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Stavolta lo metto prima l'angolo autrice, cercheró di essere breve.. Mi spiace se il capitolo é corto, credo che oramai peró abbiate capito che scrivo quando trovo ispirazione. Forse é un po' noioso all'inizio ma introduce una nuova parte della storia, abbastanza importante, che tuttavia devo perfezionare un poco. Ringrazio tutti quelli che continuano a seguire la storia e chiedere nuovi capitoli. Buona lettura ♥️

×°×°×

Era nuovamente il periodo di Natale, non poteva credere che quell'anno l'avrebbe passato con quelli che considerava la sua famiglia, fuori dall'Istituto psichiatrico. Levi, il suo compagno, Hanji, la "sorellona" e Mr. Parrucchino. Lo chiamava così affettuosamente, gli stava simpatico. Questo pensava Eren, mentre camminando per la via principale della città buttava ogni tanto un occhio alle vetrine, osservando le commesse in bilico su uno scaleo per appendere le decorazioni.

Improvvisamente si fermó davanti una bottega dal nome ben noto, arrossì appena sulle guance ben nascoste dalla sciarpa e dopo poco si decise ad entrare. Ce n'erano tanti, di diversi stili e con diversi accessori, ma lui ne cercava uno in particolare, anche se non avrebbe dovuto trovarsi in quel reparto. Attento a non farsi notare, quando trovó l'oggetto dei suoi desideri, lo prese e lo portó alla cassa, nonostante i “ma sei impazzito?” ed i “io non ti conosco, sia chiaro” di Max.

«Come fai a non conoscermi?» gli chiese, non accorgendosi di aver parlato ad alta voce, ricevendo così la risposta della commessa: «Mi scusi, per caso ci siamo visti da qualche parte?».

«Ah.. No no, mi scusi, stavo parlando al telefono con le cuffie» ne tiró una fuori dalla sciarpa per essere credibile.
La ragazza arrossì appena e gli porse il pacchetto: «Mi raccomando allora, ritorni presto~».

«Ci conti!» le sorrise, facendola quasi sciogliere sul posto, finché uscendo dal negozio notó l'orario e cominció a correre verso casa. Stava per tornare Levi da lavoro e doveva arrivare prima per nascondere bene l'oggetto e preparargli qualcosa da mangiare. Voleva passare del tempo con lui, cosa che non gli era riuscito molto ultimamente. Dato che si stavano ampliando, avevano numerose riunioni extraorarie e tornava davvero tardi, potendo dedicargli poco tempo. Si sentiva un po' giù, ma non demorse, le feste sarebbero arrivate presto e con quelle le vacanze, avrebbero potuto stare insieme.

•••


Levi si appoggió allo schienale della sedia, tirandosi su gli occhiali per poi passarsi le mani sul volto, era tardi e non aveva ancora finito tra scartoffie e due bambini fuori appuntamento. Guardó le foto sulla sua scrivania e pensó di avvertire Eren, anche se sapeva che sarebbe rimasto deluso. Non glielo avrebbe mai detto, ma dentro di sé lo sapeva: quel ragazzo non si lamentava mai, anche se in realtà qualcosa non gli andava a genio. Quella mattina non era neanche passato a salutarlo.. Che si stesse allontanando? Di certo non era colpa sua, la colpa doveva attribuirla tutta a se stesso e la sua mania di finire le cose anche in anticipo. Oramai non aveva più senso tornare a casa per il pranzo, quando dopo mezz'ora doveva essere nuovamente in ufficio, così invió il messaggio. Sperava che la cena con i colleghi durasse poco, in maniera di andare presto a casa tra le braccia (e forse anche tra le gambe) del suo moccioso.
Poi entró Petra.

°°°

A casa, Eren aveva letto il messaggio sul divano e si rabbuió, portandosi le ginocchia al petto. Poi gli venne in mente di fare come negli anime: portargli un bento giapponese, dato che gli aveva preparato del sushi. Gli avrebbe fatto piacere.
Scattó su e corse in cucina a prepararlo, poi si vestì coprendosi bene e tutto felice si avvió sul luogo di lavoro. Non sapeva quanto sarebbe rimasto deluso.

•••

Non gli piacevano i panini dei fast food. Ci andava ogni tanto solo per far contento il castano; ma non era il caso di rifiutare quello che gentilmente, la sua segretaria gli aveva portato in ufficio. Si era presentata con due panini, dicendogli che non poteva assolutamente andare avanti così, perché erano due giorni che non mangiava a pranzo. Con quella voce da generale era meglio obbedirle; tra l'altro anche se cercava di ignorarlo, il suo stomaco reclamava qualcosa. Non avevano parlato di lavoro, Petra pensava che fosse troppo stressato per farlo anche a pranzo, così divagó. Quella mezz'ora passó veloce, tra risate, sì anche di Levi, ignari di un' ombra dietro la porta.

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