☙24❧
Sbatto gli occhi un paio di volte, per comprendere meglio.
- Cosa? – rispondo, per la prima volta da quando sono qui, con il mio solito tono. Lui schiocca le dita e apre il palmo di fronte a lui. Appare una specie di ologramma, dove mi fa vedere lo stemma della classe dei potenti, che è moolto simile alla cosa tatuata sul mio braccio.
- L'incantesimo appena compiuto ha il ruolo di portare a galla l'essenza stessa di un mago. I maghi della stessa classe presentano un inciso simile sulla pelle. Da questo derivano i vari stemmi. Il tuo ti cataloga appartenente alla classe dei potenti. – Il preside fa una lieve pausa prima di riprendere.
- So cosa ti sta passando per la testa; tranquilla, sarà evidente solo per una settimana. –
Questa è una delle rare volte della mia vita in cui sono totalmente senza parole. Non so cosa dire, né cosa pensare. Non riesco a realizzare quello che il preside mi sta dicendo. Lentamente, però, un leggero sorriso affiora sulle mie labbra. E non riesco a toglierlo. So che non dovrei essere così entusiasta ma, ehi, sono quella che sta proprio in alto!
- Il tuo tempo in accademia si dividerà tra le lezioni che seguirai con tutti gli altri studenti e delle lezioni private con un magister che conosce maggiormente tutte le sfumature della tua magia. La tua classe non è numerosa, si contano pochi potenti in tutto il mondo. Noi in accademia abbiamo solo un altro studente. Spero possiate diventare buoni amici. – Non so se prendere questa informazione positivamente o meno. Per il momento mi sento molto ottimista. Ottimismo eliminato dalle parole successive del preside.
- Essere potenti però non è cosa da poco. Non avrai tutta la strada spianata. Ci sarà molto da studiare, perché la magia che possiedi è vasta. E per poterla sfruttare a pieno, ed evitare diversi problemi, dovrai apprendere tutte le sue sfaccettature. Ci saranno anche diversi invidiosi. Dovrai stare molto attenta. Ti consiglio quindi di evitare di mostrare la tua categoria magica fino a quando lo riterrò opportuno. Fidati, sarà un bene per te in primis, e per tutti gli altri in seguito. Per il momento è tutto, puoi rivestirti. –
Ovviamente, il bel discorsetto del preside riporta ad una sola parola: mentire. D'ora in poi la mia vita sarà tutta una menzogna. Non solo devo mentire alla mia famiglia e alla mia migliore amica, ma anche ai miei futuri colleghi. Fantastico. Sospiro rassegnata.
- Certo, lo farò – rispondo. – Anche ad Ian devo ment..ehm..nasconderlo? – chiedo poi timidamente. Nel senso, con qualcuno dovrò pur parlare.
- Oh no lui potrà, anzi deve, saperlo. Sarà lui, come sta già facendo, a guidarti nei tuoi primi passi. Dovrà sapere con chi ha a che fare. –
Tutti e tre i magister mi sorridono benevolmente. Mentre rimetto il maglioncino, vanno a riprendere la loro postazione dietro la scrivania.
- Se non hai altre domande, puoi andare. Ci vediamo presto. Buona giornata. -
- A voi – rispondo. Chino impercettibilmente il capo e mi volto, pronta a ritornare alla vita fuori da questa stanzetta, mentre continuo a sorridere.
Fuori ritrovo soltanto Ian, seduto sulla poltrona. Con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le dita incrociate, porta lo sguardo su di me. Gli sorrido, lo so dovrei essere arrabbiata con lui ma proprio non ci riesco, e alzo la manica del braccio.
- Ne ero quasi certo – mi rimanda il sorriso e si alza dalla poltrona avvicinandosi. Fa' per dire qualcosa ma si blocca e mi tira giù la manica. Dopo pochi istanti capisco la sua reazione.
- Guarda un po' chi si vede! – annuncia una voce che conosco benissimo, e che non avrei mai e poi mai pensato, o sperato, trovare qui. Purtroppo anche quella chioma rossa è inconfondibile, in tinta con l'immancabile rossetto. L'unica cosa che mi potrebbe suggerire che è un falso è come è vestita. Non l'ho mai vista con canotta e pantaloni cargo.
- E tu cosa ci fai qui? – chiedo senza una parvenza di cordialità o educazione. Chiara si porta i capelli indietro e fa quel suo solito sorriso da oca.
- Ah, cara. Prima o poi dovevi scoprirlo. Sono una guardia, io – dice puntandosi da sola col pollice.
Non.
Può.
Essere.
Vero.
- Come, scusa? – non riesco ad inserire guardia e Chiara nella stessa frase, mi dispiace. Ma il fatto che si trovi qui, senza nessuno che la accompagni, vestita in quel modo, mi conferma quello che dice.
