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2nd

Luke

Sospirai frustrato, riportando gli occhi al computer e cercando di concentrarmi sul lavoro finché un pesante bussare alla porta non mi fece sobbalzare. Scattai in avanti, rilassandomi subito non appena sentii la familiare voce di Ashton che mi chiedeva se potesse entrare. Risposi affermativamente e il riccio entrò nel mio ufficio, sorridendo in modo enigmatico.

«Quante volte ti ho detto che puoi entrare nel mio ufficio senza chiedere, idiota? Mi hai fatto prendere un colpo», borbottai al mio migliore amico, che in risposta scoppiò a ridere.

«Scusa Lukey, ma ho visto la ragazza nuova uscire e... Ho pensato avessi bisogno di un po' di privacy», disse calcando la parola privacy mentre si sedeva di fronte a me.

Lo guardai di sottecchi. «Non sono un mocciosetto, non mi faccio le seghe in ufficio pensando ai miei colleghi», ribattei, sorridendo malizioso, «Non come una certa persona».

Ashton alzò gli occhi al cielo. «Avevo venti anni all'epoca. Ero un ragazzino sconsiderato!», si difese, rosso come un peperone mentre io ridevo di lui.

Ashton è il mio migliore amico da quando avevo più o meno diciotto anni. È stata l'unica persona in grado di capire la mia situazione, e a restare con me senza giudicarmi. Ashton era molto a contatto con la nostra famiglia perché lavorava come segretario di mio padre, cosa che gli permetteva di passare a casa nostra ogni tanto. In queste sue visite gli è bastato poco per innamorarsi di mia sorella Natalie, cotta che l'ha cacciato in non pochi guai visto che Nat passa spesso in ufficio...

Beh, ad ogni modo, ora Ashton ha una posizione più di riguardo nella compagnia, è fidanzato con Natalie da quasi dieci anni e io continuo a prenderlo in giro perché una volta lo beccai a farsi una sega nel suo ufficio mentre mormorava il nome di mia sorella. Beh, su certe cose sono ancora un bambino.

«Adesso parliamo di cose serie. La ragazza che è appena uscita dal tuo ufficio».

Sospirai. «È Corinne Barton, una degli stagisti», risposi secco, facendo spallucce.

«Quella Corinne? Quella per cui hai litigato con Natalie?», incalzò lui, dritto al punto come suo solito. Ero convinto che sapesse già che era proprio quella Corinne, doveva solo sentirselo dire come il coglione che è.

Alzai gli occhi al cielo. «Che t'importa?».

Ashton mi guardò scettico. «Oh, mi importa eccome. Nat è stata con il muso per due settimane perché non le parlavi più a causa del vostro litigio. Questa ragazza è così importante da farti litigare con tua sorella gemella, sangue del tuo sangue, l'unica persona che è rimasta con te quando è successo tutto quel casino con Eva?».

Deglutii. «Non azzardarti a parlare di Eva. E poi scusa, non voleva darle un posto di lavoro nella mia azienda, era normale che litigassi con lei! Certo la sua opinione è importante, ma la decisione finale spetta a me. E si da il caso che io abbia deciso che Cor- la signorina Barton abbia le capacità adatte per-».

«Succhiartelo dietro la scrivania senza che nessuno se ne accorga? In effetti la vedo abbastanza disponibile per quello», mi interruppe Ashton, sarcastico.

Feci un verso simile al rumore delle unghie contro una lavagna. «Perché pensate tutti che me la scoperò? È una bella ragazza, certo, e si sa che a me piacciono le more ma... Questo non vuol mica dire che io voglia farci sesso!».

«Su, non mentire. Siamo amici da così tanto tempo, puoi dirmela la verità».

Sospirai. «E va bene. Potrei essere attratto da Corinne», confessai arrossendo.

Dirlo ad alta voce non faceva proprio un bell'effetto, ma ormai il danno era fatto. Ashton mi avrebbe sfottuto a vita, ora che lo sapeva, e io non sarei riuscito a guardare più Corinne con gli stessi occhi perché adesso ero consapevole di ciò che volevo da lei... Come se non lo fossi già. Parlare con lei prima era stata una tortura, riuscivo solo a pensare a come sarebbe stata bene seduta sulla mia scrivania, completamente nuda e stravolta dal sesso che avrei volentieri fatto con lei.

Ashton rise sommessamente. «Non c'era bisogno che lo confessassi, ce ne siamo accorti già un po' tutti. E purtroppo per te, se n'è accorta anche la vipera qui fuori».

Alzai gli occhi al cielo. «Chanel tratta qualsiasi essere dotato di vagina che mi si avvicini con diffidenza da quando le ho detto chiaramente che non ero interessato a portare avanti la cosa fuori dal mio ufficio», dissi ad Ashton, «Quindi non mi preoccupo proprio di lei».

«Uhm, io direi di preoccupartene. I Jeffries sono parecchio influenti, ci sarebbero ripercussioni se tu offendessi uno di loro, non credi?», mi ricordò Ashton, alzando un sopracciglio.

Scossi la testa. «In tal caso io potrei diffamare Chanel così facilmente che l'alfabeto sembrerebbe complicato al confronto», dissi di rimando, sorridendo beffardo. Avere soldi e un team di avvocati decente aiuta tantissimo in certi casi.

Ashton alzò gli occhi al cielo. «Non siamo in un episodio di Law&Order, Luke, non ti mettere a giocare con il fuoco. E questo vale anche per Corinne».

«Tranquillo, non rischierò», mentii, facendo sorridere Ashton poco convinto.

***

«Tesoro, sono a casa!», annunciai non appena oltrepassai la soglia di casa.

Alex mi corse in contro come suo solito, saltandomi in braccio. La strinsi a me con forza. «Ciao papà».

Il rapporto tra me e mia figlia è solidissimo, fortificato soprattutto dal fatto che siamo praticamente come fratelli, visto che abbiamo solo diciannove anni di differenza; ciò mi rende più un suo amico che un genitore anche se comunque so farmi rispettare. E poi sono il suo unico genitore, sua madre è... Morta dandola alla luce.

Ogni tanto mi chiedo come sarebbe la mia vita se Eva fosse ancora qui. Saremmo sposati, adesso? Che lavoro farebbe? Forse avremmo anche divorziato, magari Alex sarebbe andata con lei. Forse saremmo rimasti insieme e avremmo avuto altri figli...

Queste ed altre sono tutte cose che mi chiedo da quando Eva se n'è andata, diciannove anni fa, lasciandomi con una neonata da accudire e il cuore in mille pezzi. Sono sicuro che il mio cuore se ne sia andato con lei, non riesco a trovare altra spiegazione. Tra tutte le donne che ho avuto, in questi diciannove anni, nessuna è stata capace di farmi provare ciò che mi faceva sentire Eva.

«Allora, com'è andata a scuola?», chiesi a mia figlia, chiudendo il ricordo di Eva in un cassetto e sfilandomi la giacca, che finì malamente sul divano; mi diressi in cucina sbrogliando le maniche della camicia.

Alex si sedette su di uno sgabello dell'isola, guardandomi intento mentre prendevo l'occorrente per la cena. «Uh, niente di che. Ho preso una A in inglese, Chandler Norton è stato convocato dal preside... Le solite stronzate», disse, alzando le spalle.

La guardai curioso. «Sento molto spesso parlare di questo Chandler Norton. Non è che mi nascondi qualcosa, signorina?», le chiesi, scoppiando a ridere quando Alex mi guardò male.

«Ti parlo sempre di Chandler perché è l'unico che rende la giornata scolastica più movimentata», si lamentò, «Non ti nascondo niente, papà».

Alzai un sopracciglio. «Ne sei sicura, Alexandra Eva Hemmings?».

