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Levi lo vide sussultare e immediatamente dopo portarsi la mano dietro la testa, mentre sul volto gli si formava una smorfia di dolore; forse ieri era stato un po' troppo violento nel tentativo di fermarlo.

«I-Io ho f-fa-atto questo?» chiese tremando, puntò gli occhi verdi in quelli argentei del moro, poi li abbassò subito imponendosi di non guardare nessuno, in preda alla vergogna e alla disperazione.
Come era possibile? Ma soprattutto come aveva potuto?
«Effettivamente...» altro sospiro «il corpo che ha fatto ciò era il tuo. Sai di avere la personalitá sdoppiata, una che sei tu, col nome di Eren appunto e quest'altra». Questa affermazione arrivò puntuale come risposta ai suoi pensieri.
«Sì... e questo significa che...»
«Ieri i tuoi occhi avevano assunto una sfumatura giallognola, segno che non sei stato tu ma questa personalitá x».

Immagini dell'accaduto di ieri cominciarono a susseguirsi nella sua mente; lui con un coltello in mano, sua sorella a terra, lui che le va contro...
Mise le mani ai lati della testa e strinse gli occhi nel tentativo di non vederle più, ma se ne aggiunsero altre: Reiner sotto di lui, privo di vita, lui a terra con un piede di Levi sulla gola...
Credeva che le prime immagini erano state create dalla sua mente per lo shock, ma dopo... gli si insinuò un dubbio, che doveva chiarire assolutamente.
«Ho...?» deglutì a vuoto «ho...?»
«Mi stai chiedendo se hai fatto altro?» «...Sì.»

Levi si voltò verso Mikasa, finora rimasta in silenzio seduta dietro di lui, le mani in grembo, sguardo a terra.

«Non glielo dica!» scattò in piedi la ragazza;
«Lo deve sapere»
«Ma così lo farà impazzire, non è rilevante e
«Invece si!» protestò Eren «la cosa mi riguarda e devo esserne informato! Perchè non vuoi che lo sappia?».
«Perchè so che non lo sopporteresti
«Non sopporterei rimanere col dubbio di cosa diamine posso aver fatto o no ieri! Mi capisci?!» iniziò ad urlarle contro.
«Allora non sarò io a dirtelo» si voltò e uscì dalla stanza, sbattendo la porta.
«Levi... per favore»

Non sapeva come il ragazzo avrebbe potuto reagire, semplicemente doveva prendersene la responsabilitá e dirglielo.

«Vedi... quel livido che hai sul collo... e la fasciatura alla testa... te li ho procurati io, perchè non volevi calmarti. Ti ho buttato a terra e ti ho messo un piede sulla gola, puntavo al petto ma ti sei mosso».
«Dopo che...? Vai avanti per favore» disse con le lacrime giá agli occhi, pronte a scorrere.
«Si».

La conversazione andava avanti a monosillabi.

«E poi... cosa ho f-fatto... che mia sorella n-non vuole c-che io sa-sappia?»

Passarono alcuni secondi che a entrambi sembrano interminabili, nei quali il moro cercava le parole giuste per dirglielo. Decise che il modo migliore era finirla subito lì, non era un tipo da smancerie. In questi casi l'approccio diretto era il migliore o rischiava di farlo impazzire solo con l'attesa.

«Hai cercato di ferire tua sorella.»
E al castano crollò il mondo addosso.

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( •. •)


Non ci dovrebbero essere errori.
Bene, ora vado a nanna e spero di poter aggiornare una prossima volta. Ho consegnato il pagellino a mia madre e lei ha dato la colpa al cellulare - in parte è vero - quindi se sparisco è perchè probabilmente il pomeriggio me lo toglie.
Spero vi sia piaciuto il capitolo ☆♡

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