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Capitolo Diciassette


Quando si ricongiunse a Maya aveva ancora il fiato corto. Tutte quelle giravolte invece di darle allo stomaco le avevano dato alla testa, che ora era più fluttuante della gonna del suo vestito.

«Dov'eri? Va tutto bene? Ti ho persa fra tutta la gente, scusami.» Si sincerò fosse tutto a posto. Conosceva le maniere di Julian, motivo per cui era stata tanto esitante.

«Sto bene, sto bene.» Sperò il pallore del viso non fosse riconoscibile sotto il biancore delle luci. «Julian non è proprio un simpaticone, ma ho visto di peggio.» Abbozzò un sorriso tenue, scostandosi una ciocca dal viso solo per avere un buon motivo per guardarsi attorno.

La ridda di persone scuoteva la sala come onde del mare: sincronizzati, incalzanti e regali. Cercare di intravedere Lauren in quella marea danzante era come cercare una conchiglia in fondo all'oceano.

Poi la voce di Maya la riportò alla realtà. «È successo qualcosa? È sparito il collegamento audio ad un certo punto.»

«Ah, no, no niente. Ho scambiato partner perché stava diventando troppo appiccicoso ed esigente. Il mio auricolare è un po' difettoso ultimamente.» Fosse solo quello ad essere difettoso. «Come procediamo da qui in poi?» Si informò Camila, che sperava di non dover rincontrare Julian mai più, altrimenti avrebbe trovato il modo di piantargli una pallottola in testa anche senza pistola.

«Ho origliato qualcosa, in più ho stretto delle amicizie nel corso dell'operazione. Mi garantiranno un posto al tavolo delle trattative stasera, dobbiamo solo aspettare che Silver faccia il suo discorso.» Chiarificò concentrata, intanto la folla andava sfoltendosi, ma di Lauren non vi era tracccia.

«Ok, e nel frattempo cosa possa fare?» Stava scandagliando la sala in cerca di papabili obiettivi per ingannare l'attesa o per arricchire le loro informazioni.

«Bere champagne.» La sorprese Maya, compiacendo il suo sguardo sorpreso con due calici di bollicine. Fece cin-cin prima di berne un sorso sostanzioso.

Si, l'alcol era una delle opzioni migliori che potesse desiderare. Recentemente aveva agognato un bicchiere di alcol più di quanto potesse ammettere ad alta voce, perciò sperava che quello champagne fosse abbastanza forte per sopperire le lacune precedenti.

Intanto gli sprazzi di lucido pavimento andavano scoprendosi a macchia di leopardo. Gli ospiti avevano uno strano modo di ritemprarsi: massaggiavano le caviglie stanche rabboccando i calici. Forse aveva capito perché quella vita non li annoiava mai.

Dopo circa dieci minuti, la musica suonava per nessuno. Si erano tutti accomodati ai loro posti. Un cameriere si materializzò al centro della sala, scosse un piccolo campanello richiamando l'attenzione della sala, che improvvisamente cadde in un silenzio religioso. E proprio come una santità Silver comparve sulla balconata. «Grazie a tutti per essere qui oggi. So che la metà di voi è qui per lo champagne e l'altra per mia moglie -risate- ma ci tengo a farvi sapere che dopo tutti questi anni non è mai tramontata la voglia e il desiderio di abbracciare ognuno di voi...» O i loro portafogli «ed è un onore sapere che per voi è lo stesso. Per ringraziarvi della vostra presenza per il decimo anno consecutivo, aprirò la mia "stanza dei giochi"..» Christian Grey si sta rivoltando nel letto «...dove potrete ammirare rarità provenienti da tutto il Mondo e, se non avete già speso tutto per soddisfare le vostre mogli -altra battuta infelice, altre risate condiscendenti- vi invito a fare la vostra miglior offerta. Alcuni dei pezzi che vedrete non sono in vendita, ma sarà facile riconoscerli dal fiocchetto rosso attorno alla teca. Capite bene che anche a me deve restare qualcosa per far sorridere mia moglie. E adesso potete scendere al piano di sotto, per chi fosse interessato. Gli altri restino pure a ballare come se fosse casa loro, c'è spazio abbastanza per tutti. Salute!»

«Strozzati.» Mormorò Maya al suo fianco, cogliendo impreparata Camila. Salute anche a te.

«Va bene, dopo questo discorso ridicolo, direi che le nostre strade si separano qui.» Maya appariva più nervosa di quanto volesse. Conosceva bene quella gente e non le piaceva lasciare Camila da sola in un serraglio di leoni. Ma non aveva scelta. E poi, se aveva tenuto testa a Julian, i "leoni" sarebbero stati un gioco da ragazzi.

