Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo cinque

Camila si ricordava di aver imprecato tanto copiosamente solo di fronte a criminali in fuga, ma si vede che ancora non aveva conosciuto l'ostilità dei vestiti attillati. Anche quelli dovevano essere considerati fuorilegge. Appena tutta quella storia fosse finita, avrebbe sottoscritto una petizione contro gli abiti da sera asfittici.

Aveva dormito poco a causa della telefonata con quella donna. Le sue parole le rimbombavano in testa. È vero, era quasi certa di aver avuto la meglio durante la chiamata, ma non era così sicura che esporsi tanto fosse la miglior tattica. Forse lasciarle credere di essere in vantaggio sarebbe stata la cosa ideale, tenersi in serbo l'asso nella manica. Ma era troppo tardi per i ripensamenti. L'unica cosa che davvero le premeva capire era perché. Perché chiamarla? Pareva quasi che una parte di lei volesse essere scoperta. E se così fosse stato, perché farsi tanta pena di restare invisibile? Forse le piaceva proprio questo: sbatterle in faccia quanto intoccabile fosse anche se ad un passo da lei.

Litigò con la stoffa del vestito, che ancora non aveva capito da che parte andasse infilata, poi lo accantonò ai suoi piedi in un gesto isterico e passò al successivo, all'apparenza più semplice. Fece scivolare il tessuto nero lungo la schiena, ma fu capace di chiudere la cerniera solo fino a metà colonna vertebrale. Tentò di raggiungere la zip aggirando le spalle dall'alto, ma terminò solo con l'incastrarsi in un viticcio di arti.

Come se mente e corpo non fossero già abbastanza stressati l'un l'altro, il campanello di casa interruppe la sua sfilata. Raggiunse le scale a suon di borbottii, maledicendo il vestito ogni volta che scendeva troppo sotto la linea del seno. Si premurò di aprire la porta solo parzialmente, accertando l'identità del visitatore prima di farsi vedere discinta.

«Ho portato i tacchi.» Dinah esibì le scarpe, poi con una spallata ben assestata spostò Camila di lato e si intrufolò all'interno dell'abitazione.

La donna era inguainata in un abito rosa che le donava purezza e candore al viso appena truccato. La zona occhi era la più ritoccata, ma niente di pacchiano. Il plateau abbinato al colore del vestito slanciava ancora di più la figura snella e altezzosa.

«Non sei ancora pronta?!» La guardò a bocca aperta, notando le lancette dell'orologio.

«Devo solo tirare su la cerniera e mettere le scarpe, poi sono pronta.» Richiuse sbrigativamente la porta e si posizionò di schiena davanti a Dinah, indicandole la zip.

La donna la guardò da capo a piedi, sconvolta.
Se la si paragonava con i capelli scarmigliati, i piedi nudi e il vestito cadente di Camila era come ricevere un pugno in un occhio. Okay, dovevano semplicemente intervenire in una bisca, ma era un reato alla moda. Gli anni della sua adolescenza ligi al mondo di plisse e tubini le stavano ribollendo dentro il sangue.

«Ti prego, facciamo qualcosa a quei capelli e togliti quel paio di calze orrende.» Commentò dopo averle richiuso la zip, guadagnando un'occhiata seriosa. A Camila non interessava il risultato esteriore, doveva solo essere funzionale.

Dinah le acconciò i capelli, per quanto possibile, ravvivò il viso con una spolverata di cipria rosata e mascara non troppo pesante, infine le adornò il collo con una pendente color giada. Come risultato finale era più che soddisfacente, considerando come inizialmente si era conciata.

Durante il tragitto, Luis e Christina, attraverso gli auricolari, ripassarono sia le informazioni sia la logistica adottata per arrivare in fondo alla serata evitando uno scontro a fuoco.

«Sappiamo che con ogni probabilita saranno al casinò anche i nostri amici, e sicuramente avranno affilato bene gli artigli, quindi occhi ben aperti.» Debuttò imperioso e apprensivo i ragazzo, che piu di una volta aveva preso Camila da parte rivelandole a piccole dosi la preoccupazione che nutriva per loro ogni qualvolta che scenevano in prima linea. Sentiva che se qualcosa fosse andato storto, lui non avrebbe potuto difenderle con una tastiera. Camila d'altro canto non lo rassicurava molto con la sua battuta tipica "sappiamo difenderci da sole, Luis, tranquillo."

«Quello che vogliamo evitare è coinvolgere civili innocenti, perciò, qualsiasi movimento sospetto vediate, niente azioni avventate.» Chiarì Christina con tono materno e autorevole allo stesso tempo, le ricordava lo stesso tono di sua madre quando si taccomandava di non scavalcare del vicino per rubare le albicocche.