«Uffa, papà! Sei un rompiscatole. Non ti nascondo niente, non ci ho mai neanche parlato con Chandler Norton», sbuffò lei, facendomi ridere.

«Oh, va bene, non mi nascondi niente», decisi di darle ragione, «E comunque, sai che con me puoi parlare di tutto, vero? Anche di... Sesso, se vuoi. È importante che io ti parli di sesso, sono tuo padre», aggiunsi, arrossendo leggermente.

Potrei anche farne tanto ma parlarne con mia figlia è decisamente un'esperienza che non voglio fare. Ma devo farlo, se voglio proteggerla dai miei stessi errori.

Alex era imbarazzata tanto quanto me, di fatti prese a guardarsi intorno nervosamente proprio come faceva sua madre. «Non ho bisogno delle tue lezioni sull'educazione sessuale, papà, so abbastanza per conto mio. E poi... No, non sono decisamente pronta a quello», borbottò arrossendo.

Intuii che qualcosa non andava, ma decisi di far finta di niente. Mi avrebbe detto tutto da sola, non era buono costringerla a dirmi cosa le passava per la testa. «Spero che tu sia preparata in caso... Debba succedere, ecco», borbottai, chiudendo definitivamente il discorso.

«Stra tranquillo. E comunque, com'è andata a lavoro? Oggi cominciavano gli stage, giusto?», mi chiese, cambiando argomento.

Quasi le fui grato. Quasi. Non appena accennò allo stage Corinne mi si ripresentò prepotentemente in testa facendomi quasi deconcentrare. «Oh, bene. Gli stagisti sono tutti capaci, spero di poterne assumere un gran numero per la fine del periodo di prova. È ora di fare pulizia, i vecchi soci del nonno sono troppo all'antica e c'è bisogno di una bella ventata d'aria fresca».

Alex non capì sicuramente nessuna delle mie parole ma lasciò perdere. «Certo. E, uhm... C'è qualche persona che ti ha colpito in particolare?», mi chiese cauta, guardandomi dritto negli occhi.

La Corinne che gironzolava nella mia testa sembrò urlare il suo nome. Cercai di ignorarla. «Mi hanno colpito tutti in positivo, te l'ho detto già», risposi, vago.

Alex alzò gli occhi al cielo. «Io parlavo di ragazze, papà. C'è qualcuna che ti piace? Che magari non è spocchiosa come tutte le fidanzate di una settimana che hai avuto?».

Le sue parole mi presero in contropiede. Altra cosa che aveva preso da sua madre, sempre così diretta. A volte la sua somiglianza con Eva mi spaventava. «Non dovrei dirtelo, questo. E poi hey, le ragazze che ho avuto non erano poi così terribili!», mi difesi poco convinto.

Alex scoppiò a ridere. «Ma se non ci credi neanche tu! Andiamo, erano tutte troppo snob. Non voglio una matrigna snob, papà».

Scossi la testa. «Non sono state tutte così».

«Certo, quanto è vero che la tua segretaria non ha le labbra rifatte», borbottò sarcastica, «Che c'è per cena?».

«Non cambiare discorso, signorina! Chanel non ha le labbra rifatte», sbottai.

«Ma io volevo sapere cosa c'era per cena! E comunque sì, ha le labbra rifatte. E non negarlo, tu l'hai baciata quindi lo sai meglio di tutti».

Fui costretto ad ammettere la realtà dei fatti. «Eh, forse un po'... Comunque stasera non ho voglia di cucinare. Che ne dici di andare a mangiare fuori?», le proposi.

Alex sorrise. «Aspettavo solo che mi dicessi questo».

***

Arrivati al Lincoln Square Steak subito trovammo posto per la felicità di entrambi. Sin da quand'ero piccolo avevo sempre preferito questo piccolo ristorante invece dei fastidiosi ristoranti francesi che ti facevano pagare oro colato per un paio di lumache, a cui i miei genitori portavano sempre me ed i miei fratelli per le nostre inutili cene di famiglia. Con il tempo avevo passato la passione anche a mia figlia, e spesso ci ritrovavamo lì ad ingozzarci di bistecca e patatine fritte mentre chiunque mi guardava male (in molti pensano, guardandoci, che Alex sia una mia amante anziché mia figlia. Non ci somigliamo per niente. Che poi, perché dovrei uscire con una sedicenne? Non sono pazzo fino a questo punto).

«Non venivamo qui da un sacco», commentò Alex prima di addentare una patatina, «Sono felice che tu abbia deciso di non cucinare stasera. Cucini da schifo».

«Hey, così mi offendi», borbottai imbronciato, «Non cucino tanto male».

Alex scosse la testa. «Fidati, cucini tanto male», affermò ridendo, «Dovresti assumere un cuoco».

«Non voglio diventare come i tuoi nonni, che non fanno mai niente in casa», sbottai, «Voglio che tu cresca in modo diverso da come sono cresciuto io».

Alex ribatté, ma io non riuscii a prestarle attenzione. Volgendo lo sguardo verso l'entrata del ristorante, vidi Corinne varcare la soglia vestita in modo diverso rispetto a come l'avevo vista stamattina; un top scollato ricopriva la parte superiore del suo corpo ed un paio di skinny jeans le fasciavano le gambe alla perfezione. Rischiai di strozzarmi con il boccone di carne che stavo masticando, il fiato mi si mozzò in gola. Era uno spettacolo.

«Papà, tutto okay? Hai bisogno di un po' d'acqua?», mi chiese Alex preoccupata, riportandomi alla realtà.

Mi affrettai a bere per buttare giù ciò che mi era rimasto incastrato in gola. «S-sto bene, non preoccuparti».

«Che hai visto?», mi chiese mia figlia, ridendo.

Decisi di essere sincero con lei. «U-una ragazza che lavora da me».

Alex alzò un sopracciglio sorridendo maliziosa. «Uhh. Chi è?», indagò curiosa, facendo vagare il suo sguardo per la stanza.

Deglutii rumorosamente. «La ragazza alta, con i capelli neri. Sta parlando con quel tizio pallido come un lenzuolo», la descrissi, provando una strana fitta di gelosia vedendola ridere insieme a quel ragazzo. Dio, non la conoscevo neanche e già ero geloso?

«Va a parlarle», mi suggerì Alex, riconoscendola, «Mi sembra un tipo a posto».

Alzai un sopracciglio. «Ho la tua approvazione?», le chiesi, stupito.

«Ovvio. Va da lei», insisté, «Adesso che sta andando a prendere un tavolo».

Senza pensarci due volte mi alzai, dirigendomi da Corinne senza la minima idea di cosa fare. Cominciai a pentirmene soltanto quando ebbi pronunciato il suo nome e lei si voltò, sorridendomi timida.

«Buonasera, signor Hemmings», mi salutò, mordendosi il labbro inferiore, «Anche lei qui?».

Dio. Ero fottuto.

***

[A/N] Is everyone there at all?

Rido, Buongiorno. Si parte con la compilation degli update fatti di mattina presto, da quanto potete vedere ahahah (ripeto, mi piace postare)

Allooooora. Questo è il primo capitolo dal punto di vista di Luke (uno dei tanti, aggiungerei), in cui possiamo avere uno scorcio sulla sua vita. Scopriamo così che Ashton è suo cognato, la madre di sua figlia è morta e che ha avuto una relazione con la sua segretaria, cose che secondo me sospettavate già. Lo so, sono la regina del cliché AHAHAHAH

Non so più cosa scrivere quindi vi lascio. A venerdì prossimo! ♡




Ah, per favore, lasciate una stellina o un commento se questa storia vi sta piacendo. Vi prego in ginocchio T-T

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