e suo figlio.
«Ora ho capito perche si chiama Silver.»Bisbigliò Maya, ottenendo una risatina da Camila che ancora doveva allontanarsi dal suo braccio.
Le porte vetrate che antecedevano il salone vennero aperte da le uniche mani guantate autorizzate a toccare le maniglie dorate.
Lo sguardo si perdeva a macchia d'olio sulla grandezza dell'androne. C'era talmente tanta arte e oro che uno psicologo avrebbe ipotizzato d trovarsi di fronte un soggetto afflitto da horror vacui, ma Camila pensò solamente di trovarsi di fronte ad un narcisista.
«Avevo una casa piu piccola la metà solo di questa sala.» Ridacchiò Maya, sfiorando l'orecchio di Camila con le labbra scarlatte.
«Aspetta di vedere il resto!» Una voce alle sue spalle richiamò l'attenzione delle due. Camila avrebbe istintivamente portato la mano all'altezza del calcio della Beretta, ma si ricordò di esserne sprovvista.
«Julian Wilter, che piacere vederti.» Come se non l'avessimo visto abbastanza all'ingresso, appuntò mentalmente Camila, notando che non sfoggia i baffi dipinti sulla tela.
«Il piacere è tutto mio, Alex.» Maya aveva un buon gusto per le false identità. Lo sguardo di Julian si spostò languido su Camila, o meglio sulla sua scollatura. «E questa incantevole signorina chi è?» Senza gli spauracchi a coprire le labbra il sorriso era ancora più inquietante e viscido dal vivo. Gli avevano insegnato che i soldi potevano garantirgli tutto ciò che desiderava.
«È la mia accompagnatrice per stasera.» La mano di Maya le cinse la vita, e Camila dovette sforzarti di oste fare quanta più naturalezza reperibile.
«È un piacere, signorina...» Domandò mentre si apprestava a baciarle la mano.
«Michelle.» Che hai detto? Cosa cazzo hai detto? Inspirò profondamente.
Solo il contatto delle labbra di Julian sul dorso della sua mano fu più traumatizzante della sua risposta.
«Julian, non vorrei parlare di lavoro stasera, ma temo di doverti ricordare che abbiamo un discorso in sospeso io e te.» Strizzò l'occhiolino, ma lo sguardo del ragazzo era distratto.
«Alex, tu pensi troppo agli affari!» Le diede una robusta pacca sulla spalla che fece scattare la mascella di Maya. Camila le strinse il fianco calmandola. «Stasera c'è solo lo champagne.»
«Andiamo, sai quanta strada ho fatto. Giuro che dopo ti lascerò anche i miei bicchieri di champagne.» Secondò il gioco del rampollo, ma lui era un giocatore più abile.
«Ah, e va bene! Ma solo ad una condizione.» Premise malizioso.
«Sentiamo!» Lo incoraggiò gaudente.
«Voglio un ballo. Con lei.» Il sorriso smagliante del ragazzo seguì la traiettoria dello sguardo di Camila.
Maya tentò di celare la sua esitazione, ma il balbettio non aiutava. Camila fissò quegli occhi viziati e senza troppi scrupoli prese la decisione per sé: «Va bene. Volevo comunque sgranchirmi le gambe.» Rassicurò la cubana, porgendo la borsetta a Maya e la mano a Julian.
Il ragazzo la condusse elegantemente in pista. Sentiva tutti gli occhi dei presenti su di lei. Gli ignorò platealmente, immedesimandosi nel suo ruolo. Quando iniziarono a ballare fu come un segnale collettivo, e molti dei presenti li imitarono, seguendoli a tempo di musica.
Julian l'afferrò saldamente per la vita, anche se le sue dita caddero troppo in basso sulla schiena. Camila strinse i denti.
«Tu e Alex vi conoscete da tanto?» Non ci si abituava mai al suo alito alla menta.
«Abbastanza tempo per poter sapere che non le piacerà dove hai messo la mano.» Rimbeccò, contenendosi il più possibile.
Julian sogghignò: «Ma lei non è qui ora.» Con una giravolta si mossero sulla pista, cambiando prospettiva.
«Lei c'è sempre, anche quando meno te lo aspetti.» Stava ancora parlando di Maya?
«Beh, se Alex vuole entrare nel business dovrà imparare a condividere.» La mano del ragazzo la stringeva troppo stretta per sentirsi tranquilla, ma il suo volto non tradiva apprensione alcuna. «Tutti pagano una quota per mettersi in società con me. Alex non sarà da meno. Potrei chiederle di riscattarla diversamente.» Le labbra del ragazzo sfioravano la sua guancia. Avrebbe voluto discostarsi, ma la ressa era troppo compatta per potersi muovere oltre tali distanze.
«Pensavo che la stessi già riscuotendo ballando.» Deglutì, guardandosi intorno in cerca di Maya. Non era intimorita, ma sapeva quanto male le cose potessero andare da un momento all'altro.
«Questo è il prezzo per avere un colloquio. Per far sì che vada bene le costerà molto di più.» Con uno slancio inatteso l'attirò a se, separando solo di pochi millimetri i loro volti. «Ma so che ti piacerà.»
Prima che avesse il tempo di fare o dire altro, una mano si poggiò sulla porzione nuda della schiena di Camila. «È il mio turno.» Con uno strattone veemente qualcuno la voltò verso di sé. Julian era già stato allontanato dal maremoto della folla, in più Camila aveva piroettato diverse volte per allontanarsi anche dalle sue recriminazioni.
Camila atterrò sulle spalle della donna con un respiro mozzato.
«Ciao, Michelle.» Gli occhi verdi di Lauren furono più eloquenti del tono salace.
«Che ci fai tu qui?» Pronunciò a denti stretti, ma in realtà si sentiva sollevata a non essere più fra le braccia di Julian.
«Avevo voglia di ballare.» Non ammiccò, ma le sue labbra si incresparono maliziosa.
«Tu non impari mai.» Scosse la testa la cubana, mentre la mano di Lauren la guidava nella stanza. Il suo palmo solleticava la pelle esposta di Camila, ma i brividi che provava non erano di disagio.
«Disse la ragazza che ha usato il mio nome.» Le sue labbra erano vicine tanto quanto gli occhi fulgidi della donna, e per quanto tentasse di ribattere non aveva ancora trovato la voglia di allontanarsi.
«Non è tua proprietà privata. Mi piaceva e basta.»
«E c'è qualcos'altro che ti piace?» Mormorò ad un palmo dalle sue labbra, elettrificando la nuca della donna.
«Vincere.» Lauren sorrise appena e la fece volteggiare ancora una volta, riprendendo poi la sua vita fra le mani.
«Vincere..» Fece una pausa. «Per vincere potrà finire in un solo modo: o tu morirai, o io andrò in galera a vita.»
«Vuol dire che abbiamo smesso di giocare.?»
«Vuol dire che abbiamo appena iniziato, a giocare.» Ammiccò Lauren, dondola sola fra le braccia.
«Sappi che farò di tutto pe vincere.» Sibilò accanita la cubana, sfidando gli occhi rilucenti dell'altra.
«Bene.» Lauren le fece fare un'ultima giravolta, prima di arretrare. «Una delle due deve farlo.» Ma la sua voce era troppo flebile affinché Camila distinguesse le parole.
Poi la corvina venne inghiottita dalla folla.
——
Ciao a tutti!
Il prossimo capitolo lo pubblico stasera!
Riguarderà sempre la testa, solo che le cose si faranno movimentate.
Vi aspetto.
Grazie!
Sara.
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