«Parla con te.» Bisbigliò Dinah all'orecchio di Camila, che la ricambiò con un sorriso stiracchiato ed eloquente

Il casinò si trovava su una strada sterrata, dove le luci della città non arrivavano. Era una struttura legale, ma Camila dubitava che lo fossero anche gli affari circolanti all'interno. Dinah si guardò attorno circospetta; sapeva che da qualche parte fra vestiti svolazzanti e papillon fuori moda si nascondevano intenzioni criminose e la smania per segreti internazionali, solo che erano accessori non proprio in vista.

Camila affondò il tacco nella ghiaia, domandandosi quanto a lungo sarebbe riuscita a non erodere l'equilibrio. Il passo successivo le rispose poco, molto poco. Si scambiarono uno sguardo d'intesa; erano ancora abbastanza riparate da occhi indiscreti per arrivare separate all'ingresso. Ormai Camila sapeva che la banda conosceva i loro voliti, ma questo non significava che avessero anche abbastanza occhi per tenerle sotto stretta sorveglianza 24 ore su 24.

Dinah si diresse verso la coda destra, e tentò di sfruttare le pompose pellicce come copertura sulla propria visuale. Camila, ovviamente, si accodò nella parte sinistra, dove i turbanti sgargianti coprivano la traiettoria sulla sua, di visuale.

Nell'aria vibrava qualcosa che le drizzava i peli sulla nuca e non consentiva al suo sguardo di posarsi su un punto fermo per più di due secondi. I suoi occhi parevano trottole imbizzarite.

«Ok ragazze,» la voce meccanizzata di Luis interferì con il rumoreggiare di sottofondo. «Io e Christina ci siamo collegati al loro sistema i sorveglianza, adesso controlliamo tutto il circuito delle telecamere, quindi scannerizziamo automaticamente tutti gli invitati, il che dovrebbe aiutarci a fare una cernita... Ma non ci aspettiamo certo che i nostri amici entrino dall'ingresso principale.»

«Certo che no.» Sbuffò sarcastica Dinah. Camila non poteva vedere la sua faccia, ma era sicura assomigliasse alla sua quando si alzava troppo presto a ausa del campanello.

«Abbiamo due papabili volti, però,» ricordò fiduciosa Christina, che oltre ad essere il cervello pensante del gruppo era anche la mental coach. «Se dovessero anche solo sfiorare una telecamera, il sistema ci avvertirà seduta stante, e saremo in grado di confrontare in tempo reale e ottenere una percentuale di conformità.»

«Va bene,» prese la parola Camila, che aveva appena varcato l'ingresso, pochi minuti dopo Dinah. «Cerchiamo di farci notare il meno possibile.»

«Splendida idea! Proporrei di separarci. Io vado verso gli alcolici.» Camila fece appena in tempo a voltarsi verso la direzione del bar per visionare le spalle di Dinah ancheggiare impettite.

Scosse la testa e passò la lingua sull'arcata superiore, infine si avviò verso i tavoli da giochi. La sala era abbastanza ampia da potér contenere almeno duecento persone, era uddisivisa in aree specializzate: a destra la prima area racchiudeva due rolutte; un po' più disocste, confinante nella seconda sezione sempre a destra, si individuano i tavoli di Black jack. La parte sinistra era interamente dedicata al poker e al bar. Camilla occhiggiava attorno a sé senza sapere bene cosa cercare davvero: chiunque in quello spazio era un potenziale sospetto.

Improvvisamente un rumore la distrasse dall'ispezione. Si accigliò quando scoprì che la vibrazione proveniva dalla sua gamba:lì aveva nascosto il telefono. Il suo sguardo scattò verso l'alto. Il primo pensiero che la saltò in mente fu che sicuramente non era sua nonna. Le ciglia sfarfallarono in direzione di Dinah. Era seduta al bar, sorseggiava un drink che Camila sperava vivamente non essere alcolico. Portò una mano sulla coscia ed è trasse il telefono. Il numero sconosciuto non ebbe bisogno di ulteriori spiegazioni. Stava quasi per rispondere quando rammentò la presenza dell'auricolare. Non poteva parlare senza essere ascoltata. Lo sfilò discretamente è lo fece e volare nel pugno della mano, poi, per assicurarsi maggior copertura, si voltò di profilo, impedendo a Dinah di scorgere l'apparecchio se mai si fosse voltata.

«Pronto.» Mugolò a denti stretti, stringendo lo smartphone comefosse il calcio della sua pistola preferita.

«Hai messo il vestito nero.» Sorrise.

La donna perlustrava ogni centimetro della sala, mentre a passo cadenzato camminava lungo il corridoio infeltrito. Forse quella donna con l'abito scuro... O quella con la collana di diamanti... Quale delle due poteva essere la sua ricercata?

«Sai, non é bello far aspettare una donna.» Stette al gioco Camila, immaginando come le labbra dell'altra si stessero riempiendo.

«Se avessi saputo che era un appuntamento avrei indossato un abito migliore.»

