Mi avrebbe salvato.
Cercavo di non ricordare quel giorno. Ho paura di chiudere gli occhi per rivedere quello che ho passato.
Taehyung era in piedi davanti a me e a sua madre. Aveva un sorriso malinconico e sono sicura stesse tremando. Sorrideva nonostante tutto. Sua mamma lo guardava e non capiva, gli parlava lentamente, come se avesse dovuto convincere un bambino.
E io ero immobile, con la gola secca e il respiro pesante.
Taehyung voleva suicidarsi perchè non c'era spazio per entrambi in questo mondo. Ha guardato sua madre negli occhi e le ha chiesto scusa. Il suo dito però non ha fatto in tempo a premere sul grilletto, la polizia infatti era entrata sfondando la porta. Un uomo grasso in uniforme gli aveva fatto gettare l'arma e in poco tempo Taehyung aveva le manette ai polsi.
Mi ero voltata con la bocca secca verso la mamma di Taehyung e lei urlava disperata.
Avevo visto la testa di Taehyung chiudersi in un'auto della polizia e qualcuno era venuto ad interrogare me e sua madre.
Non so esattamente quanto tempo fosse passato prima che le luci di una ambulanza illuminassero l'esterno.
«Signorina venga.» diceva ancora una volta il paramedico prendendomi per il braccio. Le urla della madre di Taehyung rimbombavano ancora nella mia testa. Lei era poco lontana da me, aveva lo sguardo basso e singhiozzava da sola. Povera donna.
Sono a casa mia. Sono nella mia stanza. Sono seduta per terra. Il vento sposta una tenda, mio fratello sta giocando con la PlayStation in camera sua: dal rumore dei pugni credo sia WWE. Mia madre sta cucinando e il profumo di biscotti raggiunge anche me. C'è anche il suo "ragazzo", fa impressione chiamarlo così. Ogni tanto fischietta un motivetto allegro e ride.
Tutto è normale. Tutto quello che mi circonda è normale, ma non io.
Mi sento fluttuante nell'aria, come se tutto quello che stesse capitando, rimbalzasse via da me per schiantarsi poco più in là. È come vivere in una bolla.
All'ora di pranzo scendo in cucina. Mi siedo tra mia madre e mio fratello. C'è un piatto di maccheroni al formaggio sotto il mio sguardo. Afferro la forchetta. È fredda.
«Ragazzi, abbiamo una novità.» dice mia mamma afferrando la mano dell'uomo accanto a lei.
«Sei incinta?» chiede mio fratello disgustato. Il sole gli sta facendo uscire le lentiggini.
«No, Lucas, nessuno qui è incinta.» dice l'uomo sorridendo. Si è dimenticato di fare la tinta. La ricrescita grigia stona.
«Andremo a vivere insieme.» dice mia mamma sorridendo.
«Scusami?» sussurro.
«Ci trasferiremo in una casa più grande. Le nostre due famiglie si uniranno!» dice l'uomo.
È finita. Game over.
«Quando?» chiedo.
«Il prima possibile. Possibilmente verso settembre.» spiega mia madre accarezzandomi una spalla. Non sono un cane, resto buona lo stesso.
Annuisco e inforchetto due maccheroni. Tanto a settembre non sarò più qui.
Sono passati cinque giorni dall'arresto di Taehyung e nessuno ne parla più. Forse dovrei smettere di pensarci anche io, non ho più spazio in questa testa.
Finito il mio pranzo in cui ho evitato lo sguardo di chiunque, esco di casa. Mia madre non è contenta del mio umore, è da cinque giorni che ripete "infondo non è morto nessuno". Bella consolazione.
L'estate è arrivata e ne sono davvero felice. O meglio, credo di essere felice.
Continuo a ripetermi che tra pochi mesi sarà lontana da qui, sarò a New York, circondata da grandi luci e persone che capisco quello che provo guardando un quadro.
Cammino a passo svelto fino ad una casetta rossa. Non mi ero mai spinta fino a qui. Salgo i tre gradini e supero il porticato in legno.
Busso alla porta e aspetto tredici secondi.
«Y/n, sei tu?» chiede l'anziana signora davanti a me.
«Salve Rose. Ho bisogno di parlare.» dico entrando nell'abitazione famigliare. C'è ancora il gatto in ceramica sul tavolino dell'ingresso. Cammino sul tappeto persiano e raggiungo la sala superando una cascata di cristalli in plastica al posto della porta. Tintinnano al mio passaggio.
«Che bella sorpresa!» dice la signora sedendosi davanti a me. Ha settantadue anni, ma sembra molto più giovane. I capelli lunghi e bianchi sono legati in una coda bassa. Gli occhi, un tempo di un azzurro intenso, sono diventati più opachi e assonnati. Rose è la mia insegnate di disegno, l'unica e sola che mi ha trasmesso tutto l'amore per l'arte che ho.
-Mi hanno ammesso alla scuola d'arte.- le dico sorridendo e lei porta le mani alla bocca e si commuove appena.
«Ma non riesco più a dipingere.» dico prendendo il mio quaderno delle bozze. Non mi era mai successo.
«Beh, è normale considerato quello che è successo.» dice accomodandosi accanto a me e inizia a sfogliare i miei schizzi.
«È diverso questa volta. Non riesco più a sentire nulla. Non riesco a provare niente.» sussurro.
«Per dipingere ci vuole amore. E vendendo i tuoi disegni, di amore ne avevi tanto. Guarda questo» dice indicandomi uno schizzo di due labbra intente in un bacio appassionato, «Questa è la spinta di tutto. Ritrova questa passione, questo amore...» dice. Ricordo la sera in cui l'ho disegnato. Jungkook mi aveva portata al cinema di martedì sera, c'eravamo solo noi. Non ricordo che film fosse, probabilmente era anche in bianco e nero. Avevamo passato tutta la serata a parlare, a ridere e a baciarci. Dio, era stato stupendo.
«Grazie Rose.»
E ancora una volta avevo la consapevolezza che Jungkook mi avrebbe tolto da questa situazione.
Jungkook mi avrebbe salvato.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro