XII.
«Grazie per avermi offerto il tuo aiuto, te ne sono grata», dissi a Jessie.
«Senti, ti dovrei parlare di una cosa, in privato. Andiamo in un'altra stanza».
«Tu pensi davvero di poter parlarmi in privato con un'Originale e un licantropo in giro per casa? Andiamo da un'altra parte», le suggerii.
«E, Alexander?», dissi rivolgendomi a lui. «Non è che potresti ospitare Tyson per qualche ora? Giusto il tempo di fare una chiacchierata?».
«Certo, farei qualunque cosa per te». Poi si avvicinò al mio orecchio e mi chiese: «Ma l'hai già perdonato?».
«Sì», affermai rivolgendogli un sorriso di rassicurazione.
Non ero in collera con Tyson, non ne valeva la pena. Lui aveva reagito come meglio ha creduto e poi non mi doveva nulla.
Appena uscii di casa mi accorsi che si era già fatta notte.
Quanto tempo ero rimasta in quello stato?
Sapevo già che quella serata me la sarei goduta molto.
Insomma, ero appena stata liberata dalla mia compulsione ed ero sfuggita dal triste destino di un vampiro che viene morso da un lupo mannaro.
«E dove mi vuoi portare?», chiesi sorridendo.
«Nel migliore locale di tutta Las Vegas, dove la notte non si spegne mai», mi disse con un sorriso di intesa.
Non appena entrammo nel locale ci dirigemmo subito al bancone, era pieno di ragazzi ma noi, ovviamente, non dovemmo aspettare.
«Per me e la mia amica la vostra specialità per favore».
Mi aveva appena chiamata amica?
Ignorai quel nomignolo e mi sedetti su una sedia.
«Allora, di che cosa mi dovevi parlare?», chiesi urlando, per contrastare il volume della musica.
«Devo proporti un'accordo», mi urlò in risposta.
«Sai che non devi urlare con me vero? Potrei sentirti sussurrare anche dall'altra parte della stanza grazie ai miei poteri».
«Hai ragione, scusami. Comunque, come ben sai, ti ho appena salvato la vita e ti aspetterai che io ti chieda qualcosa in cambio. A me servirebbe un favore, un grande favore. C'è in ballo una cosa molto importante e tantissime persone sono coinvolte in questi affari. Per ora non ti posso dire nulla al riguardo però, è una cosa abbastanza segreta».
«E allora io come faccio a farti quel favore se non so di che cosa si tratta?».
«Esattamente fra otto mesi ti spiegherò tutto, deve esserci la luna piena e deve avvenire nel mese di maggio».
«E che cosa mi succederebbe se rifiutassi? Insomma, io non voglio fare patti al buio».
«Beh, come ti ho salvato posso anche ucciderti all'istante, e non osare sfidarmi, perché perderesti sicuramente. Comunque sia, stai tranquilla, se sei assetata di potere questo patto fa al caso tuo. E ti giuro che non comprende la tua morte o quella dei tuoi cari».
Io deglutii e le diedi la mia parola, in fondo non avevo niente da perdere.
Un patto che mi dava potere e vita non dovrebbe essere stato poi così male.
E poi ero obbligata ad accettare, lei aveva salvato la cosa più importante per me: la mia vita.
Glielo dovevo.
Sapevo già che quegli otto mesi sarebbero stati i più lunghi della mia vita e che non avrei fatto altro che torturarmi a pensare che cosa comprendesse quell'accordo.
Decisi di smettere di pensare a ciò e di divertirmi.
Io e Jessie dopo qualche decina di minuti eravamo già ubriache.
Esatto, io ero ubriaca.
La vampira centenaria che dovrebbe resistere per ore, dopo così pochi minuti non era più lucida.
Iniziammo a ballare a ritmo di musica.
Mi stavo abituando a ballare quelle melodie, anche se certamente non mi attiravano affatto.
In fondo bastava muoversi a casaccio e scuotere il sedere.
Quella notte soggiogai tantissimi ragazzi, ballavo con loro e alla fine gli succhiavo il sangue.
Non uccisi nessuno, riuscii a controllarmi con tutti. E quello fu il mio più grande traguardo.
Forse era tutto merito dell'alcol, anche se non aveva alcun senso che esso mi dava più autocontrollo di quello che avevo da sobria. Il mondo soprannaturale era proprio incoerente.
All'alba uscimmo da quel locale e ci dirigemmo verso casa di Alexander.
«Mi spiegate dove siete state tutta la notte? Doveva essere una chiacchierata di un paio d'ore», ci disse Alexander in tono di rimprovero.
«Scusa papino», dissi ridacchiando. «Non volevo infrangere il coprifuoco».
Avevo bevuto ininterrottamente per tutta la notte, per cui l'effetto dell'alcol non mi era ancora passato.
«È meglio se noi due iniziamo ad andare a casa», mi disse Tyson.
«Ma io prima dovevo parlare di una cosa importantissima con Alexandruccio, ma non mi ricordo che cosa volevo dire», e scoppiai di nuovo in una fragorosa risata.
«Chiamami quando sarai lucida, ti lascio il mio numero».
«Cazzo!», esclamai toccandomi le tasche. «Ho dimenticato il telefono a casa. O forse me l'hanno rubato! Come hanno osato appropriarsi di un mio oggetto? Io sono un vampiro. Anzi no», feci una pausa per riflettere. «Ieri l'ho lasciato a casa, ne sono sicurissima».
«Stai zitta per favore», mi interruppe Jessie. «Tutte queste chiacchiere non fanno altro che aumentare il mio odioso mal di testa».
«Ok, noi ce ne andiamo», dissi infine sbuffando.
Abbracciai sia Alexander che Jessie e poi uscimmo da quella casa.
Mentre stavo per salire sul posto del conducente Tyson mi precedette.
«Che cosa hai intenzione di fare?».
«Hai visto come sei messa? Non sei in grado di farci arrivare a Honey Ylenol vivi».
«Quindi tu vorresti guidare la mia macchina?», gli chiesi mettendo in accento l'aggettivo "mia".
«Esattamente. Nel caso in cui succedesse qualcosa, tu sopravvivresti, ma io no».
Il viaggio fu molto silenzioso e io lo passai per la maggior parte del tempo con la testa poggiata sul finestrino a riflettere.
Improvvisamente mi tornarono alla memoria altre cose che Alexander aveva cancellato.
•••🥀•••
13 ottobre 1763
Mi ero appena trasferita in Europa, in Francia.
Non volevo essere trovata e il mio scopo principale era quello di spassarmela.
Mio fratello, invece, grazie ai suoi contatti riuscì a trovarmi.
Ma non Aaron, a lui non importava più niente di me.
Il primogenito nella nostra famiglia: Eduard.
Fece molti tentativi per farmi riaccendere l'umanità ma fallì ogni singola volta.
Provò con tutto: provare a farmi suscitare emozioni forti, spaventarmi a morte, uccidere una persona a me cara per rendermi triste, ma io non provavo assolutamente nulla.
Aveva ucciso un uomo con cui avevo avuto un'avventura un tempo, mi disse che i nostri nonni erano in realtà sopravvissuti all'incendio e che si erano nascosti per non metterci in pericolo.
Ma io non provavo nulla, sapevo che erano tutte frottole.
Mi perseguitava ogni singolo giorno.
Quel giorno, stanca dei suoi continui inutili tentativi, decisi di pugnalarlo al cuore con un pugnale d'argento e di rinchiuderlo in una bara.
Poi, Alexander cancellò i miei ricordi e io mi dimenticai dell'esistenza del mio fratello maggiore.
Era rinchiuso in una bara da trecento anni, e io non sapevo che cosa avrebbe fatto non appena l'avrei risvegliato.
•••🥀•••
2017
«Mio fratello è ancora vivo».
«Cosa?».
«Tyson, mi sono ritornati alla mente altri ricordi».
E così gli raccontai tutto.
«Sei assolutamente sicura di ciò che mi stai dicendo? Non è che sei ancora scioccata per ciò che è successo ieri? O magari è l'alcol che ti fa immaginare cose inesistenti».
«Ne sono sicurissima, la sbornia mi è passata da un bel po' ormai e non sono per niente scioccata», dissi alzando gli occhi al cielo.
«Beh, se è così allora, dobbiamo andare a recuperare il tuo fratello sperduto. Dove hai lasciato la sua bara?».
«A New York, nel Bronx».
Lui deglutì.
«Ma che cosa ti era venuto in mente? Lo sai vero che quel quartiere è pieno di vampiri assetati di sangue e di lupi che non vedono l'ora di diffondere il proprio veleno?».
«Ed è esattamente il posto preferito per un vampiro senza la propria umanità. Non hai paura vero? Se è così posso cavarmela anche da sola».
«Io non ti lascio andare in quel posto da sola. E poi ti servirà sicuramente l'aiuto di un lupo mannaro. E ti ricordo che la maggior parte di loro sono innocui, non tutti sono stati fortunati come me, per cui si trasformano solamente con la luna piena. Allora, quando si parte?».
«Domenica prossima. Ti avrei detto oggi, ma ho promesso alla strega, Katherine, che le avrei dato lezioni su come controllare la sua magia ed ho già rimandato di troppi giorni».
«Aspetta, quella Katherine? Lei è una strega?», mi chiese scioccato.
«Esattamente».
«Se solo Aaron fosse al mio fianco, sarebbe tutto più semplice», pensai.
A lui avevo raccontato che nostro fratello era morto durante un attacco.
Come mi sarebbe piaciuto raccontargli che era ancora vivo, l'avrei reso felicissimo.
Ma non c'era alcun modo per fare ciò, lui se ne era andato.
«Non è che potresti prestarmi il tuo cellulare? Devo chiamare Alexander».
Lui me lo passò e io ricopiai il numero dal bigliettino.
Quando mi rispose gli raccontai tutto ciò che stava succedendo con Daniel: delle minacce e dell'idea che mio fratello che lui possa essere ancora vivo.
«Non credo che ciò sia possibile, sinceramente. Se si fosse trasformato in un vampiro lo saprei sicuramente. L'affermazione di Aaron è certamente infondata e perciò si tratterà di qualcun altro».
«Non ci credo. C'è un ragazzo, nella mia scuola, si chiama Mason. È identico a Daniel e qualche giorno fa ho provato a soggiogarlo, ma era immune. Allora l'ho catturato, per indagare un po'. Il mattino seguente sono andata nella sua cella a portargli la colazione, ma era vuota. Allora sono scesa in salotto e ho trovato Aaron intrappolato e un bigliettino scritto dallo stesso D. Sono troppe coincidenze messe insieme. Mason sicuramente non si è liberato da solo, per cui deve esserci una spiegazione logica».
«Vedrò di aiutarti, chiederò a tutti i miei uomini di indagare su questo caso. Tu stai tranquilla e non occuparti di ciò, pensa piuttosto a liberare il tuo fratello maggiore e cerca di placare la sua ira».
«Ti ringrazio per tutto quello che stai facendo per me, lo apprezzo davvero molto».
«Farei di tutto per te, mia piccola Charlotte. Tu cerca solamente di mantenerti in vita».
Gli diedi la mia parola e riattaccai.
Dopo alcuni minuti sprofondai in un sonno profondo.
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