Camila si sentiva osservata, era una sensazione che le strisciava sottopelle, le trafiggeva le ossa. Si, non la vedevva, ma la sentiva.

«Se i tuo vestiti rispecchiano la tua personalità non credo che neanche uno farebbe colpo, tranquilla.» Per poco non stritolò l'auricolare. Allentò la morsa, respirando finché i nervi non tornarono a distendersi.

«È per questo che non parli di me con i tuoi colleghi? Ti vergogni di me?» Era palese il tono beffardo, e Camila, ancora una volta, non poteva vederla, ma era come se lo sentisse il suo sorriso allargarsi agli angoli della bocca

«Ok, basta così,» sibilò fremente di rabbia «Il gioco é bello quando dura poco, ed é durato fin troppo.»

«Eh no,» la interruppe bruscamente «siamo appena all'inizio e già molli? I miei colleghi dicono che sei una ragazzina... Non vorrai farmi fare brutta figura, spero.»

Camila lo percepiva, le arroventava la schiena, ma quando si voltò niente era fuori posto. Ogni gonna ora le pareva una minaccia, ogni sguardo una sfida. Il braccio le tremava da quanto era in escandescenza, eppure non erano passati più di due minuti, giusto il tempo di permettere a Dinh di terminare il suo drink.

«I tuoi colleghi lo diranno direttamente a me. In sala interrogatori.» Concluse sferzante, agganciando rapidamente.

Riportò l'auricolare all'orecchio e rispose il cellulare all'altezza della coscia. Gli ultimi arrivati stavano accelerando il passo per raggiungere i tavoli prima che si esaurissero. Una donna le passò abbastanza vicino da sfiorarle il braccio con la spalla e le narici col suo profumo, ma l'unica cosa che ebbe il tempo di catturare di lei furono i suoi grandi occhi verdi. Si sarebbe volentieri intrattenuta se non fosse stata nel mezzo di un'indagine. Si girò troppo tardi a guardarla: era già sparita nella folla. Meglio così.

«Ho fatto delle ricerche. A quanto pare al tavolo alla tua sinistra, Camila, giocano i pezzi grossi. Non è un tavolo dedicato ai soldi, anche se vogliono farlo sembrare.» Spiegò Luis, riportando la donna alla concentrazione iniziale.

«Malcom Benjamin, un imprenditore milionario, la settimana scorsa ha giocato, e perso, i dati occulti della sua compagnia. Sembra un buon modo Peer scambiare merce non propriamente reperibile o legale.» Puntualizzò Christina, ottenendo subito un feedback da Dinah che, con quello che pareva scotch, si inoltrò verso la cerchia.

Camila si guardava attorno spaesata. Nessuno sembrava interessarsi a lei, eppure ogni fibra del suo corpo sapeva di avere gli occhi addosso, occhi infuocati e bramosia di poterla mettere fuori gioco, ma non prima di averla vista perdere. Forse fu proprio quel sentore a incrementare i suoi sensi e a stimolare anche il sesto. Mentre ispezionava la sala, notò movimento verso il bar. C'era una seconda uscita segnata sulla mappa, almeno questo le aveva detto Luis sul momento. Poteva essere una buona via di fuga. E sicuramente non tuti potevano esserne a conoscenza: solo il personale, la sua squadra e i loro antagonisti. Una donna dal vestito bianco e i capelli castani stava sguasciando al suo interno. Sapeva che avrebbe dovuto avvisare prima di prendere l'iniziativa, ma ogni parte del suo corpo si mosse autonomamente in quella direzione . Lucy Vives aveva i capelli castani.

«Camila, non vorrei sembrare allarmista, ma stai andando dalla parte opposta.» Mormorò a fil di labbra Dinah, ma la sua partner già non la stava più ascoltando.

«Rimani tu qui. Ho visto qualcosa.» Mentì. Beh, si aveva visto qualcosa, ma poteva benissimo trattarsi di una signora intenta ad usare la toilette.

Fu quando spinse il maniglione antincendio che la sua coscia vibrò nuovamente. E allora seppe di non essersi sbagliata. Che c'è? Paura? Virò lo sguardo verso la sala. Non poteva vedere nessuno, ma sapeva che tutti gli occhi degli interessati erano puntati su di lei.

Sorrise maliziosamente e alzò la mano in segno di saluto a chiunque la stesse osservando, richiudendo la porta alle sue spalle.

-------

Ciao a tuti!

Come vedete la storia sta diventando man mano più incalzante. Ovviamente i capitoli scivolano fra alti e bassi, ma il ritmo sarà sempre più o meno questo. Perché Camila, ma sopratutto Lauren stiano inseguendo la chiavetta non ve lo svelerò subito... Quindi ci sarà un po' anche questo alone di mistero.

Spero vi stia piacendo la storia.

A presto.

Grazie a tutti.

Sara.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro