XI.
Tutti i ricordi mi travolsero e io non riuscii a sorreggere quel peso.
La mia vista si offuscò ed iniziai a barcollare.
E poi vidi solamente nero.
Ci trovavamo a Chicago, nel 1927.
Non so bene che cosa centrasse quella data con lui, dovrebbe essere stato morto da quattro secoli ormai.
Volevamo staccarci un po' dai problemi e divertirci, perciò decidemmo di andare in un locale di musica jazz.
Quando entrammo nel locale Daniel soggiogò i musicisti affinché suonassero ciò che lui aveva deciso.
E così era diventato un vampiro.
Iniziai a fare delle deduzioni sulla sua trasformazione.
Forse era già un vampiro e io non lo sapevo, perciò quando pensavo di averlo ucciso l'avevo in realtà solo messo fuori gioco per qualche ora, ma non era possibile, il suo sangue aveva il sapore di sangue umano. Forse aveva già sangue di vampiro in circolo? E se era così chi glielo aveva dato? A quei tempi non c'erano molti vampiri in circolazione.
E dove si era nascosto per tutto quel tempo? In tutti quei secoli non lo avevo mai incontrato e mai nessuno mi aveva parlato di lui.
«Tutto questo non è reale», mi ripetei. «È soltanto uno stupido sogno».
«Andiamo a ballare principessa?», mi chiese porgendomi la sua mano.
Senza alcun motivo accettai, e così andammo in pista a scatenarci.
«Ora fai finta di niente e continua a ballare», mi disse guardandomi negli occhi.
Io obbedii e lui intanto mi morse e iniziò a succhiare il mio sangue.
Non avevo mai provato un dolore così fitto prima di allora, cercavo di scappare e di spingerlo lontano da me, ma il mio corpo continua a danzare senza il mio permesso.
Stavo obbedendo al suo soggiogamento e lui si stava nutrendo di me.
Lui era un vampiro, e io no.
Ero soltanto una piccola e inutile umana.
Quando sentii di aver quasi finito le mie scorte di sangue lui si staccò e mi diede il suo sangue per curarmi.
Io bevvi e quel sapore mi diede il voltastomaco.
«Questo sacrificio è in tuo onore, mia regina».
Io all'inizio non capii e lo guardai confusa.
All'improvviso iniziò a strappare i cuori di tutte le persone presenti. Loro urlavano e cercavano di scappare, ma lui era più veloce. In pochi minuti tutti erano morti, aveva fatto una carneficina.
Io non riuscivo a reagire, la mia bocca e i miei occhi erano spalancati, ma io non riuscivo a muovermi.
«E questo è per te mia cara, tu che hai ucciso tutti i membri della mia famiglia».
Sguainò una spada e mi tagliò la trachea.
Io cercavo disperatamente di respirare, ma nulla.
•••🥀•••
Mi risvegliai di soprassalto prendendo una grande boccata d'aria.
«Charlotte!», urlò Tyson abbracciandomi. «Come stai?».
Lo guardai negli occhi e vidi delle piccole lacrime che scorrevano sulle guance.
Provavo un dolore atroce all'altezza della nuca, quello non era normale, io ero un vampiro.
«Io sto bene», lo rassicurai. «Che cos'è successo?».
«Ehm, ecco vedi, tu sei morta. E...».
«Che cosa significa che sono morta?», lo interruppi urlando.
Ero morta?
L'ultima cosa che ricordavo era Alexander mentre mi restituiva i ricordi.
«Una strega ti aveva maledetta, aveva detto che se avresti osato ricordare quel verme di Daniel i ricordi ti avrebbero ucciso. E così è stato. Fortunatamente Alexander ha contattato una strega che è riuscita a riportarti in vita».
«E per quanto tempo sono rimasta incosciente?», usai quella parola perché mi sembrava più normale.
«Per un giorno».
«Io... io...», non riuscivo nemmeno a formulare quella domanda. «Sono ancora un vampiro?».
«Mi dispiace, ma...», il terrore mi invase, ecco perché avevo quel terribile mal di testa. «La risurrezione non ha influito sulla tua natura», mi disse con un tono triste.
«Ti dispiace?», urlai. «Che cosa significa che ti dispiace?».
Stavo perdendo il controllo, ma non volevo fargli del male.
«Io pensavo che odiassi la tua natura e che volessi ritornare umana. Non avresti più quella sete e potresti avere dei figli, una famiglia».