- Poveretta, credevi di essere l'unica speciale? Beh, ti sbagliavi. C'è qualcuno, e si, mi riferisco a me stessa, che è migliore di te sai? Conosco i miei poteri e il mondo che ti circonda da dieci anni ormai. Ma anche io devo ricevere il mio tattoo - mima le virgolette con le dita - per questo sono qui – mi fa un sorriso schifosamente finto.
- Ah si? – inizio anche io a sorriderle. Ian mi prende un braccio e lo stringe piano, capendo che avevo intenzione di risollevare di nuovo la manica del maglioncino. Ancora una volta devo ringraziarlo per mantenere la lucidità anche per me, evitando di farmi trasgredire l'unico ordine che il preside mi ha dato prima ancora di iniziare. Chiara si accorge della tacita intesa tra di noi e sorride nuovamente, rivolgendosi ad Ian.
- Mi sei mancato all'allenamento sai? – a quel punto mi cadono le braccia a terra e spalanco anche il terzo occhio che non ho. Ian di fianco a me si irrigidisce.
- Buono a sapersi – risponde.
Coooosa?
Ora li prendo a schiaffi. Entrambi. Mi divincolo dalla sua presa e lo guardo in faccia.
- Sei serio? – la risposta alla mia domanda arriva dalla risata di Chiara.
- Ma come? Non lo sapevi? Il tuo custode ha dei segreti? Ah ah Ian, così non va bene. –
Non posso crederci. Faccio un passo avanti con Ian e altri cento indietro. Ma la cosa che mi innervosisce di più è il fatto che lo devo scoprire da Chiara.
Da.
Chiara.
- Chiara, smettila – Ian inizia a mettersi sulla difensiva. Sentire il suo nome uscire da quella bocca mi a innervosire ancora di più. Il mio amuleto si scalda e sento l'energia pulsarmi dentro.
- Tranquillo Ian, nessuno vuole prendere il posto della tua Alice. –
Di nuovo quel nome. I muscoli di Ian si tendono. Io resto sbigottita. Chiara ride ancora e scompare dietro la porta della stanza. Lei lo sa. Lei sa chi è Alice. Ed io no. Questo mi destabilizza. Continuo a fissare la porta che si è appena chiusa.
- Perché non me lo hai detto? – sussurro. Sento arrivare le lacrime, ma non riesco nemmeno a sbattere le palpebre. Spero rimangano dentro. Non so nemmeno a cosa di preciso mi riferisco. Chiara o Alice?
- Emma, io... - si blocca. Ian non si blocca mai. Mi giro verso di lui, ha un espressione strana in viso. Tra il combattuto e il nostalgico. Scuoto la testa.
- Andiamo a casa. –
***
- La smetti di tenere il broncio per favore? – Ian mi rivolge la parola solo quando siamo per la stradina che porta a casa mia. Abbiamo fatto il gioco del silenzio ed ho vinto io. Strano ma vero, sono troppo incavolata. Continuo a tenere le braccia incrociate e a calciare i sassolini che incontro per strada.
- Te lo meriti tutto, il mio broncio – bofonchio dopo un po'. Lo guardo di sottecchi, sta trattenendo un sorriso. Quindi faccio anche ridere, ora.
- Sul serio, perché non me lo hai detto? – lui fa un sospiro.
- Sai che non posso rivelarti tutto. Non posso dirti chi sono gli altri protetti. Questione di sicurezza. Così come gli altri non possono sapere di te. Se qualcuno venisse preso sarebbe la fine per tutti voi, se vi conosceste. –
- Sì ma oggi io ne ho visto un paio... - inizio a pensare alla stupidità di quel piano.
- Questo perché siete più vicino di quanto crediate ad entrare in accademia. – a questo punto mi blocco.
- Come, scusa? – ed ecco che torna a farsi sentire il senso di irritazione che Ian mi fa venire una volta sì e l'altra pure.
- Questa è un'altra cosa che non sono tenuto a dirti e che dovresti aspettare ad un loro invito formale. Ma siccome poi devo sempre beccarmi io le tue lamentele, te lo dirò. In accademia si entra a Gennaio, quando tutti sapranno chi sono. E, prima della tua domanda, sì. Tutti sapranno chi sono entro Gennaio. –
- Finalmente qualcosa che non ho dovuto cavarti dalla bocca! Grazie! Sei stato molto gentile, quando me lo diranno farò finta di non saperlo – a queste parole Ian scoppia a ridere.
- Quindi tu e Chiara vi conoscevate – butto lì.
- Chiara voleva solo farti ingelosire. E ci è riuscita abbastanza bene a quanto vedo – ribatte soddisfatto. Eccolo lì, il sorrisetto ironico che non vedevo da tanto.
- No! È solo che mi da fastidio il fatto che tra tutte dovevi conoscere proprio lei. Come fai ad averci una conversazione proprio non lo so – Ian scuote la testa e sorride.
- Proprio non ti va giù eh? Comunque non è che la conosca così tanto. Qualche volta, quando noi guardie ci alleniamo, diamo delle direttive ai più piccoli. È capitato che ci siamo scontrati in palestra, nulla di che – alza le spalle per enfatizzare le parole.
- Ah si? Quindi vuoi dire che quello che fai con me lo hai fatto anche con lei? Devo impegnarmi di più allora, non posso mica farmi battere da... quella! – butto una mano per indicare la vipera che non c'è. Ian apre il portone e continua a scuotere la testa sorridendo.
- Se avessi saputo che questo ti avrebbe fatto impegnare di più, te lo avrei detto da molto prima. –
- Avete combattuto anche con il corpo a corpo? – chiedo immaginando i due corpi avvinghiati l'uno all'altra come capita quando ci alleniamo noi. Solo che il pensiero di noi due mi fa ripensare a quello stramaledetto bacio, il pensiero di loro due mi fa venire la nausea; e la voglia di prenderli a pugni.
- E poi dice che non è gelosa. – i suoi meravigliosi occhi sono nei miei, mentre mi fa spazio per entrare in casa tanto quel che basta per farmi strisciare contro di lui. Alzo gli occhi al cielo mentre lo spintono. Non so se sia gelosia, ma di certo mi infastidisce non poco. In realtà quello che mi fa più male è che lei sa più di quello che so io riguardo Ian.
- Chi è Alice? – chiedo a bruciapelo. Lui si blocca, poi continua a camminare per arrivare alla sua stanza.
- Era un' altra guardia. – risponde dopo un po'. Io lo seguo.
- Era? –
- Si. È morta – continua, entrando nella stanza senza dirmi di più. Mi fermo a metà corridoio, sentendomi davvero stupida. Avevo capito dai suoi ricordi, da quella fatidica sera in cui ci eravamo connessi, che gli aveva fatto del male ma non mi aspettavo questo. Pensavo fosse una ragazza che gli ha spezzato il cuore in passato a cui lui teneva davvero, data la potenza del dolore che ho sentito. Sono un'idiota.
- Scusami! Io non volevo... - inizio, non sapendo nemmeno cosa dire. Mi fermo sulla porta e trovo Ian seduto sul letto.
- Dovresti farti gli affari tuoi, sai? – con questo smorza completamente la mia volontà di essere gentile. Ma ha ragione, sono stata inopportuna. Metto le mani dietro la schiena e distolgo lo sguardo.
- Hai ragione, scusami – rispondo, mordicchiandomi la guancia.
- No. Scusami tu. – sospira, poi si porta una mano fra i capelli. Non so cosa fare, la cosa migliore sarebbe andarmene. Ma non voglio lasciarlo così turbato. Per cui, senza nessuna logica, mi avvicino e mi siedo accanto a lui. Ha il viso poggiato sulle mani, come fosse stremato; ed ora vedo quanto è solo, e quanto il suo essere stronzo è solo una maschera. In questo momento vedo la sua fragilità, che lo rende ancora più bello ai miei occhi. Ancora con le mani sul viso, volge solo gli occhi su di me, poi sospira e inizia a raccontare.
- Noi guardie riceviamo un addestramento speciale. Veniamo reclutati quando siamo ancora piccoli, all'età di 8 anni. Le guardie sviluppano i propri poteri prima di legarsi al loro amuleto, tra i 5 e i 7 anni. Se per allora hai dimostrato in qualche modo i tuoi poteri, vieni reclutato. Io sono entrato in accademia con altri 8 ragazzi, e tra loro c'era anche Alice. Subito abbiamo mostrato simpatia e complicità l'uno per l'altra, e piano piano siamo diventati migliori amici. Ci allenavamo insieme, studiavamo insieme, dormivamo persino insieme. Presto siamo diventati i migliori, per cui venivamo anche addestrati in modo diverso rispetto agli altri. Una regola non scritta che vige in accademia è di non innamorarti, ma a noi andava bene così. O almeno fin quando non siamo cresciuti. A sedici anni ci siamo resi conto che non era solo affetto quello che provavamo l'uno per l'altra, ma qualcosa di più. Eravamo inseparabili, e non volevamo nessuno oltre che noi. All'inizio nessuno si è accorto di nulla, perché siamo sempre stati inseparabili. Tutto è andato bene fino a quando non siamo stati iniziati. Da allora, i maestri iniziavano a portarci in missione con loro, capisci bene che siamo addestrati per questo. Io e Alice ci divertivamo da matti insieme. Abbiamo fatto 5 missioni in un anno, tutte andate a buon fine. – trattengo il fiato, sento che fa fatica a parlarne.
- Non so perché, ma alla missione successiva ci divisero. Fu uno sbaglio. Era un attacco da parte dei paras. Fu dura in quell'occasione ma io ero in grado di difendermi. Quando siamo tornati indietro, abbiamo scoperto che per la seconda squadra non era andata bene... e che Alice non c'era più. – la sua espressione è di dolore puro, con una sfumatura di rabbia.
- Tu credi che se fossi stato con lei le cose sarebbero andate diversamente? – chiedo, un po' titubante. È stata la storia più triste che abbia mai sentito, e non mi stupisco quando sento iniziare a tremarmi il labbro inferiore. Lo afferro con i denti.
- Ne sono certo. E ho capito perfettamente il significato di non innamorarti – sorride sarcasticamente. Batte le mani sulle cosce.
– Comunque, da allora non volevo più saperne nulla. L'unica cosa che facevo era allenarmi; forse perché era l'unica cosa che avevo mai fatto, forse perché lo avevo sempre fatto con lei, ma in cuor mio sapevo che volevo vendicarla. Poi un buon amico mi ha fatto capire che non ne sarebbe valsa la pena. Sono stato per un anno da solo, isolato da tutto e da tutti, chiuso in me stesso. Fin quando i miei amici non mi hanno preso con la forza. Mi hanno fatto svagare, hanno cercato di farmi divertire. – a questo punto è tornato un po' più lui, fa un sorriso e scuote la testa.
- E di un po', da quando sei diventato così stronzo? – chiedo io, per smorzare la situazione. Il suo sorriso si allarga, ma non arriva agli occhi.
- Da quando ho scoperto di essere così affascinante – mi fa quel maledetto occhiolino. Io rispondo con una linguaccia. Lui torna a guardare davanti a se. – La vita va avanti. Tutti hanno cercato di incitarmi a trovare qualcun altro. Quando uscivo, molte ragazze si avvicinavano ma non davo loro nessuna attenzione. I miei amici continuavano a dirmi che sono ancora giovane, che non potevo isolarmi per sempre. Una sera una ragazza insisteva più delle altre, non mi dava pace. Ero ubriaco, devo ammetterlo, e mi sono ritrovato nel suo appartamento. Penso che gli abbia raccontato un po' troppo, e lei mi disse che non voleva nessuna storia, che voleva solo divertirsi e che mi sarei divertito anch'io. Mi ha detto " chiudi gli occhi e pensa che sia lei" ed io così ho fatto. Ora lei è una delle mie migliori amiche, mi ha fatto bene conoscerla. Da quel momento ho iniziato a divertirmi di più, a riconoscere che Alice non avrebbe voluto che la mia vita si fermasse e sono andato avanti. – Ian porta sul letto la schiena, e io infilo i piedi sotto le gambe. Non aveva mai parlato così tanto della sua vita, ma è un piacere ascoltarlo.
- E tu e questa ragazza ora... emhh.. – inizio, ma non so continuare. Mi mordicchio le labbra, cercando di nascondere il rossore che sono sicura mi abbia colorato le guance.
- Oh no. Abbiamo continuato per un po', senza nessun sentimento. Fino a quando io non mi sono reso conto di quante altre ragazze ci provavano - inizia a ridere. Io invece resto basita, e gli tiro un cuscino addosso.
- Sei uno stronzo! – ribadisco, ancora esterrefatta.
- Lo so. E lo sanno anche loro. E a loro non interessa, non andrei mai con qualcuno che voglia più di questo. – risponde. Poi mi guarda, pensieroso. E io distolgo lo sguardo, per non fargli capire quanto mi destabilizza quando fa così. Non riesco a spiegare cosa provo, ma più conosco cose di lui, più mi sento legata a lui e più riconosco quella sensazione, quel sentimento che ho colto nelle mie visioni.
- E' per questo che mi hai lasciata lì da sola sabato? – mi prendo il labbro tra i denti, aspettando la sua risposta. So che non avrei dovuto chiederglielo, so che avevo deciso di non parlarne mai, per lo meno per non fargli notare che io ancora ci penso, a quella sera.
- Anche. Tu non hai bisogno di uno come me. – quelle parole stonano completamente con quello che sento io, invece.
- E tu che ne sai di cosa ho bisogno io? – non posso fare a meno di chiedere.
- Sicuramente non di qualcuno che dall'amore ha ricevuto solo sofferenza. Non credi? –
No, mi verrebbe da rispondergli.
Perché altrimenti l'amore farebbe soffrire anche me.
Resto sconcertata da questo mio pensiero. È come se non mi appartenesse, ma allo stesso tempo mi appartenesse. Per questo, mi schiarisco la voce e mi alzo; penso sia stato abbastanza per stasera. Prendo le scarpe e vado via, lasciandolo sul letto.
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