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6th

Corinne


Il parcheggio dei dipendenti era freddo e silenzioso, l'unico suono udibile era quello dei miei tacchi sul pavimento. Erano le sette e mezza, a quest'ora la redazione era chiusa da mezz'ora precisa ed io sarei dovuta tornare a casa mia, dalla mia famiglia. E invece no, ero nel parcheggio dei dipendenti in cerca dell'auto di Luke, avevo deciso di andare da lui dopo vari dubbi che ancora restavano e che forse sarebbero rimasti ancora a lungo.

Provavo un miscuglio di sensazioni orribili nello stomaco in quel momento, prima fra tutte la paura legata a ciò che stavo per fare e al fatto che chiunque avrebbe potuto vedermi mentre mi allontanavo con Luke, ad orario di chiusura, nella sua auto da un milione di dollari. In effetti quella di incontrarsi nel parcheggio non era una grande idea, nonostante fosse seriamente deserto a quell'ora. C'erano solo alcune auto che costavano più della mia casa - mobilio compreso - parcheggiate qui e lì, in attesa di essere messe in moto dai rispettivi proprietari.

«Sei venuta, allora».

Mi distrassi dalla macchina di lusso che stavo studiando, scorgendo la figura di Luke appoggiata ad un'elegante auto di chissà quale marca.

Sentii l'ansia montare dentro di me mentre mi avvicinavo vacillando sui miei tacchi; ci misi un po' per arrivare a Luke e quando lo feci desiderai soltanto di tornare indietro. Mi sentivo male solo a stargli più vicino di qualche centimetro. «Non potevo farmi scappare l'occasione, non credi?», dissi, cercando di sembrare sicura di me mentre accarezzavo il fianco dell'auto di Luke, «Bella macchina».

Luke mi sorrise. «Ti piace? È una Rolls Royce Dawn, ultimo modello. Ogni tanto mi piace viziarmi, non so se mi spiego».

Feci una piccola risata per frenare l'istinto di mettermi a piangere. Questo qui per "viziarsi" si compra macchine costosissime appena uscite ed io mi devo accontentare di un gelato con Calum...

«Certo, ti spieghi. Allora, andiamo?», chiesi sentendo il mio cuore battere all'impazzata. In realtà non volevo andarmene, avevo paura a lasciare quel posto con Luke - sarebbe stata la mia fine - ma adesso era stupido tirarsi indietro. Per di più non volevo tirarmi indietro per nessun motivo al mondo; avevo sì paura, ma ciò non era sufficiente a frenare il desiderio che avevo di Luke.

Luke si limitò ad annuire alla mia domanda, aprendo la portiera del passeggero per permettermi di salire in auto. Mi sedetti sul comodo sedile in pelle ed osservai Luke sedersi a sua volta, al posto del guidatore, e mettere l'auto in moto senza troppi sforzi. Senza volerlo tenni gli occhi fissi su di lui per tutto il tragitto dalla redazione al suo appartamento; studiai ogni suo minimo dettaglio, il modo in cui guidava, la concentrazione con cui guardava la strada, e soltanto in quel momento mi ritenni davvero fortunata a poter stare con lui anche solo per un'oretta o meno. Tutti i miei dubbi erano stati accantonati in un angolo e scavalcati dal desiderio bruciante che avevo di stare con Luke, desiderio che sembrava consumarmi viva.

Intenta com'ero a fissare Luke e ad immaginare ciò che sarebbe successo quasi non mi accorsi che l'auto si era fermata in un garage. Scesi da essa e fissai le altre auto che sapevo essere in possesso di Luke a bocca aperta. Non me ne intendevo di auto, certo, ma sapevo quando erano di lusso o meno, e dedussi che quelle auto avrebbero potuto pagare la mia retta del college, quella di Maria e perfino quella di Raven. Così tanta ricchezza nelle mani di una sola persona era qualcosa di impensabile, ingiusto per certi versi.

«A che pensi?», mi chiese Luke, afferrandomi la mano per condurmi all'esterno del garage.

Sospirai. «Le tue auto potrebbero darmi da vivere per decenni», borbottai cupa, facendo voltare Luke verso di me.

Il biondo mi fece un sorriso sghembo. «Stai per fare sesso con il tuo capo e tutto ciò a cui pensi sono delle stupide auto?».

«Che vuoi? È il mio modo per distrarmi, pensare ad altro. Comunque è vero, le tue auto potrebbero darmi da vivere per decenni. Metterei a posto chiunque nella mia famiglia».

«Beh, allora rubane una. Posso sempre comprarne un'altra», mi suggerì, premendo il pulsante di chiamata dell'ascensore.

Trattenni una risata. «Mi stai dando il permesso di rubare una tua auto, Hemmings?», chiesi divertita.

Luke strinse la mia mano prima di lasciarla andare quando le porte dell'ascensore si aprirono, lasciando passare una coppia sulla quarantina che guardarono male me e Luke prima di superarci. «Scusa, ho dovuto farlo o quei due avrebbero pensato chissà cosa», si giustificò, arrossendo leggermente.

Lo guardai confusa. «Mi stavi solo tenendo la mano, Luke. Non ci vedo niente di male».

Luke fece una smorfia entrando nell'ascensore. «Non si può smettere di essere previdenti, piccola», sussurrò, afferrandomi di nuovo la mano non appena le porte dell'ascensore si chiusero. L'appartamento di Luke si trovava al decimo piano ed era composto da due piani, in cui abitavano solo lui e la figlia Alex, la quale appresi era in gita con la scuola e sarebbe tornata più tardi. Forse non avrei dovuto gioire della notizia ma il fatto che fossimo soli in casa mi rincuorava. Sarebbe stato imbarazzante, fare sesso con il mio capo mentre sua figlia era in casa...

«Sei nervosa?», mi chiese Luke mentre apriva la porta del suo appartamento.

Sospirai. «Un po'», risposi entrando in casa, «Sono ancora convinta che sia sbagliato».

Luke mi prese in contropiede, sbattendomi contro il muro non appena chiuse la porta. Fece aderire il suo corpo al mio e mi guardò con occhi colmi di desiderio. «Se vuoi tirarti indietro ti consiglio di farlo ora, perché altrimenti dopo non potrai più fermarmi», borbottò, baciandomi il collo con lentezza maniacale.

Gemetti afferrando le sue spalle ancora coperte da giacca e camicia. «N-non voglio tirarmi indietro per nessun motivo al mondo, Luke», sbottai, afferrando la sua testa e incollando le mie labbra alle sue con foga.

Luke rispose famelico alle mie azioni, afferrandomi per le cosce e trascinandomi in camera sua senza mai staccare le sue labbra dalle mie, neanche per permettermi di respirare; quando finalmente si staccò da me mi sembrò di essere stata in apnea per giorni e presi lunghe boccate d'aria mentre finivo sul letto a due piazze. Luke mi sovrastò subito sedendosi in ginocchio sul letto, i suoi occhi mi guardavano con lussuria mentre si avventava di nuovo sulle mie labbra, sbottandomi la camicetta nel frattempo. Decisi di copiare le sue azioni e gli sbottonai la camicia con avidità, facendola finire con noncuranza insieme alla mia sul pavimento. Passai la mia mano sul petto scolpito di Luke, scendendo sempre di più ed ottenendo mugolii di apprezzamento da parte del biondo, che fece aderire il suo corpo al mio. Repressi un gemito quando i miei seni, ora nudi, si scontrarono con il petto di Luke; mi sarei chiesta come aveva fatto a sfilarmi il reggiseno senza che me ne accorgessi ma sinceramente non mi importava, me l'avrebbe comunque tolto presto o tardi.

«Dio, finalmente posso dire che sei mia», gemette lui, abbassando la zip della mia gonna, «Ho aspettato così tanto questo momento».

«N-non dirlo a me», gemetti senza fiato, sfilandomi la gonna con impazienza.

Luke spalancò le mie gambe e passò il pollice sul mio clitoride ancora coperto dagli slip; di tutta risposta gemetti di nuovo. L'uomo mugolò in apprezzamento alle mie reazioni mentre abbassava la testa verso il punto in mezzo alle mie gambe, posando un piccolo bacio sulla mia pelle.

«Dio, piccola», ansimò Luke, sfilandomi gli slip, «Volevo mettere la testa fra le tue gambe dal primo momento in cui ti ho vista... Sapevo che sarebbe successo», spiegò prima di affondare la sua testa fra le mie cosce, leccando e succhiando famelico.

Mi ritrovai a trattenere una risata tra i gemiti, mentre realizzavo che io e Luke avevamo pensato le stesse cose. La trovavo una cosa divertente, a dire la verità...

Un mugolio di disappunto lasciò le mie labbra quando Luke si staccò da me, facendomi girare a pancia in giù sul letto. Mi sollevai, sorreggendomi sulle ginocchia e sui palmi delle mani, e sentii Luke gemere eccitato dietro di me, cosa che mi fece ridere. Le mie risate morirono in un gemito non appena sentii la lingua di Luke leccarmi un'ultima volta, bruciando letteralmente le mie terminazioni nervose.

«Credimi, bimba, potrei farlo tutto il giorno ma ho anche io dei bisogni da soddisfare», disse, abbassandosi i pantaloni. Sentii la fibbia della sua cintura tintinnare con il bottone e stranamente questo rumore fece montare l'ansia nel mio stomaco, «Puoi prendere un preservativo? Sono nel primo cassetto».

Aprii il primo cassetto del comodino in ebano, trovando i preservativi in bella vista. Ne presi uno, stranita, e lo porsi a Luke, che mi schioccò un bacio sulle labbra in ringraziamento prima di spingermi di nuovo con la faccia sul materasso.

«Mi sembri confusa», commentò Luke, facendomi alzare la testa.

Mi voltai verso di lui - per quanto potessi farlo - ed ammirai il suo corpo nudo sentendo letteralmente l'acquolina in bocca - e l'ansia nello stomaco che cresceva sempre di più. Ci avvicinavamo sempre di più al punto di non ritorno e la cosa stava tornando a farmi paura.

«Non hai paura che tua figlia veda i preservativi? Li hai nel primo cassetto, davanti a tutto», chiesi, tornando a guardare avanti.

Luke mi afferrò i fianchi e li fece aderire ai suoi, cosa che mi fece gemere. «Ho trentacinque anni, Corinne. Non sono più un ragazzino che deve nascondere i preservativi», borbottò ridendo.

Già, che stupida, Luke è un uomo fatto e finito. Che gli frega se sua figlia trova i suoi preservativi? Al massimo gliene può rubare uno.

«A volte dimentico che non hai la mia età», sospirai, facendolo ridere.

«Grazie per il complimento, piccola», disse, stringendomi un fianco prima di lasciarlo andare.

Lo sentii strappare la bustina del preservativo e chiusi gli occhi, gemendo non appena sentii la punta del suo membro sfiorare la mia entrata. Luke grugnì soddisfatto prima di entrare lentamente dentro di me, gemendo ad ogni spinta. Spalancai gli occhi, provando sensazioni che quasi neanche ricordavo mentre Luke mi riempiva fino all'orlo con lentezza maniacale; del resto non facevo sesso da quasi tre anni e ormai avevo quasi dimenticato cosa si provava a farlo. E Dio, se avessi ricordato avrei accettato la proposta di Luke molto prima...

Luke si chinò su di me, afferrando la mia treccia e tirandola, costringendomi ad alzare la testa; quando lo feci le sue labbra attaccarono il mio collo, baciando e leccando la mia pelle. Gemetti sempre più forte, spingendo il mio bacino contro quello di Luke che di tutta risposta strinse i miei fianchi, tenendomi ferma mentre aumentava il ritmo delle spinte. Abbandonai la testa sul cuscino, cercando di attutire i miei gemiti in qualche modo ma fallendo miseramente quando Luke avvicinò di nuovo la sua testa alla mia, ansimando il mio nome nel mio orecchio; una sua mano prese a torturarmi i seni mentre l'altra raggiungeva il mio clitoride, stimolandolo dapprima lentamente, poi sempre più veloce, a ritmo con le sue spinte. La sua lingua segnò parte della mia spina dorsale, aumentando quella sensazione di pura estasi che stavo provando all'altezza del mio ventre.

L'orgasmo mi travolse completamente all'improvviso, impedendomi di pensare lucidamente per un attimo e facendomi vedere letteralmente le stelle. Il tocco di Luke svanì lentamente, così come l'estasi in cui ero rimasta fino a quel momento, e le sue spinte divennero sempre meno cadenzate fino al momento in cui, colto dall'orgasmo, si riversò nel preservativo. Il suo corpo si accasciò sul mio come un macigno, ma stranamente non era tanto pesante, anzi, per certi versi era confortante avere il peso di Luke addosso, tanto che quando uscì da me e rotolò al mio fianco, ancora senza fiato, mugolai in disappunto. Non ero ancora pronta a lasciare andare Luke, dovevo ammetterlo, ma mi rendevo conto che, finito quello, avrei soltanto dovuto rivestirmi e andarmene da quella casa, magari fare finta che non fosse successo niente.

«Stai bene?».

La voce di Luke mi riportò alla realtà; mi voltai verso di lui liberando un sospiro che non pensavo di aver trattenuto fino a quel momento. «Sto benissimo, Luke», risposi, «Perché lo chiedi?».

Luke alzò le spalle. «Mi sembri un po' assente, quindi... pensavo di aver fatto qualcosa che non ti è piaciuta», confessò, mordendosi il labbro inferiore.

Ridacchiai. «Mi è piaciuto tantissimo», ammisi, facendo sorridere malizioso Luke, «Ma devo andarmene ora».

Luke mi sembrò dispiaciuto mentre mi alzavo e cercavo le mie cose. Ero vestita solo della biancheria intima quando lui mi afferrò per un braccio, costringendomi a voltarmi. Era ancora nudo e la cosa mi imbarazzava un po' adesso che la nudità era diventata fuori contesto. «Resta», disse, attirandomi a sé.

Le sue labbra avevano il sapore amaro degli addii, mentre si muovevano sulle mie cercando di schiuderle. Ricambiai il bacio cercando di assaporarlo il più che potevo, consapevole che non ne avrei avuti altri. «Non posso restare», borbottai quando ci staccammo.

Luke puntò i suoi occhi nei miei, mi sembrò di annegare dentro di essi. «Di cosa hai paura, Corinne?», mi chiese, accarezzandomi la guancia.

Mi morsi il labbro inferiore, consapevole di essere stata colta in flagrante. L'inspiegabile sensazione di vuoto che avevo provato quando Luke era scivolato via da me non era qualcosa di fisico, ma qualcosa di psicologico. Ero così abituata ad essere sola che la sensazione di avere qualcuno così vicino a me mi aveva spaventata, costringendomi a scappare via. Stava a me decidere se affrontare la mia paura o scappare e non averci niente più a che fare.

«Non ho paura», borbottai, indecisa.

Luke mi baciò di nuovo. «Allora resta. Almeno per la cena», sussurrò, accarezzandomi un fianco, «Però ti avverto, non sono un maestro ai fornelli».

Ridacchiai. «Posso cucinare io, se vuoi».

Luke si staccò da me, dirigendosi verso i suoi boxer. «Sei mia ospite, non posso farti cucinare», borbottò serio. Non che mi interessasse il suo tono di voce, diciamo che il suo sedere era molto più interessante.

Luke si voltò verso di me, ridendo. «Non sei d'accordo?», mi chiese divertito.

Arrossii imbarazzata, consapevole di essere stata colta in flagrante. «Uhm, sì, certo. Sono d'accordo».

Luke continuò a ridere. «Sei carina quando ti imbarazzi», commentò, lanciandomi la sua camicia, «Metti questa».

Guardai la camicia che avevo fra le mani, deglutendo imbarazzata; dovevo ammetterlo, mi imbarazzava un po' indossare la camicia di Luke. Tuttavia decisi di accettare la sua offerta , infilandomela riluttante. Vidi una scintilla di desiderio accendersi negli occhi di Luke, mentre mi osservava.

«Aspettami in cucina, piccola», sussurrò, avvicinandosi a me, «Sistemo un po' la stanza, okay?».

«Okay», mugugnai, stampandogli un bacio sulle labbra prima di dirigermi fuori dalla stanza, diretta in cucina. Nel farlo, finalmente potei osservai la casa di Luke; non avevo avuto modo di vedere niente prima, visto che lui mi aveva trascinato in camera non appena avevamo messo piede in casa.

La casa di Luke era grande, accogliente e dai toni caldi; c'erano foto appese ovunque, principalmente foto della sua famiglia. Natalie, c'era da aspettarselo, era onnipresente, così come una ragazzina dagli occhi e i capelli scuri, presumibilmente sua figlia. Non somigliava per niente a Luke, forse aveva preso tutto da sua madre.

Ero arrivata in cucina quando sentii la porta d'ingresso aprirsi; mi voltai e la ragazzina delle foto mi stava fissando confusa, tenendo le sopracciglia aggrottate. In un certo senso mi ricordava Maria.

La salutai imbarazzata. «Ehm... C-ciao».

La ragazzina corrucciò le labbra, arrossendo imbarazzata. «Chi sei?», mi attaccò, ignorando la mia cortesia.

Deglutii. Cosa avrei dovuto dirle? Non mi avrebbe creduto se le avessi detto che ero una collega di suo padre, aveva ovviamente fatto due più due vedendomi conciata in questo modo ed era dannatamente imbarazzante, soprattutto considerato che non mi avrebbe vista più. Dio, ma perché non me n'ero andata come avevo deciso di fare? Mi stavo sentendo male.

Senza rispondere alla domanda della figlia di Luke mi alzai, correndo verso la stanza di suo padre. Luke stava uscendo da essa, mi sorrise vedendomi ma il sorriso si spense non appena si accorse di quanto fossi agitata.

«Corinne, tutto a-»

Lo interruppi lanciandogli la sua camicia addosso. «Devo andarmene», sbottai, infilando la mia camicia di fretta.

«Che succede? Andava tutto bene», chiese Luke, confuso.

Scossi la testa. «Non posso restare qui, Luke. Non posso. Rispetta questa mia decisione, okay?».

Luke disse altro, mentre scappavo via da camera sua, ma io non lo ascoltai, camminando velocemente e a testa bassa. Come avevo potuto pensare che sarebbe andato tutto bene? Ero così dannatamente stupida.

***

[A/N] SCUSATE IL RITARDO!! È colpa di questo cesso di wattpad. Il capitolo non è corretto, non posso farvi aspettare così troppo quindi lo rileggerò domani. Mi dispiace che dobbiate leggerlo così, pieno di errori :(

Quindi siamo al sesto capitolo e sti due già ci hanno dato dentro. Bello AHAHAHA continuo la mia tradizione di far scopare i due protagonisti all'inizio della storia :') (anche se, ora che ci penso, ci sono storie in cui è successo quasi alla fine se non proprio alla fine. Ma va beh). Comunque, pensavate che sarebbe stato tutto rose e fiori dopo questa? Vi sbagliavate. Un'altra delle mie tradizioni è quella di far penare i due protagonisti fino all'ultimo, e credo che questa la rispetterò sempre fino in fondo AHAHAHA non è colpa mia. E' solo che la storia diventerebbe noiosa se li facessi mettere insieme dall'inizio senza dargli problemi.

Cosa pensate della decisione di Corinne di andarsene? Secondo voi ha fatto bene o è stata stupida a farlo? Mettete in conto che già non era decisa del tutto a restare, se poi ci aggiungete anche l'arrivo inaspettato della figlia di Luke... A proposito, what about Luke? Oh, il povero Luke. Scoprirete cosa pensa della fuga improvvisa di Corinne tra due capitoli, lol.

Adesso vi lascio, ho scritto abbastanza stronzate e Alessia mi vuole uccidere. A venerdì!

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