«Stai scherzando? Tu...», mi fermai un attimo per riprendere fiato. «Tu non hai idea di che cosa significherebbe per me ritornare umana», la mia voce si ruppe e mi presi la testa fra le mani. «Diventare un vampiro è stata la miglior cosa che mi sia mai successa e non sopporterei perderla. Non sai che vita inutile conducevo quando ancora ero una piccola e fragile umana, anzi, la mia non era per niente vita, era una costante sofferenza».
«Scusami, io non lo sapevo. Pensavo che quelli come te volessero ritornare umani, pensavo che fosse una specie di maledizione pendere da alcune gocce di quel disgustoso liquido rosso».
«Tu!», gli puntai un dito contro. «Lurido cagnaccio insolente! Come osi fare delle false supposizioni sui miei sentimenti? Non devi pensare se non ne sei in grado!».
I miei occhi erano diventati rossi e le vene si erano accentuate.
Lui mi guardò con gli occhi aperti, era spaventato e io stavo perdendo la ragione.
E poi andai fuori di testa.
Mi scaraventai verso di lui, lo presi per il collo e iniziai a stringere con tutta la mia forza.
Ero accecata dalla rabbia, visto che non sapevo dove si trovava Daniel, la focalizzai sull'innocente Tyson.
Lui respirava affannosamente, stava per morire.
Così fece la prima cosa che gli venne in mente: afferrò il mio polso e mi morse.
In quel momento ritornai in me stessa.
Guardai la ferita, era la cosa più rivoltante che avessi mai visto.
Non ero arrabbiata con Tyson, ero per lo più delusa.
«Io...», mi guardò scuotendo la testa. «Mi sono fatto prendere dal panico, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente, ero in punto di morte».
«Tranquillo, troveremo una soluzione».
«Tranquillo? Sul serio?», mi chiesi. «Lui ha appena firmato la mia condanna a morte e io lo difendo? Che cosa mi sta accadendo?».
«ALEXANDER!», urlai affinché mi sentisse.
«Perché l'ho chiamato urlando? Lui è un vampiro, è ovvio che mi avrebbe sentito anche se avessi sussurrato il suo nome», forse le allucinazioni stavano già iniziando.
«Che cosa accade mia cara?», mi chiese con un'aria preoccupata.
Io gli mostrai la ferita e lui prese Tyson per il colletto.
«Tu! Cane! Come hai osato? Ne pagherai le conseguenze».
«Basta!», urlai. «Tu non gli farai assolutamente nulla. Io non ero in me ed ero sul punto di ucciderlo, lui ha reagito come gli è parso giusto. Perché in fondo avrebbe dovuto risparmiarmi? Lui non mi deve assolutamente nulla e non siamo neanche amici», a quelle parole poggiai il mio sguardo su di lui e lo vidi rattristarsi. «Pensa piuttosto a trovare una cura».
«La prima cosa che ti è venuta in mente, eh? Non potevi spezzarle l'osso del collo? La vostra intelligenza è così poco sviluppata, sappi che se non fosse per lei ti avrei già ucciso!», detto ciò si ritirò e andò a cercare una cura per me.
«Senti, Tyson. Non ci devi fare caso, non sentirti in colpa», gli dissi accarezzandogli la guancia. Lui è solo iperprotettivo nei miei confronti, ecco, credo che lui mi ami ancora».
«No, ha ragione. Ho reagito come un cagnolino impaurito e ho perso la lucidità. Se dovesse succederti qualcosa, io non...».
«Shh», lo interruppi posandogli un dito sulle labbra. «Non mi accadrà nulla. E se il fato vorrà farmi morire, che così sia. Ma per favore, non fartene una colpa».
Stavo sudando e avevo iniziato a delirare, la morte non era poi così lontana.
Non riuscii più a resistere e così caddi in un sonno profondo.
2 luglio 1812
L'anno prima avevo finalmente riacceso la mia umanità e recuperato i miei sentimenti.
Volevo redimermi per tutte le brutte azioni che avevo compiuto, così decisi di arruolarmi nell'esercito.
All'inizio non mi volevano perché ero una ragazza, ma poi li soggiogai e così divenni la comandante di una delle legioni meno numerose.
I primi giorni furono i più difficili per loro, non erano abituati alla fame e alla stanchezza.
Con il tempo imparai a fidarmi di loro e li consideravo come una seconda famiglia. Inevitabilmente però loro iniziarono a destare sospetti su quale fosse la mia natura. Dopo intere giornate passate insieme si accorsero che dopo ogni attacco non avevo nessun graffio, che ero la più forte e che non avevo mai fame, e infatti ogni volta che un francese cadeva mi nutrivo di lui.
Nel mio esercito conobbi un ragazzo, Joshua. Ogni sua mossa mi ricordava mio fratello, il quale mi aveva abbandonata trecento anni prima e non mi venne mai cercare.
Avevo un rapporto speciale con lui, mi potevo fidare, gli volevo bene ma non volevo intraprendere un'amicizia.
Il 23 agosto ci fu un attacco da parte dei francesi, noi eravamo impreparati e io non riuscii a proteggere la mia famiglia. Loro caddero in guerra e io stetti lì a guardare.
Per qualche strano motivo i francesi avevano caricato le loro pistole con pallottole di legno, così io fui costretta a scappare.
E così, ancora una volta, avevo scelto di scappare piuttosto che rischiare la vita per qualcuno che non fosse me.
•••🥀•••
«Charlotte, svegliati!», sentii qualcuno che mi scuoteva.
Non appena aprii gli occhi vidi qualcuno che pensavo morto.
«Joshua! Perdonami, per favore. Io ti voglio bene, sei come un fratello per me», lui si trovava proprio innanzi a me.
Iniziai a piangere e a dimenarmi.
«Non ti perdonerò mai! Tu sei condannata, un giorno finirai all'inferno insieme a me e ai nostri compagni di guerra».
«Basta!», urlai.
Stavo per tagliargli il collo con la mia stessa mano, ma poi un'immagine sfuocata di Tyson si confuse con quella nitida di Joshua.
«Chi è Joshua? Io sono Tyson, devi restare calma e cercare di rimanere sveglia, in questo momento i tuoi sogni sono peggiori della realtà».
Vidi di nuovo Joshua, era in piedi e barcollava, il suo corpo era ricoperto da ferite e la sua espressione era sofferente.
«Ti prego, salvami! Non lasciarmi qui a morire», mi pregò con un filo di voce.
«Esci dalla mia testa!», gli urlai. «Mi stai facendo impazzire!».
«Il tuo sangue mi può guarire».
Mi lanciai contro di lui ma finii addosso all'armadio, si era dissolto nel nulla.
Non appena mi girai lo rividi sul letto, morto a causa di un'infezione.
Poi presi la boccetta di un liquore che mi tenevo sempre in tasca e la versai sul suo corpo. Tyson cercava di trattenermi ma non era abbastanza forte, io ero molto più potente di lui nonostante il veleno che avevo in circolo.
Presi il fiammifero che c'era sul tavolino e lo accesi. Poi lo lasciai cadere sul suo corpo, ma le fiamme non crebbero.
Infatti Joshua, con uno scatto veloce prese il fiammifero qualche istante prima che venisse a contatto con l'alcool.
«Perché l'hai fatto? Io ti voglio vedere morto, Joshua!», urlai.
«Ma io sono Alexander, in questa stanza non c'è nessun Joshua. Mi spieghi perché eri sul punto di dare fuoco al mio amato letto?».
«Lì c'era Joshua», dissi indicando un punto.
«Io lo stavo per uccidere, per la seconda volta».
«Ascoltami bene, lì non c'era proprio nessuno. È solo nella tua mente, devi resistere ancora qualche istante. Ho trovato la soluzione».
Mi fece coricare sul letto e in quel momento pensai che volesse conficcarmi un paletto nel cuore per porre fine alle mie sofferenze, pensavo che non esistesse alcuna cura.
E invece dalla porta entrò una ragazza.
«Charlotte, lei è Jessie. È una sciamana, riuscirà a curarti assorbendo l'energia del veleno di lupo mannaro dal tuo corpo».
Lei mi sorrise e poggiò le mani sulla mia pancia.
Mentre stava per iniziare l'incantesimo vidi Joshua dietro di lei, mi sorrideva in modo malizioso e poi tagliò la testa a Jessie.
«Tu non meriti di venire curata, devi morire. Devi venire a farmi compagnia all'inferno, così non mi sentirò mai più solo, vedrai, ti piacerà molto», mi disse.
«No!», urlai andandogli incontro ma lui si dissolse nel nulla.
Qualcuno mi prese per i fianchi e mi disse che dovevo cercare di controllarmi se veramente volevo guarire.
La strega iniziò a pronunciare le parole in latino e io mi sentii prosciugare.
Dopo qualche secondo mi sentii rinata, mi alzai dal letto e riacquistai la mia lucidità.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro