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幸せになれる (Shiawase ni nareru)

Guardò nuovamente lo schermo del piccolo televisore all'interno della stanza, per poi tornare a controllare la schermata del suo telefono. Era curioso di sapere come lei avesse reagito al suo regalo, avrebbe tanto voluto essere lì per vederlo.
Si era accorto che la ragazza non si portava mai dietro l'ombrello, si era accorto che camminava sempre da sola sotto la pioggia e non voleva che continuasse a farlo. La pioggia è tristezza; sua madre gli raccontava che quando il cielo si sentiva giù di morale piangeva e tutte le persone che camminano da sole sotto di essa senza nemmeno preoccuparsi di coprirsi, sono persone che hanno bisogno che qualcuno si prenda cura di loro. Un bambino non avrebbe mai potuto intuire che cosa ci fosse dietro a quelle parole, ma quando l'aveva conosciuta aveva intuito che cosa intendesse sua madre. L'aveva vista parecchie volte camminare sola sotto la pioggia, con i capelli bagnati e i vestiti zuppi, mentre il viso era costantemente basso e lo sguardo era triste e distante. Si fermava sempre, cercando di nascondere le lacrime sotto la pioggia. Piangeva, ma voleva che quell'ombrello, quel piccolo ed insignificante regalo, potesse essere l'oggetto dei suoi sorrisi. Non voleva più vederla camminare da sola sotto la pioggia, non voleva vederla triste ed abbattuta, voleva vederla sorridere e splendere come il sole. Desiderava che quando il cielo fosse stato triste, lei sarebbe stata riparata e felice. Forse si faceva troppe illusioni, forse lei aveva preso la decisione di buttare il suo regalo e lui aveva interpretato male la sua tristezza; eppure i suoi occhi gridavano di essere salvati, chiedevano di essere aiutati, mentre le sue labbra mostravano un sorriso così finto che avrebbe ingannato anche i migliori attori. Ogni volta che la guardava dritto negli occhi gli piangeva il cuore, non riuscendo a capire come una ragazza bella ed intelligente come lei potesse aver sofferto così tanto. Insieme a quell'ombrello aveva lasciato anche il solito bigliettino dove si parlavano attraverso i testi delle canzoni e quel testo, quella canzone dei BTS in quel momento sembrava rispecchiare quella giovane e bellissima ragazza. In realtà troppe canzoni la rispecchiavano, in ogni canzone che ascoltava lei compariva nei suoi pensieri, obbligandolo a preoccuparsi costantemente. Non riusciva a passare un solo momento senza poter sapere che cosa stesse facendo e a volte era davvero stressante, perché non poteva passare tutto il suo tempo con lei. Ogni volta doveva crearsi del tempo libero per andare a trovarla, ma stava diventando sempre più difficile e lui diventava sempre più stressato. Non poteva vederla con la stessa frequenza, non poteva stare sempre nel suo negozio e non sapeva mai che cosa lei stesse facendo e come si sentisse. Il suo lavoro lo teneva troppo impegnato e questo lo stava distruggendo, perché il lavoro che più amava lo stava tenendo lontano dalla cosa che più desiderava. Sembrava quasi che lei stesse diventando il suo peccato più grande; poteva solo guardarla da lontano, ammirarla, senza mai poterla realmente raggiungere; sembrava quasi che il destino volesse che i due rimanessero due perfetti sconosciuti. Era davvero odioso, frustrante, la sua mente era sempre lontana e mai concentrata. Ci provava, ci provava con tutte le sue forze a togliersela dalla testa, voleva provare a non frequentare più quel locale per poter andare avanti, per dimenticarla e continuare con la sua vita come aveva sempre fatto, ma sembrava così impossibile. Ogni volta che ci provava, che spegneva il telefono, che si chiudeva nella sua stanza e cercava di stare da solo; ogni volta che ci provava il suo desiderio lo spingeva da lei. Voleva vederla ogni giorno, voleva imparare a conoscerla e amarla... già amarla, quasi suonava ironica quella parola; come poteva essere innamorato di qualcuno che nemmeno conosceva? Come poteva amarla se nemmeno sapeva il suo nome? Tutte domande che meritavano una risposta, ma l'amore non ha una logica, a lui bastava guardarla per sentirsi bene, per riuscire a toccare il cielo con un dito. Forse era questo l'amore, qualcosa di davvero illogico, qualcosa che ti spinge a fare qualcosa di stupido o forse era semplicemente lui che stava esagerando. Dentro di sé sapeva che quello che stava provando era irrazionale, che lo avrebbe presto portato alla follia, ma lui non riusciva a fare a meno di lei, non riusciva a passare un singolo giorno senza di lei. Quel suo sentimento poteva essere chiamato come voleva: amore, follia, delirio... ma lui era certo che non vi era nessun'altra cosa che desiderasse. Voleva semplicemente lei e voleva starle accanto; avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederla felice. 

Quella sera Yuki camminò sotto l'ombrello che il ragazzo le aveva regalato. Sembrava così luminoso, quel meraviglioso azzurro brillava di un'intensa luce meravigliosa, che riusciva a renderla felice. Quella sera fu l'unica in cui non si mise a piangere sotto quella pioggia torrenziale e l'unica dove non tornò a casa con i vestiti bagnati per colpa della pioggia. Non seppe descrivere la sensazione, ma camminare sotto quel piccolo pezzo di plastica, sostenuta da uno scheletro di metallo; le regalò una nuova emozione. Non pensò al passato, l'unico suo pensiero fu semplicemente quello di tornare a casa presto, mentre si godeva quella piacevole camminata sotto l'ombrello che lui le aveva regalato. Non riuscì più a pensare nemmeno a canzoni tristi, le melodie che quella sera riusciva a cantare erano solo allegre. Con quel suo piccolo gesto, con quella sua piccola azione era riuscito ad allontanare tutto quello che c'era di negativo quel giorno; la stanchezza, la tristezza, la paura e la rabbia avevano lasciato il posto all'allegria e alla spensieratezza. Era riuscita a salvare una piccola parte di lei e renderla pienamente felice. Nella sua mente la sua canzone preferita le suonava nota per nota, ricordando quando fosse stata divertente la sua vita all'interno delle case discografiche; riuscendo ad eliminare i momenti negativi, ma facendole amare tutti quelli positivi che aveva vissuto. Non trovò nessuno difetto, saltava di pozzanghera in pozzanghera, ballando quella canzone che aveva smesso di ballare quando era giovane, perché sapeva che se lo avesse fatto avrebbe ricordato troppo il passato e che questo sarebbe stata in grado di divorarla, ma quella sera riuscì a ballare senza avere paura che la sua mente prendesse il sopravvento su di lei. Quella sera, dopo tante passate a piangere per tristezza; fu la prima dove pianse di gioia.

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