最初のキス (Saisho no kisu)
Yuki terminò di preparare il the, mentre Moonbin giocava allegramente con la sua piccola lontra. Youngjae sembrava a suo agio, solitamente con gli estranei non si mostrava molto e tentava di evitarli, ma la presenza del ragazzo sembrava non dispiacergli e questo faceva solo piacere alla giovane. Mise l'acqua del the in due tazze differenti, per poi servirne una ragazzo e una a lei. -Casa tua è molto carina- disse Moonbin cercando di rompere quel silenzio e a quella sua affermazione Yuki lo ringraziò, bevendo un sorso di quello che aveva preparato. Fece un lungo respiro profondo prima di parlare, sapeva che toccare quell'argomento non sarebbe stato per niente facile, ma Moonbin le piaceva, forse dopo tanto tempo ci sarebbe stato qualcun'altro che avrebbe imparato a capirla soltanto con uno sguardo. -Si chiamava Takeshi- disse Yuki costringendo il giovane a voltarsi per guardarla dritto negli occhi, -il tuo migliore amico?- le domandò lui e la ragazza annuì con un cenno del capo, cercando di trattenere le lacrime. -Era il mio migliore amico sin da bambini- rispose lei trovando mano a mano la forza di confidarsi con lui. -Lui ha sempre voluto cantare, ha sempre voluto aiutare gli altri con la sua musica e i testi delle sue canzoni- continuò Yuki bevendo un altro sorso di the per cercare di regolare il respiro affannato, ma non era facile controllarsi, stava tirando fuori ricordi che aveva seppellito con molta cura per paura di soffrire ancora. -Abbiamo sempre fatto tutto insieme, frequentato le stesse scuole, gli stessi corsi serali, fin quando un giorno non lo accompagnai ad un'audizione della JYP che si teneva a Tokyo. Era molto emozionato, ma con il suo talento sarebbe stato difficile non accettarlo- disse Yuki sorridendo dolcemente, mentre le sue mani cominciarono a tremare; Moonbin appoggiò dolcemente la sua su quelle della ragazza, per cercare di confortarla. -Rimanemmo lontani per molto tempo, sapevo che quel ragazzo con il suo talento avrebbe avuto una grande carriera e io continuai ad impegnarmi per cercare di raggiungere ottimi risultati e vincere una borsa di studi a Seoul per potergli stare vicino. Volevo tornare a vederlo tutti i giorni, volevo tornare a stare con lui e seguirlo ovunque andasse. Un pomeriggio di primavera lo vidi tornare a scuola, disse che gli avevano dato delle settimane di vacanza, ma avevo la sensazione che mi stesse nascondendo qualcosa- per Yuki stava diventando davvero difficile continuare, ma non poteva fermarsi, non poteva terminare, doveva andare avanti o avrebbe continuato a sentirsi troppo male. -Una sera stavamo camminando vicino ai binari del treno che ci avrebbe riportati a casa, erano circa le quattro del mattino, mi aveva chiesto di passeggiare con lui tutta la notte prima che partisse. Mi aveva dato una lettera, pregandomi di leggere quando se ne sarebbe andato, ma ho capito solo in seguito che cosa volesse dire- disse Yuki respirando a fatina e a quella sua reazione, Moonbin le appoggiò una mano sulla spalla, mentre la piccola lontra Youngjae si avvicinava alla sua padroncina per controllare che stesse bene, forse anche lui soffriva quando ascoltava quella storia. -Si gettò in mezzo ai binari del treno, si suicidò davanti ai miei occhi, mentre io inerme guardavo quella scena senza poter dire nulla, senza poter fare nulla- solo a quel punto le lacrime cominciarono a rigarle il viso, solo a quel punto si concesse di piangere. -Quando in seguito lessi la lettera che mi aveva lasciato capii per quale motivo lo avesse fatto... si era ammalato durante il suo periodo di trainee, una brutta leucemia che gli stava portando via tutte le forze. Aveva provato ad operarsi, ma ormai non c'era più niente da fare e lui non voleva morire in quel modo, diceva che voleva scegliere da solo come farlo- continuò Yuki e dopo quel suo racconto Moonbin la strinse in un forte abbraccio, mentre lei cercava di nascondere il viso nel suo petto per paura che tutto potesse accadere di nuovo, come un incubo che si ripeteva all'infinito ogni notte. Tremava, le sue spalle erano mosse dai singhiozzi e non c'erano parole giuste che potessero consolarla, a volte un abbraccio poteva valere più di mille parole. Non aveva bisogno di sentirsi dire che gli dispiaceva, quel suo conforto silenzioso era quello che aveva sempre voluto. Non aveva bisogno di sentirsi dire che sapeva cosa si provasse, perché non l'avrebbe saputo. Quel suo abbraccio le era bastato, non aveva bisogno di nient'altro. -I giorni seguenti a scuola furono un tormento- continuò lei con il viso che affondava nell'incavo della sua spalla, -tutti che si dispiacevano con me, tutti che mi facevano le condoglianze e non facevano altro che dargli del fifone, mentre a me davano della ragazza che non era nemmeno stata in grado di convincerlo a non farlo. Una notte di gennaio feci le valige, la neve scendeva fitta sulla capitale e dopo aver pagato il biglietto di sola andata per Seoul, me ne andai. Lasciai i miei genitori senza dire nulla, lasciai tutti e sparii... da quel giorno non vedo e non sento la mia famiglia- continuò Yuki stringendo con forza la maglietta che il giovane indossava. -Ognuno di noi esprime il dolore a modo suo, sono certo che la tua famiglia abbia compreso la tua decisione- cercò di consolarla Moonbin e quella semplice frase le bastò, calmò quella tempesta che si trovava nel suo cuore e per la prima volta dopo tanto tempo la mise a tacere. Aveva sempre pensato che i suoi genitori la odiassero, che per colpa di quella decisione non avrebbero più voluta vedere, ma forse si era sempre sbagliata e i suoi genitori avevano davvero compreso quel suo addio così improvviso. Alzò lo sguardo per incontrare quello del ragazzo, i suoi occhi erano lucidi di lacrime mentre lo guardava, sembrava un cagnolino che era stato picchiato troppe volte dal padrone. I loro visi erano a poca distanza l'uno dall'altro, mentre i loro occhi continuavano a guardarsi con grande intensità. Fu in quel momento che Yuki lo baciò, le sue morbide labbra si posarono su quelle del ragazzo in un bacio disperato, come se in silenzio gli stesse chiedendo aiuto; come se in silenzio lo stesse pregando di restare.
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