V.
La prima cosa che feci non appena mi alzai dal letto fu correre verso il frigorifero, ma non appena lo aprii notai che era completamente vuoto.
Aaron, dannazione.
Doveva per forza finire tutte le nostre riserve di plasma? E allora io con che cosa avrei dovuto fare colazione?
Fantastico, sapevo già che quel giorno sarebbe stato un inferno dal momento che io diventavo altamente suscettibile quando non mangiavo. Poi mi vennero in mente le numerose cose che avrei dovuto fare, ad esempio quel giorno era la giornata di shopping che avrei dovuto passare con Katherine.
No, quello era veramente troppo.
Decisi così di annullare l'uscita e di dire a Mason che non sarei andata nemmeno alla festa, mi sarei inventata qualche scusa.
Per compensare il fatto che non avevo mangiato nulla mi feci un bagno caldo per rilassarmi un po'.
All'ultimo decisi di andare a scuola con la mia jeep nera visto che quel giorno la voglia di camminare così lentamente non esisteva proprio.
••• 🥀 •••
Le prime due ore di lezione filarono lisce come l'olio. Nella prima c'era lezione di storia, perciò non avevo nemmeno avuto il bisogno di stare attenta in classe, nella seconda c'era tedesco e il periodo passato in Germania mi aveva aiutata molto.
Non c'era nessuno che conoscevo e fortunatamente i due professori mi avevano risparmiato l'imbarazzo di presentarmi.
Una volta arrivata in mensa mi sedetti al tavolo del giorno prima e vidi ancora una volta il licantropo avvicinarsi a me.
«Sai che domani ci sarà la festa, ecco, io volevo chiederti una cosa... Vuoi essere la mia accompagnatrice?».
Stava scherzando?
«Non ci vado alla festa di domani sera, e poi anche se ci andassi di sicuro non ci verrei insieme a te».
Lui mi rivolse un sorriso deluso e tornò a sedersi al posto del giorno precedente.
Quando se ne andò Katherine si sedette accanto a me.
«Allora, sei pronta per far cadere tutti i ragazzi ai tuoi piedi domani sera?».
«Senti...», le stavo per dire che non sarei andata né quel pomeriggio, né il giorno dopo, ma poi mi venne in mente una cosa.
Il giorno seguente ci sarebbe stata la luna piena, e allora perché Tyson sarebbe andato alla festa?
Forse mio fratello aveva ragione e io mi ero sbagliata sul suo conto. Forse era stato qualcos'altro a far scatenare quelle emozioni in me.
Comunque fosse, dovevo scoprirne di più e perciò dovevo assolutamente andare a quella stupida festa.
Così all'ultimo cambiai le mie parole: «Dove e a che ora ci dobbiamo trovare oggi pomeriggio?».
Sul suo volto spuntò un piccolo sorriso, come se avesse temuto che avessi voluto cancellare la nostra uscita.
«Incontriamoci alle 15:20 di fronte al centro commerciale e sii puntuale per favore, detesto i ritardatari», lo disse proprio a me.
«Ci puoi contare».
Vidi un gruppetto formato da due ragazze e da tre ragazzi avvicinarsi a noi.
Appena me li presentò scoprii che le due castane si chiamavano rispettivamente Isobelle e Liliana, mentre il ragazzo biondo Andrew e i due mori Joshua e Lucas.
Perfetto, nessuno dei loro nomi iniziava con la lettera D.
Katherine mi spiegò che facevano parte della sua compagnia e che usciva sempre con loro. Auspicai che con quel "sempre" non intendesse anche quel pomeriggio.
Il mio sguardo cadde sul vassoio di ognuno dei cinque, erano così pieni di cibo spazzatura che da un momento all'altro sarebbe potuto cadere dai bordi.
«Perché non mangi nulla? Sei già così magra», mi disse Liliana passandomi un pacchetto di patatine.
«Sono intollerante al sale iodato», le risposi ripassandole il sacchetto, speravo vivamente che esistesse quel tipo di intolleranza.
«Oh, mi dispiace moltissimo. Devi proprio condurre una vita orribile».
«Non immagini nemmeno quanto», pensai.
«Tutto ciò che mangi deve essere così insipido».
Mi chiesi com'era possibile che fosse così idiota.
«Ormai ci ho fatto l'abitudine».
«Beh, ci ha fatto piacere fare la tua conoscenza Charlotte, ma purtroppo ora dobbiamo andare. Ci vediamo domani sera Katherine», e poi ognuno la salutò con un bacio sulla guancia.
«Quindi non verranno anche loro oggi pomeriggio vero?», chiesi speranzosa non appena si furono allontanati abbastanza.
«No, non verranno», mi rispose divertita. «E perdona il loro comportamento, sono fatti così. Sai, ho cambiato idea, ti va di incontrarci subito dopo scuola?».
Fantastico, in quel modo oltre alla colazione avrei saltato anche il pranzo.
«Perfetto», le risposi rivolgendole un sorriso fintissimo.
Al suono della campanella mi diressi verso la classe di portoghese che quel giorno sarebbe durata due ore.
Sapevo che quelle sarebbero state le due ore più lunghe della mia vita, costretta a sentire le voci insopportabili della professoressa, del licantropo e della strega.
L'unica cosa a cui riuscivo a pensare in quel lasso di tempo era all'arteria del ragazzo seduto davanti a me.
Dovevo assolutamente nutrirmi, avrei potuto soggiogare Katherine, obbligarla ad accompagnarmi a saziare la mia sete e poi farle dimenticare tutto ciò che avrebbe visto, ma il giorno prima la compulsione sembrava non aver funzionato su di lei perciò non potevo rischiare e dovevo cercare di stare più attenta. Avrei dovuto aspettare fino a quella sera.
Mi sentivo costantemente osservata.
Infatti, appena alzai gli occhi notai che Tyson mi stava fissando. Se non fosse stato per il suo nome avrei iniziato a pensare che fosse lui il maniaco che mi aveva mandato quel bigliettino.
Il suono della campanella fu la melodia più affascinante che avessi mai sentito. Mentre stavo uscendo da quella prigione infernale percepii dei passi che si stavano avvicinando a me.
«Ho sentito che alla fine hai deciso di venire domani. Che cosa ti ha fatto cambiare idea Charlotte?».
Stupido lupo.
«Non sono affari tuoi», lo snobbai e aumentai il passo lasciandolo indietro.
••• 🥀 •••
«Prendiamo la metro? Così raggiungeremo più velocemente il centro commerciale».
Stava scherzando? Non ero mai salita su una metropolitana, le avevo viste soltanto nei film. Che schifo, io mi chiesi dove stavamo arrivando.
Una volta ci muovevamo per la città sulle carrozze trainate dai cavalli, nel ventunesimo secolo invece su un mezzo pubblico accessibile a chiunque.
Dovevo smettere di fare quei paragoni tra la società di una volta e quella di allora, le cose erano cambiate. E per non destare sospetti dovevo cambiare il mio atteggiamento e finire di fare la schizzinosa, per cui acconsentii a salire su quel catorcio.
Non appena scorsi il veicolo inorridii, traboccava di esseri umani. Io avrei dovuto riuscire ad entrare in quel coso?
In qualche modo riuscii a salire ma mi sembrava di soffocare, stavo toccando quattro sconosciuti contemporaneamente e riuscivo a concentrarmi solamente sul loro sangue.
Ad un certo punto si udirono le urla di un neonato, ci mancava solo questa.
Mi stavo guardando intorno, quando rividi la ragazza dai capelli rosa, era la mia occasione per parlarle ma mi era impossibile avanzare a causa della folla.
Non appena mi vide scese alla prima fermata, perfetto.
Dopo alcuni minuti sentii Katherine urlare:
«Charlotte, questa è la nostra fermata!».
Quanto scesi potei finalmente respirare aria pulita e tirai un sospiro di sollievo, avevo deciso che la volta successiva mi sarei mossa soltanto a piedi o con la mia adorata macchina.
••• 🥀 •••
Quando entrammo nel centro commerciale notai che era enorme, c'erano centinaia di negozi di qualsiasi tipo.
Dopo essere entrate in qualche negozio e aver comprato alcuni vestiti semplici per uscire, vedemmo un negozio chiamato "Ballroom emporium".
Quando entrammo mi guardai attorno e restai incantata, certo, non erano niente in confronto agli abiti usati durante l'età vittoriana, però erano comunque stupendi.
Ne provai alcuni molto belli, fino a trovare quello perfetto.
Era di colore bordeaux, mi arrivava fino ai piedi, aveva una scollatura a cuore, era molto stretto sul giro vita e si allargava dolcemente verso la fine. Ci abbinai delle ballerine del suo stesso colore.
Decisi di prendere anche gli altri vestiti, che avrei usato in altre occasioni. Cercai di allontanarmi un po' da Katherine per non farmi vedere mentre soggiogavo la commessa affinché non mi facesse pagare nulla.
Quello era uno dei miei lati preferiti dell'essere un vampiro: potevamo far fare ciò che volevamo a qualsiasi essere non soprannaturale.
La debolezza più grande della nostra specie era il Cosmos Antrosanguineus, più conosciuto come Fior di Cioccolato.
Se un umano lo indossava o lo beveva attraverso un infuso diventava assolutamente immune alle nostre abilità.
E se un vampiro avesse bevuto del sangue infetto, si sarebbe indebolito all'istante e, nella maggior parte dei casi, sarebbe svenuto.
Inoltre, se un vampiro toccava questo fiore, si bruciava all'istante.
Quei fiori erano stati eliminati definitivamente più di 500 anni prima da un gruppo di vampiri che odiava avere punti deboli; poi nel 1902 era stato creato un clone non fertile, perciò dovevamo stare di nuovo attenti.
Mi avvicinai al camerino dove Katherine si stava cambiando e le chiesi se aveva finito.
Lei spostò la tenda e mi chiese se mi piaceva ciò che stava indossando.
«Ti dona molto», e soprattutto era da venti minuti che si trovava là dentro e io stavo perdendo la pazienza.
«Lo so, ma sono indecisa tra quello blu e quello bianco».
«Che problema c'è, comprali entrambi e domani scegline uno in base a come sarà il tuo umore».
«Sí, hai ragione, ma c'è soltanto un piccolo problema: il prezzo».
Giusto, non tutte le ragazze potevano soggiogare le commesse e comprare tutto ciò che volevano.
«Io non te li ho visti entrambi addosso, per cui non posso darti un parere».
«Se vuoi mi riprovo e ti faccio vedere come mi sta quello bianco».
No, ti prego.
«Non ce n'è bisogno, ripensandoci la festa sarà di sera, per cui quello blu è più adatto».
Alla fine non mi diede ascolto e comprò quello bianco perché secondo lei le faceva un culo più formoso.
Quando uscimmo dal negozio mi pose la domanda a cui non avrei voluto rispondere.
«Tu invece che cosa hai comprato?», le mostrai la busta e il suo sguardo si illuminò.
«Dove hai trovato tutti questi soldi?».
«Ehm, i miei da quando se ne sono andati mi mandano un assegno ogni mese e mio fratello fa un lavoro ben pagato».
La sua pancia emise un suono e poi Katherine sorrise imbarazzata.
«Tutto questo girare per negozi mi ha messo fame, ti va di andare a sgranocchiare qualcosa al fast food del piano terra?».
«Se vuoi ti accompagno, ma io non mangio nulla».
Quando ci sedemmo ad un tavolino iniziò a fare domande sulla mia famiglia e io ovviamente dovetti mentire.
Ad un certo punto notai che Katherine stava fissando con odio un punto dietro di me. Appena mi girai per seguire il suo sguardo notai due ragazzi.
«Chi sono?».
«Lui è Alex, il mio ex e il primo grande amore della mia vita, mentre lei è la sua nuova puttanella».
Sapevo che da un momento all'altro si sarebbe messa male, così cercai di distrarla ma non appena si baciarono Katherine strinse i pugni e diventò rossa in volto.
Ad un tratto tutti venimmo interrotti da un suono assordante, i vetri dell'ascensore scoppiarono in mille pezzi e i suoi fili si spezzarono a causa del vetro, la cabina precipitò e nel momento in cui raggiunse il suolo prese fuoco.
«Katherine, sei stata tu a fare tutto questo!» urlai per sovrastare il rumore della folla. «Che cosa sei?».
«Sono una strega, ma l'ho scoperto da poco e non mi so controllare».
«E perché non me l'hai mai detto? Io avrei potuto aiutarti».
«Per lo stesso motivo per cui tu non mi hai detto di essere un vampiro», come faceva a saperlo? «Comunque sia, dobbiamo scappare».
«Tu non vai da nessuna parte senza aver risolto tutto questo casino».
«E se non dovesse funzionare? E se peggiorassi la situazione?».
«Funzionerà, ricordati che c'è in ballo la vita di molti innocenti».
Lei annuì e ripeté per tre volte un incantesimo, ma non successe nulla.
«Hai visto, non ci riesco».
Io in tutta risposta le presi la mano e la incitai a riprovare.
Aveva funzionato, il fuoco si era finalmente spento.
«Bene, ora dobbiamo scappare, del resto se ne occuperà la polizia, non possiamo rischiare che scoprano la nostra natura», le dissi strattonandole il braccio.
«Bene, da domenica inizieranno le lezioni su come essere una strega provetta e su come non fare una strage per colpa della gelosia».
«Torniamo insieme con la metro?», mi chiese scherzosamente.
«Io passo grazie, i miei piedi funzionano molto meglio di quel rottame».
«Allora ci vediamo domani sera, e ti do un consiglio, se vuoi evitare di essere scoperta non usare la compulsione su una strega», mi raccomandò facendomi l'occhiolino.
Giusto, durante la lezione di matematica le avevo imposto di non aiutarmi e di non badare a me.
«In cambio delle tue lezioni sull'autocontrollo potrei insegnarti qualcosina di algebra».
«Sai, forse non imparerò mai, perciò non sprecare il tuo tempo».
Detto ciò mi introdussi in una strada del tutto abbandonata e corsi verso scuola, a riprendere la mia amata automobile.
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