11th
Corinne
Quella sera uscii dell'enorme grattacielo più stanca del solito, sia fisicamente che mentalmente: non avevo fatto altro che pensare al mio appuntamento con Luke di cui ancora non sapevo niente, se non che ci sarebbe stato e che mi ero messa nei guai da sola come una cretina. Continuavo a cadere nella trappola del mio capo secondo dopo secondo, e questa volta mi ci ero lanciata dentro da sola, ricattandolo con un appuntamento per sapere soltanto qualcosa che neanche mi interessava. Per di più avevo paura di Chanel: sapendo che ci aveva visti venerdì, cosa le avrebbe impedito di spiarci anche al nostro appuntamento? Avrebbe screditato me e Luke in minuti contati, appena avesse avuto delle prove tangibili.
Cercai di non pensarci mentre, sul tragitto di casa, ascoltavo mia nipote raccontarmi della sua giornata a scuola. Quella sera era passata a prendermi mia sorella che, non sapendo a chi affidare Raven, l'aveva portata con sé - cosa per cui le ero segretamente grata, perché Raven aveva lo strano potere di allontanare i miei pensieri. O almeno, aveva il potere di farlo finché Luke non mi ricordava della sua presenza... Con una scatola color avorio posata davanti alla porta di casa. Una scatola enorme, senza scritte e chiusa da un fiocco bianco che quasi si mimetizzava con il colore della scatola.
«Per chi sarà?», chiese Maria, confusa.
Sospirai. «Qualcosa mi fa pensare che è per me».
Maria mi guardò con un misto di preoccupazione e malizia negli occhi. «Mmh, chi è il mittente?».
Presi il pacco e andai a sedermi sull'altalena, seguita da Raven che si sedette accanto a me, guardandomi entusiasta. Maria rimase in piedi davanti a me, fissava il pacco con aria agitata. Soltanto io ero abbastanza calma riguardo alla situazione?
«Aprilo zia Cori!», mi esortò Raven, battendo le manine.
Sospirai, sciogliendo il fiocco ed aprendo successivamente il coperchio della scatola, restando senza fiato quando intravidi un vestito all'apparenza costoso accompagnato da un paio di scarpe bordeaux. Il cuore prese a battermi all'impazzata nel petto, quando realizzai ciò che Luke mi aveva regalato.
«Corinne... Questo è un Elie Saab. È meraviglioso!», esclamò Maria, con gli occhi fissi sulla scatola.
Le parole di Maria divennero un'eco confusa mentre, osservando la scatola, notai un foglietto di carta sul fondo. C'era un numero cellulare sopra, ipotizzai fosse sicuramente Luke mentre lo digitavo.
Quando Luke rispose, Maria e Raven erano entrate dentro portandosi dietro la scatola con il vestito. «Hai ricevuto il mio regalo».
Sospirai. «E ciao anche a te. Perché mi hai appena fatto trovare un Elie Saab davanti alla porta di casa?», chiesi indagatrice, senza riuscire a frenare il sorriso che si stampò sulle mie labbra.
«Perché voglio che lo indossi al nostro appuntamento di sabato», rispose.
Alzai un sopracciglio. «Sabato? Non abbiamo ancora detto niente sul giorno».
«Oh, giusto. Beh, allora adesso sai che il nostro appuntamento è fissato per sabato. Metti il vestito che ti ho regalato, per favore. Ci tengo».
Se avessi avuto Luke davanti, in quel momento, gli avrei fatto un'occhiataccia talmente brutta da non farlo dormire più la notte. Purtroppo (o per fortuna) non c'era, quindi mi limitai ad andare contro alla sua idea assurda. «Sei pazzo. Non indosserò un Elie Saab per un appuntamento qualsiasi!», sbottai, «E poi scusa, non dovrebbe essere una cena di lavoro? Se mi presento con un Elie Saab addosso capiranno tutti qualcosa».
«A chi vuoi che importi cos'hai addosso? Puoi andare ad una cena di lavoro vestita come ti pare, secondo me».