«Ci ritroviamo fuori, in giardino, ok? Tengo l'auricolare acceso, ma se ti desse fastidio spegnilo pure.» Camila le consigliò di fare lo stesso. Infine ripose il bicchiere sul piatto transitante di un cameriere in livrea e fece per andarsene, quando la mano di Maya le afferrò il polso.

«Tutti sanno che sei la mia accompagnatrice. Non puoi andartene senza baciarmi.» Oh. Era dovuto anche a questo il nervosismo? Camila barbugliò qualcosa, interdetta. Troppo indecisa se agire o meno, venne anticipata dalla donna. Le poggiò un bacio casto, più amichevole che altro, sulle labbra, e la salutò con un: «Sta' attenta.» Dal modo in cui la voce si incrinò, Camila temette che "amichevole" forse non era la definizione adeguata. Maya si girò, allontandosi più velocemente del necessario.

Per la prima volta Camila era contenta di trovarsi alle prese con una questione internazionle: era una buona scusa per ignorare la sensazione amare alla bocca dello stomaco. Non baciava qualcuno da diverso tempo, ma era quasi sicura che non era acidità che si dovesse provare. Ispirò a pieni polmoni e si allontanò anche lei, ma in direzione diametralmente opposta.

La maggioranza degli invitati scendeva al piano di sotto sfruttando i tre ascensori bianchi muniti di addetto alla sicurezza, mentre quelli meno snob prediligevano le scale, ma non erano più di una manciata. In sala rimase comunque una discreta affluenza, mentre al piano superiore si diressero non più di sette, otto persone. Cheapeu per Maya che era riuscita ad accaparrarsi un posto tanto elitario.

Camila venne accolta da una processione di lustrini e papillon che seguivano ordinatamente il percorso disegnato con frecce di fortuna sul pavimento. Quelli interessati si soffermavano alle teche di loro gusto, mentre gli altri procedevano pazientemente.

«Christina, sono sul posto.» Comunicò Camila discretamente, continuando a passare in rassegna gli oggetti esposti.

«Si, ci sei eccome.» Si intromise Dinah maliziosamente. «Ora ho capito perché mi è toccato stare con Thorne.» Articolò con voce asciutta.

«Anzitutto l'hai scelte tu le disposzioni, e poi non mi sembra il momento per discutere di.. quello.» Tagliò corto Camila, imbarazzata per il bacio in presa diretta.

«Okay, Camila.» Con l'estrema serietà di sempre Christina la tolse dall'impasse. «Secondo le telecamere il localizzatore si trova nella sezione E, articoli informatici, spazio numero 5. Sei lontana?»

La cubana osservò le indicazioni scritte su cartelli appositi. «Sono nella sezione C, dovrei esserci.» Porseguì più spedita, mantenendo comunque una postura abbastanza anonima per passare inosservata. Solo che quello spacco sulla schiena non era certo anonimo.

«Sezione E. Mi trovo allo spazio otto, adesso cerco il cinque.» Camila ridiscese il corridoio, spostandosi di area in area in cerca del suo obiettivo. Tre, quattro... cinque. «Christina, siamo arrivati tardi. Non c'è più.» Non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che uno sparo al piano di sopra le sconquassò timpani e battiti. Si voltò di scatto, col fiato rigido e il petto contratto.

Prima che potesse pensare al da farsi, gli ospiti attorno a lei avevano preso a gridare e a correre disorientati. Era una battaglia fra gioielli e cravatte, lustrini e ricami. Quando il pericolo arriva siamo tutti uguali. Tranne forse Camila, che invece di correre verso l'uscita correva verso il boato degli spari, che andava infittendosi.

«Merda! Ma non vi avevano tolto le pistole?!» Obiettò nel suo orecchio Dinah, che attraverso l'auricolare di Camila stava assistendo all'eco degli spari.

«A noi si, alla sicurezza no. Qualcuno deve essersi accorto che era sparito un oggetto, oppure il ladro non era tanto felice di esser stato beccato. Non ci vuole molto a sfilare una pistola a questi tizi.» Ipotizzò Camila, lanciandosi verso la sala dove poco tempo prima si stava angustiando per l'alito di Julian, mentre ora si angustiava per la macchia rossa sul corpo del ragazzo steso a terra.

«Camila!» La voce di Maya si fece spazio nella loro conversazione. Dal rumore doveva trovarsi molto vicina agli spari. «Camila, ci sei!? Va' verso il giardino, capito? Va' verso il giardino!!» Poi la comunicazione si interruppe e la cubana ebbe soltanto il tempo di recepire e mettere in atto il messaggio. Ma non prima di sgraffignare la pistola e controllare che il caricatore fosse abbastanza pieno da potersi difendere fino all'uscita.

Corse attraverso il salone, disseminato di buttafuori doloranti o... Camila distolse lo sguardo puntando solamente il giardino. Sbucò sotto delle arcate bianche sprocate di schizzi rossi. Il cancello in fondo al prato era aperto e un fiotto di gente si stava precipitando attraverso. Camila scrutò ansimante i dintorni, ma non vide alcun segno di Maya.

«Maya! Dove...» Iniziò, voltandosi di trecentosessanta gradi, ma la voce le si spezzò in gola quando le ciglia vennero sfiorate dall'immagine di Lauren.

Si trovava un po' più in alto sulla balconata esterna, ed era intenta a schivare i pugni di Julian. Se il ragazzo se la fosse cavata a menare come ballava non ci sarebbero stati problemi, ma a quanto pareva era più agile e addestrato del previsto.

«Camila, ci sono! Dove sei? Camila!» La voce di Maya risuonava trafelata nelle sue orecchie, ma Camila era troppo trafelata a sua volta per accorgersene. E non per la corsa. «Camila!»

«Non posso.» Sussurrò assorta, senza sapere a quale delle due scelte impresse nella sua mente stesse chiedendo di retrocedere.

«Camila!!»

«Vai avanti senza di me.»

«Che cosa cazz..!» Interruppe il collegamento, mettendosi a correre verso le scalinate più vicine.

Il vestito interferiva con il passo celere della donna, ma non abbastanza per costringerla a fermarsi. Il fermento si era spostato sulla balconata. Il che non sorprese Camila. Si appostò contro la parete, sbirciò prima a destra poi a sinistra. Solo il rumore di cocci rotti che proveniva dalla stanza. Continuò a correre in direzione di Lauren, senza abbassare la pistola. Sopraggiunse in fondo alla balconata e vide Julian, di spalle, con l'arma puntata contro Lauren, che era caduta a terra di schiena. Prima che il ragazzo potesse premere il grilleto, Camila cancellò il ghigno sul suo viso sfregiato colpendolo alla tempia con il calcio della pistola.

Il corpo del ragazzo cadde a peso morto sul pavimento, lasciando di stucco ambedue, che per la prima volta si vedevano in viso. Lauren guardava Camila a bocca aperta, i suoi occhi formulavano tutte le domande che le sue labbra spaccate non articolavano.

«Sbrigati, non possiamo stare qui.» Tagliò corto Camila, tendendole la mano.

Lauren fece spola fra questa e i suoi occhi, incapace di capire se fosse già arrivata all'inferno.

«Muoviti!» La spronò Camila, e solo allora Lauren afferrò la sua mano, rimettendo in piedi.

«Non saresti dovuta venire.» Pronunciò sbigottita la corvina, guardando gli occhi incuranti dell'altra.

«Si, beh, non avrei dovuto fare tante cose.» Sbuffò sorniona, posticipando a dopo la predica a sé stessa.

Le mani di Lauren l'afferrarono per le spalle e il suo sguardo fissò Camila più rabbiosamente di quanto volesse: «Non saresti dovuta venire.» Ribadì draconiana.

Camila deglutì, flettendo i muscoli per non tremare. «Tu mi hai salvato da Julian prima, io l'ho fatto adesso. Siamo pari.» Declamò, mettendo un punto alla situazione.

«Prendi questa e vattene.» Le porse la pistola, guardandosi indietro: sulla sua strada c'erano buttafuori solamente distesi a terra, e la strada per arrivare al cancello era esigua.

«Devo andare. E anche tu.» Si liberò dalla sua presa, mettendo nella sua mano la pistola carica. Quindi si voltò per andarsene, ma dopo appena un passo la mano di Lauren balzò sul suo polso.

Camila si girò di scatto, figgendo gli smeraldi confusi di Lauren. Per un istante, un istante che avrebbe cercato di dimenticare da lì in poi, desiderò che le dicesse la stessa cosa che le aveva chiesto Maya.

«Camila.» Scosse impercettibilmente il capo.

La cubana rimase impassibile, impossibilitata a restare senza fare niente.

«Non c'è tempo.» Disse infine, pretendendo che entrambe volessero dirsi altro rispetto a ciò che veramente le stava tenendo lì .

Si divincolò dalla morsa, raccolse la pistola di Julian e corse via una volta per tutte, senza girarsi mai.

———

Ciao a tutti!

Questo capitolo penso sia un po' il punto di rottura. Lauren non ha mai voluto fare male a Camila, solo che non pensava di ritrovarsi a "proteggerla" anche, e per Camila restituire il favore di pareggiare i conti è diventato più di un fatto personale. Credo che entrambe si siano accorte che qualcosa non va quando si incontrano, perché invece di uccidersi continuano a salvarsi, ed è per questo che nel prossimo capitolo torneranno a chiamarsi e non sarà tutto rose e fiori... Vedrete!

Vi aspetto domani.

Grazie.

Sara.

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