ミラー (Mirā)
Continuò a guardarsi allo specchio, mentre ripensava alla ragazza che aveva visto lungo il corridoio. Pensava di essersi sbagliato di aver visto male, ma come si fanno a dimenticare la sua bellezza e il suo viso. No, sapeva di averci visto bene, sapeva di aver riconosciuto quella ragazza, sapeva che era lei, ma che cosa ci faceva lì? Che cosa era tornata a fare? Non riusciva a rimettere insieme tutti i pezzi del puzzle e più ci pensava, più la sua mente ritornava a quando si trovava nel corridoio, a come i loro sguardi si fossero incrociati e come lei non l'avesse riconosciuto. Erano passati molti anni dall'ultima volta che si erano visti e aveva molte domande da farle; lui era cambiato, lei era cambiata, non era più una bambina, ma come aveva fatto a non riconoscerlo? Forse si stava ponendo le domande sbagliate, forse lei era riuscita davvero a riconoscerlo, ma aveva semplicemente fatto finta di nulla. Per quale motivo si comportava in quel modo? Erano stati amici un tempo, perché non tornare più come tali? Aveva già la risposta alla sua domanda, ma non voleva credere che fosse quella, ancora si chiedeva per quale motivo se ne fosse andata dalla casa discografica dove lui lavorava e ancora si domandava per quale motivo li avesse abbandonati. C'era stato un momento che lui aveva avuto bisogno di lei e non sapeva dove andarla a cercare, ma allo stesso tempo non aveva voluto perché non si era presentata in quel momento di dolore. Non capiva la motivazione di ogni suo gesto ed era confuso e spaesato. Si guardò nuovamente allo specchio osservando il suo riflesso e per un momento tornò indietro nel tempo. In quel momento si rivedeva più giovane ed i suoi occhi osservavano una figura minuta alle sue spalle, rideva e il suo sorriso illuminava l'intera stanza. In una mano teneva un pennello per il trucco e nell'altra il telefono per controllare l'orario, come se volesse cronometrare il tempo che ci impiegava a truccare il suo viso. Gli parlava e le sue parole risuonavano dolci al suo udito, così dolci che lui non faceva quasi caso a quello che diceva, ma ascoltava semplicemente il tono della sua voce, come se fosse la melodia più bella che le sue orecchie avessero mai udito. Vedeva il suo viso, più giovane, più allegro; la stanza era illuminata e emanava un calore che solo lei era in grado di irradiare. Rideva sempre e tornare a parlare con lei la sua lingua madre era sempre un piacere. La ascoltava volentieri e il continuo confrontarsi con lei lo aveva sempre aiutato a crescere e maturare, ma purtroppo dovette tornare alla realtà e i suoi occhi non videro più quell'immagine felice del passato. In quello specchio non c'era più l'immagine di lei. Non c'era più lei con i suoi lunghi capelli legati in una coda di cavallo e le sue gonne plissettate scozzesi; non c'era più quel sorriso che lo aiutava a superare la giornata, c'era solo lui, lo specchio non ritraeva nessun'altra immagine. Portò una mano sopra di esso, nel punto esatto in cui si sarebbe dovuta trovare lei; lasciandola poi scivolare verso il basso, cercando di non piangere per il dolore e la rabbia che stava provando in quel momento. Perché se n'era andata? Che cosa l'aveva portata ad andarsene? Chiuse gli occhi, spostando lo sguardo verso il pavimento, cercando di non piangere davanti ai membri del suo staff. Strinse con rabbia i denti e cercò di non gridare tutte le emozioni che stava reprimendo. Voleva vederla di nuovo parlarle di nuovo, avere spiegazioni per la sua scomparsa. Aprì di scatto gli occhi e si voltò per guardare il suo manager, intento a parlare con altri membri del suo staff. Quando l'uomo si avvicinò abbastanza per poterlo ascoltare bene, il ragazzo lo guardò dritto negli occhi. -Riusciresti a trovare una persona per me?- gli domandò lui e l'uomo annuì con un cenno del capo, chiedendogli quale fosse la persona che lui stesse cercando. -Choi Yuki- rispose lui pronunciando con attenzione ogni singola lettera di quel nome e cognome.
Guardò la sua immagine riflessa nello specchio, mentre ripeteva i passi una seconda volta e una terza volta. Continuava a pensare a quello sguardo che si erano lanciati, mentre lei non la smetteva di ballare per cercare di allontanare lo stress ed evitare una crisi di panico. La musica ronzava nelle sue orecchie come un suono lontano, perché quello che faceva davvero rumore erano i suoi pensieri. Non si dava tregua e continuava a riprovare passo dopo passo, pregando che essi si placassero, ma sembrava tutto inutile. Quando il concerto era terminato era andata a complimentarsi con Moonbin e il suo gruppo, era stata molto felice di assistere alla loro esibizione, ma non poteva rimanere oltre e anche il ragazzo lo aveva intuito. Aveva salutato tutti i presenti con educazione e si era diretta subito a casa. Non riusciva a pensare a nulla se non a quello sguardo che si era scambiata con quel ragazzo. Troppo tempo era passato dall'ultima volta che si erano visti, troppo tempo era passato e sapeva che l'avrebbe cercata, sapeva che voleva delle spiegazione da lei, ma non era ancora pronta a dargliele, aveva bisogno di più tempo. Di tempo non ce n'era, tutto ormai si stava riducendo al minimo e lei si sentiva con l'acqua alla gola. La caviglia cedette e cadde a terra. Respirava affannosamente, mentre si teneva una mano sul petto per cercare di rallentarne il battito. Il sudore le imperlava la fronte e ciocche di capelli le cadevano davanti al viso. Si voltò a guardare la sua immagine riflessa nello specchio non sapendo se essere disgustata o arrabbiata con se stessa. Si stava trovando con le spalle al muro, come un topo in trappola e non sapeva più come uscirne. Prese uno dei cuscini che aveva lasciato a terra e lo lanciò contro lo specchio, gridando con tutto il fiato che aveva in gola. Si odiava, lasciare il Giappone, lasciare Tokyo... tutto era stato una pessima idea. Il dolore l'aveva accecata, l'aveva portata a fare cose che non avrebbe dovuto fare e ora si trovava in quella situazione, si domandava come potesse uscirne. Forse si meritava davvero tutto quel dolore visto che era la prima a procurarne. Si trascinò verso lo specchio e tirò un pugno contro di esso, come se volesse abbattere la sua immagine, voleva distruggerla. Gridò una seconda volta, per poi lasciarsi andare alle lacrime e lasciare che esse curassero ogni ferita del suo cuore.
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