Sospirai rassegnata. «Luke, non posso. Forse in passato sei uscito con donne che potevano permettersi di indossare un Elie Saab ad un appuntamento senza risultare ridicole o esagerate, ma io non posso. Si vedrebbe lontano un miglio che non posso permettermene uno!».
«Senti, ho visto quel vestito e subito l'ho immaginato indosso a te, secondo me ti si adatta più che bene. E poi perché dovresti sembrare ridicola? Saresti perfetta persino con un sacco di patate indosso».
Le sue parole mi fecero arrossire. «T-tu dici?», chiesi stupidamente, torturandomi il labbro inferiore con i denti. Avrei dovuto perdere quella brutta abitudine al più presto.
Luke ridacchiò. «Io dico. Quindi, indosserai il vestito al nostro appuntamento?».
Sospirai. «Devo pensarci su, Luke», dissi, poco convinta, prima di staccare senza dargli l'opportunità di ribattere o di cercare di convincermi.
Non volevo indossare quel vestito all'appuntamento, non importava cosa mi avesse detto Luke, era una cosa che non mi si addiceva e che comunque non mi avrebbe fatta sentire a mio agio.
Entrai in casa sfilandomi le scarpe; camminai scalza verso la cucina, dove sapevo che avrei trovato Maria. E infatti era proprio in cucina, intenta a preparare qualcosa per cena visto che la mamma sarebbe tornata tardi.
Mia sorella mi guardò curiosa. «Hai scoperto di chi era il regalo?».
Sospirai rassegnata, sedendomi su di uno sgabello. «Era di Luke. Mi ha chiesto di uscire sabato, e di mettere quel vestito, e io non ho la minima idea di cosa fare», spiegai, omettendo il piccolo dettaglio che ero stata proprio io a chiedere a Luke di uscire. Era davvero incoerente da parte mia sembrare scontenta al riguardo, visto che ero stata io stessa a proporlo - e, a dirla tutta, sotto sotto volevo davvero uscire con lui...
Maria mi sembrò felice di sentire quelle parole. «Beh, allora esci con lui. Semplice no?».
Scossi la testa. «Non è così semplice, Maria. Lui è il mio capo», sbottai, passando un pastello a Raven. Mia nipote stava colorando una principessa della Disney.
«Sinceramente? Sei solo tu a farti il problema. Lui ti piace?».
Arrossii leggermente. «Beh... Sì, ma credo che comunque piaccia un po' a tutti».
Maria alzò gli occhi al cielo. «Non deve interessarti cosa pensano gli altri di Luke, tu cosa pensi di lui?».
«Te l'ho detto già, mi piace», confessai, sentendomi sprofondare. Ogni volta che mi capitava di pensarci mi sentivo un centimetro in più sotto terra ed era una sensazione orribile.
«Allora esci con lui, e indossa quel meraviglioso vesito. Sai, io e Raven l'abbiamo visto, è qualcosa di stupendo e crediamo che possa calzarti a pennello. O almeno, questo è quello che penso io, Raven si è limitata a dire che è bellissimo», disse, ridacchiando.
Mi voltai verso Raven. «Davvero ti piace il vestito, piccola?», le chiesi, accarezzandole i capelli neri.
Raven alzò gli occhi dal disegno, facendomi un sorriso largo. «Sì, zia Cori! È un vestito da principessa, per questo ho colorato il vestito di Aurora come il tuo! Guarda», esclamò, porgendomi il disegno che stava colorando.
Lo studiai attentamente, arrossendo quando mi accorsi che Raven aveva colorato i capelli e gli occhi di Aurora facendo in modo che mi somigliasse. Il vestito, invece che essere rosa, era nero che sfumava nel bordeaux, come avrebbe dovuto essere il mio - non l'avevo visto intero, quindi non potevo saperlo. Forse avrei dovuto dargli un'occhiata.
«Dove hai messo il vestito?», chiesi a mia sorella, dopo aver lasciato un bacio sulla fronte a mia nipote che, contenta, riprese a colorare il suo disegno.
«Nella tua stanza», mi rispose Maria, voltandosi di nuovo verso i fornelli.
Mi alzai dallo sgabello e corsi verso la mia stanza, sentendo le farfalle nello stomaco quando intravidi la scatola. Mi feci coraggio mentre afferravo il vestito e lo estraevo dalla scatola per guardarlo, restando senza fiato quando riuscii a vederlo nella sua interezza. Era un vestito stupendo, nero che sfumava nel bordeaux proprio come nel disegno di Raven, con uno spacco sulla gonna che riusciva a renderlo ancora più elegante di quanto non lo fosse già. Proprio come Luke e Maria, riuscii ad immaginarmi nel vestito, che sembrava fatto apposta per me. Chissà, forse indossarlo non sarebbe stato proprio un grande problema...
***
«Non ne sono sicura».
Maria mi fissò incredula. «Ancora con questa storia?! Fino a due giorni fa ne eri convinta!».
Era arrivato il fatidico giorno dell'appuntamento, tra mezz'ora Luke sarebbe passato a prendermi e io non avevo ancora la più pallida idea di cosa mettere. Dopo essermi convinta ad indossare il vestito che mi aveva regalato Luke, adesso non ne ero così sicura. Sarebbe stato troppo rischioso, a mio parere, presentarmi con un vestito troppo elegante ad un appuntamento con il mio capo. Era una cena di lavoro, dopotutto (almeno ufficialmente lo era).
Al momento ero in piedi davanti allo specchio, in mutande e reggiseno, con il famigerato vestito tta le mani. Avevo paura ad indossarlo, anzi, a vederlo: non avevo avuto il coraggio di guardarlo nei giorni precedenti e quindi l'avevo lasciato nella scatola, nascosta sotto al letto (anche per non farla vedere a mia madre, ancora del tutto ignara della situazione).
Ovviamente, Maria mi stava riempiendo di insulti da quando le avevo detto che non avrei indossato il vestito. Mi aveva aiutata a truccarmi e a sistemare i capelli, per cui avevo evitato di dirglielo fino al momento in cui avrei dovuto prendere il vestito dalla scatola, ingoiare il boccone ed indossarlo. Era una cosa che mi spaventava troppo, oltre a sembrarmi rischiosa: se non ne fossi stata all'altezza? Non ero del rango sociale adatto per indossare un abito firmato.
«Sembrerò ridicola!», fu la mia unica risposta, a cui mia sorella per giunta sbuffò rumorosamente.
«Allora, te l'abbiamo detto tutti noi che abbiamo visto il vestito che ti starebbe a pennello addosso. Tua nipote ti ha addirittura disegnata con quel vestito addosso!», esclamò Maria, «L'abbiamo fatto, o no?».
I miei occhi guizzarono al disegno che mi aveva fatto Raven, ora appeso alla parete, e un breve sorriso attraversò le mie labbra. «Sì, l'avete fatto. Ma non mi convincerai così», borbottai tornando seria, sedendomi sul letto.
Maria mi guardò scettica. «Hai intenzione di deludere tua nipote così?», disse, facendo il broncio, «Hai intenzione di deludere tua sorella così? Siamo il sangue del tuo sangue, Corinne».
Alzai un sopracciglio. «Credi che crederò così?», le chiesi, scoppiando a ridere.
«Chiamo Michael e ti faccio riempire di insulti da lui».
Alzai le spalle. «Non sarebbe la prima volta. È inutile, Maria, niente riuscirà a convincermi- che cazzo fai con il mio telefono?!», sbottai, alzandomi per riprendermelo.
Maria mi sorrise malefica, correndo via dalla mia presa. «Contatto l'unica persona che potrebbe convincerti!», sbottò, urlando.
Mi ritrovai a rincorrere mia sorella per tutta la casa, in mutande, urlandole contro. Non poteva contattare Luke. Non poteva e non doveva farlo.
«Pronto, Luke? No, sono sua sorella... Senti, c'è un problema. Non vuole indossare il vestito», disse prima che le staccassi il cellulare di mano.
«Che vuol dire che non vuole mettere il vestito?», sbottò Luke, «Passamela».
«Luke, sono io», sbottai con il fiatone.
«Corinne. Spiegami perché non vuoi mettere il vestito. È per ciò che mi hai detto lunedì, vero?».
Il solo fatto che ricordasse cosa gli avessi detto lunedì a proposito del vestito mi fece sentire le farfalle nello stomaco, facendomi sentire subito come un'adolescente alle prese con il primo fidanzatino. «Più o meno sì», borbottai, poco convinta.
Luke sospirò. Dai rumori in sottofondo dedussi che stesse in macchina. Stava già venendo a prendermi, a quanto pare. «Ti prego, voglio che indossi quel vestito. Voglio verificare se davvero è fatto per te».
Arrossii. «È questo il problema. Io so di non essere fatta per quel vestito. Ho il seno troppo grande, i fianchi troppo sproporzionati, le gambe troppo corte per indossarlo», borbottai, guardando il mio corpo allo specchio - ero tornata in camera perché mi sembrava stupido stare mezza nuda in mezzo alla casa come se niente fosse.
«Secondo me hai un corpo più che perfetto», ridacchiò malizioso Luke, «Che starebbe bene in qualsiasi tipo di vestito».
«Il solo fatto che sei tu a dirmelo non basterà a convincermi», replicai, passandomi le dita sullo stomaco. Ripensai al modo in cui Luke mi aveva accarezzata e i brividi percorsero la mia spina dorsale. Mi mancava il suo tocco, dovevo ammetterlo - ma non mi lascerò distrarre da questo, ora.
«Beh, io ti ho detto la mia. Comunque, sul serio, indossa quel vestito».
«Non puoi costringermi».
«Oh sì che potrei», ribatté Luke, «Se ti ricattassi».
«Non puoi farlo», borbottai, sudando leggermente.
«Certo che posso. Ricordi che solo io posso dirti come io e Riley siamo collegati?».
Oh, no. Mi aveva in pugno. «Non puoi farlo», ripetei, «Sono stata io la prima a ricattarti, chiedendoti di uscire!».
«Quindi sarebbe bello ripagarti con la stessa moneta», ribatté lui, «E poi, ti avevo detto che avrei deciso tutto io. Quindi, indossa quel vestito o non saprai niente. E fai presto, sono davanti casa tua», disse, staccando.
«Vaffanculo!», esclamai, non vedendo altra scelta. Avrei dovuto indossare quel vestito per forza, altrimenti questo appuntamento sarebbe stato completamente inutile.
Dopo essermi infilata il vestito, uscii di casa senza guardarmi allo specchio o salutare Maria, al momento intenta a parlare con il suo ragazzo a telefono. Uscii di casa sbattendo la porta, ritrovandomi davanti, parcheggiata sul vialetto, una Ferrari nera. Luke era appoggiato alla fiancata, con indosso un'elegante camicia nera. Non riuscii a non notare i suoi occhi sgranati mentre scendevo le scale del portico, tenendomi l'orlo del vestito con le mani per paura di sporcarlo. I suoi occhi su di me mi fecero arrossire.
«Dio, lo sapevo», commentò, afferrandomi una mano quando mi avvicinai a lui, «Sembri una principessa. Avevo ragione a pensare che ti sarebbe stato bene», aggiunse, baciandomi il dorso della mano.
Arrossii, ridacchiando leggermente. «Beh... Grazie, direi. Ma... Come facevi a sapere dove abito?», chiesi, pensando solo in quel momento al fatto che Luke non mi aveva mai accompagnata a casa e io non gli avevo mai dato il mio indirizzo, quindi non poteva sapere dove abitavo.
Luke fece spallucce, aprendo la portiera dell'auto ed invitandomi a salire. «Sei pur sempre una mia dipendente. Allora, sei pronta?».
Salii in auto ed osservai Luke mettersi alla guida. «Forse. Non lo so. Credi che qualcuno capirà che non è un appuntamento di lavoro?».
Luke fece un sorriso sghembo, guardandomi brevemente prima di concentrarsi di nuovo sulla strada. Lo fece con un'intensità tale che, seppur breve, quella fu un'occhiata che riuscì a mettermi lo stomaco in subbuglio.
«Che pensino ciò che vogliono, non mi interessa», disse, «Stasera mi interessi soltanto tu».
Arrossii. «Oh, beh... Cercherò di non pensarci anch'io allora», replicai stupidamente, trasalendo quando Luke posò la sua mano sulla mia coscia.
«E comunque credo che questo vestito starebbe meglio sul pavimento della mia camera da letto», sbottò, stringendomi quasi facendomi male.
Trattenni il fiato per qualche secondo, arrossendo veemente. Forse ero dello stesso colore del vestito in quel momento. «Chi ti dice che finirà sul pavimento della tua camera da letto?», chiesi ironica, decidendo di non dargliela vinta. In realtà avrei davvero voluto che questo vestito finisse sul pavimento della sua camera da letto, in un cumulo disordinato di abiti e biancheria intima. Non mi importava neanche che fosse firmato e sicuramente costosissimo, Luke poteva anche strapparmelo di dosso, non avrei battuto ciglio.
Luke alzò un sopracciglio. «Potrebbe anche finire sul pavimento del salotto, per quanto mi riguarda, ma sono certo che per mia figlia sarebbe un tantino imbarazzante trovarmi nudo sul divano in tua compagnia. E poi potresti svegliarla con le tue urla», spiegò, facendomi un occhiolino.
Sentii un vuoto alla bocca dello stomaco, le sue parole mi fecero rabbrividire. «Perché dai tutta la colpa a me? I tuoi gemiti erano piuttosto acuti», gli ricordai, gustandomi la sua espressione scioccata con un risolino stampato in volto.
«Sei una piccola insolente. E comunque eri tu quella più rumorosa», ribatté, corrucciandosi come un bambino.
Sorrisi. Mi piaceva giocare con Luke, in un certo senso. «Puoi sempre tapparmi la bocca con questa bella cravatta che indossi stasera», gli feci notare, accarezzando la cravatta bordeaux che aveva deciso di indossare quella sera, «Scelta interessante, comunque, indossare una cravatta dello stesso colore del vestito».
«Felice di sapere che apprezzi», mi ringraziò lui, afferrando le mie dita e portandosele alle labbra, baciando i polpastrelli, «Ma non posso usarla per tapparti la bocca, mi serve».
Cercai di ignorare il formicolio allo stomaco per concentrarmi sulla risposta da dargli. Lui non sembrava scosso per niente dalle nostre parole, mentre io invece stavo tremando. «Allora urlerò quanto voglio, svegliando tua figlia. Ammesso e non concesso che tu riesca a farmi urlare», dissi indispettita, facendo ridere Luke.
«Tranquilla, piccola, ho i miei segreti», ribatté lui, facendomi un'occhiolino.
Sorrisi maliziosa. «Mi piacerebbe conoscerli, questi segreti».
Forse un segreto l'avrei scoperto stasera, un segreto un po' diverso da ciò che intendeva Luke, però...
***
[A/N] Goooodmorning!
Questo capitolo mi sta facendo dannare. Sono partita pensando che sarebbe stato cortissimo e invece ha superato le 3000 parole senza neanche la parte dell'appuntamento (che all'inizio non sarebbe dovuta esserci, ma che alla fine ho deciso di inserire). Quindi l'ho diviso in due parti, di cui una ancora incompleta. Oh, povera me
Detto questo, settimana prossima posterò la seconda parte del capitolo, sperando di riuscire a renderla decente (?). Ultimamente non è che questa storia mi piaccia granché... Spero sia una cosa di passaggio. E spero anche che continuerà a piacervi, nonostante faccia cagare (lo riconosco)
Vabbè, chiudiamo questa autocommiserazione inutile ahahaha ci vediamo venerdì prossimo! ♥
PS: il vestito nella foto dei media è quello che Luke regala a Corinne. Io me ne sono innamorata ahahah
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